“Sì, la vita!”: il discorso dell’attivista Saša Skočilenko nel processo che l’ha condannata a 7 anni di colonia penale
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Il discorso in tribunale dell'attivista russa Saša Skočilenko, condannata dal tribunale distrettuale Vasileostrovsky di San Pietroburgo a sette anni di reclusione in una colonia penale per aver diffuso “falsità” sull’esercito russo.
Skočilenko era stata arrestata nell’aprile 2022 per aver messo dei volantini contro la guerra sopra ai cartellini dei prezzi in un negozio di alimentari. Durante l’anno e mezzo di prigionia le sono state diagnostica te diverse malattie, tanto che lei stessa e i suoi avvocati hanno evidenziato il rischio che la detenzione in una colonia possa mettere a repentaglio la sua sopravvivenza.
Durante il processo, nella sua dichiarazione finale, Skochilenko ha dato voce al valore politico della possibile condanna e del suo pericolo. Qui di seguito la traduzione del suo discorso in tribunale.
Vostro onore! Egregio tribunale! Illustrissimo uditorio del mio processo!
Il mio caso è così strano e divertente che ha avuto inizio un primo aprile. Il mio caso è così strano e divertente, che а volte mi immagino di entrare in questa sala mentre dal cielo piovono caramelle, scoppiano i fuochi d’artificio, parte la musica, la gente si alza, si mette a ballare, urla: «Pesce d’aprile!». Il mio caso è così strano e divertente, che quando lo racconto agli agenti del centro di detenzione strabuzzano gli occhi e mi dicono: "Ma seriamente adesso sbattiamo la gente in prigione per queste cose?" Il mio caso è così strano, che neanche uno dei più accesi sostenitori dell’operazione speciale che ho incontrato crede che il mio timido atto di protesta meriti la prigione.
Il mio caso è tale da aver fatto dimettere l’inquirente, perché non si aspettava che si chiudesse in questo modo. In una conversazione privata con il mio avvocato ha detto: "Non sono arrivato a far parte del Comitato investigativo per occuparmi di faccende come quella di Saša Skočilenko".
E ha abbandonato il caso, a dispetto del fatto che gli avrebbe procurato un'ascesa di carriera senza precedenti e gli aveva già fruttato una decorazione. Ha mollato tutto, si è licenziato dal Comitato Investigativo, ed è andato a lavorare per Voentorg [Negozio di articoli delle Forze Armate, NdT]. Giudico la sua una condotta impavida, e penso che siamo simili: ci siamo comportati entrambi secondo coscienza.
L'articolo 207.3 è discriminatorio alla base, perché punisce solo una categoria di soggetti ben definita: chi non presta servizio negli organi governativi. Pensateci un attimo: le informazioni che ho diffuso hanno raggiunto un bacino così ampio solo grazie ai miei inquirenti, che le reputavano, a differenza mia, chiaramente false. Hanno diffuso queste informazioni nei loro distretti investigativi, tra gli organi della procura, tra le autorità giudiziarie, con queste informazioni hanno offeso sei militari e, così, fatto in modo che questa storia avesse una tale eco nella società, che se ne è parlato ben oltre i confini della Russia.
Se non mi avessero arrestata, ne sarebbero stati a conoscenza solo una vecchietta, il cassiere e l'addetto alla sicurezza dell'alimentari Perekrestok.
E su due di questi tre soggetti, come risulta dai materiali del procedimento penale, queste informazioni non hanno avuto nessun effetto. Ditemi, per caso gli inquirenti spacciano droga nel loro dipartimento per dimostrare che una persona è colpevole secondo l'articolo 228? Sbatterebbero in prigione anche loro per lo stesso articolo. E allora perché il 207.3 riguarda soltanto me?
Se questi cinque foglietti sono veramente così pericolosi, come dichiara il procuratore federale, allora perché questo processo è stato avviato in primo luogo? Per rimasticarci tra di noi queste cinque tesi fino a spolparle? Persino il procuratore federale le ha lette parola per parola e non ha battuto ciglio. Mettiamo su anche un appello, una corte di cassazione, a questo punto, parliamo anche di Putin, del televisore, non abbiamo ancora deciso, possiamo aggiungere qualunque argomento e ancora parlare, parlare, parlare, forse per anni e anni.
Sì, abbiamo letto quei cinque testi centinaia di volte. E cosa è successo? La terra si è spaccata? Ѐ iniziata la rivoluzione? I soldati hanno iniziato a fare amicizia coi nemici al fronte? No. Niente del genere. E allora dov'è il problema?
Il procuratore federale ha sottolineato più di una volta quanto questi cinque foglietti siano estremamente pericolosi per il nostro Stato e la nostra società.
Ma quanto è debole la fiducia che il procuratore ripone nella nostra società, nel nostro Stato, se pensa che cinque minuscoli fogli possano mettere a repentaglio la sicurezza pubblica e nazionale?
Che danno ho causato, chi ho danneggiato? Chi ha sofferto per la mia azione? Il procuratore federale di questo non ha fatto parola. Nel nostro paese, per una rivolta militare con enormi, disastrose conseguenze apriamo un procedimento penale che chiudiamo già il giorno dopo. E allora perché io sto in un centro di detenzione ormai da un anno e mezzo, insieme a ladri, assassini, stupratori, pedofili? Il mio piccolo, timido atto può essere paragonato anche solo all’un per cento della gravità di questi crimini?
Vostro onore! Ogni processo rappresenta una comunicazione, un messaggio unico nel suo genere per la società. Può dare a questa informazione un peso diverso da quello che vi danno i miei avvocati, da quello che vi do io, ma sarà d'accordo sul fatto che io ho delle linee guida morali, da cui non mi sono discostata di un centimetro. Probabilmente converrà che ho dimostrato coraggio, un carattere fiero, che non si fa piegare. Nell'idioma degli inquirenti, mandare qualcuno al Centro di detenzione si dice "Farlo prigioniero". Ed ecco, io non mi sono arresa davanti alle minacce di prigionia, non sono caduta sotto il peso delle pressioni, delle angherie, della condanna a otto anni, non sono un'ipocrita, non ho mentito, sono rimasta onesta davanti a me stessa e al tribunale.
Se mi dichiara colpevole, che messaggio starà mandando ai nostri concittadini? Che bisogna cedere alle minacce di prigionia? Che bisogna mentire, fare il doppio gioco, cambiare le proprie convinzioni se ti mettono un po' di pressione? Che non bisogna provare dispiacere per i nostri soldati? Che non bisogna sperare in un cielo pacifico sopra le nostre teste?
Vuole davvero comunicare questo ai nostri concittadini? In un momento di depressione, di instabilità, di crisi e stress?
Il mio caso è ampiamente discusso in Russia e all'estero; ci fanno video, documentari, addirittura ci scrivono sopra libri. E qualunque sia la sua decisione, passerà alla storia. Può passare alla storia come la persona che mi ha chiusa in prigione, può passare alla storia come la persona che mi ha scagionata, può passare alla storia come la persona che ha optato per una decisione neutrale e la libertà vigilata, uno sconto della pena o una sanzione pecuniaria. Ѐ tutto nelle sue mani, ma tenga a mente, tutti lo sanno e lo vedono: non sta giudicando una terrorista, un'estremista, neanche un'attivista politica. Sta giudicando una musicista, un'artista e una pacifista.
Sì, io sono pacifista. I pacifisti sono sempre esistiti. Sono unа tipologia speciale di persone, che assegnano alla vita umana il più alto dei valori possibili. I pacifisti credono che qualunque conflitto, anche il più terribile, possa essere risolto con la pace. A me, che ho paura di ammazzare pure un ragno, terrorizza pensare che si possa togliere la vita a qualcuno. Così sono cresciuta, così mia mamma mi ha educata.
Le guerre finiscono non grazie ad altre guerre, finiscono per iniziativa dei pacifisti. E quando voi chiudete i pacifisti in prigione, rendete questo tanto agognato giorno di pace sempre più lontano.
Sì, io sono pacifista. Io reputo la vita una cosa sacra. Sì, la vita! Se spogliamo questo mondo di tutti gli orpelli – macchine, appartamenti, ricchezze, poteri, successi, connessioni e reti sociali – al netto rimane soltanto lei. Sì, la vita! Incredibile, meravigliosa, unica, tenace, forte. Lei che è nata sulla Terra, e di cui ancora, nel cosmo sconfinato, non abbiamo trovato analogo. Lei che riesce a forare l'asfalto, spacca le pietre, che da minuscolo germoglio si trasforma in gigantesco baobab, da microscopica cellula – gigantesca balena. Lei che si insedia sulle vette, si infratta nella fossa delle Marianne, con forza inesauribile si dirama dai ghiacci dei poli ai torridi deserti. Lei, di cui l’essere umano rappresenta il risultato più compiuto.
L'essere umano è una forma di vita molto intelligente. È una forma di vita che può prendere consapevolezza di sé. Una vita che sa riconoscere la propria mortalità. Ma nella maggior parte dei casi noi ce ne dimentichiamo e viviamo come se dovessimo vivere in eterno. Ma non è così: la vita umana è passeggera. La vita umana è infinitesimamente piccola, e la sola cosa che è in nostro potere è prolungarne i brevi attimi di gioia. Tutti i viventi vogliono vivere. Anche sul collo degli impiccati si vedono le tracce delle unghiate. Vuol dire che in quell'ultimissimo istante ci sono aggrappati alla vita, che in maniera folle e spasmodica volevano vivere.
Andate, andateglielo a chiedere a una persona a cui hanno appena rimosso un tumore maligno, cosa è questa vita e quanto è preziosa. Ecco perché scienziati e medici di tutto il mondo si stanno battendo per allungare l'aspettativa di vita umana e trovare le cure per malattie mortali. Ed è per tutti questi motivi che proprio non riesco ad arrivarci: perché le guerre? Le guerre la vita la accorciano. Le guerre sono la morte. Siamo sopravvissuti all'epidemia di coronavirus, epidemia in cui abbiamo perso i nostri cari più anziani, le nostre amate nonne, nonni, veterani, guide, insegnanti. Sofferenza, dolore, lutto, e avevamo appena iniziato a rimetterci in piedi, a riprenderci da queste perdite, pian piano stavamo ricominciando a vivere.. e all'improvviso, la guerra. Solo che ora stiamo perdendo i giovani. Di nuovo il dolore, di nuovo il lutto, di nuovo la sofferenza. Ecco perché non riesco proprio ad arrivarci: perché lа guerrа?
Dite quello che volete – che ho sbagliato, che ho preso un abbaglio, che mi hanno fatto il lavaggio del cervello… in ogni caso uscirò da qui dicendo: “Eppur si muove!” Io non credo che nessuna verità, che sia mia o di chiunque altro, debba essere imposta dalla legge.
Il procuratore federale ha la sua verità. Se ci fate caso, nella sua requisitoria non ha in alcun modo chiarito, non ha in alcun modo argomentato il motivo per cui le fonti ufficiali del governo rappresentino in ultima istanza la verità. Non lo ha fatto. Non ha in alcun modo giustificato il motivo per cui, analizzando fonti diverse, io sarei dovuta arrivare alla conclusione che proprio e soltanto le fonti ufficiali riportino la verità. E ora vi spiego il perché: la fede non richiede giustificazioni. Sì, lui ci crede. Lui ritiene che la verità sia proprio quella, ed è un suo diritto. Crede che esistano i cosiddetti servi della Nato, oppure che non esistano media indipendenti, ma che siano tutti finanziati dall’estero, e che il loro scopo sia la diffamazione e la rovina della Russia. Lasciateglielo credere! È un suo diritto. Ma la grande differenza tra me e lui consiste nel fatto che io non lo metterei mai in prigione per questo, tanto più per otto anni.
Mi dispiace davvero se con quello che ho fatto ho offeso qualcuno. Non era mia intenzione. La detenzione mi ha aiutato a capire che nel mondo esistono molte persone diverse, ognuno con la propria verità individuale. Discutere, fargli cambiare idea, è difficile. Lo stesso vale per l’atteggiamento nei confronti dell’operazione militare speciale. E il fatto che non tutti condividiamo un’unica verità e che alcuni per questo litighino come cani per un osso è una tragedia enorme, che provoca spaccature nella società, divide le famiglie, fa litigare con le persone care, con i colleghi, con gli amici, aumenta il livello di aggressività, moltiplica l’inimicizia e l’odio sulla Terra e ci allontana sempre di più dal sacro e agognato giorno della pace. Sono sicura di non sbagliarmi se dico che tutti, ogni singola persona in questa stanza, vogliono solamente una cosa: la pace. E se invece c’è qualcuno che desidera il contrario, che scagli su di me la prima pietra.
Perché combattere, se noi stessi rappresentiamo l’uno per l’altro tutto ciò che abbiamo in questo mondo spaventoso, pieno di catastrofi, di pene e di lacrime? Nessun potere, nessuna ricchezza, neanche fosse l’intero universo, potranno sottrarre il vostro prossimo dalla presa della morte. Non il denaro, né la ricchezza, né il potere o le automobili, le case e i territori, né i palazzi, i pozzi di petrolio o l’energia atomica. Niente di niente!
Solamente noi stessi. Siamo tutto ciò che abbiamo l’uno per l’altro. Ho delle persone care, che sento vicine al cuore. Ogni volta vengono in questa sala, aspettano, credono e pregano che io esca da queste porte viva, in salute, libera, e il più presto possibile. A casa mi aspettano mia madre anziana, mia sorella con i miei adorati e adorabili nipoti, e la donna che amo, che ha ricevuto una spaventosa diagnosi di cancro. Non conosco una sola persona in questa sala che voglia davvero che io vada in prigione, tranne il procuratore federale.
Anzi, mi sembra che anche lo stesso procuratore nel profondo dell’anima non voglia. Mi sembra che sia arrivato al posto di procuratore per metter dentro i veri criminali: assassini, stupratori, pedofili. E penso che quando non si occupa di questo processo sia esattamente quello che fa, e per questo lo ringrazio. Ma la chiave per avanzare in questo tipo di carriera consiste proprio nella necessità di metter dentro coloro che vanno messi dentro. Non facciamo finta che non sia così, almeno adesso che il nostro processo sta giungendo a conclusione. Non gliene faccio una colpa. So che lei si preoccupa del suo benessere, del suo status, del suo posto in società, di non perdere quel posto e di non essere al mio posto. Si preoccupa del benessere della sua famiglia, del fatto che abbiano il pane in tavola e un tetto sopra la testa, probabilmente si preoccupa del futuro dei suoi figli, di dargli un’istruzione decente, un’assistenza medica qualificata… Ma cosa racconterà a questi bambini? Gli racconterà che una volta ha rinchiuso un’artista molto amata e molto malata per cinque miseri pezzetti di carta? No, senza dubbio racconterà di altri casi. Penso si consoli dicendo che fa solamente il suo lavoro, e che non ha altra scelta. Ma cosa farà quando il vento tirerà dalla parte opposta?
È una legge della storia, assoluta e fondamentale come la legge di gravitazione universale: i conservatori prendono il posto dei liberali, i liberali dei conservatori. Dopo la morte naturale di un leader, un altro sale al potere e governa con un’impronta diametralmente opposta. In quel momento gli ultimi diventano i primi, e i primi gli ultimi. Sa, questo le sembrerà strano, ma ha la mia comprensione.
Nonostante io mi trovi in gabbia sono molto più libera di voi. Posso fare quel che voglio. Posso dire quello che voglio, posso licenziarmi dal lavoro se mi costringono a fare quello che non voglio. Posso organizzare il mio orario di lavoro, passare quanto tempo voglio con i miei cari e i miei amati, vestirmi come voglio. Posso amare chi voglio.
Non ho nemici, non ho paura di restare povera, di perdere un tetto sulla testa, non ho paura di sembrare strana, debole, ridicola, non ho paura di non essere come gli altri. Forse proprio per questo lo Stato ha così paura di me e dei miei simili, visto che mi tiene in gabbia come una bestia pericolosa.
Ma l’uomo per l’altro uomo non è lupo. È solo che è facile arrabbiarsi con un altro per una differenza di opinioni, mentre amarsi, capirsi, accettarsi, ascoltarsi e scendere a compromessi è molto difficile. È così insopportabilmente difficile che qualche volta sembra impossibile, e in quei momenti la violenza, la pressione e l’intimidazione sembrano la sola via d’uscita. Ma non è così! Dobbiamo imparare ad amarci, a essere misericordiosi l’uno con l’altro, a perdonare, a sederci al tavolo dei negoziati, a riconciliarci e scendere a compromessi: è questa l’unica via d’uscita per riemergere dalla crisi morale in cui ci troviamo.
Vostro onore! Ha l’opportunità unica, con il suo verdetto, di dare un esempio alla nostra società. E non sto dicendo di dire alla comunità internazionale: ehi, salve, da noi non c’è repressione, non mandiamo la gente in prigione per cinque spighe, non siamo un governo totalitario, o autoritario, diamo valore al fatto che le persone abbiano la propria opinione, che possano fidarsi delle fonti che vogliono, che abbiano libertà di parola… Non sto parlando di questo. Mi riferisco piuttosto al fatto che possa dare un esempio di come risolvere i conflitti con l’aiuto della parola, della misericordia, dell’empatia e della compassione, e non con la coercizione alla cosiddetta verità tramite una sentenza penale.
Nel nostro processo si sono verificate molte circostanze insolite. In sala non erano presenti solamente una mamma e una nonna, come capita nei processi ordinari, ma era presente una folla enorme, alcuni sono rimasti fuori, c’erano giornalisti fastidiosi…e forse potrebbero averla fatta arrabbiare con la loro disobbedienza o per l’infrazione del regolamento. Le chiedo di essere indulgente con loro. Da poco abbiamo iniziato a interessarci al funzionamento del nostro Stato e della nostra società: da poco abbiamo iniziato a interessarci al funzionamento del nostro sistema elettorale e del governo locale. Vivevamo e non ce ne importava, e ora all’improvviso le persone vengono in tribunale: vogliono capire come funziona il sistema giudiziario e penitenziario. Si tratta di un enorme passo avanti per la nostra società, per lo sviluppo della sua autocoscienza, per la riduzione del tasso di criminalità. Li tratti con indulgenza! In questo senso, mi perdoni il modo, sono un po’ selvaggi e un po’ bimbi. Non sanno come comportarsi in tribunale, il primo giorno non sapevano neppure come rivolgersi al giudice, e che non si deve, per esempio, ridere, o bisbigliare, o addirittura applaudire, come a teatro…per favore, non si arrabbi con loro, e non se la prenda con me a causa loro.
Di insolito nel nostro processo c’è anche il fatto che la difesa abbia presentato le prove non in due giorni, come accade di solito, ma in ventidue. La mia difesa mi ha difeso molto attivamente: hanno interrotto i partecipanti al processo, hanno discusso, hanno obiettato alle azioni del presidente del tribunale e, secondo lei, hanno violato il regolamento. Non si arrabbi neppure con loro, stavano solo facendo tutto il possibile per difendermi e agire nei miei interessi. Non se la prenda con me a causa loro, non sono responsabile delle loro azioni. Non se la prenda con me a causa loro; sono convinta che sia superiore e più saggio di così.
Sì, lo capisco: è solamente il suo lavoro, un caso di routine, una quantità folle di ore di lavoro, un sacco di scartoffie. E forse in questa routine, come in ogni lavoro e per ognuno di noi, si può perdere di vista o dimenticare le cose che contano. Ma la verità è che le è stato concesso l’enorme potere di decidere del destino delle persone. In questo caso, si tratta del mio destino, della mia vita, della mia salute, della mia libertà e della felicità delle persone a me care. Credo fermamente che disporrà di questo potere con saggezza.
Traduzione dal russo di Riccardo Mini e Francesca Stefanelli
Immagine in anteprima: frame video Reuters