Salvini: 10 vaccini sono un rischio. Vediamo cosa ci dice la scienza
5 min letturaDurante la trasmissione radiofonica "Radio anch'io" il leader della Lega, Matteo Salvini, ha dichiarato: «Che i vaccini siano utili è fuori di dubbio, io i miei figli li ho vaccinati […] ma che 10 vaccini siano un rischio è altrettanto fuori di dubbio»
Salvini aveva già detto di essere contrario al provvedimento del governo, approvato lo scorso anno, che estende l'obbligo di vaccinazione a 10 vaccini oltre ai quattro che erano già obbligatori. Al di là della discussione sulla legge e sull'obbligo, se cioè questo sia efficace come strategia per garantire adeguate coperture vaccinali nella popolazione (ne avevamo parlato qui), è opportuno chiarire se l'affermazione di Salvini sia fondata da un punto di vista strettamente scientifico.
Salvini non specifica i motivi per cui ritiene che 10 vaccini rappresentino un indubbio rischio, ma la sua tesi è probabilmente riconducibile alla credenza nel “sovraccarico da vaccini”. Secondo questa tesi una somministrazione, combinata o ravvicinata, di “troppi” vaccini potrebbe sovraccaricare, appunto, il sistema immunitario dei bambini con un “lavoro” eccessivo. Il sistema immunitario dei più piccoli non sarebbe ancora sufficientemente sviluppato per poter essere esposto a più vaccinazioni. Si tratta di una credenza ancora relativamente diffusa. Ma che non è supportata dalle evidenze scientifiche e dalle nostre conoscenze sul sistema immunitario.
Sappiamo che i vaccini sono prodotti a partire da batteri o virus che possono essere “inattivati” (cioè uccisi) oppure vivi ma “attenuati”. O anche da frammenti di microorganismi o da sostanze da loro prodotte (come nel caso del vaccino per il tetano che contiene la tossina prodotta dal batterio, ma inattivata). In tutti questi casi i vaccini agiscono causando nell'organismo una risposta immunitaria simile a quella prodotta dall'infezione contratta naturalmente. Si tratta però di una risposta “ridotta”, che non causa la malattia vera e propria, comprese le eventuali, spesso pericolose, complicanze.
Un criterio che possiamo adottare per valutare il “peso” dei vaccini sul sistema immunitario è quello che prende in considerazione il numero di antigeni contenuto nei vaccini. Un antigene è una qualsiasi sostanza che può stimolare una risposta immunitaria da parte dell'organismo. Nel caso dei microorganismi, gli antigeni sono costituiti in genere da molecole come proteine o polisaccaridi (catene polimeriche di zuccheri) che costituiscono la loro struttura o che vengono prodotte da questi microorganismi. Per esempio nel vaccino esavalente Infanrix Hexa che contiene 6 vaccini (poliomielite, epatite B, tetano, difterite, pertosse ed Haemophilus influenzae tipo B), sono presenti le proteine di superficie del virus dell'epatite B, tre ceppi del virus della poliomielite inattivati, polisaccaridi presenti nella capsula del batterio Haemophilus, 3 antigeni del batterio della pertosse e le due tossine inattivate del batterio del tetano e della difterite. Questo vaccino contiene quindi, nel complesso, 23 antigeni.
Gli autori di uno studio pubblicato nel 2013 hanno esaminato la storia vaccinale di circa mille bambini americani nati tra il 1993 e il 1997. Hanno calcolato che ogni bambino, al compimento dei due anni di età, aveva ricevuto in media 10341 antigeni. Questo studio però ha preso in esame i nati in un periodo in cui veniva ancora utilizzato un vaccino contro la pertosse che conteneva circa 3000 antigeni perché veniva prodotto con le intere cellule del batterio che venivano inattivate. Questo vaccino è stato in seguito sostituito da un altro vaccino che contiene solo dai 3 ai 5 antigeni derivati dal batterio. Peraltro i ricercatori non hanno riscontrato nessuna associazione tra il numero di antigeni vaccinali ricevuti nella prima infanzia e la successiva insorgenza di disturbi neuropsicologici.
Seguendo il calendario vaccinale stabilito dal Piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019, possiamo provare a calcolare il numero indicativo di antigeni che un nato nel 2017 dovrebbe ricevere al compimento dei due anni di età in seguito alla somministrazione di tutti i vaccini obbligatori previsti dal “Decreto vaccini”. Per il numero di antigeni contenuto in ogni vaccino consideriamo due tabelle che riportano il numero di antigeni contenuti in ogni dose di vaccino oggi in uso, la prima pubblicata in uno studio apparso nel 2002 sulla rivista medica Pediatrics e la seconda sul documento Vaccinazioni pediatriche, le domande difficili di Franco Giovanetti. La somministrazione dei 10 vaccini obbligatori equivale a 168 antigeni introdotti nei bambini al compimento dei due anni di età. Aggiungendo a questi i vaccini rimasti raccomandati (quelli contro meningococco B e C, rotavirus e pneumococco) si arriva a 674 antigeni.
Un tale numero di antigeni rappresenta un eccessivo carico di lavoro per il sistema immunitario di un bambino? Proviamo a immaginare cosa accade a un bambino appena nato. Già mentre transita attraverso il canale del parto il neonato entra in contatto con un mondo pieno di microorganismi, e quindi di antigeni, che il suo sistema immunitario deve riconoscere per la prima volta. Nelle ore e nei giorni successivi inizierà a vivere in un mondo dove i microorganismi sono ovunque, da quelli trasferiti attraverso il contatto con i genitori a quelli presenti nell'ambiente, nel cibo che viene ingerito e nell'aria che viene respirata. Un gruppo di ricercatori coreani ha rilevato, in un metro cubo di aria raccolta in tre luoghi differenti, un numero di virus compreso tra 1,6 e 40 milioni e tra 860mila e 11 milioni di batteri.
La normale vita al di fuori della pancia della madre costituisce una “sfida” per il sistema immunitario ben maggiore di quella di un vaccino. L'esistenza quotidiana nel mondo esterno espone il sistema immunitario di un bambino al contatto con centinaia di migliaia di possibili antigeni. Il sistema immunitario è naturalmente già “attrezzato” per difendere l'organismo dalla gran parte di questi microorganismi, che per di più non costituiscono una serie minaccia per la salute, per un sistema immunitario funzionante (si pensi per esempio ai batteri della flora intestinale, che svolgono anche importanti funzioni). Ci sono poi naturalmente tutte le infezioni virali o batteriche che possono venire contratte da piccoli. I neonati godono di un protezione "passiva" grazie agli anticorpi della madre, trasferiti durante la gravidanza attraverso la placenta. La madre però passa al feto solo gli anticorpi che possiede. Inoltre, questi anticorpi proteggono i nuovi nati solo per alcuni mesi.
Il “carico di lavoro” che il sistema immunitario deve sopportare per fronteggiare un banale raffreddore è molto più rilevante di quello costituito da un vaccino come quello per l'epatite B, anche per un adulto. Se le vaccinazioni somministrate attualmente “sovraccaricassero”, e quindi indebolissero, il sistema immunitario dei bambini, dovremmo poter osservare le conseguenze di questo fenomeno. Dovremmo per esempio registrare un aumento dei casi di malattie infettive tra i vaccinati. Uno studio svolto in Danimarca su un campione di più di 800mila bambini tra il 1990 e il 2001 ha indagato proprio questa possibile associazione. Gli autori però non hanno trovato alcuna evidenza che potesse giustificare l'ipotesi di una correlazione tra l'esposizione a vaccini combinati, come quello morbillo-parotite-rosolia, e l'aumento dei ricoveri per altre malattie infettive.
Le preoccupazioni per i rischi delle vaccinazioni riguardano molte altre caratteristiche dei vaccini. In particolare, le altre sostanze che contengono, come gli “adiuvanti”, che rendono il vaccino più efficace perché potenziano la risposta immunitaria. Alcune di queste sostanze sono state oggetto di controversie per il loro presunto ruolo nell’insorgenza di patologie. Ne abbiamo parlato in un vademecum sui vaccini (che contiene le risposte alle domande più frequenti sull'argomento) ricordando come anche in questo caso numerosi studi abbiano permesso di smentire queste ipotesi.
Va ricordato inoltre che i 10 vaccini che sono diventati obbligatori corrispondono in realtà a tre vaccinazioni somministrate separatamente: il vaccino esavalente, il vaccino morbillo-parotite-rosolia e il vaccino contro la varicella. L'obbligo del vaccino contro la varicella si applica solo per i nati a partire dal 2017.
Foto in anteprima via infocilento.it