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Processo Open Arms: il problema della propaganda di Salvini e del governo è che funziona

20 Settembre 2024 10 min lettura

Processo Open Arms: il problema della propaganda di Salvini e del governo è che funziona

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Sei anni di carcere. Tanto hanno chiesto i PM di Palermo nei confronti di Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio nonché ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture. La richiesta è arrivata all’interno del processo che vede imputato il leader della Lega con l’accusa di aver sequestrato nel 2019 i passeggeri della nave Open Arms. 

Il caso ha avuto e sta avendo un effetto dirompente sulla politica italiana, con le classiche accuse contro la “magistratura politicizzata” e i proclami sulla “difesa dei confini”. In realtà si tratta di un copione che negli anni abbiamo ampiamente visto e stravisto. Le differenze sono nella gravità dei toni e nel contesto generale in cui si colloca il caso. 

Il caso Open Arms

Nell’agosto 2019, alla nave Open Arms dell’ONG Proactiva Open Arms viene impedito per 19 giorni di sbarcare in porti italiani. Sono i tempi del primo governo Conte e del Decreto sicurezza bis. Decreto in cui era data possibilità al ministro dell’Interno di agire in concerto con i ministri di Trasporto e Difesa per bloccare il transito, la sosta o l’ingresso di navi nelle acque italiane per “motivi di ordine e sicurezza” o quando si configurava la violazione di leggi contro l’immigrazione irregolare. 

Un provvedimento molto criticato dagli esperti, come evidenziavamo all’epoca, ma che rientrava nella strategia dei “porti chiusi” sbandierata in particolare dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. Dietro questo slogan, l’idea di dover difendere i confini italiani dall’immigrazione irregolare, con toni oscillanti tra la retorica securitaria e le teorie del complotto sulla “sostituzione etnica”

È in questo clima e dopo l’approvazione di quel decreto che, nei primi giorni di agosto, la nave spagnola Open Arms effettua il salvataggio in acque libiche di 55 persone, tra cui due bambini. Lo stesso giorno, come riporta Pagella Politica, viene firmato il decreto interministeriale che vieta alla nave di entrare nelle acque italiane, in base al Decreto sicurezza bis. 

Ne nasce un braccio di ferro in cui la nave richiede più volte un POS (place of safety, ovvero un luogo sicuro dove concludere le operazioni di salvataggio), tra l’Italia e la vicina Malta, mentre si trova a recuperare altri naufraghi in acque di salvataggio maltesi: il 2 agosto salva altri 69 naufraghi, il 10 agosto altri 39. Malta acconsente solo allo sbarco di queste ultime, ma tuttavia sulla nave c’è il timore che questo possa creare disordini tra i diversi gruppi recuperati, a discapito della sicurezza di navigazione. Nel frattempo, alcuni di questi sono trasferiti a terra per motivi medici. Le evacuazioni avvengono sia a cura della marina italiana che maltese. 

Il braccio di ferro si svolge anche a terra, tramite avvocati e carte bollate. Il 14 agosto il TAR, dopo ricorso dei legali di Open Arms, sospende il decreto interministeriale del 1 agosto, “al fine di consentire l'ingresso della Nave Open Arms in acque territoriali italiane (e quindi di prestare l'immediata assistenza alle persone soccorse maggiormente bisognevoli)". Contestualmente, però, il ministero dell’Interno predispone un nuovo decreto interministeriale, che però non viene controfirmato dalla ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, “in nome dell’umanità” e dal ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli. Ma alla nave non viene ancora concesso di sbarcare. Di fatto, il ministro degli Interni Salvini si mette di mezzo.

Nasce così un altro braccio di ferro, stavolta tra Salvini e il Presidente del Consiglio Conte, che si scontrano a colpi di note sulla possibilità di far scendere i 27 minori a bordo: solo il 18 agosto riusciranno a sbarcare. Nel frattempo la situazione sulla nave si fa difficile: alcune persone, esasperate da quella permanenza forzata e dalle condizioni igienico-sanitarie, arrivano persino a buttarsi in mare con il salvagente, cercando di raggiungere Lampedusa. Il 17 agosto, Salvini acconsente a non ostacolare l’evacuazione di quelli che chiama “presunti minori”. Lo stesso giorno avviene anche l’ispezione della Procura della repubblica di Agrigento, della polizia giudiziaria e dei medici dell'USMAF (Uffici di sanità marittima, area di frontiera). L’indomani vengono fatti sbarcare i minori. 

Intanto, la Spagna offre un POS presso le isole Baleari, tuttavia il capitano della nave rifiuta l’offerta perché le condizioni delle persone a bordo rendevano difficile il viaggio. Si arriva così all’epilogo del 20 agosto. Dopo una nuova ispezione, la Procura della repubblica di Agrigento dispone il sequestro preventivo della nave, facendo così sbarcare tutti i migranti a bordo.

Di cosa è accusato Salvini

I reati contestati a Salvini riguardano il periodo tra il 14 e il 20 agosto. Per quei sei giorni, Salvini è accusato di sequestro di persona nei confronti di 147 persone, con l’aggravante per il suo ruolo di pubblico ufficiale e perché a danno di minori, e omissione di atti d'ufficio. Seconda la procura di Palermo, Salvini avrebbe agito di propria iniziativa e in disaccordo con il resto del governo. 

Come ricordato da Paolo Valenti su La via libera, per giustificare il divieto di ingresso Salvini si è affidato a una interpretazione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare: questa consente il passaggio inoffensivo delle navi, mentre per Salvini nel caso della Open Arms ciò non poteva essere applicato. L’attività della nave sarebbe invece rientrata nei casi indicati da una direttiva dello stesso ministero, in cui le operazioni delle ONG in mare erano descritte come “finalizzate al trasferimento sul territorio italiano di migranti irregolari in violazione delle leggi vigenti in materia di immigrazione, privi altresì di documenti di identità e provenienti in parte da paesi stranieri a rischio terrorismo”. 

Tesi tuttavia rigettata dai PM, anche perché questo tipo di finalità non sono mai state dimostrate in nessuna sede. E perché Open Arms si è trovata ad applicare l’obbligo di salvataggio così come previsto dal diritto internazionale e da quello marittimo. Il principio è tanto basilare quanto messo puntualmente in discussione da una gestione securitaria dei fenomeni migratori: salvare vite in mare è obbligatorio, non si fa distinzione tra un naufrago e l’altro (“si salva, non si seleziona”), i respingimenti sono illegali e gli Stati dovrebbero essere mossi da principi di cooperazione e coordinamento.

Per il suo operato come ministro dell’Interno Salvini è stato accusato di sequestro di persona aggravato in altri due casi. Il primo risale all’agosto 2018 e vede coinvolta la nave Diciotti della guardia costiera, caso per cui Salvini fu indagato anche per abuso d’ufficio. Anche qui ci fu un rimpallo tra Italia e Malta, e alla nave venne impedito di sbarcare per diversi giorni, finché non fu trovato un accordo per la distribuzione dei migranti salvati. Di fronte alla richiesta di rinvio a giudizio, il 20 marzo 2019 il Senato negò l’autorizzazione a procedere.

Il secondo caso riguarda invece la nave militare Gregoretti, cui venne impedito di sbarcare a Lampedusa per quattro giorni, fino cioè al raggiungimento di un accordo per la redistribuzione dei migranti a bordo con altri paesi. L’episodio avvenne dopo l’approvazione del già citato decreto sicurezza bis, il quale non era applicabile per le navi militari. In quel caso, di fronte alla richiesta di rinvio a giudizio il Senato votò per autorizzare il processo. Salvini per l’occasione reagì dicendo di aver difeso i confini, e di aver scelto lui stesso di andare in tribunale “confidando nella terzietà della magistratura”, nonostante i tentativi della sinistra di “eliminare per via giudiziaria gli avversari politici”. Salvini fu poi prosciolto nel maggio 2021: per la procura di Catania non c’erano gli estremi di reato, e le scelte di Salvini erano state “condivise dal governo”.

Per il caso Open Arms, invece, il 26 maggio 2020 la Giunta per le immunità del Senato aveva respinto l'autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini. L'autorizzazione fu data però dal Senato due mesi dopo, il 30 luglio. Decisivo il voto dei senatori di Italia Viva, che invece in Giunta si erano astenuti.

La propaganda del governo e i suoi pericoli

Con il caso Open Arms, l’attuale governo si è trovato tra le mani un ministro nonché leader di partito a processo. Ciò in un quadro dove altri due membri dell’esecutivo sono attualmente rinviati a giudizio, Daniela Santanché (truffa ai danni dello Stato e falso in bilancio) e Andrea Delmastro (violazione del segreto d’ufficio). Con due importanti differenze. La prima è che Salvini era rinviato a giudizio prima che venisse formato l’attuale governo; la seconda è che il caso riguarda un tema cardine dell’estrema destra, ovvero quella “difesa dei confini” dai migranti sbandierata in primis dallo stesso leader della Lega.

La risposta è stata quindi l’apertura di un conflitto frontale con la magistratura, conflitto tutt’altro che inedito. Pensiamo ad esempio alla campagna di delegittimazione contro la giudice Iolanda Apostolico, volta a dipingerla come “giudice comunista”. Il tutto pur di non ammettere il fallimento giuridico del Decreto Cutro, smantellato in quei giorni da vari pronunciamenti di tribunali, tra cui quello di Catania della stessa Apostolico. Di fronte a un problema, la logica del governo e della maggioranza è piuttosto lineare nella sua disfunzionalità: serrare i ranghi mentre si attacca il nemico. Una linea che trova la sua sintesi nella continua denuncia di complotti

Nel processo a Salvini, il conflitto si è visto in primo luogo con le dichiarazioni della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e di vari membri della maggioranza, molto simili tra loro. Salvini è raffigurato come una persona che agisce secondo “il mandato ricevuto dai cittadini” per difendere i confini e che per questo rischia 6 anni. Il conflitto è politico, ed è voluto dalla magistratura.

Da notare che questo tipo di messaggi sono stati veicolati non solo da account di politici specifici, ma anche da quello del Viminale, che ha rilanciato la dichiarazione di solidarietà a Salvini di Piantedosi. Dovrebbe esserci una differenza tra gli account di una istituzione e i suoi rappresentanti, poiché le prime non hanno colore politico, tuttavia come visto in passato questa distinzione viene spesso meno con l’attuale governo, a partire proprio dal ministero dell’Interno. 

C’è stato poi il video di Matteo Salvini. Sfondo nero, parlata monocorde e completo da impresario funebre di provincia, il leader della Lega mette in fila tutti i frame del caso. “La sinistra ha deciso che difendere i confini è reato”, dice Salvini nel video, mettendo insieme due idee care all’estrema destra. 

La prima è che tenere su una nave in condizioni estreme delle persone salvate da un naufragio, tra cui dei minori (“presunti”, disse all’epoca Salvini, non dimentichiamo), è equiparabile alla difesa dei confini da un invasore, dando quindi una visione dei fenomeni migratori che esonda dalla logica securitaria e approda direttamente alla militarizzazione della società. Ciò in spregio non solo del rispetto della vita umana, ma degli stessi dati di realtà. Perché come visto nei casi Open Arms, Diciotti e Gregoretti, che si tratti di navi di ONG o di corpi dello Stato la retorica è la stessa: il popolo italiano va difeso anche a costo di andare contro altri suoi rappresentanti, se questo serve a garantire legge e ordine.

La seconda idea è che “la sinistra” sia una forza nemica di questa legge e ordine, e anzi concorra per indebolire entrambi. Lo ha fatto votando al Senato l’autorizzazione al processo, poco importa se alcuni di quei voti provenivano dal Movimento 5 Stelle, ex alleati di governo di Salvini. Ma lo fa attraverso il controllo che eserciterebbe su pezzi delle istituzioni, a partire dalla stessa magistratura. Abbiamo quindi il paradosso di una maggioranza che da una parte ricorre al pugno duro attraverso leggi e decreti sempre più repressivi, vantandosi persino di poter mandare in carcere donne incinte; dall’altra però piange miseria poiché non riesce a farli valere per colpa della magistratura di sinistra. 

Lo stesso Salvini è emblematico di questo apparente paradosso, se pensiamo alla facilità con cui ricorre alla querela nei confronti di chi lo critica. In questi giorni ha infatti querelato per la seconda volta Roberto Saviano, per un post in cui lo scrittore lo ha accusato di mentire su Carola Rackete. Se l’Italia è in balia dell’establishment intellettuale di sinistra, della magistratura politicizzata e delle ONG che favoriscono “invasioni”, una querela del genere cosa dovrebbe rappresentare? Un gesto di speranza affinché si trovi un giudice a Roma anziché a Berlino? 

Ma più delle analisi tecniche o persino delle parodie per una certa ridicolaggine di fondo, il video dovrebbe interessarci per gli scopi e i destinatari. Non ci si può difendere dalle accuse nel processo vuole dirci Salvini: la pubblicazione del video avviene sì nel giorno in cui i PM chiedono 6 anni di condanna nei suoi confronti, ma anche nel giorno in cui non si è presentato in tribunale. Se c’è giustizia, insomma, va ricercata fuori da quelle aule. Inoltre l’uso dei sottotitoli in inglese nel video fa capire che i destinatari sono oltreconfine. Infatti, nel giro di pochi giorni Salvini ha incassato la solidarietà del premier ungherese Viktor Orbán e di Elon Musk. Ovvero del più autocratico tra i leader dell’Unione Europea e di un imprenditore che dopo aver acquistato Twitter ha aperto la piattaforma a suprematisti, diventando lui stesso il principale influencer dell’estrema destra a livello internazionale. 

La battaglia che sta impostando il governo si gioca più in Europa che a Palermo. A dover preoccupare è soprattutto il cedimento dell’arco politico che dovrebbe offrire alternative all’estrema destra per quanto riguarda le politiche migratorie. Con tempismo quanto mai infelice, negli stessi giorni in cui Salvini e la maggioranza confezionavano l’ennesimo show, il premier britannico Keir Starmer, del Partito laburista, è venuto in Italia per incontrare Giorgia Meloni e discutere di come implementare il “modello Albania” per la gestione dei migranti, attirandosi critiche anche dalle sue stesse fila. Una vittoria politica e comunicativa per Meloni, e un segnale di sconfitta terribile per il fronte progressista, che fa il paio con l’interesse espresso dalla Germania di Scholz e di un’inesorabile smottamento a livello europeo.

Nel caso particolare, la convergenza è ancora più preoccupante se pensiamo che a fine luglio Starmer si è trovato di fronte a un battesimo di fuoco per il suo governo appena insediato: i pogrom xenofobi sobillati da militanti di estrema destra e neofascisti. Dopo l’iniziale risposta ai disordini, in cui ha giocato un ruolo anche la mobilitazione della società civile, l’iniziativa politica più importante del governo laburista si è in pratica tradotta nella ricerca di una modica quantità di pugno di ferro da brandire contro migranti e richiedenti asilo. Gli inviti a un’operazione verità su come queste categorie siano ormai diventati un capro espiatorio o un vero e proprio bersaglio non sono stati accolti. Da qui si può capire perché l’estrema destra, che sia all’opposizione o al governo, insista con zelo terrificante sullo stesso copione: perché funziona.

Immagine in anteprima: frame video Il Sole 24 Ore via YouTube

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