Il Ministro dell’Interno scatena odio e commenti violenti sui social contro i suoi stessi cittadini
4 min letturaDomenica sera Matteo Salvini ha postato sulla sua pagina Facebook un video che mostrava la contestazione di un gruppo di donne durante la sua visita di qualche giorno fa a Cagliari. Il post era brevissimo: oltre a riportare alcune frasi urlate durante la protesta, si componeva solo di tre righe:
sempre bello ricevere complimenti…
Ma io non mollo
Un bacione
A parte questo, Salvini non ha scritto nulla. Ma è bastato per scatenare sotto al video oltre 11 mila commenti, in mezzo ai quali si perdeva il conto di auguri di stupro e insulti sessisti indirizzati alle donne, i cui volti erano ben visibili nel video. Per avere un’idea del tenore dei messaggi, ecco qualche esempio: “Queste cozze non se le fila nessuno e sperano in qualche bel negrone”; “Perché non andate a casa a occuparvi dei vostri mariti”; “A queste un po’ di clandestini in astinenza le metterebbero a tacere”; “Queste ‘donne’ magari se si trovano uno straccio d'uomo che le considera se ne stanno a casa a fargli una crostata”; “Galline”; “Sono quattro lesbiche insoddisfatte dalla vita”.
Il post è diventato uno sfogatoio libero e i commenti si sono susseguiti senza che mai intervenisse alcuna forma di moderazione da parte degli amministratori, nonostante l’andazzo fosse sin da subito evidente. Non si è trattato di una mancanza, ma di una precisa scelta: scatenare l’odio nei confronti di quelle donne.
Dagli anni della sua ascesa, una delle tecniche utilizzate dalla comunicazione di Matteo Salvini è la “polarizzazione dei sentimenti”: bello, brutto, gioia, rabbia, fiducia, paura. Basta dare un veloce sguardo al suo feed per rendersene conto. Ad esempio, quando celebra se stesso e le cose fatte dalla Lega – oppure quando veste le spoglie dell’amico che fotografa il cibo, mette su qualche chilo, smette ripetutamente di fumare o condivide la sua vita privata – Salvini induce in chi lo segue sentimenti positivi.
La polarizzazione, però, funziona ancora meglio quando indirizza odio, rabbia e frustrazioni verso questa o quella categoria. È una strategia che negli anni si è affinata: la pagina Facebook conta oltre tre milioni di mi piace e uno stuolo di seguaci allenati a scagliarsi contro “clandestini”, “finti profughi”, rom, “centri sociali” e, ovviamente, contestatori di vario genere.
Tra i post pubblicati dalla pagina di Salvini ciclicamente compaiono scritte sui muri contro la Lega o Salvini stesso. Sono post il cui unico scopo è far percepire che “il Capitano” ha bisogno di tutto il supporto dei suoi seguaci: in giro ci sono dei cattivi, statemi vicino e mobilitatevi.
Di tanto in tanto, poi, i “cattivi” vengono stanati ed esposti nell’arena. È successo nell’ultimo periodo con Roberto Saviano ed è accaduto fino a poco tempo fa su base quasi giornaliera con Laura Boldrini.
Quando un dispositivo è ben oliato, basta poco a innescarlo. E basta ancora meno a spingere l’asticella ogni volta un po’ più in là. Dalle categorie astratte o personaggi noti si passa agevolmente a esporre alla gogna persone comuni con il loro volto, colpevoli di aver contestato il ministro dell’Interno.
Qualche giorno prima delle donne di Cagliari, il nemico contro cui mobilitare i seguaci erano state tre studentesse liceali che avevano partecipato alla manifestazione “No Salvini Day” il 16 novembre. Sulla pagina del ministro dell’Interno è stata postata una foto che le ritraeva con un cartello con un riferimento a piazzale Loreto: i visi delle tre minori in primo piano e perfettamente riconoscibili accompagnati solo dalla frase “poverette, e ridono pure...”
In pochissimo tempo si è sollevata un’ondata di commenti e insulti misogini e sessisti, tra inviti ad andare a prostituirsi, auguri di essere uccise “come Carlo Giuliani”, stuprate o di “fare la fine di Desirèe”.
Anche stavolta nessuna moderazione, nessun messaggio rimosso, nessun intervento. E anche stavolta l’indicazione del post era generica: ecco il nemico, scatenatevi.
Al di là del meccanismo feroce della gogna pubblica che serve da monito, ci sono due punti in particolare che vale la pena sottolineare.
Come dicevo, questa continua individuazione dei cattivi contro cui aizzare il proprio popolo (che poi, in fin dei conti, è cementato anche dall’esistenza stessa di questi cattivi) fa parte della strategia di Salvini da diverso tempo. E come personaggio pubblico, è evidente che ci sia una sproporzione di forze rispetto alle persone date in pasto a 3 milioni di follower.
Questa sproporzione diventa però abnorme e spaventosa se si pensa che in questo momento il leader della Lega ricopre il ruolo di ministro della Repubblica, nonché di vicepresidente del Consiglio. E dunque non si tratta solo di un uomo di 45 anni che, ad esempio, bullizza delle ragazzine minorenni che potrebbero essere sue figlie (con buona pace della retorica “da papà”), ma di uno dei più alti rappresentanti dello Stato che invece di tutelare i suoi cittadini sostanzialmente punisce coloro che contestano, dandoli in pasto ai suoi supporter.
La seconda questione riguarda i soggetti verso i quali l’odio viene scagliato. Le donne di Cagliari e le tre studentesse hanno in comune l’appartenenza al genere femminile – così come Laura Boldrini, da sempre attaccata dal ministro dell’Interno. Le prime a finire nella fossa dei leoni della pagina Facebook del ministro dell’Interno sono le donne, e in particolare quelle che dissentono. Prendere bersagli femminili, tra l'altro, fa sì che si passi dal grado zero della violenza, dagli istinti più bestiali: ci sono insulti, minacce e pensieri che vengono rivolti solo a una donna. Epiteti a sfondo sessuale, auguri di stupro, commenti di una ferocia che raramente viene accostata a un uomo, anche quando lo si vuole colpire nel profondo. Basta scorrere i messaggi sotto alla foto ritraente tre studentesse minorenni per rendersene conto.
Tutto questo è avvenuto a cavallo della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne del 26 novembre, mentre il governo e il ministro annunciavano un codice rosso per le vittime di violenza.