I russi che omaggiano le vittime dell’attacco di Dnipro sfidando censura e repressione
|
L'attacco missilistico del 14 gennaio a Dnipro, nel quale è stato colpito un palazzo con 46 morti, ha suscitato una serie di piccoli, significativi, gesti in tutta la Russia. Prima a Mosca, poi a San Pietroburgo, a Ekaterinburg, a Krasnodar e in tanti altri centri urbani, fiori, fotografie e candele sono state messe ai piedi di statue e monumenti per esprimere il dolore e la condanna per la guerra di Putin.
A Mosca la statua di Lesja Ukrainka, scrittrice ucraina di fine Ottocento, figura di rilievo per il movimento nazionale del proprio paese e animata da una forte sensibilità sociale, è stata circondata dalla polizia il 18 gennaio, pochi giorni dopo l'inizio degli omaggi spontanei ai morti di Dnipro.
Una foto è particolarmente significativa, ritrae una donna piangere inginocchiata nella neve ai piedi della statua, davanti ai fiori e alle candele lì lasciate.
Anche i monumenti a Taras Shevchenko, padre della letteratura ucraina e rivoluzionario esiliato durante il regno di Nicola I, a San Pietroburgo, a Krasnodar, a Ekaterinburg e a Mosca, sono un punto di ritrovo per chi vuol esprimere la propria condanna della tragedia di Dnipro e protestare contro la guerra.
Dove non vi sono statue legate all'Ucraina, luoghi di riflessione e omaggio vengono improvvisati vicino ai monumenti in memoria delle vittime delle repressioni politiche o della Seconda guerra mondiale. Dove vi sono toponimi legati a città e luoghi dell'Ucraina, anche lì appaiono fiori, come nel caso di Dnepropetrovskaya ulitsa (via Dnepropetrovsk, come prima era chiamata Dnipro) a Mosca e a San Pietroburgo.
Una forma di protesta? Di certo è un segno di dissenso, e sminuirlo come poco coraggioso sarebbe un errore: la polizia in più occasioni ha circondato i monumenti, e attivisti ultranazionalisti hanno aggredito chi andava a portare i fiori. Vi sono stati arresti, una ragazza, Ekaterina Varenik, è stata fermata e condannata a 12 giorni di carcere per resistenza a pubblico ufficiale e 50.000 rubli di multa per vilipendio alle forze armate. La sua colpa? Un manifesto che la ragazza, originaria del Donbas, aveva portato con sé davanti al monumento a Lesja Ukrainka, su cui vi era scritto "In Ucraina ci sono i nostri fratelli, non dei nemici".
Many years ago, I was teaching math, part-time, in my high school. There was a girl - on video, it is her daughter, Katya, 15, who is being detained by police for bringing flowers to commemorate civilian victims of January 14 strike on Dnipro. Moscow, today. pic.twitter.com/mYsmWSyOzH
— Konstantin Sonin (@k_sonin) January 21, 2023
Già nei primi giorni di guerra vi erano state iniziative spontanee di questo genere, a Mosca venne chiuso in quell'occasione il Giardino di Alessandro, adiacente al Cremlino, perché venivano portati fiori e candele davanti alle lapidi che commemorano le città-eroine ucraine della Grande guerra patriottica (la Seconda guerra mondiale), e in alternativa omaggi vennero portati al monumento a Lesja Ukrainka.
L'antropologa Alexandra Arkhipova ha sottolineato come la tradizione di creare luoghi simili, non ufficiali risalga al 2015, quando Boris Nemtsov, tra le principali figure dell'opposizione a Putin, venne assassinato su un ponte non lontano dal Cremlino, e lì è sorto, sorvegliato dagli attivisti, un memoriale per il politico, di volta in volta distrutto e poi ricostruito. La tradizione è diventata popolare con l'incendio del centro commerciale Zimnyaya vishnya a Kemerovo nel 2018, quando 60 persone, di cui 37 bambini morirono tra le fiamme e il fumo.
L'apparizione, pressoché spontanea, di luoghi della memoria è un indice di come esista, nonostante la propaganda, la repressione e le persecuzioni, un sentimento di condanna della guerra e una forte empatia con le sue vittime.
*Giovanni Savino, storico, si occupa di Russia e Europa orientale. Potete trovarlo nel suo canale Telegram Russia e altre sciocchezze
Immagine in anteprima: Una donna piange inginocchiata al monumento a Mosca, 16 gennaio