Romania, elezioni annullate tra ingerenze russe e accuse a TikTok
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Oggi la Romania avrebbe dovuto eleggere il suo nuovo presidente. I cittadini rumeni erano chiamati a scegliere tra Călin Georgescu ed Elena Lasconi, due candidati tra i meno accreditati alla vigilia. Lasconi, conservatrice pro-UE, giornalista locale di una rete privata, PRO TV, nota per aver coperto le guerre in Kosovo e Afghanistan, e Georgescu, il candidato anti-establishment emerso dal nulla, ammiratore di Putin, ignorato dai media e che a sua volta aveva preferito comunicare e fare campagna elettorale sui podcast, su YouTube, su TikTok.
Il ballottaggio sembrava configurarsi come la sfida ultima – almeno in Romania – tra due mondi che si ignorano reciprocamente e con tutta una catena di valori in contrapposizione: i media e la politica mainstream vs. i canali mediatici alternativi e candidature anti-élite. E invece questo voto non ci sarà. Almeno l’8 dicembre.
Venerdì, a due giorni dal ballottaggio, la Corte costituzionale della Romania ha annullato le elezioni presidenziali. La decisione è arrivata dopo che i servizi di sicurezza avevano avvertito che la Russia stava preparando degli attacchi ibridi in vista del voto, e al culmine di due settimane in cui più volte sono stati sollevati dubbi sull’esito del primo turno e su possibili interferenze russe. Prima, l’Autorità per la gestione e la regolamentazione delle comunicazioni della Romania (ANCOM) ha minacciato di sospendere TikTok e ha chiesto alla Commissione Europea di avviare un’indagine formale sulla piattaforma di proprietà cinese. Poi, con una decisione per certi versi senza precedenti, la Corte Suprema ha disposto il riconteggio dei voti che ha però confermato la vittoria di Georgescu e Lasconi. Infine, l’annullamento del voto da parte della Corte rumena. Il governo rumeno dovrà ora trovare una data per le nuove elezioni presidenziali.
Come si è arrivati all’annullamento del voto
L’esito del primo turno delle elezioni presidenziali aveva sorpreso tutti gli osservatori. Alla vigilia del voto praticamente tutti davano per favorito il primo ministro in carica, Marcel Ciolacu, alla guida del PSD di centro-sinistra, e come principali sfidanti al ballottaggio Elena Lasconi, una candidata filo-occidentale più conservatrice, e soprattutto George Simion, un candidato di estrema destra, considerato una minaccia per l’establishment, sostenitore di Trump e noto per il suo passato di ultras di calcio e per i poster giganti di Vlad l'Impalatore e i video TikTok del suo partito. Il sito web Romania Insider si chiedeva: “Chi si unirà al premier Marcel Ciolacu al secondo turno?”.
In pochi conoscevano e ancora meno davano credito alla candidatura di Călin Georgescu, un ultranazionalista che ha elogiato Vladimir Putin come “un uomo che ama il suo Paese”, ha negato l'esistenza del COVID-19, ha dichiarato che Gesù Cristo è “l'unica vera scienza”, ha descritto due fascisti rumeni della seconda guerra mondiale come “eroi nazionali” e ha spiegato che la Romania non è all'altezza degli affari esteri e dovrebbe affidarsi alla “saggezza russa”. Prima delle elezioni del nome di Călin Georgescu non c’era traccia sui media internazionali, di certo era assente in un recente articolo della Reuters intitolato “Chi corre alle elezioni presidenziali in Romania?”. E cercando il suo nome su Google News nel periodo tra l’1 gennaio e il 22 novembre, in inglese si trovava un solo risultato, scrive Jon Allsop sulla Columbia Journalism Review.
Il risultato del primo turno aveva smentito le previsioni della vigilia: sconfitti i favoriti Ciolacu e Simion, al ballottaggio erano andati Elena Lasconi (19,2%) e, al primo posto, con quasi un quarto dei voti, il 22,9%, proprio Călin Georgescu. Con grande sorpresa dei media e dei sondaggisti che avevano attribuito a Georgescu percentuali a una cifra. “Mai nei nostri trentaquattro anni di democrazia abbiamo assistito a un'impennata del genere rispetto ai sondaggi”, aveva dichiarato un commentatore alla BBC.
All’indomani del voto, alcuni osservatori hanno spiegato l’inaspettato successo di Georgescu come un’ulteriore dimostrazione del consenso ottenuto da figure di estrema destra che utilizzano canali e media non mainstream e snobbano i media tradizionali, riuscendo a canalizzare sulla proprio figura il senso di sfiducia nel confronto dell’establishment mediatico e politico. Da questo punto di vista, il risultato di Georgescu sembrava ricalcare quanto accaduto negli Stati Uniti: una delle chiavi della vittoria di Trump è stata la conquista del voto giovanile maschile attraverso la partecipazione in decine e decine di podcast gestiti da influencer rigorosamente maschi e bianchi.
Su TikTok abbondano i video che mostrano Georgescu mentre corre, pratica judo o cavalca un cavallo bianco con una camicia tradizionale. Lo stile e il tono dei video ricalca quelli di Andrew Tate, noto per i suoi contenuti apertamente misogini e accusato proprio in Romania di traffico di esseri umani, tra i vari reati. Su YouTube, Georgescu è attivo dai tempi della pandemia, quando in un video si è fatto riprendere mentre faceva il bagno in un lago ghiacciato per esaltare il suo sistema immunitario.
Tuttavia, già poche ore dopo la chiusura delle urne, cominciavano a fare capolino le voci che dietro il successo della campagna di Georgescu potessero esserci interferenze russe. Nei giorni immediatamente successivi al voto, arriva la minaccia di sospendere TikTok e la richiesta di un’indagine dell’UE da parte dell’ANCOM, e il riconteggio dei voti del primo turno disposto dalla Corte Suprema che ha però confermato i risultati del primo turno.
Questo clima ha fatto da sfondo, domenica scorsa, l’1 dicembre, alle elezioni del nuovo parlamento che hanno visto la vittoria del partito di centro-sinistra PSD di Ciolacu (il grande sconfitto delle presidenziali), con il 22,5%, e il successo dei partiti di destra: dietro il PDS è arrivato l’AUR, il partito di George Simion, con il 18%, e sono entrati in parlamento anche due partiti minori di estrema destra e filo-russi che al ballottaggio avrebbero sostenuto Georgescu. Considerata l'elevata frammentazione del parlamento, la formazione di una maggioranza non sarà facile.
La frammentazione dei partiti pro-UE e il successo dei partiti di estrema destra rendevano incerto l’esito del ballottaggio per le presidenziali. Considerate le sperticate lodi di Georgescu a Putin, in molti temevano che una vittoria di Georgescu al ballottaggio potesse spostare la Romania – confinante per oltre 600 chilometri con l’Ucraina, sede di una grande base militare della NATO e via di transito importante di milioni di tonnellate di grano ucraino – su posizioni più anti-UE e filo-russe. In Romania, il presidente ha un ruolo semi-esecutivo con significativi poteri decisionali in materia di sicurezza nazionale, politica estera e giustizia, e rappresenta il paese anche sulla scena internazionale.
In questo contesto, è arrivato l’annullamento del voto da parte della Corte costituzionale rumena. In un discorso alla nazione, l'attuale Presidente Klaus Iohannis (che avrebbe dovuto terminare il suo mandato il 21 dicembre ma che resterà in carica fino al giuramento del suo successore) ha spiegato che l’annullamento del voto si è reso necessario dopo che alcuni rapporti dei servizi segreti avevano sollevato dubbi sull’esito del voto, “influenzate da una campagna sostenuta da uno Stato estraneo agli interessi della Romania”. Per questo motivo, ha proseguito Iohannis, ha deciso di rendere pubblici i documenti dell’intelligence.
I file declassificati rilasciati dalle autorità rumene all'inizio di questa settimana suggeriscono che una campagna pro-Russia ha utilizzato Telegram per reclutare decine di migliaia di utenti di TikTok (si parla di 25mila account) per promuovere Georgescu. Alcuni delle migliaia di account di social utilizzati nella campagna sarebbero stati creati anni fa, ma sono stati attivati solo nelle settimane precedenti al primo turno, secondo i documenti. Non è chiaro dal comunicato dell'intelligence se Georgescu fosse a conoscenza della presunta campagna o se vi abbia contribuito.
“La Romania è un paese stabile, sicuro e solido”, ha aggiunto Iohannis nel suo discorso televisivo, cercando di calmare i paesi alleati e rassicurare i mercati. “Lo dico a nome dell'UE: la Romania è e rimane un paese sicuro, solido e pro-europeo. Lo dico per la NATO: la Romania resta un alleato sicuro e solido”, ha dichiarato. “Credo sia molto importante che tutti lo sappiano: la Romania non è in difficoltà”.
La decisione della Corte è però molto controversa e rischia di essere vista come il tentativo dell’establishment - il Partito socialdemocratico (PSD) e il Partito nazional-liberale (PNL) - di mantenere il potere e di gettare il paese nel caos politico. Basti pensare che quasi 48.000 romeni all'estero avevano già iniziato a votare da venerdì.
Georgescu ha immediatamente accusato la Corte Costituzionale di aver messo in atto “un colpo di Stato formalizzato” e ha detto ai suoi sostenitori di dimostrare di essere “coraggiosi” e di non arrendersi. “Oggi lo Stato rumeno ha calpestato la democrazia”, ha detto Georgescu, aggiungendo che presenterà un reclamo alla Corte Suprema della Romania, anche se non c’è una chiara via legale per ribaltare la sentenza della Corte Costituzionale. “Abbiamo scritto la storia. È ora di dimostrare che siamo un popolo coraggioso. La democrazia è sotto attacco... In questo giorno, il sistema corrotto ha fatto un patto con il diavolo. Io ho un solo patto: con il popolo rumeno e con Dio”.
L’altra candidata al ballottaggio, Elena Lasconi, si è detta mortificata per quello che ha visto come un'alterazione del processo elettorale: “Oggi è il momento in cui lo Stato rumeno ha calpestato la democrazia. Dio, il popolo rumeno, la verità e la legge prevarranno e puniranno coloro che sono colpevoli di aver distrutto la nostra democrazia”.
“Vergogna!!! Colpo di Stato in piena regola”, ha dichiarato George Simion, leader del partito di estrema destra AUR che sostiene Georgescu al secondo turno. Simion ha esortato i suoi sostenitori a non manifestare nelle strade contro la decisione del tribunale: “Non scenderemo in piazza, non ci faremo provocare. Questo sistema deve cadere democraticamente!”.
A difesa della decisione della Corte è intervenuto l'attuale primo ministro socialdemocratico Marcel Ciolacu, anch'egli candidato alle presidenziali, che ha definito la sentenza “l'unica soluzione equa” dopo che le rivelazioni dei documenti dell’intelligence. “Il voto dei rumeni è stato palesemente falsato dall'intervento della Russia”, ha dichiarato. “Le elezioni presidenziali devono essere ripetute”.
Nicolae Ciucă, presidente del Senato rumeno e candidato alla presidenza del Partito Nazionale Liberale al primo turno, ha fatto appello alla “calma, all'unità e alla maturità” e ha invitato a fare di tutto per chiarire ogni sospetto e garantire un'elezione corretta.
Nel frattempo, i pubblici ministeri rumeni hanno avviato un'indagine sugli attacchi informatici alle infrastrutture elettorali, di cui si parla nei file declassificati dell'intelligence. Si tratta della terza indagine aperta in due settimane, dopo quelle sulla corruzione degli elettori, la frode informatica e il riciclaggio di denaro per la campagna elettore per almeno 1 milione di euro.
L'Unione Europea, infine, ha dichiarato di aver inviato a TikTok una richiesta urgente di maggiori informazioni su quanto riscontrato dai servizi segreti rumeni. “Siamo preoccupati per i crescenti indizi di un'operazione coordinata di influenza online straniera che ha come obiettivo le elezioni rumene in corso, in particolare su TikTok”, ha dichiarato Henna Virkkunen, vicepresidente esecutivo della commissione per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia. TikTok ha 24 ore di tempo per rispondere alla richiesta dell'UE, hanno dichiarato i funzionari in un incontro con la stampa a Bruxelles, ma finora non sono arrivati commenti.
Immagine in anteprima: Frame video WION via YouTube