Post

Il revisionismo sulle Foibe e la vergognosa equiparazione con la Shoah

16 Luglio 2021 7 min lettura

Il revisionismo sulle Foibe e la vergognosa equiparazione con la Shoah

Iscriviti alla nostra Newsletter

6 min lettura

Lo scorso maggio, su Domani, il giornalista Davide Maria de Luca portava all’attenzione dell’opinione pubblica un disegno di legge proposto dal senatore Luca Ciriani di Fratelli d’Italia. Il disegno di legge vuole introdurre, per l’articolo 604 bis su Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa, una modifica che recita:

All’articolo 604-bis, terzo comma, del codice penale, dopo le parole: «apologia della Shoah» sono inserite le seguenti: «dei massacri delle foibe»

Nel testo che motiva la proposta si legge inoltre:

Sebbene [...]  l’attuale formulazione della norma consenta di ascrivere tali fattispecie di  reato alla categoria generale  dei «crimini di genocidio», dei «crimini contro l’umanità» e dei  «crimini di guerra», la previsione espressa della tipologia di reato è considerata necessaria e indispensabile alfine di condannare e contrastare, con assoluta fermezza, chiarezza e coerenza, il fenomeno del negazionismo di una delle pagine più tragiche della storia del nostro paese.

Naturalmente nel nostro paese non c’è nessuna emergenza che giustifichi l'estensione del reato all'apologia o alla negazione delle foibe. Tuttavia smontare i presupposti del disegno di legge o provare a spiegare come sia sbagliata l’equiparazione tra foibe e Shoah non risolve la questione. Questo non è un disegno di legge sbagliato, una volta che ne capiamo la logica. Anzi, è efficace entro un quadro ideologico ben preciso.

Il disegno di legge presentato da Fratelli d'Italia serve a istituzionalizzare due principi, che altrimenti resterebbero impaludati nella semplice propaganda. Il primo è che gli italiani durante la Seconda guerra mondiale sono stati vittime di pulizia etnica, massacrati in quanto italiani; per motivi identitari, non per spietate logiche di guerra. Entro questa visione, le Foibe sarebbero la nostra Shoah. Il secondo, conseguente al primo, è creare una categorie di nemici attraverso l'istituzione di un crimine, ovvero coloro che negano questa verità.

Che nel 1943 e nel 1945 non ci sia stata una pulizia etnica contro gli italiani, lo spiega tra gli altri lo storico Eric Gobetti, nel conciso E allora le foibe? nella collana Fact Checking, pubblicato da Laterza. Ma presentare la complessa Questione Adriatica e la Seconda guerra mondiale attraverso i massacri delle foibe e della violenza slavo-comunista serve a far passare in secondo piano le nostre responsabilità - tra cui le complicità attraverso delazioni e arresti con il lager della Risiera di San Sabba, come riporta Gobetti, e le feroci repressioni verso la popolazione slava. Fummo ad esempio noi a portare avanti un piano per sostituirla. Inoltre si presentano quei territori come se fossero qualcosa di naturalmente italiano, mentre in realtà dopo la prima guerra mondiale vi vivevano diverse popolazioni, tra cui anche quella italiana.

Anche nel Vademecum per il Giorno del ricordo, pubblicato dall’istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia, è spiegato chiaramente come sia errato parlare di pulizia etnica:

Il  termine «pulizia» richiama un campo semantico assai diffuso nel linguaggio della biopolitica del ‘900 (le «pulizie» naziste dagli ebrei, le «purghe» staliniane) che rimandano  ad una concezione della comunità come organismo vivente che va depurato dagli elementi  infetti (su base etnica, razziale, di classe). Il termine «etnico» rimanda alla concezione etnicista della nazione adottata dai movimenti nazionali slavi. Pertanto, non può venir applicato a comunità nazionali che si definiscono su basi  non etniche, come gli italiani della Venezia Giulia e Dalmazia. Definire «pulizia etnica» fenomeni quali le foibe e l’esodo è quindi un grave errore, che denota incomprensione sia del termine che delle caratteristiche peculiari dell’italianità adriatica.

Questo revisionismo ha tuttavia incontrato negli anni sponde illustri, spesso in nome di un comune sentire, di un pathos patriottico dai dubbi contorni. Al di là delle strategie politiche, dunque, c’è un terreno che è stato abbondantemente bonificato, e quindi normalizzato. Sempre circa l'idea di pulizia etnica, come ricorda ancora Gobetti, troviamo l'espressione anche nel discorso tenuto da Mattarella nel 2020.

Nel 2019, invece, l'allora presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, per la Giornata del ricordo pronuncia a Basovizza un discorso commemorativo dove esclama: «Viva Trieste, viva l’Istria italiana, viva la Dalmazia italiana, viva gli esuli italiani, viva gli eredi degli esuli italiani, evviva coloro che in ogni momento, indossando un’uniforme difendono la patria ma difendono soprattutto i valori della nostra Italia». Il discorso provoca le reazioni dei premier di Slovenia e Croazia, e degli eurodeputati croati, tanto che Tajani è costretto a una penosa marcia indietro.

Circa questa normalizzazione, su Repubblica Simonetta Fiori ha ricostruito con grande acume una fitta rete di revisionismi all’opera nel paese. Dalle vie intitolate ad Almirante all’assessora regionale Donazzan che per il 25 aprile ricorda i nazisti uccisi alla Foiba di Lusiana, c’è una riscrittura della storia che si è diffusa sotto traccia e, alla fine, con la proposta al Senato è venuta fuori alla luce del sole: «Dietro la bandiera della riconciliazione si nasconde spesso un revanscismo agguerrito che bilancia in un’equazione impossibile i martiri della Shoah e le vittime del comunismo: questi i morti tuoi, questi i morti miei, palla al centro e si riparte.». Fiori fa inoltre presente come questo tipo di equiparazione si appoggi spesso al «paradigma memoriale antitotalitario approvato dall’Europa» con la risoluzione del Parlamento europeo del 2019 - una circostanza su cui già allora avevamo lanciato l’allarme.

È in nome di questa pacificazione, dell’apparente voler superare le divisioni, che ricorrenze come il 25 aprile ed esperienze come la Resistenza sono svuotate di senso, problematizzate in modo surrettizio, o persino avversate nei suoi simboli. A Carpi, per esempio, un gruppo di militanti che aveva cantato Bella ciao per contestare una manifestazione di Forza Nuova, deve attualmente rispondere in tribunale per manifestazione non autorizzata. Nei giorni scorsi, a Bologna, durante una presentazione del libro di Giorgia Meloni tenutasi ai Giardini Margherita, la polizia è intervenuta per costringere un chiosco a interrompere la diffusione per protesta di Bella ciao, pare per motivi di sicurezza.

Dietro l’apparente equivalenza e la volontà di pacificare, si muove una nuova conflittualità che affonda le sue radici in un passato alternativo, plasmato a partire da eventi reali. Il revisionismo sulle Foibe è un punto centrale di questa dinamica. Vi troviamo infatti quattro degli aspetti descritti dal filosofo Jason Stanley in How fascism works, libro che analizza le strategie fasciste riattualizzate. Vediamoli di seguito riassunti nel caso specifico:

    1. Passato mitico. Vi era un periodo in cui vivevamo felici in Istria e Dalmazia, terre italiane, poi quel passato felice è stato distrutto dalla violenza slavo-comunista.
    2. Vittimismo. Quella violenza è una ferita inflitta agli italiani in quanto tali; chi ha subito delle ingiustizie ha diritto a compiere rivendicazioni, o è aprioristicamente innocente. Poiché nella resistenza jugoslava c’erano anche partigiani italiani, noi italiani siamo stati anche vittime della Resistenza, dei crimini dei partigiani spesso taciuti dalla storia ufficiale.
    3. Anti-intellettualismo. Chi prova a contestare i punti precedenti è naturalmente anti-italiano, o è per l’appunto un negazionista, o deve fare ammenda per i crimini dei comunisti.
    4. Irrealtà. La vediamo all'opera nella pretesa di equiparare Shoah e Foibe in un gioco a somma zero, che fa passare in secondo piano le responsabilità del nazifascismo e le differenze rilevanti tra i due avvenimenti. Attraverso l’attacco ai negazionismi, ad esempio, Salvini nel 2020 compie questa equiparazione. Se la verità storica perde significato, lo stesso accade con le sue tracce nel presente. Se la narrazione propagandistica la sostituisce, anche attraverso delle leggi, l'irrealtà diventa la nuova realtà.

Questo tipo di operazione sulle Foibe non nasconde di certo rivendicazioni territoriali. Difficile che un governo di estrema destra nell’immediato futuro metta in cima alle priorità l’invasione di Istria e Dalmazia. Il nemico in questo caso è interno. Rafforzando questo revisionismo, infatti, si mette di fronte il mondo accademico e chiunque si occupi di storia, dal giornalista all’insegnante della scuola dell’obbligo, di fronte alla possibilità di essere messo sotto accusa, o attraverso pressioni sulla pubblica opinione, o attraverso leggi e atti amministrativi. Ciò in direzione di una riscrittura della storia a proprio uso e consumo.

Se pensate che possa essere uno scenario eccessivo, è opportuno citare il caso della Polonia. Nel 2018 il Parlamento polacco ha approvato una legge che punisce quei discorsi volti ad addossare al paese responsabilità per l’Olocausto. La legge è stata fin da subito criticata dalla comunità internazionale, perché per esempio potrebbe applicarsi anche a un sopravvissuto ai campi di sterminio, in base alla testimonianza prodotta. Il provvedimento, quindi, serve soprattutto a presentare la Polonia esclusivamente come paese vittima, ed è di fatto un ostacolo al lavoro storiografico, a quel complicato processo che dalle fonti storiche e dal lavoro su di esse produce una memoria collettiva.

Iscriviti alla nostra Newsletter


Come revocare il consenso: Puoi revocare il consenso all’invio della newsletter in ogni momento, utilizzando l’apposito link di cancellazione nella email o scrivendo a info@valigiablu.it. Per maggiori informazioni leggi l’informativa privacy su www.valigiablu.it.

Nel febbraio di quest’anno, due storici polacchi, tra cui  Barbara Engelking del Centro Polacco per la Ricerca sull'Olocausto, sono stati condannati a scusarsi per aver diffamato il nipote di un uomo vissuto ai tempi delle persecuzioni naziste. La diffamazione riguarderebbe il contenuto di un libro dove, tra l'altro, sono documentate le complicità di alcuni polacchi nell’uccisione di ebrei.

Se pensate che la storia sia una faccenda che riguarda il passato, vi suggeriamo quindi di rivedere quanto prima il vostro il giudizio.

Immagine in anteprima: Monumento alle vittime delle foibe (stazione metro Laurentina, Roma) – Gaux, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Segnala un errore

Leave a comment