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Guerre, violenze, censura. Il 2022 è stato l’anno nero per la libertà di informazione

15 Dicembre 2022 8 min lettura

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Guerre, violenze, censura. Il 2022 è stato l’anno nero per la libertà di informazione

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Sono numeri raccapriccianti quelli resi noti da Reporter senza frontiere (RSF). Il già triste record del 2021 è stato nuovamente battuto quest'anno. Alla data dell'1 dicembre 2022 sono 533 i giornalisti detenuti a causa del proprio lavoro, 13,4% in più rispetto all'anno precedente.

Questo è ciò che emerge nel 2022 dal rapporto annuale che l'ONG pubblica da 27 anni per monitorare le violenze e gli abusi commessi contro i giornalisti sulla base di dati raccolti dal 1° gennaio al 1° dicembre di ogni anno.

«I regimi dittatoriali e autoritari stanno riempiendo le loro prigioni più velocemente che mai incarcerando i giornalisti. Questo nuovo record di giornalisti detenuti conferma la necessità pressante e urgente di resistere ai governi senza scrupoli e di estendere la nostra fattiva solidarietà a tutti coloro che incarnano l'ideale della libertà giornalistica, dell'indipendenza e del pluralismo», ha dichiarato il segretario generale di RSF Christophe Deloire.

Giornaliste recluse

Quello dei giornalisti reclusi non è l'unico dato in aumento. Fino a oggi non era mai stato raggiunto il numero di giornaliste detenute a cui si è arrivati nel 2022: 78. Un incremento del 27,9% rispetto all'anno precedente. Le donne rappresentano circa il 15% di tutti i giornalisti detenuti. Cinque anni fa erano meno del 7%. Una percentuale più che raddoppiata.

La Cina ne detiene 19, tra cui Zhang Zhan, vincitrice del premio RSF per la libertà di stampa 2021, condannata a quattro anni di carcere per “aver causato problemi” pubblicando sui social media notizie sulla pandemia di COVID-19 e che nel giugno 2020 ha iniziato uno sciopero della fame per protestare contro la sua detenzione che l'ha portata a pesare meno di 40 chili, e Huang Xueqin, una giornalista investigativa che ha documentato molestie sessuali subite da donne e ragazze, prendendo parte a varie campagne del movimento #MeToo Cina, e che ha raccontato storie di corruzione e inquinamento industriale. Arrestata con l'accusa di “incitamento alla sovversione del potere statale”, Huang è trattenuta senza processo da più di un anno.

Al secondo posto tra i paesi che detengono un numero elevato di giornaliste donne c'è Myanmar nelle cui carceri ce ne sono dieci. Tra loro Htet Htet Khine, arrestata nell'agosto 2021, che sta scontando una pena detentiva di tre anni più lavori forzati con l'accusa di “incitamento all'odio contro l'esercito”. La donna è stata arrestata e condannata per aver seguito le proteste che si sono scatenate dopo il colpo di Stato militare dell'1 febbraio 2021.

Terza in classifica la Bielorussia che, nonostante abbia rilasciato alcune giornaliste, ha operato nuovi arresti. Sono nove le giornaliste attualmente dietro le sbarre, tra cui Maryna Zolatava, editrice di TUT.BY, il sito di notizie più popolare del paese fino al momento in cui è stato bandito. Arrestata il 18 maggio 2021, Zolatava è stata inserita nell'elenco dei “terroristi” a ottobre. Negli ultimi 18 mesi la sua la detenzione è stata prorogata ripetutamente.

I paesi che imprigionano di più

La Cina, dove la censura e la sorveglianza hanno raggiunto livelli estremi, continua ad essere il più grande carceriere di giornalisti al mondo, con un totale di 110 detenuti. La Repubblica islamica dell'Iran, con 47 prigionieri, è invece il terzo paese ad aver rinchiuso il maggior numero di giornalisti. Tra i primi arresti, dall'inizio delle proteste provocate dalla morte di Mahsa Amini, finita in coma mentre si trovava sotto custodia della polizia di Teheran perché “non portava il velo nel modo corretto”, ci sono due donne, Nilufar Hamedi ed Elahe Mohammadi, che avevano condiviso notizie sul caso della giovane curda iraniana. Oggi entrambe rischiano la pena di morte, accusate di essere "agenti straniere" e di collaborare con i servizi segreti di varie nazioni.

Al secondo posto della classifica redatta da RSF c'è Myanmar dove i giornalisti incarcerati sono 62 e permane una situazione critica. Durante i primi mesi del colpo di Stato, numerosi giornalisti sono stati arrestati mentre coprivano le proteste anti-giunta, ma il 2022 è stato caratterizzato da un aumento di arresti di giornalisti che si erano nascosti nelle proprie abitazioni o in altri luoghi per sfuggire alla repressione delle forze armate del paese.

Al quarto e al quinto posto Vietnam e Bielorussia. Nonostante il leggero calo del numero di giornalisti detenuti nel 2022 i regimi autoritari, guidati rispettivamente dai presidenti Nguyen Phu Trong e Alexander Lukashenko, hanno proseguito a soffocare i media indipendenti. In Vietnam, il numero di giornalisti incarcerati è praticamente raddoppiato nell'arco di cinque anni, mentre in Bielorussia RSF ha contato, negli ultimi due anni, più di 500 arresti di giornalisti, di cui 31 attualmente ancora reclusi.

Tra i casi più eclatanti di detenzione c'è quello di uno dei più accreditati giornalisti investigativi russi, Ivan Safronov, condannato il 5 settembre 2022, nel suo paese, a 22 anni di carcere per aver rivelato “segreti di Stato”, informazioni facilmente reperibili online. L'incoerenza dell'accusa ha confermato che l'uomo è stato punito per aver svolto il proprio lavoro. La sua pena detentiva, gravemente ingiusta e che sa di vendetta, è la più grave registrata da RSF nel 2022.

Tra i giornalisti detenuti più anziani c'è Yiu Mantin (noto anche come Yao Wentian), 82enne, fondatore della casa editrice Morning Bell Press, che ha trascorso l'ennesimo compleanno in prigione in Cina per aver cercato di pubblicare, nel 2014, un libro sul presidente Xi Jinping. Condannato a dieci anni carcere per “contrabbando di prodotti proibiti”, tutte le sue richieste di libertà vigilata per motivi medici sono stati negati nonostante abbia avuto cinque ictus, soffra di asma e sia affetto da epatite B.

Giornalisti uccisi

Nel 2022 è aumentato del 18,8% il numero dei giornalisti uccisi a causa del proprio lavoro. In 57 hanno pagato con la vita – più di uno ogni settimana – l'impegno nel riportare le notizie. 48 erano stati i giornalisti uccisi nel 2021 e 50 nel 2020.

Tra le cause dell'aumento la guerra in Ucraina scoppiata il 24 febbraio. Il numero di giornalisti uccisi nelle zone di guerra rappresenta più del 35% del totale complessivo (contro il 32% dello scorso anno). Il conflitto in Ucraina ha contribuito a raddoppiare il numero di giornalisti uccisi lontano dai rispettivi paesi d'origine. Degli otto giornalisti uccisi dall'inizio della guerra, cinque erano stranieri.

Le Americhe sono state il continente più pericoloso al mondo dove svolgere questa professione in cui è deceduta quasi la metà (47,4%) del numero complessivo di giornalisti che hanno perso la vita. Nel 2022, nella regione delle Americhe, è stato assassinato il maggior numero di giornalisti negli ultimi 20 anni. In tutto 27, di cui 11 in Messico, 6 ad Haiti, 3 in Brasile, 1 in Cile, Colombia, Ecuador, Guatemala, Honduras, Paraguay, Stati Uniti.

L'aumento del numero di professionisti dell'informazione uccisi in paesi considerati in pace – più di sei giornalisti su dieci (64,9%) nel 2022 – si spiega in parte con la fine delle restrizioni di viaggio legate alla pandemia di COVID-19, che ha permesso maggiori spostamenti.

Dal 2020 il numero delle giornaliste uccise (7) è più che triplicato, passando dal 4% al 12% del totale delle vittime.

Circa l'80% dei giornalisti uccisi nel 2022 è stato deliberatamente preso di mira per il proprio lavoro o per vicende che stava seguendo. Criminalità organizzata (mafia, narcotraffico, violenza di gruppo, etc.) e corruzione (abuso di potere, clientelismo, pagamento di tangenti, azioni sospette da parte di funzionari o politici, etc.) sono tra le questioni più pericolose per chi si occupa di informazione e hanno determinato l'uccisione rispettivamente di 13 e 12 giornalisti nel 2022. Inoltre, quattro giornalisti che stavano lavorando su deforestazione e sequestro di terreni da parte di importanti società commerciali sono stati uccisi.

Nella regione mediorientale i giornalisti continuano ad affrontare molteplici pericoli. Nel 2022 in Yemen, a causa della guerra civile iniziata nel 2014 ma non solo, le vittime sono state tre. Stesso numero in Siria. Nonostante sia diminuita l'intensità del conflitto, la guerra civile continua a pesare sui media. Il conflitto israelo-palestinese si è rivelato mortale per i giornalisti anche nel 2022. Due giornalisti palestinesi sono stati uccisi, tra cui l'inviata di Al Jazeera Shireen Abu Akleh. In Iran il giornalista e scrittore Baktash Abtin è morto di COVID-19 per mancanza di assistenza medica immediata, metodo spesso utilizzato dalle autorità per mettere a tacere le voci dissidenti.

Sebbene quest'anno nessun singolo paese asiatico sia stato classificato tra i paesi più letali, la regione nel suo insieme è stata la quarta più pericolosa, con sei giornalisti uccisi, ovvero poco più del 10% del totale mondiale.

Giornalisti tenuti in ostaggio

Almeno 65 giornalisti e operatori dei media sono attualmente tenuti in ostaggio in vari paesi del mondo. Il numero complessivo è rimasto invariato rispetto a quello dell'anno scorso dopo alcuni rilasci in Yemen e la riclassificazione di alcuni casi sulla base di nuove informazioni ricevute.

Tutti gli ostaggi sono detenuti in tre paesi del Medio Oriente: 42 in Siria, 11 in Iraq, 11 in Yemen, a eccezione di Olivier Dubois, giornalista francese tenuto in ostaggio nel Sahel, in Mali.

Giornalisti scomparsi

Due i giornalisti scomparsi nel 2022. Dmytro Khilyuk, che lavorava per l'agenzia di stampa ucraina Unian, di cui si sono perse le tracce il 4 marzo a Dymer, un villaggio all'epoca occupato dai russi, a 45 chilometri a nord di Kyiv. RSF ha appreso che in seguito l'uomo è stato portato in Russia. Una richiesta di informazioni sulla sua scomparsa è stata depositata presso il Comitato Investigativo della Federazione Russa che, finora, non ha replicato. Poiché RSF classifica una scomparsa come “forzata” quando agenti di Stato sono direttamente coinvolti, ha aggiunto questo caso all'elenco di altre dieci “sparizioni forzate” precedentemente registrate.

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L'altra scomparsa segnalata nel 2022 è avvenuta in Messico. Il redattore del sito web Chiapas Denuncia Ya, Roberto Carlos Flores Mendoza, 41 anni, non è più stato visto dal 20 settembre 2022. Anche l'auto che utilizzava non è mai stata localizzata. Fin dalla creazione, nel 2018, Flores aveva utilizzato il sito per indagare sugli abusi da parte delle autorità dello stato del Chiapas e per pubblicare denunce dei suoi concittadini, continuando a farlo fino alla vigilia della sua scomparsa. Il suo caso porta a 27 il numero di giornalisti scomparsi in Messico. RSF e il suo partner messicano, Propuesta Cívica, hanno segnalato queste sparizioni all'Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra presentando una denuncia ufficiale contro lo Stato del Messico a novembre.

I due nuovi casi fanno salire a 49 il numero dei giornalisti scomparsi registrati da RSF a partire dal 2003. Tre di essi riguardano donne (due messicane e una peruviana). Più di uno su otto di questi casi riguarda giornalisti scomparsi in paesi diversi da quelli in cui sono nati.

Immagine in anteprima via monitorcivicus.org

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