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Caso Regeni: Cambridge, la Procura e i media

18 Giugno 2016 6 min lettura

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Caso Regeni: Cambridge, la Procura e i media

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di Lorenzo Declich, esperto di mondo islamico contemporaneo e autore di “Giulio Regeni, le verità ignorate”, Alegre, 2016.

Aggiornamento 21 giugno 2016: Dopo la polemica scatenata dal vice ministro degli Affari Esteri italiano, l'Università di Cambridge è intervenuta sul Guardian per rispondere alla accuse di Mario Giro, ne riportiamo la traduzione [qui potete leggere il comunicato pubblicato il 20 giugno sul sito dell'Università di Cambridge]:

Scrivo per rettificare le dichiarazioni false e dolorose rese, il 18 giugno scorso, dal vice ministro degli Esteri italiano e riportate in un articolo sulla tragica morte di Giulio Regeni, il nostro dottorando barbaramente ucciso in Egitto, secondo cui Cambridge 'non sta collaborando' nell'indagine sull'omicidio dello studente.

Comprendiamo la frustrazione dei pubblici ministeri italiani rispetto alle conclusioni alle quali sono finora pervenute le autorità egiziane. L'università ha esercitato pressione sulle autorità egiziane per riuscire a trovare una spiegazione alla morte di Giulio. Abbiamo, inoltre, invitato il governo britannico ad esercitare pressioni e sostenuto gli sforzi del governo italiano per accertare la verità.

Tuttavia, la mancanza di risposte dall'Egitto non deve distogliere l'attenzione dalla ricerca della verità, sulla quale l'università è pienamente impegnata. Per essere chiari, le autorità centrali dell'Università non hanno ricevuto alcuna richiesta di aiuto da parte dei pubblici ministeri italiani e rimangono disponibili a rispondere rapidamente a qualsiasi richiesta di collaborazione. Soltanto un professore di Cambridge ha ricevuto una richiesta di informazioni da parte dei procuratori italiani e ha già risposto a tutte le loro domande in due distinte occasioni.

Questa morte non è soltanto una tragedia per la famiglia, ma un attacco alla libertà accademica. Giulio era un ricercatore esperto che utilizzava metodi accademici standard per studiare le organizzazioni sindacali presenti in Egitto. Una speculazione selvaggia e infondata mina gli sforzi di portare dinanzi alla giustizia coloro che lo hanno ucciso.

Dobbiamo opporci a chi cerca di mettere a tacere gli altri. La missione di Cambridge è "offrire un contributo alla società attraverso il perseguimento di istruzione, apprendimento e ricerca". Rendiamo omaggio a Giulio, che ha incarnato questa missione e i nostri valori.
(Professor Leszek Borysiewicz Vice-chancellor, University of Cambridge)

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Nell'ultima tornata di notizie e riflessioni attorno alla vicenda di Giulio Regeni, tutta giocata attorno a Cambridge, ai suoi docenti e alla sua presunta reticenza, c'è un piccolo dettaglio che racconta una storia grande.
Fino a due giorni fa, 16 giugno, nessuno si era preoccupato di interpellare Cambridge su ciò che si diceva e si ipotizzava in Italia riguardo ai “silenzi” dell'ateneo.

Valigia Blu lo ha fatto e giovedì 16 giugno è uscito fuori un pezzo di storia che nessuno aveva raccontato, o aveva raccontato parzialmente, o aveva raccontato male.
Nelle ore successive la Procura di Roma ha precisato all'Ansa che “la rogatoria nel Regno Unito fosse finalizzata a raccogliere dichiarazioni sull'attività e sulla ricerca di Giulio Regeni al Cairo e quindi non fosse rivolta all'istituzione universitaria bensì a singole persone fisiche”. Le quali, sempre secondo la precisazione della Procura così come riportato dall'Ansa, hanno deciso di rispondere via mail. [di fatto la Procura conferma la dichiarazione di Cambridge rilasciata a Valigia Blu: nessuna richiesta di informazioni è arrivata all'ateneo inglese da parte dei pm italiani].

E nonostante tutto questo ieri il vice ministro degli Affari Esteri, Mario Giro, ha twittato contro l'Università di Cambridge finendo sul Guardian che titola: Il Governo italiano contro Cambridge.

Il problema è che in quei giorni la stampa italiana si era scagliata su Cambridge. Il problema è che aveva ripreso corpo la teoria, complottistica, in base alla quale le ricerche di Giulio Regeni erano forse destinate a finire su “altri tavoli”, tavoli diversi da quello della sua supervisor, Maha Abdrerrahman. Il Sole 24 ore addirittura titolava:

Regeni, l’Università di Cambridge non risponde agli investigatori italiani: «I suoi studi sono segreti»

Il problema è che se Valigia Blu non avesse chiesto spiegazioni a Cambridge, la precisazione della Procura non ci sarebbe stata.
Oggi diversi giornali riportano la vicenda, il più delle volte solo parzialmente. Pochi citano Valigia Blu. Nessuno rettifica le imprecisioni che avevano portato a riesumare disgustosi complottismi. L'Ansa, addirittura, nel pubblicare la precisazione della Procura, usa la seguente formula “In relazione poi ad alcune dichiarazioni che circolano sul web”.

Ora sembra che i magistrati siano insoddisfatti delle risposte di Maha Adberrahman alle loro domande. In particolare non aiuterebbero “a superare gli elementi di contraddizione tra quanto detto dalla stessa teste in Italia il giorno dei funerali di Regeni e le altre risultanze investigative emerse successivamente dall'esame del pc di Giulio".

Altro piccolo dettaglio che racconta una storia grande: la notizia che Maha Abderrahman era stata interrogata il giorno dei funerali di Giulio Regeni l'avevano riportati in pochi, a quanto mi risulta solo un giornale, il Corriere della Sera, e solo nel contesto di un'intervista - di febbraio scorso - a David Runciman, direttore del dipartimento di Cambridge presso il quale Giulio Regeni faceva ricerca. Ossia: la notizia l'aveva data Runciman, di Cambridge. Non altri. E la cosa non aveva avuto alcun genere di eco nella stampa italiana.

Ma le domande sono state poste e le risposte – seppure insoddisfacenti – sono state date. E di questo non c'era quasi traccia nella pubblicistica precedente. Oggi in tanti sottolineano l'insoddisfazione degli inquirenti, tanti danno per scontate notizie che non avevano dato, quindi non ne fanno cenno.
Il risultato è, sostanzialmente, l'assenza di una ricostruzione affidabile: si apre la porta ancora una volta a illazioni e fantasie.

C'è anche chi ha evidentemente le risposte scritte inviate via mail di Abderrahman fra le mani, ne cita una piccola parte senza descriverci altro, senza neanche degnarsi di restituirci il contesto di cui sopra. La parte citata è microscopica, si riferisce al fatto che secondo il Foreign Office inglese l'Egitto è un paese sicuro, anche per il turismo. Una citazione che è preceduta, non sappiamo in base a quale evidenza, dalla osservazione seguente: “le sue dichiarazioni sono evidentemente concordate con i vertici universitari”. Quanto basta a costruire il titolo seguente:

Caso Regeni, mail della prof di Giulio ai pm: «L’Egitto è un paese sicuro»

Questa è la situazione, laddove ci sono ancora un paio di cose che non ci è dato sapere, dettagli che racconterebbero storie grandi e che dunque meriterebbero molta più attenzione che non un dettaglio interpolato in una e-mail.

La prima: sappiamo che Maha Abderrahman è stata interrogata a febbraio in Italia (secondo Runciman in condizioni non ottimali, ma questo è secondario). Sappiamo che Maha Abderrahman ha inviato per iscritto una risposta (giudicata insoddisfacente) agli inquirenti riguardo ad alcune domande (quando è arrivata questa risposta alla Procura?). Non sappiamo quali fossero le domande, non sappiamo se il tutto è legato a quanto dichiarato dalla docente nell'interrogatorio di febbraio o alla rogatoria della settimana scorsa.

La seconda: la Procura parla di “singole persone fisiche” cui sono state fatte domande, ma dalle indiscrezioni e dalle ricostruzioni sembra che ci sia una sola persona coinvolta, Maha Abderrahman appunto. L'Università di Cambridge afferma a Valigia Blu che c'è un solo docente di Cambridge sentito dai magistrati. Ci piacerebbe sapere chi sono le altre persone e perché di loro non sappiamo nulla.

Ad ogni modo è chiaro, a questo punto, che i “treni” da seguire sono due:

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1. Il treno di chi vuol fare scandalismo e trovare un colpevole “morale”, in assenza di un colpevole reale;

2. Il treno di Cambridge, un ateneo di certo blasonato e molto potente che intende tutelare il proprio “marchio” e quindi procede con cautela.

Tenere i due treni sullo stesso binario aiuta solo a fare confusione. Tenerli su due binari diversi è, invece, un principio di analisi corretto.

Leggi anche > Regeni, Cambridge a Valigia Blu: nessuna richiesta di informazioni da parte delle autorità italiane 

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