Le buone non sono servite a nulla: l'estensione dell'obbligo di rettifica previsto dalla legge sulla stampa del 1948 ai blog sta per diventare legge. E nella sua versione originaria, che prevede una sanzione fino a 12.500 euro per qualunque gestore di siti informatici “ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica” che non proceda alla rettifica entro 48 ore dalla richiesta e secondo precisi criteri di grafici, di posizionamento e visibilità. Gli emendamenti proposti al testo del comma contenente la norma (il 29 dell'articolo 1), sia quelli abrogativi avanzati dal PD che quelli migliorativi, come quello dell'On. Cassinelli del PDL, sono stati ritenuti infatti “inammissibili” dall'On. Bongiorno. Con un provvedimento che l'avvocato Guido Scorza non esita a definire “lapidario” e “pressoché privo di motivazione”. Ad aggiungere al danno la beffa, tutto questo avviene proprio mentre “cade il bavaglio alla stampa”, grazie anche ai voti di PD e UDC all'emendamento del Governo. Che naturalmente non conteneva alcuna previsione riguardante la Rete. Nella battaglia scatenata dai giornali negli ultimi mesi, del resto, non se ne è mai letto praticamente nulla. Come se la libertà di espressione nel nostro Paese non si misurasse già oggi, e sempre più in futuro, su Internet.
Diciamo “le buone” perché il tentativo, inizialmente, è stato quello di provare a far ragionare il legislatore. Metterlo di fronte ad argomenti, a dati di fatto. Ad esempio che sia errato equiparare un blog qualsiasi a una testata registrata. Che sia errato mettere sullo stesso piano la diffusione professionale e amatoriale di notizie. Che sia inconcepibile pretendere da chiunque apra un sito per esprimere liberamente la propria opinione che non possa assentarsi dalla propria pagina per un fine settimana senza rischiare di trovarsi con migliaia di euro da pagare. Che sia antistorico credere che una legge concepita nel 1948 possa cogliere adeguatamente le dinamiche dell'informazione online. Che sia barbaro disincentivare la libera circolazione delle idee, instillare la paura e il sospetto in chi sfidi il “bavaglio” e fornire un ulteriore strumento intimidatorio ai potenti di turno, che potranno agitare la minaccia della rettifica – con tutto il carrozzone giudiziario che ne consegue – a ogni notizia sgradita. Quanti dei blogger, che per la stragrande maggioranza scrivono senza ricavare un euro dalla loro attività e anzi investendo gran parte del loro tempo libero, saranno disposti ad accollarsi le spese adeguate a dimostrare la fondatezza della propria notizia? Pochi. Gli altri finiranno per piegarsi. Magari dovendosi pure registrarsi presso una qualche “autorità” (il tribunale, l'Agcom o chissà che altro) per rendersi reperibili in caso di guai. Dire la verità, insomma, potrebbe non bastare per dormire sonni tranquilli.
È ora dunque di alzare la voce. Tutti insieme. Perché questo non è il primo tentativo di mettere il “bavaglio” alla Rete, e di certo – visto che sta per avere successo – non sarà l'ultimo. Ieri con l'alibi della sicurezza si è burocratizzato come in nessun Paese libero l'accesso da luoghi pubblici e in mobilità. Oggi con la scusa del rispetto per la verità si è fatto un passo in avanti forse decisivo per approvare l'obbligo di rettifica. Domani potrebbe toccare a filtri preventivi e a nuovi reati creati appositamente per il Web. Per colpire la Rete e in particolare i social networks, un potenziale di dissenso che dà fastidio a chi l'informazione è abituato a controllarla come gli pare e piace. I disegni di legge ci sono già, basta rispolverarli – o creare l'ennesimo scandalo mediatico sulla Rete perché sia legittimo farlo. Adottare misure di questo tipo rappresenta una tendenza in atto in sempre più paesi nel mondo – ma nessuno di questi è un paese democratico. Quello di oggi è un altro piccolo spostamento nella direzione della Cina, della Birmania e dell'Iran. Ma deve essere l'ultimo.
Per questo chiediamo a tutti i blogger, a tutti i lettori, a chiunque abbia a cuore che la Rete rimanga, pur con tutti i suoi difetti, così com'è di dire no. Di dire basta. Prima che venga ridotta a una grande televisione (anche su questo i primi passi sono già stati fatti). Prima che da un luogo di conversazione diventi un megafono. Lo chiediamo anche a tutti quei giornali che finora hanno taciuto l'esistenza di questo comma, evitando perfino di prendere posizione. Come se questo non fosse un dibattito decisivo per il futuro della libertà. Bene, è ora di schierarsi, e di farlo subito, perché il tempo stringe. È ora di dire all'On. Bongiorno e al Parlamento che se c'è qualcosa di “inammissibile” è questa norma. Che non piace all'opposizione e nemmeno – e qui si rasenta il farsesco - a larghi settori della maggioranza, che pure l'ha proposta. Dimostriamo al legislatore che non piace alla Rete e alla società civile. Chiediamogli di abrogare il comma 29. Prima che faccia danni irreparabili.
©valigia blu - riproduzione consigliata
marco
Proposte? Cosa possiamo fare prima che i buoi-libertà fuggano dalla stalla-Italia? Marco
giorgio
cosa posso fare io? e spero che questa domanda la facciano in molti... l'oceano è fatto di gocce!!!
teresa ricci
spero che sia questo che va fatto
Valerio Amici
Svegliamoci e mandiamo a casa questi politicanti ormai arrivati alla frutta.
licia miscimarra
se vogliamo mandare a casa tutti...ci sono!
arianna
grazie a tutti promuovete il più possibile intanto l'appello http://www.valigiablu.it/doc/162/no-legge-bavaglio-alla-rete.htm grazie
Pierluigi Razza
Facciamo qualcosa, prima che crolli tutto e che anche questio avvoltoi non abbiano neanche più carogne di cui cibarsi.. così miope la nostra classe dirigente!!
guido arci camalli
muoversi ora ragazzi non è a rischio il web ma pure you tube e lo stesso amato odiato face book eccovi appello mi scuso sorry fatelo girare dajeee Al Presidente della Camera, On. Gianfranco Fini Al Presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, On. Giulia Bongiorno Ai Capi-gruppo alla Camera dei Deputati A tutti i Deputati La decisione con la quale, lo scorso 21 luglio, il Presidente della Commissione Giustizia della Camera, On. Giulia Bongiorno, ha dichiarato inammissibili gli emendamenti presentati dall’On. Roberto Cassinelli (PDL) e dall’On. Roberto Zaccaria (PD) al comma 29 dell’art. 1 del c.d. ddl intercettazioni costituisce l’atto finale di uno dei più gravi – consapevole o inconsapevole che sia – attentati alla libertà di informazione in Rete sin qui consumati nel Palazzo. La declaratoria di inammissibilità di tali emendamenti volti a circoscrivere l’indiscriminata, illogica e liberticida estensione ai gestori di tutti i siti informatici dell’applicabilità dell’obbligo di rettifica previsto dalla vecchia legge sulla stampa, infatti, minaccia di fare della libertà di informazione online la prima vittima eccellente del ddl intercettazioni, eliminando alla radice persino la possibilità che un aspetto tanto delicato e complesso per l’informazione del futuro venga discusso in Parlamento. Tra i tanti primati negativi che l’Italia si avvia a conquistare, grazie al disegno di legge, sul versante della libertà di informazione, la scelta dell’On. Bongiorno rischia di aggiungerne uno ulteriore: stiamo per diventare il primo e l’unico Paese al mondo nel quale un blogger rischia più di un giornalista ma ha meno libertà. Esigere che un blogger proceda alla rettifica entro 48 ore dalla richiesta – esattamente come se fosse un giornalista – sotto pena di una sanzione fino a 12.500 euro, infatti, significa dissuaderlo dall’occuparsi di temi suscettibili di urtare la sensibilità dei poteri economici e politici. Si tratta di uno scenario anacronistico e scellerato perché l’informazione in Rete ha dimostrato, ovunque nel mondo, di costituire la migliore – se non l’unica – forma di attuazione di quell’antico ed immortale principio, sancito dall’art. 19 della dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo e del cittadino, secondo il quale “Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.”. Occorre scongiurare il rischio che tale scenario si produca e, dunque, reintrodurre il dibattito sul comma 29 dell’art. 1 del ddl nel corso dell’esame in Assemblea, permettendo la discussione sugli emendamenti che verranno ripresentati. L’accesso alla Rete, in centinaia di Paesi al mondo, si avvia a divenire un diritto fondamentale dell’uomo, non possiamo lasciare che, proprio nel nostro Paese, i cittadini siano costretti a rinunciarvi. Guido Scorza, Presidente Istituto per le politiche dell’innovazione Vittorio Zambardino, Scene Digitali Alessandro Gilioli, Piovono Rane Arianna Ciccone, Festival Internazionale del Giornalismo e Valigia Blu Filippo Rossi, direttore Ffwebmagazine e Caffeina Magazine Fabio Chiusi, Il Nichilista Daniele Sensi, L’AntiComunitarista Wil Nonleggerlo, Nonleggere QuestoBlog — Link: la pagina Facebook No Legge Bavaglio alla Rete — Per saperne di più: * Le ragioni del no al comma “ammazza-blog”, Agoravox Italia * Quel comma 29 ammazza i blog. Inammissibile lo diciamo noi, Valigia Blu
Psykopratika
Non avremo più diritti se staremo tutti zitti!
Assunta Giordano
non ho più parole...
Giuseppe Pantaleo
Serve solo una rivolta. Tutti uniti dalle Alpi alla Sicilia, se vogliamo veramente cambiare qualcosa (ma che sia la volta buona di svegliarsi)! O vogliamo una dittatura definitiva?
Giuseppe Pantaleo
Ci vuole solo una rivolta. Ma tutti uniti, senza particolarismi! E che sia la volta buona di svegliarsi. O vogliamo una dittatura a tutto campo? Guicciardini insegna: smettiamola con il "particulare"...
carlo fierro
bisongna lanciare una proposta di legge se necessario anche di iniziativa popolare, che sancisca incontrovertibilmente la libertà di espressione, analisi ed approfondimento critico delle fonti di informazione non professionali, bisongna che si stabilisca definitivamente un principio inconfutabile: le falsità si rettificano con le notizie rispondenti al vero e non con la minaccia di sanzioni insopportabili per i comuni cittadini che intendono illustrare le proprie idee e pensieri facendo ricorso al solo mezzo economico e democratico disponibile: la rete internet. Bisogna che la proposta di Legge cancelli senza dare spazio ad interpretazioni restrittive, le norme contenute nella legge Giulietti (PD) che obbliga di fatto i blogger che aggiornano i propri siti quotidianamente perchè è il solo modo per attrarre visitatori a nominare un direttore responsabile per l'iscrizione nel registro degli organi d'informazione presso i Tribunali. Bisogna che la nuova Legge ad hoc per il web chiarisca una volta e per tutte che coloro che scrivono e sottopongono le proprie riflessioni alla valutazione ed al giudizio dei navigatori, NON abbiano alcun limite o restrizione per materia e contenuti che non siano segnatamente quelli già previsti dai codici: pronografia, minori ecc.
Roberto
Essere molto facile risolvere problema. Mettere voto internet per film o brutti parole. Più personi dari voto buono più questi rimanere;più personi dari voto cattivo meno questi informazioni rimaneri nel web. Mettere anche informazioni nuove su ricerca speciali che persona che usa web cliccare perchè scelto quelle notizie.