Non solo mondiali di calcio. Il Qatar punta a diventare il principale esportatore di Gas Naturale Liquefatto al mondo: una “bomba al carbonio” per il nostro pianeta
10 min letturaDai diritti umani calpestati al greenwashing, da quando sono iniziati i campionati mondiali di calcio le attenzioni globali sul Qatar si sono moltiplicate. C’è un aspetto centrale del regime di Doha che è rimasto però sullo sfondo e invece dovrebbe essere di interesse generale. Un interesse di sole tre lettere, GNL, un acronimo che indica il Gas Naturale Liquefatto, vale a dire il gas che, una volta estratto, viene sottoposto a un processo di liquefazione a una temperatura di circa -162°C in modo da ridurre il volume del gas di circa 600 volte e poterlo trasportare tramite enormi navi metaniere in giro per il mondo, vendendolo al miglior offerente.
Già da tempo il Qatar costituiva uno dei maggiori esportatori al mondo di GNL. La vetrina calcistica dei Mondiali potrà ulteriormente amplificare le connessioni del regime di Doha, donando una nuova luce di credibilità a uno Stato che fino a pochi mesi fa privilegiava il dialogo con l’Asia e che invece, complice la guerra in Ucraina con la conseguente assenza di gas da parte della Russia, si sta affermando come uno snodo centrale per i destini energetici dell’Europa.
Che questa patente di legittimità arrivi dal mondo del calcio non sorprende, i legami tra fonti fossili e gare sportive sono sempre stati numerosi. Basti pensare alla partnership da 45 milioni di euro tra Gazprom e la UEFA (l'Unione Europea delle Federazioni Calcistiche Europee), avviata nel 2012 e rinnovata nel 2021 con la sponsorizzazione della Champions League e degli Europei, prima che l’invasione russa dell’Ucraina, dopo giorni di notevoli imbarazzi, costringesse il vertice calcistico europeo ad annullare l’accordo commerciale.
La partita del gas, nel 2022 che volge alla conclusione, sarà ricordata come quella della sostituzione della Russia con il Qatar come principale fornitore della cara e vecchia Europa. Da uno Stato autoritario all’altro, con il passaggio di consegne che viene sancito da un pallone di cuoio, dai Mondiali in Russia del 2018 a quelli del Qatar nel 2022. Vale la pena inoltre ricordare, come ha fatto il giornalista Valerio Moggia in un’efficace timeline sui “mondiali della vergogna”, che ad aggiudicarsi l’organizzazione della competizione calcistica più famosa avrebbero dovuto essere gli USA. Vale a dire lo Stato che, dalla discussa e discutibile assegnazione decisa dalla FIFA nel 2010, è risultato il principale concorrente del Qatar nella corsa al primo posto della classifica dell’export di GNL. Il paese del Golfo Persico, però, è intenzionato a vincere questa sfida. Rispetto alla nazionale di calcio, uscita malamente dalla competizione dopo appena due partite, sul fronte del gas il Qatar vanta doti notevolissime.
Le aspettative dell’Europa
Come ormai ampiamente noto, al di là degli annunci i 27 Stati membri dell’Unione Europea hanno scelto di andare in ordine sparso per trovare energie alternative al gas russo, che nel 2021 ha contribuito al fabbisogno energetico dell’UE con 155 miliardi di metri cubi di gas. E se è vero che 140 miliardi di metri cubi di questo gas sono arrivati via gasdotto e solo 15 via navi, nelle forniture future le proporzioni sono destinate a cambiare notevolmente. Il gas “pronto all’uso”, infatti, è proprio il GNL, anche perché i tempi di realizzazione delle infrastrutture necessarie - come insegna il caso del rigassificatore di Piombino - sono notevolmente più corti rispetto a gasdotti che, spesso, devono attraversare più Stati e dunque necessitano di una collaborazione internazionale.
In molti, dunque, hanno bussato alla porta del regime di Doha, vantaggioso per diversi motivi. Come scrive la rivista AffarInternazionali, “il Qatar presenta un contesto politico più stabile, grandi riserve finanziarie da dedicare ad investimenti, e una popolazione ridotta (che vuol dire minori consumi energetici domestici), mentre gli altri fornitori (Algeria, Libia e Egitto) presentano delle criticità in almeno uno di questi campi. Inoltre, il Qatar gode di una posizione geografica più vicina ai mercati europei in confronto a Usa e Australia, che si traduce in minori costi e durata del viaggio per i cargo qatarini”.
Il 22 febbraio, appena due giorni prima che le truppe armate russe attaccassero l’Ucraina, l’EIA (United States Energy Information Administration, l'agenzia statistica e analitica del Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti) pubblicava un interessante report sugli acquisti del GNL da parte dell’Europa:
Nel 2021 gran parte della fornitura europea di gas naturale liquefatto proveniva da Stati Uniti, Qatar e Russia. Insieme, questi tre paesi rappresentano quasi il 70% delle importazioni totali di GNL in Europa, secondo i dati di CEDIGAZ. Gli Stati Uniti sono diventati la principale fonte europea di GNL nel 2021, rappresentando il 26% di tutto il GNL importato dai paesi membri dell'Unione Europea e dal Regno Unito, seguiti dal Qatar con il 24% e dalla Russia con il 20%.
Il grafico allegato a questi dati, che amplia la prospettiva fornendo una comparazione dal 2010, sottolinea la costanza delle forniture qatariote negli ultimi dieci anni. Un elemento di cui tenere conto in un mercato instabile come quello del gas:
In un’analisi pubblicata dall'Istituto Affari Internazionali, il ricercatore Pier Paolo Raimondi pone lo sguardo sul presente e immagina le prospettive future dello Stato del Golfo Persico, nonché i suoi rapporti con l’Europa a seguito della guerra:
Durante la crisi, il Qatar ha dimostrato la volontà di contribuire a migliorare la sicurezza energetica europea e i piani di diversificazione. Tuttavia, la possibilità che l'Europa possa ricevere ulteriori volumi di GNL del Qatar a breve termine rimane remota. Questo perché il Qatar soffre attualmente di una mancanza di capacità di esportazione di GNL inutilizzata. L'energia del Qatar viene venduta principalmente ad acquirenti asiatici (oltre il 70% delle sue esportazioni di GNL) attraverso contratti a lungo termine (LTC) che lasciano una manovrabilità limitata per aumentare le quote. Il Qatar non ha alcuna intenzione di minare la sua reputazione di fornitore affidabile violando o rinegoziando i suoi LTC, che considera sacrosanti. Inoltre, i contratti con il Qatar sono noti per essere piuttosto rigidi, con limitazioni alle deviazioni verso Stati terzi o alla rivendita di carichi di GNL del Qatar. Pertanto, a breve termine, la capacità dell'UE di importare ulteriori volumi di GNL dal Qatar dipende dalla decisione dei suoi acquirenti (principalmente asiatici) di dirottare parte delle loro importazioni e da un accordo con Doha per approvare tali dirottamenti. Tuttavia, a lungo termine, il Qatar potrebbe aumentare le sue esportazioni verso l'UE, contribuendo a ridurre l'eccessiva dipendenza dell'Europa dal gas russo e rafforzando allo stesso tempo il ruolo strategico di Doha nei mercati europei del gas.
È vero, dunque, che almeno per i prossimi due anni i carichi di GNL del Qatar verso l’Europa difficilmente aumenteranno, ma la speranza degli Stati europei, Italia e Germania prima di tutti (coloro che più erano dipendenti dal gas russo), è rivolta all’enorme mole di investimenti prevista dal regime di Doha. Con l’obiettivo di passare dagli attuali 77 miliardi di metri cubi di gas ai 126 miliardi previsti nel 2027, con un aumento di oltre il 60% della produzione in appena cinque anni:
In un’intervista a Bloomberg del 31 ottobre, Saad al-Kaabi, ministro dell'Energia del Qatar nonché amministratore delegato di QatarEnergy, ha alzato ancora di più l’asticella: "Penso che saremo uno dei più grandi, se non il più grande, esportatore di GNL al mondo".
Una bomba al carbonio
E così il sogno coccolato da anni dall’emiro Tamīm bin Ḥamad Āl Thānī potrebbe diventare presto realtà. La concomitanza di calcio e affari, di spettacolo e interessi, è ancora più palese se si pensa che proprio nei giorni del Mondiale è diventata di dominio pubblico una notizia, data in anteprima da Bloomberg, che riporta numeri mastodontici: l’azienda petrolifera statale QatarEnergy ha firmato un accordo di fornitura di GNL con il gruppo petrolchimico cinese Sinopec che avrà una durata di ventisette anni e un valore di 60 miliardi di dollari. Si tratta di uno dei più imponenti contratti della storia del gas, con il quale lo Stato del Golfo Persico si impegna a garantire al colosso asiatico 4 miliardi di tonnellate di gas naturale liquefatto l’anno a partire dal 2026.
Anche in questo caso, come sottolinea Start Magazine, i risvolti politici sono evidenti:
Attraverso questo patto di compravendita la Cina, che è la più grande importatrice di GNL al mondo, vuole garantirsi la certezza degli approvvigionamenti sul lungo periodo. La concorrenza è infatti elevata, perché i piani dell’Unione Europea per il distacco energetico dalla Russia – la maggiore fornitrice del gas del continente, con una quota del 40 per cento fino all’anno scorso – hanno aggiunto un nuovo acquirente di peso nel ristretto mercato del combustibile liquefatto. A questo proposito il Giappone, un altro grande importatore di GNL, prevede che la competizione globale per l’accaparramento del gas liquefatto si intensificherà nei prossimi tre anni a causa degli scarsi investimenti dal lato dell’offerta. Le società energetiche europee non vogliono però impegnarsi in accordi di compravendita di lungo periodo perché pensano che la domanda di gas diminuirà notevolmente nei prossimi anni e decenni, visto il processo di transizione ecologica. È un approccio sgradito ai fornitori di GNL, che al contrario cercano la sicurezza dei contratti in modo da poter programmare gli investimenti nella produzione e negli impianti. L’amministratore delegato di QatarEnergy, Saad al-Kaabi, ha detto appunto a Reuters che gli acquirenti europei dovrebbero prendere esempio dall’approccio degli asiatici.
Un accordo del genere è anche un messaggio per tutte le compagnie energetiche. Come sa bene pure ENI. A giugno 2022 la multinazionale energetica ha festeggiato l’ingresso “nel più grande progetto al mondo di GNL in Qatar”. Più precisamente ENI è stata selezionata da QatarEnergy come nuovo partner internazionale per l’espansione del progetto North Field East (NFE): si tratta, come ha ricordato Andrea Barolini su Valori, di “un giacimento di gas naturale immenso, che si stima possa contenere il 10% delle riserve mondiali”. Un affare da 28,75 miliardi di dollari in cui, oltre all’azienda italiana che deterrà poco più del 3% del progetto, è prevista la presenza anche della francese TotalEnergies, dell’anglolandese Shell e delle statunitensi Exxon Mobile e ConocoPhillips.
Il progetto NFE, che dovrebbe entrare in produzione alla fine del 2025, punta a ottenere una capacità combinata di liquefazione pari a 32 milioni di tonnellate all’anno dal suo avvio fino al 2049. Per questo motivo è stato inserito in uno studio sulla rivista Science Direct tra le cosiddette “bombe al carbonio”. Secondo il Guardian questo tipo di progetti emette almeno un miliardo di tonnellate di anidride carbonica, andando quindi contro ogni obiettivo di riduzione delle emissioni di cui si è discusso, con un esito poco soddisfacente, alla COP 27 in Egitto. Per giunta i calcoli, effettuati attraverso una comparazione di 425 progetti da un gruppo di ricercatori e ricercatrici provenienti da università statunitensi, tedesche e inglesi, vanno considerati conservativi, perché sono stati conteggiati solo “i progetti di estrazione, ma non le infrastrutture di trasporto (terminali GNL, gasdotti, porti), né le infrastrutture sul lato della domanda come le centrali elettriche”.
Il ruolo dell’Italia (e di Luigi Di Maio)
Chissà se il 5 e il 6 marzo scorso, quando si è recato a Doha nelle vesti di ministro degli Esteri, Luigi Di Maio avrebbe immaginato che nove mesi dopo sarebbe stato invischiato nelle polemiche per la nomina a inviato speciale per l’Unione Europea nel Golfo Persico. Proprio in Qatar, accompagnato dall’amministratore delegato di ENI Claudio Descalzi, l’ex ministro aveva provato a giocare le carte migliori per strappare agli emiri del Golfo immediate forniture aggiuntive. Non riuscendo però a ottenere granché tanto che, come si legge dal comunicato stampa della Farnesina, si era parlato persino della Libia, con Italia e Qatar che ribadivano “il proprio impegno a favore della stabilizzazione del paese”. Ma quanto è significativo attualmente l’apporto energetico del Qatar all’Italia? E di quanto potrà aumentare?
Nel 2021 su (quasi) 10 miliardi di metri cubi di GNL importanti dal nostro paese, 6 miliardi e 864 milioni provenivano dal solo Qatar. Una cifra degna di nota, che corrisponde a poco meno di un decimo rispetto al consumo annuale di gas, che l’anno scorso si è attestato a 74,1 miliardi di metri cubi. A dirlo è la “Relazione annuale sulla situazione energetica nazionale” pubblicata dal ministero dell’Ambiente. L’eventuale gas qatariota in più, come già ribadito, farebbe eventualmente capolino tra una manciata di anni quando, si spera, il costo delle bollette si sarà abbassato. L’unica certezza è che si può già indicare dove approderebbe: al terminal GNL di Rovigo, l’Adriatic LNG, di cui la Qatar Terminal Company Limited ha una quota del 20% Al terminal arrivano, con cadenza bisettimanale, le navi provenienti dalla città di Raf Laffan (80 chilometri a nord di Doha) che coprono in questo modo gli oltre 7mila chilometri che separano il Qatar dal Mare Adriatico. Una rotta davvero insostenibile.
Quel che preoccupa nell’immediato, però, sono i risicati margini di manovra dell’Italia e dell’Europa nella partita del GNL. Lo ha ricordato un recente rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), intitolato “Non è mai troppo presto per prepararsi al prossimo inverno: il bilancio del gas in Europa per il 2023-2024”, in cui si legge che:
Le minori importazioni di gas naturale liquefatto dalla Cina nei primi dieci mesi di quest'anno sono state un fattore chiave per una maggiore disponibilità di GNL per l'Europa per compensare il calo delle consegne di gas dalla Russia. Se le importazioni di GNL dalla Cina dovessero riprendere l'anno prossimo ai livelli del 2021, ciò catturerebbe oltre l'85% dell'aumento previsto dell'offerta globale di GNL. E si prevede che l'offerta globale di GNL aumenterà di soli 20 miliardi di metri cubi nel 2023, con circa un terzo della crescita proveniente dagli Stati Uniti. L'aumento previsto dell'offerta globale di GNL il prossimo anno è circa la metà dell'aumento medio durante il periodo 2016-2019 e molto inferiore al probabile calo delle consegne del gasdotto russo all'UE il prossimo anno. In caso di cessazione completa delle forniture di gas del gasdotto russo all'UE e di ripresa delle importazioni cinesi di GNL ai livelli del 2021, la nuova analisi della IEA mostra che l'Europa potrebbe affrontare un difficile divario tra domanda e offerta di 30 miliardi di metri cubi durante il periodo chiave per il rifornimento dello stoccaggio di gas nell'estate del 2023. Questo divario potrebbe rappresentare quasi la metà del gas necessario per riempire i siti di stoccaggio al 95% della capacità entro l'inizio della stagione di riscaldamento 2023-24.
Insomma, l’Europa non può stare tranquilla, come sottolinea lo stesso direttore esecutivo della IEA, Fatih Birol: “Con il recente clima mite e i prezzi del gas più bassi, c'è un pericolo di compiacimento che si insinua nella conversazione sulle forniture di gas in Europa, ma non siamo ancora fuori pericolo. Quando guardiamo alle ultime tendenze e ai probabili sviluppi nei mercati del gas globali ed europei, vediamo che l'Europa è destinata ad affrontare una sfida ancora più dura il prossimo inverno. Questo è il motivo per cui i governi devono intraprendere azioni immediate per accelerare i miglioramenti nell'efficienza energetica e accelerare la diffusione delle energie rinnovabili e delle pompe di calore e altri passi per ridurre strutturalmente la domanda di gas. Ciò è essenziale per la sicurezza energetica dell'Europa, il benessere dei suoi cittadini e delle sue industrie e la sua transizione verso un'energia pulita”.
Immagine in anteprima via Shell