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La Regione Piemonte favorisce l’ingresso alle associazioni antiabortiste nei consultori e negli ospedali. Le donne tornano in piazza per difendere il diritto all’aborto

17 Aprile 2021 4 min lettura

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La Regione Piemonte favorisce l’ingresso alle associazioni antiabortiste nei consultori e negli ospedali. Le donne tornano in piazza per difendere il diritto all’aborto

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Sabato 17 aprile le donne tornano in piazza per difendere il diritto all’aborto, dopo il bando della Regione Piemonte che di fatto permette e favorisce l’ingresso alle associazioni antiabortiste nei consultori e negli ospedali.

Su proposta dell’assessore agli Affari legali Maurizio Marrone di Fratelli d’Italia, all’inizio di marzo la Regione ha inviato alle Asl la determinazione per redigere i nuovi elenchi delle associazioni che possono collaborare nei servizi della tutela materno-infantile (tra cui rientra il lavoro dei consultori). Tra i requisiti per partecipare, la “presenza nello statuto della finalità di tutela della vita fin dal concepimento e/o di attività specifiche che riguardino il sostegno alla maternità e alla tutela del neonato”.

Già nel 2010 il governo regionale di centrodestra guidato da Roberto Cota aveva tentato una direzione simile: il documento di Marrone, infatti, riprende gli stessi termini di quello approvato dieci anni fa dalla giunta (“Protocollo per il miglioramento del percorso assistenziale per la donna che richiede l’interruzione volontaria di gravidanza”). Al tempo, le associazioni Casa delle Donne e Activa avevano presentato ricorso al Tar, vincendolo. Il tribunale aveva annullato il protocollo limitatamente alla “parte in cui prevede tra i requisiti soggettivi minimi che devono essere posseduti dagli enti no profit per essere iscritti negli elenchi dell’Asl la presenza nello statuto della finalità di tutela della vita fin dal concepimento”. Secondo il Tar il requisito andava eliminato perché escludeva le altre associazioni.

Oggi, denunciano i movimenti femministi, lo stesso documento – con l’aggiunta di quel “e/o” tra i requisiti – è stato introdotto come atto amministrativo (una determina dirigenziale) e non come atto politico, il che rende più complicata l’impugnazione.

«Con questo bando la Regione favorisce l’ingresso dei movimenti antiabortisti nei consultori e negli ospedali. Diciamo antiabortisti e non ‘provita’, perché la vita è la nostra, non la loro», spiega Carla Quaglino, una delle due presidenti della Casa delle donne di Torino, a nome della rete Più di 194 voci (che comprende più di 30 associazioni).

La rete e le militanti del movimento femminista Non Una di Meno Torino si sono messe insieme per organizzare una manifestazione di protesta con presidi in diverse città, di cui il più grande in piazza Carignano a Torino. Altre azioni sono previste online e a livello nazionale, con collegamenti da altre piazze e presidi in altre regioni.

📣 Ieri sera abbiamo lasciato alcuni messaggi all'ingresso dei consultori torinesi, per ribadire che questi luoghi devono...

Pubblicato da Non Una di Meno - Torino su Giovedì 15 aprile 2021

 

Quello della giunta regionale Piemonte è solo l’ultimo attacco in ordine di tempo alla legge 194. Nei mesi scorsi Umbria, Marche e Abruzzo – regioni governate dalla destra – hanno agito per limitare l’accesso all’aborto farmacologico e disattendere le nuove linee di indirizzo emanate la scorsa estate dal Ministero della Salute che permettono la somministrazione della RU486 nei consultori. Anche il Piemonte aveva elaborato una circolare simile. Lo svuotamento dei diritti a opera di destre e movimenti contro la libertà di scelta parte dalle amministrazioni locali.

Per questa ragione, reti di donne di tutta Italia – e in particolare delle regioni colpite da questi provvedimenti – si uniranno alla protesta organizzata in Piemonte con altre manifestazioni, flash mob e varie forme di partecipazione online. Il supporto digitale, spiega Martina di Non Una di Meno Torino, è necessario «anche perché vogliamo garantire la possibilità di esserci anche alle persone che durante una pandemia non possono scendere in piazza. Come femministe abbiamo una pratica di cura dell’altro, vogliamo una ‘piazza’ che sia attraversabile». Venerdì mattina NUDM ha organizzato un mail bombing diretto alla Regione Piemonte.

La rete Umbra per l’Autodeterminazione – RU2020 ha aderito all’appello delle donne piemontesi organizzando una diretta online insieme a esponenti di realtà di Marche, Abruzzo, giornaliste, ostetriche ed esperte. Anche la Rete Femminista Marche Molto+di194 ha risposto alla giornata di mobilitazione.

Le organizzazioni artefici della protesta di Torino invitano “tutte le donne, le persone e le realtà che hanno a cuore l’autodeterminazione ed il diritto all’aborto a scendere in piazza con noi. La Regione Piemonte ha emanato un bando che consentirà alle organizzazioni antiabortiste di proporre la loro propaganda ideologica all’interno di ospedali e consultori, luoghi che, invece, dovrebbero essere deputati alla promozione della libertà di scelta e di autodeterminazione, alla tutela della salute delle donne così come alle persone transessuali che necessitino di cure o assistenza”. Aprire i consultori a queste associazioni “significa mortificare, mettere in difficoltà, ostacolare una volta in più ogni donna che vuole interrompere la gravidanza. Sebbene formalmente la legge 194 consenta il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, nei fatti, la procedura è ancora oggi una lotta contro il tempo, la burocrazia e la carenza di personale medico; ed è proprio su questo piano che tentano di insinuarsi le realtà antiabortiste e religiose di estrema destra”.

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Non Una di Meno Torino ha anche lanciato un appello alle operatrici che lavorano nei consultori «affinché anche loro inizino a mobilitarsi dall’interno», spiega Martina, di NUDM. «Noi auspichiamo che ognuna con le proprie reti attui tipi di mobilitazioni diverse, noi dall’esterno e loro dall’interno, e che ci sia sempre una in più di noi rispetto agli appartenenti ai gruppi antiabortisti».

Quello su cui le organizzazioni femministe insistono è che stavolta non si tratta semplicemente di difendere l’esistente, la legge 194, ma di chiedere di più: vogliono accesso gratuito alla contraccezione e alle cure ginecologiche di ogni genere, l'accesso davvero sicuro, gratuito e garantito all'interruzione volontaria di gravidanza, l’abolizione dell’obiezione di coscienza e la garanzia di accesso all’IVG in ogni ospedale, educazione sessuale nelle scuole, consultori accessibili e finanziati dal pubblico.

Immagine anteprima via Non Una di Meno Torino

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