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Progetto Golia: il piano segreto delle major per “censurare” Internet

7 Gennaio 2015 10 min lettura

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Progetto Golia: il piano segreto delle major per “censurare” Internet

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9 min lettura

 

In principio era SOPA
Nel corso del 2011 due progetti di legge vengono proposti al Congresso degli Stati Uniti d'America.
A maggio viene presentata al Senato la proposta di legge S.968, Preventing Real Online Threats to Economic Creativity and Theft of Intellectual Property o PROTECT IP Act (o anche PIPA), che appare estremamente somigliante ad un altro progetto di legge, H.R. 3261, detto Stop Online Piracy Act (SOPA), presentato alla Camera nell'ottobre del 2011.
L'intento delle due leggi si intuisce dal nome col quale viene ribattezzato SOPA, cioè Enforcing and Protecting American Rights Against Sites Intent on Theft and Exploitation Act, o anche, per gli americani che amano gli acronimi, E-Parasite (parassita elettronico).

I due progetti di legge, se approvati, danno al Procuratore Generale Usa il potere di imporre ai motori di ricerca online e agli intermediari della comunicazione, l'oscuramento di siti accusati di violazione del copyright, senza la necessità di attendere nemmeno una delibazione sommaria da parte di un magistrato. Il vago linguaggio normativo consente il blocco anche di siti con link a contenuti presunti illeciti o oscurati per presunta pirateria, oppure il blocco di software in transito sul web (alla stregua del blocco dei beni contraffatti operato dall'ITC americana).
I provider sono costretti ad accettare le richieste del Procuratore Generale per non dover rispondere in concorso quali facilitatori della violazione.

Per comprendere la portata delle leggi occorre ricordare che, mentre in Italia il Procuratore Generale è un magistrato, negli Usa il General Attorney è un funzionario dell'esecutivo con funzioni di consigliere del governo per le materie giuridiche (quindi con ruolo simile all'avvocatura dello Stato, per cui spesso tradotto con Avvocato Generale).
Insomma PIPA e SOPA avrebbero dato al governo il potere di censurare il web.

Schema disegni di legge SOPA e PIPA
Schema disegni di legge SOPA e PIPA

SOPA STRIKE: Internet va in sciopero
Questi due progetti di legge sono stati sponsorizzati dalle multinazionali, specialmente quelle dell'intrattenimento (le major) e la case farmaceutiche, ma le aziende che operano online si schierano contro, realizzando per la prima volta una contrapposizione tra media e industria tecnologica.
Le maggiori aziende del web, tra le quali Google, Facebook, Twitter, Zynga, eBay, Mozilla, Yahoo, AOL e LinkedIn, con una lettera al Senato criticano le leggi in questione rimarcando che da un lato avrebbero fatto levitare il costo dei servizi (a causa del monitoraggio dei contenuti illeciti imposto alle aziende), costo che immancabilmente sarebbe stato scaricato sugli utenti, e nel contempo evidenziano la possibilità che le norme avrebbero potuto essere utilizzate per varie forme di censura da parte del governo e non solo, con evidenti ricadute sui diritti dei cittadini.

Tra i personaggi pubblici si fanno notare Jimbo Wales, fondatore di Wikipedia, e Eric Schmidt, Ceo di Google, che accusa esplicitamente

I would be very, very careful if I were a government about arbitrarily [implementing] simple solutions to complex problems

I venture capitalist furono chiari all'epoca: se passa SOPA non ci saranno più investimenti in start up online, il rischio è troppo elevato (in teoria lo scopo principale del copyright sarebbe di promuovere l'innovazione!).

Google Doodle censurato
18 gennaio 2012: Google Doodle censurato

Il 18 gennaio 2012 la maggior parte delle aziende tecnologiche, facendo seguito ad iniziative del 2011, attuano una massiccia protesta online. Alcune oscurano i propri contenuti (Wikipedia, Reddit), altre pongono in essere forme diverse di protesta, alle quali si affiancano innumerevoli manifestazioni dei cittadini, che in molte città scendono in piazza fisicamente (cosa che poi si ripeterà in Europa contro ACTA). L'opinione pubblica, informata, si è resa conto che un sistema tecnico di regole era diventato qualcosa di più, che non riguardava soltanto l'industria del copyright ma anche i cittadini.
Alle proteste si aggiunge l'autorevole voce del vice presidente della Commissione europea e commissario europeo per l'Agenda Digitale Neelie Kroes.

Si tratta del SOPA STRIKE, il primo sciopero di Internet, che costringe numerosi parlamentari a  ritirare il sostegno alle leggi, che vengono accantonate per sempre.

Per sempre?

I Sony leak: chi è Golia?
Nel dicembre 2014 The Verge e l'Huffington Post pubblicano una serie di articoli sui leak Sony. Gli hacker Guardians of Peace hanno sottratto 250 gigabyte di documenti interni della Sony Pictures, e il materiale è stato rilasciato in Rete.
Aldilà del gossip sul film The Interview, una serie di mail appaiono davvero interessanti. È il gennaio del 2014 quando l'avvocato Steven Fabrizio scrive a sei delle principali major: Paramount, Sony, NBC Universal, Warner Bros, Fox e Disney

My goal is to use our February meeting to present and discuss a detailed US Goliath strategy

Perché è importante la mail di Fabrizio? E soprattutto, chi è Golia?

Steven Fabrizio è un avvocato americano, tra i maggiori esperti di proprietà intellettuale (tra i primi 100 nel 2012 secondo Hollywood Reporter), ha condotto le cause contro Napster, Hotfile e Isohunt (portando quest'ultimo alla chiusura dopo l'accordo per un risarcimento di 110 milioni di dollari). Dopo  il caso Isohunt, Fabrizio viene chiamato alla MPAA come consulente globale e posto a guidare la strategia per la tutela dei diritti economici dell'industria del copyright. In quel preciso ruolo invia la mail alle major.

Dai documenti trapelati risulta evidente la paura dell'avvocato e degli studios della eventuale controffensiva di Golia se si va al suo attacco, Golia è dipinto come il loro acerrimo nemico, un avversario politicamente rilevante, nella lotta contro la pirateria online.
I tecnici degli Studios hanno lavorato insieme a Comcast (proprietaria di Universal) per sviluppare tecniche avanzate per identificare i file illeciti in transito e per bloccarli, ma non si può più ignorare la ricaduta sull'opinione pubblica, che opportunamente informata è riuscita a bloccare non solo SOPA e PROTECT IP, ma anche ACTA in Europa. Quindi gli strumenti ci sono, la volontà pure, l'unico ostacolo sulla strada è Golia.

Così come il Voldemort della saga di Harry Potter, anche nei documenti trapelati per mesi non verrà mai nominata, ma in una mail si legge “Search Engine Piracy Discussion (MPAA Discussion)”. Appare quindi evidente che l'antagonista, il nemico dell'industria del copyright, il soggetto che si oppone alle strategie censorie delle major, non è altri che Google. Del resto il produttore Avi Lerner aveva già accusato il presidente Obama di avere paura di Google.

La mail di Fabrizio è l'annuncio del “Goliah Project”.

La cospirazione
I documenti rivelano forti pressioni per ottenere supporto al progetto Golia dai General Attorney al meeting del febbraio del 2014. Nella riunione il consulente esterno Perrelli (altro membro dello studio di Fabrizio) dice che Golia ha avvertito i Procuratori Generali di non fare nulla e che in caso contrario avrebbe preso contromisure come all'epoca di SOPA. Perrelli suggerisce ai “sei” di concentrarsi su 3, 5 membri soltanto.
In una mail Fabrizio avverte le sei major che stanno passando ad una strategia “espansa” contro Golia.

Nelle mail dell'aprile del 2014 si discute di 45 risultati di ricerca (“Search Engine Piracy Discussion (MPAA Discussion)”) che puntano a contenuti illeciti: “FYI re: Goliath end-game — this is from the GC report. Are we looking for more?” (ci occorre altro?).

A maggio Fabrizio comunica alle major il successo nell'attività di motivazione dei Procuratori Generali, precisando però che occorre maggiore supporto legale. Delinea due opzioni, che vanno dai 585mila a 1.175 milioni di dollari, incluso il supporto legale per i Procuratori Generali (“Respond to / rebut Goliath's public advocacy, amplify negative Goliath news, [and] seed media stories based on investigation and AG actions”).

Nell'ottobre del 2014 per la prima volta viene espressamente menzionato il nome del temuto nemico. L'avvocato dell'MPAA si riferisce alle iniziative poste in essere da Google, per anni accusata dalla MPAA di essere “una piattaforma per la pirateria”.
Nel gennaio del 2012 l'industria del copyright consegnò, infatti, a Google un elenco di richieste, a seguito delle quali Google è giunta a modificare il proprio motore di ricerca in modo che la segnalazione di contenuti quali presunti illeciti portasse al loro declassamento nell'indice. Google proprio nell'ottobre del 2014 pubblica un rapporto sulle sue iniziative antipirateria, ma la reazione dell'MPAA è decisamente (e volutamente) fredda. L'azienda di Mountain View reagisce furiosamente ponendo fine alla collaborazione con l'MPAA.
Steven Fabrizio comunica ai “sei” che questa reazione esagerata potrebbe essere un'opportunità da sfruttare con i General Attorney.

Il piano strategico contro Google è frutto della volontà di tutelare in tutti i modi i diritti delle major, anche in contrasto con i principi guida del web. Nella strategia delle major la libertà di informazione è un semplice accidente che deve immancabilmente cedere il passo alla tutela dei loro interessi economici. In questo modo si sono, però, posti in contrasto con le maggiori aziende del web, finendo per focalizzare in Google, quale gestore del più usato motore di ricerca, il loro nemico principale.
In realtà la scelta è oculata, concentrare la potenza di fuoco contro Google consente alle major di ottenere i risultati sperati imponendo le rimozioni al più utilizzato motore di ricerca, senza dover subire danni di immagine, cioè passare per i censori che vogliono imbavagliare la rete, come accadde ai tempi di SOPA.

L'elemento più importante è dato dai finanziamenti ai General Attorney, viaggi e cene pagate dai lobbisti delle aziende per direzionare le attività dei Procuratori.
In passato si sono avute numerose iniziative da parte dei General Attorney, come i Procuratori dell'Oklahoma e del Nebraska che accusarono Google per i video su Youtube che incitavano all'uso di droghe, alla contraffazione e alla pedopornografia, invece di procedere contro gli utenti che avevano caricato i video. E questo nonostante l'art. 230 del Comminications Decency Act preveda espressamente l'esenzione di responsabilità per i provider.
Il Procuratore Generale del Mississippi, inoltre, accusò Google perché aveva trovato merci contraffatte sul motore di ricerca.

Se queste iniziative inizialmente vennero bollate come eccessi giudiziari dovuti anche alla scarsa comprensione del funzionamento tecnico del web, dal materiale trapelato dalla Sony appaiono sotto una luce decisamente più sinistra, la MPAA avrebbe finanziato alcune specifiche iniziative contro l'azienda di Mountain View e fornito supporto legale (“ranging from $585,000 to $1.175 million, which includes legal support for AGs (through Jenner) and optional investigation and analysis of ("ammunition / evidence against") Goliath”).

Altri messaggi di posta elettronica rivelano un sottoprogetto (Keystone) con il budget di 70mila dollari, avente lo scopo di raccogliere prove contro Golia attraverso specifiche indagini investigative. Prove che saranno (sono state?) passate ai General Attorney per fare causa a Google.
Dalle mail emerge chiaramente come il gruppo dei “sei” e l'MPAA erano a conoscenza del CID,  “civil investigative demand”, prima ancora che fosse emesso, e che il loro intento è di sfruttare l'azione giudiziaria per “negoziare” con Google. A tutti gli effetti siamo in presenza di una cospirazione contro Google, il nemico del copyright (al quale, però, si è rivolta la Sony proprio per pubblicare The Interview), con attività che sembrano configurare la corruzione di pubblico ufficiale. Da chi prendevano ordini i General Attorney?

Google rifiuta di commentare la vicenda, ma il 18 dicembre il senior vice president Ken Walker pubblica un post nel quale si dice estremamente preoccupato per il tentativo da parte dell'MPAA di far rivivere SOPA colludendo con l'AG del Mississippi Hood. Una lettera inviata a Google nel novembre del 2013, con la quale Hood accusa la società di facilitare e di trarre profitto “da numerose attività illegali online, che vanno dalla pirateria alla vendita di droghe illegali”, appare redatta in gran parte da altri;  nelle proprietà del documento si rivela la sua reale origine: Jenner & Block, lo studio dell'avvocato Fabrizio.
Di seguito Google avvia una azione legale per bloccare l'iniziativa giudiziaria del Procuratore Hood, sottolineando che l'indagine nasce da pressioni lobbistiche dell'MPAA.

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Oltre SOPA
Dopo la bocciatura della legge SOPA (ed anche di ACTA in Europa), l'industria del copyright non ha affatto rinunciato a pretendere norme e regole scritte appositamente per la tutela dei propri interessi, ha solo cambiato strategia muovendosi dietro le quinte. Le norme restrittive pretese mirano ad estendere i takedown extragiudiziari, basati su accuse unilaterali, e ad eliminare l'esenzione di responsabilità degli intermediari della comunicazione rendendoli corresponsabili dei contenuti illeciti immessi dagli utenti in rete.

Si tratta di regole anticoncorrenziali perché i produttori di contenuti iscritti alle associazioni di categoria ottengono un vantaggio competitivo potendo eliminare la concorrenza dei produttori indipendenti (e Google è stata più volte accusata di pratiche anticoncorrenziali attraverso il suo motore di ricerca). Inoltre, la privatizzazione della valutazione dell'illecito consente all'industria di anticipare la tutela, imponendo sanzioni all'utente in assenza di controlli giudiziari e democratici, inverte la democratica presunzione di innocenza, e trasferisce anche il costo della tutela degli interessi economici delle aziende a carico dell'intera collettività.

Ma, soprattutto, l'aziendalizzazione dei diritti del cittadino è il segno più evidente dell'incapacità dei governi di fare da garanti delle libertà sociali, che finiscono per abdicare al loro ruolo trasferendolo (si pensi alla sentenza della CGUE sul diritto all'oblio) alle multinazionali ritenute, a torto o a ragione, più capaci di far rispettare le regole rispetto ad un governo che trova i suoi limiti nei confini nazionali. Ai cittadini non rimane altro che sperare in uno scatto d'etica delle aziende che, notoriamente, hanno come unico fine il profitto.

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