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A processo in Portogallo l’attivista antirazzista Mamadou Ba accusato da un neonazista “di aver ferito il suo onore”

24 Dicembre 2022 6 min lettura

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A processo in Portogallo l’attivista antirazzista Mamadou Ba accusato da un neonazista “di aver ferito il suo onore”

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Mamadou Ba, nato in Senegal, è tra gli attivisti più famosi e impegnati a combattere il razzismo in Portogallo, dove ha vissuto per più di 24 anni. Membro fondatore di diverse organizzazioni a difesa dei diritti umani dei migranti e delle persone razzializzate in Portogallo e in Europa, dal 1999 Ba è membro della ONG SOS Racismo, un'associazione che si batte per una società più giusta, egualitaria e interculturale, di cui è stato anche direttore.

Nel 2021 Mamadou Ba ha ricevuto dalla ONG Front Line Defenders, un'organizzazione internazionale che ha come obiettivo la protezione dei difensori dei diritti umani a rischio, il premio Front Line Defenders. Ba, infatti, è stato oggetto di numerose campagne e minacce che lo hanno costretto, lo scorso anno, ad allontanarsi dal Portogallo per mettere in salvo la sua vita.

«Ero arrivato al punto di non poter più camminare per strada da solo al sicuro», ha detto, come raccontato da Al Jazeera.

Nel 2020 Ba è stato aggredito fisicamente per strada a Lisbona mentre passeggiava con il figlio. Il livello di minaccia alla sua integrità fisica era diventato talmente grave da dover essere messo sotto protezione della polizia per alcuni mesi. Ciononostante le minacce hanno continuato ad aumentare progressivamente sia per numero che per gravità.

Mamadou Ba ha affrontato più di dieci procedimenti legali per accuse mosse dai sindacati di polizia e dal Partito Chega di estrema destra. Nel febbraio 2021 è stata lanciata una petizione, che ha raccolto più di 30.000 firme, che chiede la sua espulsione dal Portogallo.

Il prossimo anno, probabilmente a gennaio, Ba dovrà affrontare un processo per aver diffamato l'attivista neonazista Mário Machado.

Se ritenuto colpevole rischia una pena detentiva o il pagamento di una multa.

La denuncia per diffamazione si riferisce a un tweet pubblicato nel 2020 nel quale Mamadou Ba, come sostenuto dagli avvocati di Machado, ha definito l'uomo “un assassino”, riferendosi a fatti avvenuti 25 anni prima.

Secondo Mário Machado, membro fondatore di diversi movimenti di estrema destra, tra cui Portugal Hammerskins, Frente Nacional (Fronte Nazionale) e Nova Ordem Social (Nuovo Ordine Sociale), con il tweet scritto due anni fa Ba “ha offeso il suo onore”.

Per Isabel Duarte, avvocata di Ba, l'accusa è priva di fondamento poiché il post in questione è stato citato erroneamente.

«Oggettivamente parlando non c'è stato alcun crimine e soggettivamente parlando direi che non c'è onore suscettibile di essere offeso, per cui si tratta di un reato impossibile», ha dichiarato Duarte ad Al Jazeera.

Come spiegato dall'avvocata, la formulazione del post di Ba è uno dei elementi più importanti dell'accusa: «[Ba] Non ha detto che Machado sia un assassino, ma una delle persone maggiormente responsabili degli eventi del 10 giugno [1995], il che è evidente».

Machado, che nel 2012 è stato condannato a 10 anni di carcere per lesioni personali gravi, discriminazione razziale, estorsione a un pubblico ministero e possesso illegale di armi, in tre casi distinti, deve la sua 'notorietà' alla partecipazione a un raduno neonazista nel centro di Lisbona, il 10 giugno 1995, giornata in cui ricorre il 'Giorno del Portogallo' che rappresenta una data speciale per i movimenti di estrema destra perché durante l'Estado Novo del Portogallo – la dittatura coloniale che durò fino al 1974 – veniva celebrato come “Giorno della razza”.

Il raduno, che era stato organizzato per festeggiare sia il Giorno della razza che la vittoria dello Sporting Lisbona nella finale della Coppa del Portogallo, fu seguito da un'ondata di 11 attacchi violenti da parte di un gruppo, armato di bastoni, tirapugni e altri oggetti, che seminò il terrore nelle strade della capitale aggredendo persone razzializzate, al grido di “morte al nero”, tra cui Alcindo Monteiro, deceduto due giorni dopo a causa delle ferite riportate.

A seguito di quelle violenze nove persone, tra cui Machado, furono arrestate.

Per quegli attacchi Machado fu giudicato colpevole di “lesioni personali” e condannato a quattro anni di carcere ma non figurò tra i 11 responsabili accusati dell'omicidio di Monteiro.

«L'omicidio di Monteiro ha lasciato un segno profondo nella memoria delle persone», ha detto Miguel Dores, regista del documentario 'Alcindo' che affronta il contesto e le ramificazioni dell'uccisione a più di 25 anni dalla vicenda.

«Le persone sono ancora profondamente commosse – persino traumatizzate – dall'evento. Chi lo ricorda dice che fu il momento in cui ci si rese conto che il razzismo sarebbe potuto arrivare ad uccidere. Alle proiezioni cinematografiche, le persone hanno pianto, sono state male fisicamente, hanno dovuto abbandonare la sala…”.

Dores ritiene che il riproporsi nella memoria dell'omicidio di Monteiro “sia legato al fatto che oggi i responsabili sono liberi e organizzati, in un momento in cui c'è un crescente odio razziale, ma anche una crescente lotta contro il razzismo” e spera che il suo film aiuti le persone a considerare quanto accaduto a Monteiro “non come un evento isolato ed eccezionale, ma il risultato di un razzismo profondamente strutturale e organizzato nel passato e nel presente del Portogallo”.

Parlare e discutere di razzismo nella società portoghese ha reso Mamadou Ba una figura di alto profilo negli ultimi anni, oltre che un bersaglio dell'odio. I suoi accusatori lo incolpano di puntare i riflettori sul fenomeno, quasi come se ne fosse lui la causa.

Nell'agosto 2020, attivisti neonazisti con il volto coperto da maschere bianche e con in mano torce per emulare i nazisti degli anni '30 hanno sfilato all'esterno degli uffici di SOS Racismo nel centro di Lisbona.

João Carlos Louçã, un antropologo tra i principali sostenitori di una campagna online del 2021 chiamata 'Mamadou Ba Stays', che invitava l'attivista a restare in Portogallo, ha dichiarato ad Al Jazeera che “Mamadou rappresenta tutto ciò che queste persone odiano: un uomo di colore orgoglioso delle proprie radici, che non ha paura di parlare, né del peso delle sue parole. Uno che non abbassa gli occhi di fronte al passato coloniale”.

Louçã pensa che le reazioni estreme ai post e alle dichiarazioni di Ba “rivelino che c'è molto da risolvere rispetto al passato coloniale... bisogna abbandonare l'idea che il Portogallo abbia offerto benefici a coloro che sono stati colonizzati. Ma sono passati solo 50 anni e queste cose sono ancora in fase di elaborazione”.

Ma la strada è ancora lunga.

Una recente indagine ha costruito collegamenti tra movimenti di estrema destra portoghesi, dipendenti delle forze di polizia e il partito politico Chega, che ha ottenuto 12 seggi alle elezioni politiche portoghesi del 2022.

A parlarne è Filipe Teles, un giornalista che ha preso parte all'inchiesta. «Abbiamo notato un aumento significativo dell'incitamento all'odio in Portogallo da quando André Ventura, il leader di Chega, è stato eletto in parlamento nel 2019», ha commentato.

L'inchiesta su cui Teles ha lavorato ha incluso un'analisi dettagliata dei post pubblicati sui social da agenti di polizia di vario grado.

«La seconda persona citata più frequentemente è Mamadou Ba», ha rivelato Teles, che definisce "irripetibile" la maggior parte degli innumerevoli post e commenti.

Ba ha spiegato che ormai “è diventato impossibile parlare del razzismo della polizia o denunciare la violenza razzista”.

«Chiunque ci provi viene attaccato online, diventa vittima di bullismo, viene distrutto pubblicamente e le sue parole vengono estrapolate dal contesto per farlo apparire come un nemico», ha aggiunto.

Ba ha espresso preoccupazione per la decisione del procuratore generale di andare avanti con la denuncia di Machado.

«In sostanza, le autorità stanno dicendo che razzisti e antirazzisti sono la stessa cosa», ha detto.

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In un'intervista rilasciata lo scorso anno Mamadou Ba ha chiarito il motivo per il quale si batte contro il razzismo e continuerà a farlo.

«Sono antirazzista per convinzione e per condizione. C'è una convinzione politica che mi obbliga ad essere antirazzista, ma innanzitutto c'è una convinzione biologica che mi impone di esserlo. Non ho alternative. In una società razzista una persona razzializzata deve essere antirazzista. È un suo dovere. Perché è qualcosa che fa parte di lei. È quasi una questione di sopravvivenza. Ciò che mi spinge [a combatterlo] è l'amore per l'umanità. Perché è impossibile vivere senza amore. L'alternativa è il soffocamento. Non voglio vivere in un soffocamento permanente. Il razzismo è un soffocamento permanente. Ed è socialmente, economicamente e culturalmente impraticabile. Non esiste una società sostenibile se c'è razzismo. Nessuna società, nessuna democrazia è praticabile con il razzismo. E io non voglio vivere in una società insostenibile».

(Immagine in anteprima: frame video via Vimeo)

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