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Il piano USA-Europa per il mercato globale: meno costi per le aziende, meno diritti per i cittadini

19 Dicembre 2014 6 min lettura

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Il piano USA-Europa per il mercato globale: meno costi per le aziende, meno diritti per i cittadini

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Liberalizzazione dei servizi
Un documento riservato pubblicato attraverso la rete della Associated Whistle-Blowing Press rivela altri contenuti del Trade in Services Agreement, ovvero TISA.

Le prime informazioni su questo trattato risalgono al 19 giugno del 2014, quando Wikilekas pubblica una prima bozza. TISA riguarda non i beni bensì i servizi, laddove tale settore fornisce il 70% del Pil mondiale e il maggior numero di posti di lavoro. Al tavolo delle trattative siedono Usa, Unione europea, Svizzera, Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Israele, Turchia, Taiwan, Hong Kong, Corea del Sud, Giappone, Pakistan, Panama (noto paradiso fiscale, molto attivo nei negoziati insieme agli Usa e all'UE), Perù, Paraguay, Cile, Colombia, Messico e Costa Rica.
Dai documenti pubblicati da Wikileaks si evince chiaramente che il trattato punta a deregolamentare il settore finanziario e dei servizi in generale (compreso quindi i servizi pubblici essenziali, assistenza sanitaria, servizi idrici, ecc...), in base alle teorie ultraliberiste, imponendo alle parti contraenti (gli Stati) ferrei vincoli alla potestà regolamentare.
Lo scopo dell'accordo è di estendere le regole del GATS (Accordo Generale sul Commercio di Servizi), istitutivo del WTO quale foro mondiale per la liberalizzazione degli scambi, così realizzando uno standard che poi potrà essere recepito dalle Nazioni ed inserito a sua volta nei successivi trattati.

TISA si inserisce, ovviamente, nel quadro di accordi negoziati negli ultimi anni, e in particolare si collega a TPP, CETA TTIP e altri (quali KORUS tra Usa e Corea del Sud).

Un fallimento non è per sempre
Le negoziazioni su TISA risalgono, per quello che si sa, al marzo del 2013, quando, per iniziativa degli Usa, vari Stati furono riuniti a Ginevra, per un incontro che fu definito di “really good friends”.
In realtà TISA nasce dopo il fallimento dei Doha Round, i negoziati iniziati in Qatar nel 2001, nell'ambito del WTO (che prevede la pubblicità degli atti), e falliti nel 2011 per le massicce proteste dei paesi in via di sviluppo. Da quel momento gli Usa hanno preferito spostare le negoziazioni per le liberalizzazioni dei servizi in altro luogo, decisamente più discreto.
Le negoziazioni, infatti, si svolgono in assoluta segretezza (solo la Svizzera pubblica i suoi atti), e ogni partecipante porta le sue proposte. È prevista una desecretazione dei documenti solo 5 anni dopo l'entrata in vigore dell'accordo.
Solo di recente la Commissione europea ha pubblicato alcune informazioni.

Del testo di TISA non si sa molto, e ciò che si conosce riguarda prevalentemente proposte di singoli Stati. Il documento pubblicato in questi giorni è una proposta del Rappresentante Usa per il commercio (USTR), datata aprile 2014.
L'obiettivo perseguito dagli americani con TISA è palese, proteggere il vantaggio competitivo degli Usa e il monopolio nell'ambito della proprietà intellettuale e della tecnologia. Ciò che gli Usa vogliono è impedire ai paesi contraenti di imporre restrizioni ai servizi e al flusso dei dati transfrontalieri. L'impatto di tali liberalizzazioni sui diritti dei consumatori, in primo luogo sulla privacy e la tutela dei dati personali, semplicemente non è considerato.

Proposta Usa
La proposta Usa consta di 7 articoli.

L'articolo 1 (Local Presence) riguarda l'aspetto della “localizzazione”, o presenza commerciale (agenzia, sede secondaria), alla quale si sono opposte principalmente le aziende assicurative e delle carte di credito.
La fornitura di servizi tramite internet consente di raggiungere cittadini di altri paesi rispetto alla sede dell'azienda fornitrice. Un governo potrebbe avere, quindi, la necessità di imporre la presenza di una sede commerciale dell'azienda nel paese, per consentire una maggiore protezione dei consumatori, per avere la possibilità di rivolgersi di persona al servizio clienti, per ottenere una maggiore qualità dei servizi, per eventuali ispezioni o azioni civili e penali, o anche semplicemente a fini fiscali.
L'articolo 1 della proposta Usa vieta ai contraenti l'imposizione di una presenza commerciale, considerata un onere dispendioso. In tal modo risulterebbe difficoltoso per i consumatori ottenere una efficace tutela legale nel caso di malfunzionamento dei servizi o di danni conseguenti al loro uso (pensiamo ai servizi sanitari).

L'articolo 2 (Local Content) si occupa di un'altra forma di localizzazione alla quale si oppone l'industria.
Molti paesi richiedono che un fornitore di servizi (es. un canale televisivo) includa dei servizi prodotti nel territorio, ad esempio produzioni a scopo culturale, principalmente a tutela delle minoranze e dei loro usi e costumi.
L'articolo 2 vieta ai contraenti di imporre tali limitazioni ai fornitori di servizi.

Piuttosto interessante l'articolo X.2.1 (a) (iii) che vieta ai governi di imporre l'utilizzo di server locati nel paese.
È proprio di questi giorni la notizia che alcune grandi aziende tecnologiche stanno abbandonando la Russia a causa della nuova legge antiterrorismo che prevede l'obbligo di archiviare tutte le comunicazioni via Internet in server installati all'interno della Federazione Russa per un periodo minimo di sei mesi. Proposte simili si sono avute anche a livello europeo, per contrastare la sorveglianza di massa operata per anni dall'Nsa americana ai danni dei cittadini europei.
Il trasferimento di dati dall'Europa verso paesi terzi richiede che quel paese abbia una tutela uguale a quella prevista dall'Europa. Per gli Usa il trasferimento è ammesso solo se l'azienda è iscritta al programma Safe Harbor, che però, a seguito dello scandalo della sorveglianza di massa dell'Nsa, è stato massicciamente criticato, al punto che se ne è chiesta la sospensione. In tale caso l'unica possibilità per le aziende Usa di trattare i dati degli europei sarebbe localizzando i server in Europa.
Con l'approvazione di TISA, invece, il trasferimento sarebbe ammesso, e una volta trasferiti i dati all'estero, diventa impossibile impedire l'uso e la cessione a terzi, quindi il governo americano (Nsa) potrà accedere senza problemi ai dati, anche personali, dei cittadini europei, a dispetto delle norme europee in materia.

L'articolo 3 (Local Technology) riguarda i cosiddetti trasferimenti di tecnologia, utilizzati da alcune Nazioni (es. Cina) per ottenere un livello tecnologico equivalente alle altre. L'articolo in questione vieta ai governi di imporre trasferimenti forzati (compreso quelli a titolo oneroso) di tecnologia, così consentendo agli Usa di mantenere il proprio vantaggio competitivo in materia di tecnologia e di proprietà intellettuale.

L'articolo 4 (Movement of information) riguarda la regolamentazione del flusso delle informazioni, e vieta agli Stati contraenti di imporre all'industria il trattamento di dati ed informazioni all'interno del paese, così impedendo il trasferimento dei dati all'estero.
L'articolo si riferisce espressamente ai dati personali (personal information), senza alcuna eccezione per la privacy.
Questa norma si trova in aperto contrasto con la normativa privacy europea che prevede, appunto, maggiori tutele per i dati personali dei cittadini europei (vedi il commento all'art. 2).

L'articolo 5 (Open Networks, Network Access and Use) riconosce un'aspettativa (non un diritto vero e proprio: “should be able”) per i cittadini di ottenere l'acceso alla rete. Tale accesso è soggetto, però, ad un “reasonable network management”. Poiché la gestione della rete ragionevole non è definita nell'ambito del trattato appare ovvio che le condizioni per ritenere “ragionevole” la gestione vengono lasciate alle decisioni dei fornitori di servizi.
Tale norma potrebbe facilmente consentire alle aziende l'introduzione di tecniche di gestione della rete che degradino il traffico sul web, per promuovere i propri servizi a fronte di quelli concorrenti, così incidendo notevolmente sulla neutralità della rete.

L'articolo 6 (Electronic Authentication and Electronic Signatures) prevede che un governo non possa negare la validità di una firma solo perché elettronica. In sostanza un governo non può decidere quale è il miglior modo per autenticare una transazione, con ciò limitando la possibilità di negare validità ad una transazione commerciale.

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L'articolo 7 (Exceptions) si occupa delle eccezioni alle norme precedenti, prevedendo in sostanza che esse debbano essere stabilite con liste specifiche e preventivamente.

Dal testo trapelato, che è solo una delle proposte delle parti negozianti, appare evidente che l'intento è quello di favorire gli interessi aziendali senza minimamente considerare la tutela dei diritti dei cittadini, in primis la privacy, limitando enormemente la possibilità per i governi di intervenire nella regolamentazione dei servizi, finanziari ma non solo.
Con la sua approvazione, sarà il TISA a stabilire le politiche economiche dei paesi aderenti, saltando le discussioni parlamentari, mentre le leggi nazionali che fungono da “ostacolo” al commercio internazionale dei servizi saranno eliminate.
Questo tipo di accordo si lega alla giustizia parallela del TTIP e del TTP. Se un'azienda ritiene che un governo stia limitando i suoi diritti come sanciti dal TISA si rivolgerà direttamente agli arbitri internazionali, sfruttando le clausole ISDS.

Alcune di queste proposte vengono direttamente o comunque sono sponsorizzate dalle principali lobby aziendali, quali CSI (Coalition of Services Industries) e Digital Europe, delle quali fanno parte le principali aziende tecnologiche (Google, Intel, AT&T, Ibm...).

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