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Perché l’anti(grillismo) è un errore

11 Giugno 2012 3 min lettura

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Perché l’anti(grillismo) è un errore

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Dopo i recenti successi elettorali del MoVimento 5 Stelle, con i sondaggi che ne certificano la straordinaria ascesa tra le forze politiche del Paese, l'attenzione mediatica nei confronti della creatura di Beppe Grillo e Roberto Casaleggio è altissima. Oltre a un carico di responsabilità pubblica maggiore sulle spalle dei 5 Stelle, il dibattito a riguardo che si è creato e si sta sviluppando porta con sé, però, anche il pericolo di ripetere un errore culturale che negli ultimi vent'anni ha inquinato il confronto sociale e politico in Italia.

Leggendo le dichiarazioni di politici, le analisi di intellettuali e giornalisti, o ascoltando le opinioni dei cittadini nei confronti del M5S e dei suoi due fondatori, infatti, si nota come nella maggior parte dei casi Beppe Grillo sia utilizzato come unica lente tramite cui osservare tutte le dinamiche esterne o interne al movimento. Non a caso le persone che votano, sostengono o si candidano nel M5S sono definiti “grillini”. Nell'intervista rilasciata a Gian Antonio Stella, lo stesso Grillo si è detto infastidito da queste terminologia “giornalistica” perché tenderebbe a disprezzare le competenze degli iscritti, riducendoli a semplici seguaci.

Grillo rifiuta l'etichetta linguistica "grillino", marcando una differenza netta con quanto avvenuto, ad esempio, per il caso più recente in Italia di immedesimazione tra uomo pubblico e linea culturale: Berlusconi e il cosiddetto berlusconismo. Per gli elettori e gli eletti del centro-destra, infatti, non è mai stato un problema identificarsi con la formula “berlusconiani”. Ma allora come mai anche nel caso di Beppe Grillo e il M5S assistiamo a una stessa identificazione politica e culturale? È davvero sola colpa dei media oppure anche per Grillo si può parlare, come per l'ex capo di governo, di un atteggiamento proprietario?

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Infatti se Silvio Berlusconi ha rivendicato più volte in maniera diretta la sua proprietà sul partito, Beppe Grillo lo ha fatto in maniera indiretta facendo parlare per lui il non statuto del MoVimento 5 Stelle: se all'articolo 1 si precisa che l'origine, la sede e i contatti del MoVimento sono circoscritti “nel blog www.beppegrillo.it”, nel terzo Grillo viene indicato come “unico titolare” del nome del movimento, diventandone “garante” che può decidere - a suo avviso – oltre all'ammissione anche l'espulsione di qualcuno. Se questa autorità viene vissuta in maniera critica all'interno dello stesso M5S, perché spinge a un eccessivo personalismo nel gestire le dinamiche interne, il discorso non cambia nella percezione di possibili elettori/cittadini.

Beppe Grillo, infatti, viene utilizzato come “megafono”, per riempire le piazze durante le presentazioni (comizi a tutti gli effetti) dei candidati, spendendo in ciò la propria immagine pubblica col fine di catalizzare l'attenzione verso i 5 Stelle. Ma come ha fatto notare il blogger Nonunacosaseria il risultato ottenuto è stato controproducente. Infatti durante quest'ultime amministrative, in diversi comuni, le preferenze per i candidati del M5S sono state pochissime rispetto ai voti presi come nuova forza politica. Con la logica conseguenza che molto probabilmente ciò che ha spinto la gente al voto è stato più che altro il traino esercitato dal brand Beppe Grillo – con tutto il valore mediatico di cambiamento connesso -.

Proprio qui subentra l'errore culturale evocato all'inizio. Se con Berlusconi negli anni la discussione politica è stata fuorviata, non riuscendo quasi mai a entrare nel merito delle questioni, lo si deve (anche) alla riduzione forzata delle critiche su un'interpretazione ad personam: berlusconismo vs anti-berlusconismo. Ora, con tutte le differenze del caso, non si corre il rischio di ripetere gli errori del passato nel dibattito pubblico che coinvolge Grillo e il MoVimento 5 Stelle? Un mercato dell'anti-grillismo, conseguenza di un eccessivo personalismo interno ed esterno a questa nuova “associazione” politica, può trascinare l'asticella del dibattito pubblico sul piano dell'irrazionalità per cui, alla fine, nonostante proposte, programmi, idee – condivisibili o meno - portate avanti dai 5 Stelle, tutto si riduce a un vuoto e inutile scontro falsamente culturale tra slogan - “Viva Grillo vs Abbasso Grillo” - che oltre ad essere la negazione stessa di ogni principio di cambiamento, si pone come un freno a mano tirato nella coscienza critica di una nazione.

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945 Comments
  1. emboroma

    attenta analisi che condivido. Proprio ieri ero andata a guardare quante preferenze avesse avuto il primo degli eletti del M5S a Parma che, in virtù di questo, è stato indicato come il capogruppo del Mov.: poco più di 480. Assolutamente nulla rispetto alla valanga di voti del 1° turno (in cui si esprimevano le preferenze) Credo, comunque, che questa "sovraesposizione" di Grillo rispetto al movimento sia voluta secondo una precisa strategia comunicativa e di marketing del prodotto “M5S” che finora è stata vincente e che, a mio avviso, ha mirato più sull’immagine d’insieme che sul merito delle singole soluzioni proposte ai vari problemi locali. Proprio come fu, a suo tempo, quella di Berlusconi : tutti ricordiamo, oltre alla invasione delle reti, le strade inondate di manifestoni. Come ben evidenziato nell'articolo, del pugno in cui Grillo e –dietro a lui- Casaleggio tengono il movimento vi sono tracce tangibili nel c.d."non statuto" (che non è emendabile, nonostante qualche richiesta sia stata avanzata) e nei comportamenti più recenti dello stesso Grillo. Per altro nella parte dei suoi interventi/comizi che è possibile vedere in rete lui ripete in nodo mantrico le sue affermazioni di carattere generale, rifiuta programmaticamente il confronto dialettico (giustificandosi con pezze a colore che i suoi gradiscono) e stimolando l'efficacissima idea dell'accerchiamento politico da cui difendere il movimento, gli inermi militanti e candidati; e ha buon gioco a fronte alla insussistenza dei politici circostanti. Credo che bisognerebbe cominciare a valutare nel merito della effettiva concretezza e praticabilità e proposte contenute nel programma che deve intendersi come il manifesto del progetto politico di governo.

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