La campagna pubblicitaria del Parmigiano Reggiano e la voglia di urlare “Renatino libero”
5 min letturaA settembre il Parmigiano Reggiano ha lanciato la campagna di comunicazione Gli amigos. Si tratta di un mediometraggio (suddiviso in 6 episodi) diretto da Paolo Genovese, con la partecipazione dello chef stellato Massimo Bottura e di Stefano Fresi. Come spiegato dall’agenzia responsabile, il film è stato anche trasmesso in tivù e ne sono stati estratti 6 spot.
La trama del mediometraggio è abbastanza lineare: un gruppo di allievi di una scuola di cucina deve partecipare a una gara indetta dallo chef Bottura. La gara prevede che ogni piatto abbia come ingrediente il parmigiano reggiano (Bottura “sta in fissa” col reggiano, dice uno dei personaggi). Il gruppo, guidato dall’insegnante Stefano Fresi, compie allora un pellegrinaggio direttamente dove viene prodotto il parmigiano reggiano, per cogliere l’ispirazione necessaria alla (segue spoiler) più prevedibile delle vittorie.
Si è parlato tuttavia della campagna nei giorni scorsi, a partire da un post su Facebook dello scrittore Christian Raimo, che ha polemizzato per come è trattato il tema del lavoro attraverso il personaggio di Renatino:
Renatino è per l’appunto uno dei dipendenti, e a quanto pare lavora 365 giorni all’anno da quando aveva 18 anni. Quando il gruppo di giovani visitatori viene a sapere che non ha mai visto il mare (o Parigi, o una pista da sci), la reazione successiva non è lasciargli nel taschino un biglietto col numero di un sindacalista, o uno sconsolato “madò, che vitaccia”. No, la reazione è dire “l’amore che ci mette Renatino!”.
Ora sicuramente da qualche parte arriverà qualcuno a spiegarci che Renatino nel filmato non è davvero un lavoratore, perché siamo avvolti dalla magia del cinema, e nel magico mondo del cinema nel 2021 non c’è una pandemia, aprire un ristorante sembra un sogno fattibile; bisogna tornare fanciullini, attuare la sospensione di incredulità. Ma solo fino a un certo punto, perché comunque il personaggio di Karima siccome è nera ha un chiosco di kebab, e se vincerà la gara aprirà una kebabberia stellata, mica un Sushi bar a Torino. Va bene la sospensione di incredulità, ma non esageriamo.
Sicuramente arriverà qualcuno ancora più bravo e più intelligente, di sicuro più della massa che si indigna, a spiegarci benevolmente che siamo scemi, che non abbiamo gli strumenti per capire: Renatino in realtà non è un personaggio. Renatino è una prosopopea. Ossia quella figura retorica con cui si fanno parlare cose che normalmente non parlano, come animali, oggetti o idee astratte. Ecco, in realtà Renatino è l’impersonificazione dell’amore per il proprio lavoro, mica un lavoratore contrattualizzato, e quindi ci sta l’iperbolico orario di lavoro: il vero amore non va in ferie! Eppure dal disagio che trapela da chi interpreta Renatino ci resterà a vita il dubbio che sia o davvero un dipendente dell’azienda costretto a dire quella bestialità, o l’unico attore che ha davvero problematizzato la sceneggiatura e non è riuscito a dirsi “pure George Clooney ha fatto pubblicità”.
Insomma, in attesa che si scateni la gara di tuffi nella piscina dell'intelligenza e del disincanto, ci tocca constatare la disarmante e desolante incapacità di costruire una narrazione senza infarcirla di italiano medio, pigro battutismo metacinematografico (“adoro l’odore del foraggio la mattina presto”, “usa la forma luke”) e quintalate di stereotipi.
Il personaggio di Marco, per esempio, è un ansioso che non si separa mai dalla boccetta di ansiolitici. Ora, spiace far irrompere nel magico mondo del cinema (o del mediometraggio) l’orribile realtà, ma uno dei temi imposti dalla pandemia è quello degli effetti sulla salute mentale. Vedere quindi l’insegnante che butta via gli ansiolitici, come se fosse un problema di debolezza di carattere, una fissa nella testa, o un amico che dice sottovoce alle sue spalle “tranquilli, ho allungato le gocce con l’acqua”, significa prima di tutto non saper affrontare questi temi senza superare le mediocri colonne d’Ercole dello stigma, o dello sfottò. Nessuno ha chiesto agli sceneggiatori di toccare il tema, ma nel momento in cui si decide di trattarlo, magari uscire dalla comfort zone del bullismo da terza media sarebbe auspicabile, a fronte soprattutto del cospicuo budget a disposizione.
Sulla pagina fan del Parmigiano Reggiano, i responsabili della comunicazione hanno poi risposto a Raimo (a quanto sembrerebbe è poi stato bannato), mentre su YouTube i commenti sono stati disattivati:
Lo spot in questione è tratto dal mediometraggio Gli Amigos, diretto da Paolo Genovese, ha quindi un linguaggio cinematografico che ammette licenze per rafforzare messaggi e comunicazioni, in questo caso, l’intento è quello di sottolineare la grande passione e l’impegno di chi, ogni giorno, produce il Parmigiano Reggiano. Uno dei valori fondanti della produzione del Parmigiano Reggiano è la salvaguardia della comunità e il benessere di chi opera in questa filiera quindi i diritti dei lavoratori sono assolutamente garantiti secondo le normative vigenti e senza eccezione alcuna.
È abbastanza insidioso mescolare i piani dei rapporti di forze effettivi nell’azienda - autocertificati dalla stessa - con la loro rappresentazione, sia a livello di interpretazione della campagna, sia come risposta alle polemiche. Posto che se l’azienda fosse un modello, a maggior ragione un’agenzia di comunicazione avrebbe prima di tutto dovuto pensare a valorizzare proprio questo aspetto, in caso contrario difficile pensare che gli sceneggiatori ne avrebbero tenuto conto, facendo un mediometraggio stile Ken Loach. Successivamente, l'azienda si è detta "dispiaciuta", e ha comunicato l'intenzione di modificare lo spot (resta da capire come).
VIDEO | Bufera sui social per lo spot del Parmigiano Reggiano con Renatino, felice di lavorare 365 giorni l'anno. Il consorzio replica: "Dispiaciuti, lo modificheremo" #ANSA https://t.co/hLTbUxaWxS
— Agenzia ANSA (@Agenzia_Ansa) December 2, 2021
Questo pastrocchio ci ricorda anche che la pubblicità è una narrazione dove i conflitti sono risolti ancora prima di cominciare. Non può essere “realista” per il tipo messaggio di fondo che veicola, al massimo può essere credibile, o giocare sul registro dell’ironia, della provocazione consapevole, ammiccare direttamente allo spettatore e provare a forza i suoi limiti, e quindi a nascondere il messaggio di fondo per veicolarlo in controluce (un esempio è quello di Maccio Capatonda); e tuttavia parla al mondo quotidiano, "reale", prospetta modelli di comportamento. Proprio per questo nel momento in cui propone la dimensione lavorativa non solo come assenza di conflitto, ma come felice adesione allo sfruttamento, l’effetto diventa osceno. Non c’è allora differenza tra lo Stefano Fresi che fa l’insegnante maestro di vita e lo Stefano Fresi che conduce il Primo Maggio. Sono solo due personaggi che non ammettono conflitti al di fuori di quanto è previsto dal copione. Gian Maria Volonté è morto da un pezzo e nell'ambiente a quasi nessuno sembra mancare.
C'è poi un aspetto di contesto più generale, e quando si pensa a una campagna pubblicitaria questo aspetto va tenuto presente - a meno che non abbia come target i posteri. Ossia un certo modo di abbattere i margini nel trattare il concetto di lavoro, e di mescolare informazione, pubblicità, marchette e disinformazione. Pensiamo infatti a tutto quel filone sui "giovani che non hanno voglia di lavorare", a tutta la retorica infame sulla disoccupazione e il reddito di cittadinanza come effetto di pigrizia o roba da "furbetti". Ma prendiamo anche un altro "Renatino" dei mesi trascorsi, l'improbabile ex commercialista che è diventato ricco facendo il rider , proprio in questi anni in cui i rider hanno condotto delle lotte sindacali importanti per il riconoscimento dei loro diritti e contro lo sfruttamento. C'è un palinsesto a maglie larghe, multiforme, che va dalla cronaca al linguaggio cinematografico, dove il racconto del lavoro, o dei suoi problemi, è uno straordinario dispositivo di mistificazione o negazione dei conflitti, e da questo punto di vista Gli amigos è perfettamente contiguo nel messaggio che suscita. Il quale non è tanto "quanto è buono il parmigiano reggiano!", ma piuttosto "in che mondo vivete?".
Immagine in anteprima: frame video "Gli Amigos 4 - La preparazione" via YouTube