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Pandemia e reddito di base universale: da una grande crisi derivano grandi cambiamenti

7 Dicembre 2020 5 min lettura

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Pandemia e reddito di base universale: da una grande crisi derivano grandi cambiamenti

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Se la storia ci ha insegnato qualcosa, scrive la CNN, è che in tempi di crisi si producono grandi cambiamenti. Il New Deal, l'ambizioso piano di riforme economiche e sociali del Presidente Roosevelt nacque dalla Grande Depressione. Così come lo Stato sociale europeo affonda le proprie radici nelle macerie lasciate dalla Seconda Guerra Mondiale.

Molti esperti considerano la pandemia di Covid-19 come un evento rivoluzionario, capace di mettere in moto simili cambiamenti nel tessuto economico-sociale della nostra società.

Leggi il nostro approfondimento >> Il reddito di base è una cosa seria

Per anni il concetto di reddito di base universale - che consiste nel pagare una somma ricorrente di denaro ai propri cittadini, indipendentemente dal fatto che questi siano disoccupati o abbiano un lavoro, siano benestanti o in situazioni economiche precarie - è stato difeso e criticato come se si trattasse di un dibattito astratto, quasi utopico, ma l'insicurezza lavorativa causata dalla pandemia sembra aver cambiato la percezione generale rispetto a questa misura.

Secondo uno studio condotto a marzo dall'Università di Oxford, il 71% degli europei sarebbe favorevole all'introduzione di un reddito di base universale. La misura, un tempo liquidata come irrealistica, è percepita oggi come pragmatica e urgente. "I grandi cambiamenti politici solitamente arrivano dopo grandi eventi sconvolgenti", spiega Daniel Nettle, scienziato comportamentale presso l'Università di Newcastle.

Al cambiamento nell'opinione pubblica ha contribuito, secondo Nettle, il fatto che la pandemia abbia aiutato a normalizzare i versamenti di denaro da parte del governo. Secondo i dati raccolti dagli economisti della società di investimenti finanziari UBS, circa 39 milioni di persone nel Regno Unito, Germania, Francia, Spagna e Italia hanno ricevuto negli ultimi mesi pagamenti dai propri governi per lavorare part-time o per rimanere a casa. E ancora oggi milioni di cittadini ricevono questo tipo di sostegno.

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L'interesse dei politici per un reddito erogato ai suoi cittadini, indipendentemente dal loro patrimonio o dalla condizione lavorativa, è cresciuto anche tra coloro che fino a un anno fa giudicavano con scetticismo questo concetto, riporta l'articolo della CNN. E questo entusiasmo si riflette anche nei nuovi progetti di ricerca in corso. Oltre all'esperimento tedesco di cui abbiamo già parlato su Valigia Blu, c'è da segnalare anche il recente progetto di studio sul reddito di base proposto dal Partito dei Verdi e inserito nel programma di governo irlandese, che sarà pianificato durante i prossimi 18-20 mesi e che avrà una durata di due o tre anni.

Il caso coreano: da progetto di ricerca a programma economico elettorale

Circa 200 mila giovani cittadini (dell'età di 24 anni) nella provincia di Gyeonggi, la regione più popolata della Corea del Sud, erano stati selezionati nel 2019 per partecipare a un esperimento: ciascuno di loro avrebbe ricevuto circa 220 dollari ogni tre mesi da spendere liberamente. Il programma era basato sul concetto di reddito di base universale. L’idea alla base di questo strumento, come sappiamo, è che un ingresso stabile universale, seppur minimo, possa servire a ridurre la disuguaglianza, migliorare il benessere della popolazione e stimolare l'economia locale.

Il pagamento arriva loro in una carta prepagata ricaricabile e la somma deve essere spesa a livello locale prima dell'erogazione del prossimo pagamento. C’è un'altra condizione: i destinatari del reddito di base dovranno spenderlo nella propria zona, per aiutare a stimolare l’economia locale. Non si possono fare acquisti nelle città vicine o nelle catene internazionali come McDonald’s. Ogni transazione attraverso la carta prepagata viene controllata dal governo, che raccoglie i dati con l’obiettivo di migliorare il programma e valutare l’impatto del programma sull’economia locale.

Il Wall Street Journal ha intervistato una studentessa di 24 anni, che grazie al reddito di base ha potuto lasciare diversi lavoretti part-time e concentrare il suo impegno sull’università, per laurearsi. Si calcola inoltre che i negozianti che hanno ricevuto il reddito di base sono stati in grado di incrementare le proprie vendite del 45%.

Quello che era iniziato come uno dei tanti esperimenti sul reddito di base (gli esempi a livello mondiale non mancano), è evoluto in maniera radicale durante la pandemia di COVID-19: con l'obiettivo di mitigare la crisi economica, il reddito di base è stato esteso a tutti gli abitanti della provincia di Gyeonggi, circa 13 milioni di cittadini, seppur con quote ridotte. Questo fa dell'esperimento di Gyeonggi la più grande simulazione di reddito di base universale a livello mondiale.

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L'iniziativa ha guadagnato popolarità a livello nazionale anche per un’altra grande ragione: la Corea del Sud è uno dei paesi più automatizzati del pianeta e circa il 15% dei lavori nel paese sono destinati a scomparire nel 2024 come conseguenza dell’automazione. Questa è una delle ragioni per cui alcuni politici, specialmente nella regione industrializzata di Gyeonggi dove si trovano le più grandi fabbriche del paese come Samsung o Hyundai, vorrebbero estendere il reddito di base universale a livello nazionale con lo scopo di proteggere la società coreana dall’impatto economico di un futuro “robotizzato”.

Il successo del programma locale di reddito di base universale potrebbe essere determinante per il governatore della provincia, Lee Jae-myung, candidato presidente del paese per il 2022. Lee, che al momento è in testa ai sondaggi, ha proposto di dare 430 dollari al mese a tutti i sudcoreani per preparare il paese alla perdita di impiego causata dall’automazione. Secondo Lee potrebbero volerci tra i 10 e 15 anni per riformare il sistema economico attorno al concetto di reddito di base universale.

Nei prossimi anni ci saranno sempre più lavori che un robot potrà fare meglio di un uomo e il reddito di base universale potrebbe essere l’unica soluzione al crollo dell’impiego tra la popolazione, sostengono i difensori della proposta del governatore di Gyeonggi. Diversamente dai sussidi di disoccupazione, che sono limitati nel tempo, il reddito di base consiste in un flusso stabile di denaro, che permette di programmare il proprio futuro.

Estendere il programma di Gyeonggi a livello nazionale costerebbe però circa 260 miliardi di dollari all’anno (che corrisponderebbe circa alla metà della spesa pubblica nazionale) e l’intenzione di Lee è che questa misura economica sia parzialmente finanziata da quella che chiama “robot tax”: una tassa alle industrie che hanno automatizzato la propria produzione.

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Gli avversari di Lee sostengono che un programma nazionale sia troppo costoso e che lo Stato non dovrebbe spendere quei soldi per persone che non hanno bisogno di nessun aiuto (in riferimento all’universalità dell’erogazione), ma il governatore di Gyeonggi ha ribadito che per funzionare tutti i contribuenti sudcoreani dovranno essere beneficiari di questa misura.

Secondo un sondaggio di giugno, il 50% dei sudcoreani è favorevole all’adozione di un programma nazionale di reddito di base universale.

Foto anteprima: "Basic Income Demonstration in Berlin" di stanjourdan sotto licenza CC BY-SA 2.0

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