Le assurde polemiche per la statua di Elena Corner Piscopia, prima laureata dell’Università di Padova (e in Italia)
6 min letturaLezioni di Storia, una rubrica di divulgazione storica partendo dal presente
Le donne hanno diritto a essere ricordate con statue nelle pubbliche piazze o con strade che portano il loro nome?
La domanda parrebbe retorica, e la risposta scontata: sì. Invece a Padova, nel 2022, la proposta di mettere fra le statue di Prato della Valle, una delle piazze più note della città, la statua di una donna, ovvero Elena Corner Piscopia, prima laureata dell’Università patavina (e prima in Italia) fa ancora discutere.
La mozione presentata in Consiglio Comunale per spostare in Prato della Valle una statua esistente situata nel cortile del Bo ha infatti suscitato un vespaio di polemiche, e dopo parecchi dietrofront ora non è chiaro se la statua sarà traslata in Prato della Valle, se verrà commissionata una nuova statua da porre non si sa bene dove o se la proposta finirà nel nulla.
La toponomastica femminile
Quella sulla toponomastica femminile è una battaglia in corso in tutti i paesi del mondo. Le bambine e le ragazze (così come bambini e ragazzi) hanno bisogno di crescere in un ambiente, anche fisico, in cui siano presenti modelli femminili autorevoli con cui identificarsi, in cui il contributo delle donne allo sviluppo della civiltà sia riconosciuto pubblicamente. Da qui la richiesta di intitolare spazi pubblici, piazze e vie a donne per ricordare l’esistenza di scienziate, letterate, artiste, politiche, sovrane, per dare alle giovani generazioni una ricostruzione del passato più equilibrata e in cui gli unici modelli autorevoli non siano maschi.
Da anni le associazioni femminili si battono perché strade e piazze vengano intitolate a donne, e perché anche il numero di statue di personaggi femminili esposte in pubblico venga adeguato, visto che quelle esistenti e raffiguranti personaggi storici e non allegorie, salvo rari casi, ritraggono nella maggioranza dei casi uomini.
In Italia esiste una associazione per la toponomastica femminile, fondata nel 2012, mentre un’altra associazione Mi Riconosci, che raggruppa diversi lavoratori del mondo dei beni culturali, ha creato un censimento e una mappa dei monumenti dedicati alle donne in Italia. Che, pensa un po’, sono assai pochi: 171 in tutto il paese.
Il caso di Prato della Valle: una agorà pubblica totalmente maschile
A Padova Prato della Valle è uno dei luoghi simbolo della città. Erede del romano Campo Marzio, è rimasto per tutto il Medioevo un luogo di riunione pubblica in cui si tenevano fiere e mercati, data anche la vicinanza con la chiesa del Santo e con il monastero di Santa Giustina, che originariamente era proprietario del terreno. Nel 1767 il Prato divenne proprietà pubblica, e nel 1775 Andrea Memmo venne incaricato di rimettere in ordine l’area, creando quello che oggi diremmo uno spazio polifunzionale, adatto al mercato ma anche alle feste pubbliche e agli eventi. Venne così creata l’isola Memmia, circondata da un canale e uno spazio verde che avrebbe dovuto ospitare statue di personaggi illustri patavini o legati alla storia di Padova.
Attualmente sono 78. E sono tutti uomini. In sito ci sono anche due plinti, cioè due piedistalli, vuoti: in origine contenevano statue di dogi veneziani che vennero distrutte nel momento della conquista napoleonica e non sono mai state ripristinate.
Così i consiglieri Margherita Colonnello e Simone Pillitteri, che fanno parte della maggioranza di centrosinistra che governa Padova, hanno proposto di mettere su uno dei plinti una statua di Elena Corner Piscopia, prima laureata in filosofia a Padova nel 1678. Non si tratterebbe di una statua moderna, ma di una opera settecentesca: nel 1773 infatti una scultrice padovana, Caterina Dolfin, regalò all’ateneo patavino una statua di Elena realizzata da lei, che da allora si trova nel cortile del Palazzo del Bo, sede dell’Università. Una traslazione, quindi, di una opera già esistente e coeva di quelle presenti in Prato della Valle.
Chi era Elena Corner Piscopia
Figlia illegittima di un patrizio veneziano e di una popolana, Elena Corner fu istruita dai migliori maestri dell’epoca: studiò greco, latino, francese, arabo e aramaico, era considerata una delle donne più dotte del suo tempo e, diventata oblata benedettina, avrebbe voluto frequentare la facoltà di teologia. Le venne impedito in quanto donna, ma riuscì a ottenere il permesso di frequentare filosofia, e conseguì quindi a Padova la laurea. Fu la prima donna al mondo ad avere questo titolo legale. Ma era donna, e venne considerata al massimo una curiosità e un’erudita da salotto. Nessuna carriera accademica le fu consentita, ed Elena morì giovane anche a causa dei digiuni che si imponeva per questioni di fede. A Padova non ci sono vie o luoghi dedicati alla sua memoria: la traslazione della sua statua nell’agorà celebrativa cittadina sarebbe dunque un primo doveroso passo per ricordarla. La regolamentazione settecentesca parla chiaro su chi possa essere raffigurato nelle statue a Prato della Valle: personaggi cittadini eminenti o stranieri che abbiano avuto un ruolo nella storia della città. Due condizioni che la veneziana Elena rispetta in tutto, anche perché da nessuna parte si dice che non possano essere raffigurate donne. In realtà a Prato della Valle c’è un’altra presenza femminile: si tratta di un busto della celebre poetessa Gaspara Stampa, situato ai piedi della statua dell’invero meno assai famoso e talentuoso poeta Andrea Briosco. Perché lei sia raffigurata solo con un busto e ai piedi di lui è presto detto: lui è un uomo.
La polemica sulla statua di Elena Corner
Quale è dunque il problema nel traslare la sua statua in Prato della Valle? Oltre alla questione femminile, alcune obiezioni provenienti dagli addetti ai lavori riguardano l’opportunità di ritoccare un impianto urbanistico e architettonico definito nel Settecento con un inserimento di un elemento non originario. Certo, è una preoccupazione tecnica e legittima. Va anche detto però che le nostre città di continuo vengono “ritoccate” con inserimenti di manufatti posteriori ed edifici in contesti più antichi, e pare strano che la polemica scoppi così furiosa solo quando il ritocco riguarda una figura femminile.
La rettrice dell’Università patavina, Daniela Mapelli, che per altro è la prima donna a ricoprire il ruolo di rettrice a Padova, in un primo momento sembrava favorevole all’idea della statua, ma forse non così entusiasta all’idea che venisse traslata quella del Bo, perché in fondo la sede storica dell’Università di Padova è da sempre la “casa” della statua della Corner.
Anche il Sovrintendente alle Belle Arti, archeologia e paesaggio, Fabrizio Magani, che sulle prima aveva elogiato l’iniziativa, ora parrebbe contrario a inserire la statua in Prato della Valle: «Anche sul luogo non siamo intransigenti. Se non sarà possibile modificare gli stalli vuoti, potrà essere trovata una collocazione più consona, preferibilmente in Prato o, eventualmente, altrove nel Centro cittadino».
L’Assessore alla cultura Andrea Colasio non prende una chiara posizione nella polemica. Dice che sarà assicurato un riequilibrio nella rappresentazione femminile a Padova ma non è chiaro come questo debba essere realizzato e dove: spostando la statua della Corner dal Bo? Realizzando una nuova statua altrove? A questo punto anche i due promotori della iniziativa sembrano non avere più le idee chiare, e parlano di una nuova statua da realizzare non si sa bene però da parte di chi e per collocarla dove.
E chi brontola? Sui giornali ci sono state diverse dichiarazioni contrarie. Carlo Fumian, docente universitario di Storia contemporanea, si oppone perché a suo dire: «fare la storia con la toponomastica e lo spostar monumenti come fossero Lego è un gioco pericoloso e poco intelligente». Una posizione personale che lascia perplessi, perché da sempre la toponomastica (ovvero l’assegnazione di nomi di personaggi famosi a strade e piazze) serve proprio a questo: a perpetuare la memoria di eventi e personaggi, ed è curioso quindi che diventi inutile solo quando si parla di figure femminili. Contrario si dichiara anche Ubaldo Lonardi, vicepresidente del consiglio comunale appartenente alla minoranza, che vorrebbe tenere i due piedistalli vuoti: «sono la memoria dell’invasione napoleonica, un vuoto di memoria e di bellezza».
Lascia perplessi la motivazione invece espressa dall’ex rettore Vincenzo Milanesi, storico della filosofia: «Sta prendendo piede la cosiddetta ‘cancel culture’, che pretenderebbe di ergersi a tribunale supremo della storia in nome di convinzioni e valori che si sono affermati nei secoli successivi, abbattendo statue e condannando all’ignominia figure che spesso sono state semplicemente figlie del loro tempo». Non è chiaro che cosa c’entri in questo caso la 'cancel culture', visto che si parla di aggiungere una statua a quelle già esistenti. Forse si teme che sia cancellata la secolare discriminazione contro le donne?
Insomma, ancora oggi in Italia se in una città si propone di aggiungere la statua di una donna, per altro benemerita, ad un Pantheon cittadino di benemeriti tutto maschi si scatenano le polemiche. Questa ha avuto eco internazionale, sia sul Guardian che sul New York Times. Chissà se Elena Corner ce la farà prima o poi a essere inserita fra le statue di Prato della Valle, o ad avere una statua in qualche altro punto della città. Forse, per essere accettata, bisognerà che si faccia statua magari con il sedere bene in evidenza, come quella della Spigolatrice di Sapri.
Immagina anteprima Ambrosian Library, Public domain, via Wikimedia Commons