Europa, la Politica Agraria Comune non contrasta i cambiamenti climatici, non preserva la biodiversità, non sostiene i piccoli agricoltori
16 min letturaLa montagna ha partorito un topolino. C’erano grandi attese sul testo di riforma della politica agraria comune (PAC) per i prossimi sette anni, proposto dalla Commissione Europea due anni fa, e che in questi mesi è stato emendato e votato dal Consiglio e dal Parlamento Europeo.
Alla luce degli accordi sul clima di Parigi del 2015, del Green Deal europeo annunciato l’anno scorso proprio di questi tempi dalla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, delle strategie sulla biodiversità e su un nuovo modo di concepire la filiera alimentare elaborate sempre dalla Commissione in questo 2020, ci si aspettava una radicale trasformazione delle politiche comunitarie sull’agricoltura, sui meccanismi di sostegno degli agricoltori e delle aree rurali e di erogazione dei finanziamenti.
Considerato che l’agricoltura intensiva è una della fonti più importanti di CO2 ed è una della cause di depauperamento degli ecosistemi e della biodiversità, la PAC era vista come lo strumento per rendere l’agricoltura più eco-sostenibile. Sembrava giunto il momento in cui finalmente coniugare il sostentamento del pianeta con la mitigazione dei cambiamenti climatici.
Invece, secondo le associazioni ambientaliste, gli attivisti per il clima, il vice-presidente della Commissione UE, Frans Timmermans, la proposta di riforma venuta fuori dopo il voto in seduta plenaria del Parlamento Europeo, non recepisce le indicazioni provenienti dal Green Deal e dalle strategie elaborate dalla Commissione Europea.
La nuova PAC nasce già antica, secondo logiche vecchie, commentano esperti del settore e attivisti. Il vice-presidente della Commissione UE, Timmermans, non ha escluso che la Commissione possa ritirare la proposta in sede dei negoziati avviati con il Consiglio e il Parlamento europei per arrivare a un testo definitivo entro i primi mesi del 2021. Questa ipotesi è stata smentita dalla presidente della Commissione, von der Leyen, che si è detta, tuttavia, delusa e preoccupata da alcune posizioni di Consiglio e Parlamento molto lontane dagli intendimenti del Green Deal.
Che cos’è la politica agricola comune (PAC)
L’iter legislativo della PAC 2021-2027
Come verrà sovvenzionata e come funzionerà la nuova PAC?
Cosa andava cambiato e cosa non è stato fatto
I commenti e le reazioni di associazioni ambientaliste e agroecologiche e degli attivisti per il clima
E ora?
Che cos’è la politica agricola comune (PAC)
Ideata nel 1962 per sostenere la produttività agricola e garantire un tenore di vita dignitoso degli agricoltori europei, la politica agricola comune (PAC) è una politica comune a tutti i paesi dell’Unione Europea, gestita e finanziata tramite due fondi nell’ambito del bilancio dell’UE: il Fondo europeo agricolo (FEAGA) fornisce sostegno diretto e finanzia misure di sostegno del mercato come aiuti all’ammasso privato o interventi eccezionali per prevenire e contrastare le turbative del mercato; il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) finanzia lo sviluppo rurale. I pagamenti sono gestiti a livello nazionale da ciascun paese dell'Unione europea.
La PAC – si legge sul sito della Commissione Europea – interviene fornendo sostegno al reddito attraverso pagamenti diretti per garantire la stabilità dei redditi e premiando quegli agricoltori che praticano un’agricoltura rispettosa dell’ambiente e hanno cura dello spazio rurale, “beni pubblici normalmente non pagati dai mercati”; adottando misure di mercato per fronteggiare congiunture economiche difficili; mettendo in atto misure di sviluppo rurale con programmi nazionali e regionali per rispondere alle esigenze specifiche delle diverse zone rurali. Ad esempio, sono stati finanziati la creazione di un sistema di localizzazione delle abitazioni a Formentera, in Spagna, che permette ai servizi di emergenza di offrire assistenza immediata alle persone in pericolo; una piccola impresa a conduzione familiare in Ungheria che coltiva peperoni utilizzando esclusivamente fonti di energia rinnovabile; il ripristino delle foreste danneggiate di Nizna Boca, in Slovacchia, grazie ai finanziamenti per il disboscamento, l'afforestazione e la tutela del nuovo patrimonio boschivo.
Tra i suoi obiettivi, ci sono, inoltre, il mantenimento dell’economia rurale, la preservazione delle aree e dei paesaggi rurali in tutta l’UE attraverso la gestione sostenibile delle risorse naturali e la mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici.
Negli anni, la PAC si è evoluta nel tentativo di coniugare le necessità dei cittadini, la richiesta di un’agricoltura che sia sostenibile, di qualità e in grado di nutrire il pianeta e le sfide via via poste da congiunture economiche mutevoli nel tempo.
Già per la programmazione precedente, nel 2013, si era parlato di greening, di inverdimento, tra i requisiti per ricevere i sovvenzionamenti, ma di fatto gli impatti ambientali di questa misura non sono stati quelli sperati. Poi ci sono stati gli accordi sul clima di Parigi nel 2015, la mitigazione dei cambiamenti climatici e la ricerca di forme ecosostenibili di approvvigionamento energetico e di sostentamento del pianeta hanno cominciato a entrare tra gli obiettivi delle politiche globali e, in questa nuova cornice, si pensava che la politica agricola comune potesse essere lo spazio per integrare istanze di agricoltura e ambiente.
Nel 2017 è stata lanciata una consultazione pubblica sul futuro della PAC e la comunicazione sul futuro dell'alimentazione e dell'agricoltura. Nel 2018 la Commissione Europea ha presentato le proposte legislative sulla nuova PAC per il periodo 2021-2027 elaborate durante la consultazione pubblica. Nel dicembre 2019, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha presentato a sua volta lo European Green Deal, una sorta di tabella di marcia per affrontare le sfide poste dai cambiamenti climatici e promuovere, al tempo stesso, un uso efficiente delle risorse, che punta a fare dell’Unione europea il primo continente neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050. A maggio 2020 sono state pubblicate la strategia sulla biodiversità e quella “Dal produttore al consumatore”, che puntavano, rispettivamente, a ripristinare gli ecosistemi terrestri e marini e a costruire una filiera alimentare che funzioni per i consumatori, i produttori, il clima e l’ambiente.
La PAC 2021-2027 avrebbe dovuto recepire questo clima politico.
L’iter legislativo della PAC 2021-2027
L’1 giugno 2018 la Commissione Europea ha presentato un pacchetto di proposte che delineano il quadro legislativo della politica agricola comune (PAC) per il periodo 2021-2027.
Da allora è iniziato l’iter dei negoziati tra Commissione, Consiglio e Parlamento Europeo per stabilire la dotazione finanziaria e arrivare a un testo definitivo della politica agricola comune.
Le regole attuali scadono il 31 dicembre 2020 e saranno sostituite da norme transitorie della durata di due anni (dall’1 gennaio 2021 al 31 dicembre 2022) fino all'entrata in vigore della nuova PAC, prevista per gennaio 2023. Le norme transitorie – approvate lo scorso 27 novembre – prevedono l'estensione delle norme attualmente in vigore più l’utilizzo dei fondi europei per la ripresa assegnati allo sviluppo rurale (FEASR), pari a 7,5 miliardi di euro, per far fronte all'impatto della pandemia sulle economie rurali e sostenere interventi per l'ambiente e il clima.
Le proposte di modifica della PAC – si legge nel pacchetto di norme presentate dalla Commissione Europea nel 2018 – cercano di coniugare le esigenze economiche del settore agricolo con la cura dell’ambiente, l’azione in materia di cambiamenti climatici e lo sviluppo delle aree rurali dell’Unione Europea, con un occhio puntato verso i settori del commercio, della bioeconomia, delle energie rinnovabili, dell’energia circolare e dell’economia digitale.
A maggio 2020 la Commissione Europea ha presentato un documento nel quale ha cercato di definire la cornice legislativa della PAC, analizzando i collegamenti con il Green Deal europeo e con le relative strategie “Dal produttore al consumatore” e Biodiversità.
Nella strategia “Dal produttore al consumatore” viene sottolineata la stretta interrelazione tra la salute della popolazione, gli ecosistemi, le catene di approvvigionamento, i modelli di consumo e i limiti del pianeta messi in evidenza dalla pandemia del nuovo coronavirus. La pandemia, si legge nel documento, è solo un esempio di cosa potrà accadere con l’aumento della frequenza di siccità, inondazioni, incendi boschivi e nuovi organismi nocivi: “il nostro sistema alimentare è minacciato e deve diventare più sostenibile e resiliente”. Per questo, la Strategia “Dal produttore al consumatore” propone la “creazione di un ambiente alimentare favorevole che agevoli la scelta di regimi alimentari sani e sostenibili” “a vantaggio della salute e della qualità della vita dei consumatori”, con minori “costi sanitari per la società”. A tal proposito, la Strategia suggerisce di “ridurre la dipendenza da pesticidi e antimicrobici e il ricorso eccessivo ai fertilizzanti, di potenziare l'agricoltura biologica, di migliorare il benessere degli animali e invertire la perdita di biodiversità”.
La Strategia sulla Biodiversità si prefigge di incrementare “la biodiversità in Europa entro il 2030 a beneficio delle persone, del pianeta, del clima e dell’economia, in linea con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e con gli obiettivi dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici”. A questo scopo, l’UE dovrebbe proteggere almeno il 30% della superficie terrestre (il 4% in più rispetto a oggi) e di quella marina (il 19% in più); ripristinare gli ecosistemi terrestri e marini, riportando in equilibrio il rapporto tra aree selvatiche e aree destinate all’agricoltura, arginando il consumo del suolo e ripristinandone gli ecosistemi; raggiungere la neutralità carbonica, dando “preminenza a soluzioni a somma positiva quali l'energia marina, l'eolico in mare che consente anche la rigenerazione degli stock ittici, i parchi solari con una copertura del suolo rispettosa della biodiversità, e la bioenergia sostenibile”; conservare le risorse della pesca e impedire la cattura delle specie in via di estinzione; ristabilire gli ecosistemi di acqua dolce e le funzioni naturali dei fiumi; inverdire le zone urbane e periurbane.
I negoziati sono proseguiti nel corso del Consiglio europeo del 17-21 luglio, in cui è stato raggiunto un accordo sulla dotazione finanziaria e su altre misure riguardanti la PAC.
Il 19 e il 20 ottobre c’è stato il Consiglio europeo dei ministri dell’Agricoltura che, oltre a evidenziare la necessità di coerenza e uniformità tra le misure previste dalle strategie “Dal produttore al consumatore” e “Biodiversità” e la politica agricola comune, ha concordato un orientamento generale sulle proposte di modifica della PAC e indicato lo schema di erogazione dei fondi.
Il 23 ottobre, riunito in seduta plenaria, il Parlamento Europeo ha adottato una serie di emendamenti. Il 10 novembre sono iniziati i triloghi tra Parlamento, Consiglio e Commissione Europea che dovrebbero portare entro i primi mesi del 2021 a un accordo definitivo.
Come verrà sovvenzionata e come funzionerà la nuova PAC?
Uno dei motivi del protrarsi dei negoziati sulla riforma della PAC è stata la difficoltà nel giungere a un accordo sui fondi da assegnare, si legge nel documento della Camera dei Deputati sullo stato dei negoziati sulla politica agraria europea. Nel Consiglio Europeo del 21 luglio 2020, i Capi di Stato e di Governo hanno concordato una dotazione finanziaria di 386,7 miliardi di euro, di cui 291,089 miliardi al FEAGA per i pagamenti diretti, e 95,640 miliardi al FEASR per le azioni di sviluppo rurale. Si tratta di cifre superiori alle proposte originarie della Commissione Europea nel maggio 2018, ma inferiori ai 408,3 miliardi previsti per il 2014-2020.
Il nuovo modello di PAC prevede che ogni Stato elabori un piano strategico nazionale per la definizione e l’attuazione dei pagamenti diretti e degli interventi di sostegno al reddito, e delle misure di mercato e di sviluppo rurale da adottare. Ogni piano dovrà essere valutato e approvato preventivamente dalla Commissione europea.
Secondo gli intendimenti del Consiglio Europeo, nei piani strategici dei singoli Stati, almeno il 20% delle risorse dovrà essere destinato al pagamento diretto dei cosiddetti eco-schemi, cioè interventi a impatto ecologico o ambientale, come l'inerbimento dei frutteti, la riduzione dell’utilizzo di fitofarmaci e fertilizzanti, il ricorso a metodi di agricoltura biologica, e altre pratiche agricole benefiche per l'ambiente. Saranno gli Stati membri a definire l’elenco delle pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente.
Nei primi due anni di applicazione (2023 e 2024), i fondi non utilizzati saranno recuperati per altre tipologie di intervento, trasferendoli sugli interventi per lo sviluppo rurale finanziati dal FEASR a patto che rispondano a obiettivi climatici e ambientali. Per gli anni successivi (dal 2025 al 2027) si prevede di destinare almeno il 20% degli importi riguardanti i pagamenti diretti agli eco-schemi.
Il Consiglio ha confermato, inoltre, la proposta della Commissione Europea di destinare almeno il 30% delle spese relative allo sviluppo rurale agli interventi con obiettivi specifici climatico-ambientali.
Nella seduta plenaria del 23 ottobre, il Parlamento europeo ha proposto di rivedere al rialzo le percentuali, prevedendo di destinare il 30% dei fondi dei pagamenti diretti agli eco-schemi e il 35% del bilancio per lo sviluppo rurale a qualsiasi misura legata al clima e all’ambiente.
Inoltre, per far fronte al declino della biodiversità in tutta l’UE, il Parlamento Europeo ha invitato gli Stati membri a prevedere una superficie di almeno il 10% da destinare a usi non produttivi, come fasce tampone, maggese completo, rotazioni di colture, siepi, alberi non produttivi, terrazzamenti e stagni. Tutti elementi che contribuiscono a migliorare il sequestro del carbonio, a prevenire l'erosione e l'impoverimento del suolo, a filtrare l'aria e l'acqua e a sostenere l'adattamento al clima.
Per quanto riguarda l'agricoltura biologica, il Parlamento Europeo ha chiesto che gli Stati membri includano nei loro piani strategici della PAC un'analisi della produzione del settore biologico con l’obiettivo di provare a incrementare la conversione all’agricoltura biologica attraverso misure di sviluppo rurale.
Gli Stati membri potranno concedere un sostegno accoppiato al reddito calcolato sulla base degli ettari di cui un’azienda è proprietaria o per ogni animale in dotazione. Questa misura, si legge nel documento della Camera sulla PAC, è stato pensato “a favore di comparti che sono importanti per ragioni economiche, sociali o ambientali, per affrontare le difficoltà, migliorando la competitività, la loro sostenibilità o la loro qualità”. La Commissione Europea aveva previsto di destinare il 10% dei pagamenti diretti a questa misura. Il Consiglio Europeo ha ulteriormente incrementato la percentuale della dotazione finanziaria al 13%.
Sono state, invece, mitigate le proposte avanzate dalla Commissione di progressiva riduzione dei pagamenti diretti a partire da 60.000 euro fino a 100.000 euro e l’introduzione di un limite massimo fissato a 100.000 euro. Questo intervento, scrive Il Sole 24 Ore, avrebbe riguardato sostanzialmente le imprese agricole più grandi. Dopo gli interventi del Consiglio e del Parlamento Europeo, l’indicazione del tetto massimo è diventata facoltativa per gli Stati membri che potrebbero decidere di ridurre la quantità dei pagamenti per scaglioni a seconda dell’importo. Questa misura, prosegue Il Sole 24 Ore, era stata concepita dalla Commissione per mettere fine alla sperequazione nella distribuzione degli aiuti (meno del 2% delle aziende riceve oltre il 30% dei fondi).
Inoltre, nella PAC sono previste anche la dotazione di una riserva agricola “per la gestione o la stabilizzazione dei mercati o in caso di crisi della produzione o della distribuzione agricola”, la destinazione del 2% dei pagamenti diretti per il sostegno all’avvio delle attività dei “giovani agricoltori”, la concessione di almeno l’1% dei pagamenti diretti per coprire “le perdite provocate da condizioni climatiche avverse, calamità naturali o eventi catastrofici”.
Infine, sono stati introdotti elementi di condizionalità. In altre parole, chi riceve pagamenti diretti deve rispettare buone pratiche agricole (come la rotazione e la diversificazione delle colture, e la costituzione di aree ecologiche) e i contratti di lavoro: “È applicata una sanzione amministrativa ai beneficiari che ricevono pagamenti diretti e non rispettano le condizioni di lavoro e di occupazione derivanti da tutti i contratti collettivi e dalla legislazione sociale e del diritto del lavoro a livello nazionale, unionale e internazionale”.
Cosa andava cambiato e cosa non è stato fatto
Fino ad ora, la PAC calcolava i pagamenti diretti per ettaro, spiega DW. In poche parole: più grande è l’azienda agricola, maggiore è il sussidio ottenuto. Così facendo, gli agricoltori con proprietà più piccole beneficiavano molto meno delle sovvenzioni dell’Unione Europea. Una sperequazione importante considerato che, secondo un calcolo fatto dall’Agenzia tedesca per l’ambiente, i pagamenti diretti rappresentano in media il 40% del reddito annuo di un’azienda, e secondo i dati forniti dal Ministero tedesco dell'Agricoltura, sui 6,2 miliardi di euro di sussidi agricoli che la Germania destina ogni anno, cinque sono pagamenti diretti e appena 1,2 sono destinati a piani di sviluppo rurale e misure in materia di clima e ambiente.
Spesso i paesi membri rinunciano ai fondi per lo sviluppo rurale perché richiedono un cofinanziamento da parte di ogni singolo Stato. Per questo motivo si guardava con grande attenzione a come sarebbe stata ridisegnata l’erogazione dei fondi e attraverso quali criteri sarebbero stati distribuiti i pagamenti diretti.
Erogando i pagamenti diretti per ettaro o per numero di animali allevati, l’Unione Europea finiva per favorire l’agricoltura industriale su larga scala, spesso accusata da parte di gruppi ambientalisti, attivisti per il clima e partiti politici verdi di aver contribuito all’aumento delle emissioni di CO2, all’inquinamento del suolo e dell’acqua attraverso l’uso di pesticidi e fertilizzanti, e alla perdita della biodiversità.
Allo stato attuale, prosegue DW, gli agricoltori per ricevere i sussidi devono semplicemente confermare le “buone condizioni agricole e ambientali” delle loro terre e soddisfare i “requisiti legali di gestione”.
Nel 2013 era stato introdotto un nuovo regolamento che condizionava l’erogazione di un terzo dei pagamenti diretti al soddisfacimento di determinati requisiti ambientali. Gli emendamenti del Parlamento Europeo depotenziarono la misura e, come ammesso anche dall’Agenzia tedesca per l'ambiente “le misure di inverdimento non hanno portato cambiamenti sostanziali e non hanno avuto quasi nessun effetto positivo dal punto di vista ambientale”.
Adesso sono stati proposti gli “eco-schemi”, che dovrebbero essere molto più rigorosi di qualsiasi misura precedente. Ma anche in questo caso, spiega DW, non mancano gli aspetti controversi: non è ancora chiara quale sarà la percentuale dei finanziamenti diretti destinata a iniziative di impatto ambientale (il 20% secondo la proposta del Consiglio Europeo, con lo spostamento dei fondi ad altre voci se non utilizzati completamente; il 30% secondo il Parlamento Europeo) e non sono stati definiti i criteri che stabiliscono quali interventi verranno effettivamente sovvenzionati. Come detto prima, saranno gli Stati membri a definire l’elenco delle pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente.
Stando a un’interpretazione votata dal Parlamento UE, potrebbero finirci dentro – commenta su Huffington Post Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, la federazione che raccoglie diverse organizzazioni del biologico, e tra le coordinatrici della coalizione di oltre 60 associazioni #CambiamoAgricoltura (tra cui anche Wwf, Legambiente, Slow Food, LiPU) – “l’agricoltura integrata, ovvero una agricoltura che utilizza chimica di sintesi più ‘aggiornata’; l’agricoltura di precisione, cioè basata sull’innovazione tecnologica, che va benissimo ma non basta; l’agricoltura conservativa, che non dissoda il terreno per non rovinarlo ma usa i diserbanti per contrastare la crescita delle infestanti”.
I commenti e le reazioni di associazioni ambientaliste e agroecologiche e degli attivisti per il clima
“La PAC nasce antica. (...) Così come è uscita dal voto del Parlamento europeo privilegia un concetto arretrato di agricoltura basato sull’ampio uso di chimica di sintesi e sull’industrializzazione del settore”, osserva Maria Grazia Mammuccini su Huffington Post. “Stiamo discutendo di una proposta approvata nel 2018. Da allora è cambiato il mondo. Alcune emergenze hanno subito un’accelerazione drammatica: la crisi climatica, la crisi ambientale complessiva, la crisi sanitaria, la crisi sociale, tutte strettamente intrecciate. Sotto questa spinta, la nuova Commissione UE ha sottoscritto un patto per la transizione ecologica, il Green Deal. E, nonostante dopo il lockdown molti governi abbiano chiesto di mettere da parte il Green Deal, la Commissione ha accelerato il passo con la strategia “Farm to Fork” [“Dal produttore al consumatore”] che porta avanti obiettivi ambiziosi ma equilibrati, come triplicare la superficie agricola coltivata a biologico e dimezzare i pesticidi”.
Con queste premesse, prosegue Mammuccini, sembrava inevitabile che la PAC portasse a un miglioramento della proposta della Commissione Europea, ma a sorpresa è accaduto il contrario: il Consiglio e il Parlamento Europeo “non hanno inserito gli obiettivi della “Farm to Fork” e hanno solo genericamente citato gli obiettivi dell’accordo sul clima di Parigi, ignorando il target di riduzione del 30% delle emissioni di gas serra dal settore agricolo”.
“La riforma votata dall’Europarlamento non solo ignora il Green Deal, ma annacqua pure il regolamento del 2018, riportando le lancette della PAC indietro di un decennio”, dice a La Via Libera Damiano Di Simine, coordinatore del comitato scientifico di Legambiente Lombardia e membro di Cambiamo agricoltura.
Sulla stessa lunghezza d’onda Greenpeace che sul suo sito ricorda che già “la precedente formulazione [della PAC] prevedeva una percentuale di sussidi (destinati a agricoltori e allevatori) dedicati a migliorare il clima e le prestazioni ambientali delle aziende agricole, con un meccanismo che aveva però bisogno di essere rafforzato per diventare realmente efficace. L’attuale testo ha invece annacquato questo strumento, non vincolando l’ammissibilità degli interventi finanziabili a reali benefici ambientali, introducendo addirittura criteri economici, per cui questi fondi dedicati a misure ambientali, potranno invece essere spesi anche per interventi che migliorano le prestazioni economiche di un’azienda”.
“Bisogna avere più coraggio”, afferma a DW Angelika Lischka, esperta di agricoltura della NABU, la più grande ONG tedesca a occuparsi di natura e biodiversità: “Almeno la metà dei pagamenti diretti dovrebbe essere vincolata a interventi agro-ecologici”.
“È essenziale che i piani strategici nazionali per la PAC soddisfino le ambizioni ambientali e sociali del Green Deal dell'UE. Ambizioni inferiori comprometterebbero ulteriormente il benessere dei nostri ecosistemi e della società e minaccerebbero l'esistenza di piccoli agricoltori agroecologici, qualcosa che non possiamo più permetterci”, ha dichiarato Marta Messa, direttrice di Slow Food Europa.
“La bozza di riforma della politica agraria comune va ritirata perché è l'unica cosa responsabile da fare arrivati a questo punto”, ha detto l’attivista svedese Greta Thunberg in una conferenza stampa a margine di un incontro con altri attivisti e il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans. Quello che sta accadendo con la PAC, ha proseguito Thunberg, “è simbolico dell'ipocrisia della politica, che vota per target lontani nel tempo ma quando si tratta di fare qualcosa nell'immediato non lo fa”.
E ora?
Al momento siamo molto lontani dallo scrivere la parola fine. Il 10 novembre sono iniziati i negoziati tra Parlamento Europeo, Consiglio Europeo e Commissione Europea che svolge il ruolo di facilitatrice.
Poiché la decisione finale spetta ai due co-legislatori, la Commissione può minacciare di ritirare la sua proposta iniziale nel tentativo di influenzare i negoziati. Ed è stata proprio questa l’ipotesi ventilata dal vicepresidente della Commissione UE Frans Timmermans in un'intervista alla TV olandese RTL Nieuws: nel caso in cui l’accordo finale non fosse in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo, Timmermans si è detto pronto a ritirare il testo della PAC.
Il 24 novembre Timmermans ha incontrato online alcuni giovani attivisti climatici, tra cui Greta Thunberg. “Siamo d'accordo sull'importanza cruciale di PAC insieme al Green Deal europeo. Nei negoziati, la Commissione lavorerà per una politica agricola in linea con le nostre strategie “Biodiversità” e “Dal produttore al consumatore” per contribuire a realizzare il nostro obiettivo di neutralità climatica”, ha twittato Timmermans
We agree on the crucial importance of the #CAP to the #EUGreenDeal. In the negotiations, the Commission will work for an agriculture policy in line with the our #Biodiversity and #FarmToFork strategies to help deliver our climate neutrality objective.
— Frans Timmermans (@TimmermansEU) November 25, 2020
Nel frattempo, il gruppo Fridays for Future ha scritto una lettera ai leader europei per rivedere la PAC, mentre alcuni europarlamentari dei Verdi hanno chiesto un chiarimento alla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, circa la possibilità di un ritiro dell’intera proposta.
In una lettera di risposta, visionata dal sito Euractiv, von der Leyen ha escluso questa ipotesi e, tramite un portavoce, ha poi spiegato che l'esecutivo dell'UE è determinato a rendere la PAC più ambiziosa in termini di obiettivi climatici ambientali e allineata agli obiettivi del Green Deal.
Nella sua risposta ai Verdi, von der Leyen ha manifestato la sua preoccupazione circa alcune posizioni di Consiglio Europeo e Parlamento UE che non sembrano andare incontro agli obiettivi del Green Deal.
Immagine in anteprima: foto di Zdravko Rajko via Pixabay