Link, fonti, dati per contrastare la disinformazione su migranti e ONG
15 min letturaNelle ultime settimane, la questione "migranti" è tornata in primo piano nell'agenda politica e nel dibattito pubblico, a causa della vicenda della nave Aquarius (con a bordo 629 persone) a cui il governo italiano non ha indicato un porto dove attraccare e alla fine, dopo l'intervento della Spagna, approdata nel porto di Valencia.
Per questo motivo, abbiamo pensato di scrivere una breve guida in cui vengono trattate le questioni emerse nel dibattito degli ultimi giorni, indicando anche le fonti dirette dove poter recuperare fatti e dati ufficiali e informarsi in maniera corretta.
Molto probabilmente non servirà a far cambiare idea a chi si è convinto che "c'è l'invasione", "li accogliamo tutti noi", "l'80% non ha diritto all'accoglienza", "le ONG sono chiaramente colluse con i trafficanti", però almeno non lasceremo incontrastata la propaganda e la mala informazione e potremmo anche in alcuni casi essere utili all'ecologia del dibattito (chiedendo sempre ai nostri interlocutori dati e fonti delle loro affermazioni) e a chi in buona fede cerca di informarsi in maniera corretta, al di là di pregiudizi e preconcetti.
Il numero degli sbarchi in Italia
Il ministero dell'Interno fornisce da tempo un aggiornamento quotidiano (elaborato dal Dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione) sugli sbarchi di migranti in Italia.
Scorrendo il sito del Ministero troviamo così il "Cruscotto statistico giornaliero" tramite il quale possiamo controllare l'andamento del fenomeno. In base all'ultimo aggiornamento di ieri vediamo che gli sbarchi in Italia "a decorrere dal 1 gennaio 2018 fino al 20 giugno comparati con i dati riferiti allo stesso periodo" del 2016 registrano un calo del 71,36% e rispetto al 2017 una diminuzione maggiore del 77,40%. Da qualche mese, inoltre, il ministero dell'Interno indica anche quante di queste persone che arrivano in Italia giungono dalla Libia. La diminuzione in questo caso, rispetto allo stesso periodo del 2016 è dell'79,96% e dell'83,54% per il 2017.
Nel cruscotto giornaliero possiamo trovare anche informazioni su quanti migranti sono sbarcati in totale Italia nel 2016, nel 2017 e nel 2018 (in base all'ultimo aggiornamento) e la comparazione mese per mese degli arrivi negli stessi anni.
Il documento mostra anche quali sono i porti maggiormente interessati dagli sbarchi (nelle prime tre posizioni ci sono Catania, Pozzallo, Augusta), le nazionalità dichiarate al momento dell'arrivo in Italia (al primo posto "Tunisia", poi "Eritrea" e "Sudan"), il numero dei minori stranieri non accompagnati sbarcati (circa 26mila nel 2016, quasi 18mila nel 2017 e intorno a 2mila all'11 giugno 2018).
Se invece vogliamo capire quante persone, che hanno seguito diverse rotte, sono arrivate in altri paesi interessati dal fenomeno dei flussi migratori e fare una comparazione con l'Italia, possiamo utilizzare i dati forniti dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM/OIM) – un'agenzia collegata alle Nazioni Unite – e basati su quelli delle autorità nazionali e dell'UNHCR (cioè l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati). Questi dati distinguono anche chi è arrivato via mare e chi via terra.
40,073 #migrants & #refugees arrived by sea to Europe in 2018.
857 dead/missing. Learn more ➡ https://t.co/NrTqBYkT2C pic.twitter.com/7vYqLF6qcK
— IOM - UN Migration (@UNmigration) 19 giugno 2018
All'indirizzo http://migration.iom.int/europe/ è possibile vedere ad esempio che in Spagna dal 1 gennaio 2018 allo scorso 10 giugno gli arrivi sono stati circa 12mila (9315 dal mare e 2477 via terra) e in Grecia quasi 18mila (11.763 via mare e 6.120 via terra). Numeri più o meno in linea con quelli dello stesso periodo in Italia, con poco più di 14mila arrivi (in questo caso però tutti via mare).
La differenza sostanziale tra Italia, Grecia e Spagna è però negli arrivi complessivi dei due anni passati e nel numero totale di persone giunte dal 2015 a oggi, come si può vedere nei due grafici sotto.
I numeri del sistema di accoglienza in Italia
In un approfondimento dello scorso ottobre, abbiamo spiegato come funziona il sistema di accoglienza in Italia: le leggi che lo regolano, tutte le fasi delle sue procedure, i costi e le diverse criticità come, ad esempio, il fatto che quasi la totalità dei richiedenti asilo risieda nei Centri di accoglienza straordinaria (i cosiddetti CAS) senza programmi di vera integrazione ma anche la mancanza di un controllo metodico, pubblico e imparziale che permetta di monitorarne la qualità e il verificarsi di “fenomeni speculativi legati alla lunga durata dell’accoglienza, con il conseguente rischio di generare interessi degli enti gestori”, scriveva la Commissione di inchiesta parlamentare sull’accoglienza nella sua relazione.
Per chi volesse approfondire tutte le questioni elencate, ecco il nostro articolo:
Migranti, accoglienza e integrazione: il sistema va cambiato
Ma quanti sono i richiedenti asilo all'interno del nostro sistema di accoglienza? Per trovare questo numero, in base all'ultimo aggiornamento disponibile, si può consultare il DEF (cioè il Documento di Economia e Finanza) approvato dal governo Gentiloni lo scorso 26 aprile. I numeri che ci interessano sono nella prima sezione chiamata "Programma di stabilità dell'Italia" (a pag. 55 e 56). Nel documento si legge che "nonostante il rallentamento dei flussi, le presenze nelle strutture hanno visto un andamento crescente, dalle 176 mila unità attestate a fine 2016 alle oltre 183 mila a fine 2017, con picchi fino a oltre 193 mila a settembre 2017". Secondo gli ultimi dati (aggiornati ad aprile 2018, fonte Ministero dell'Interno) attualmente nel sistema di accoglienza in totale ci sono circa 174mila migranti e richiedenti asilo.
Sempre nel DEF si trova (pag. 55) anche la spesa che lo Stato italiano affronta nella gestione dei flussi migratori, dal soccorso in mare all'accoglienza in tutte le sue fasi: nel 2017, "in base ai dati consuntivati (...) al netto dei contributi dell'UE (ndr 77 milioni di euro)", è stata pari a 4,3 miliardi di euro (cioè lo 0,25% del PIL). Il documento continua spiegando che in base a "una perdurante capacità nel frenare gli arrivi, la previsione di spesa da sostenere nel 2018 è compresa tra 4,6 (cioè lo 0,26% del PIL) e 5 miliardi (0,28% del PIL) che, anche al netto dei contributi dell’UE (80 milioni di euro), determina un incremento tra lo 0,02 e lo 0,04 per cento del PIL rispetto alla spesa" dello scorso anno.
Come spiega l'Ufficio Parlamentare di Bilancio in un documento del febbraio scorso, nel 2016 l'Italia ha chiesto e ottenuto dall'Unione europea una flessibilità nella spesa per la gestione dei flussi migratori (così come per altre voci, come quelle per il terremoto) dello 0,06% (pari a 1 miliardo di euro) e dello 0,16% (pari a 2,7 miliardi di euro) nel 2017. Questi soldi non vengono così nei vincoli di bilancio stabiliti dal cosiddetto "Fiscal Compact" (votato nel 2012) e questo significa che l’Italia può sforare rispetto al proprio bilancio solo ed esclusivamente per queste voci in cui è stata ottenuta flessibilità.
Le richieste di asilo in Italia
Per sapere quante richieste di asilo ci sono state negli anni in Italia e quali sono stati i loro esiti, bisogna andare sul sito del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione e cliccare nella sezione "Dati e Statistiche", alla voce "I numeri dell'asilo".
Per comprendere, però, come funziona la protezione in Italia dei richiedenti asilo, bisogna prima specificare che esistono tre tipologie: rifugiato, protezione sussidiaria e quella umanitaria. Quest'ultima è un riconoscimento esclusivo delle leggi italiane. Le domande sono valutate dalle Commissioni territoriali, raddoppiate negli anni da dieci a venti.
Rifugiato politico: “Cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese, oppure apolide che si trova fuori dal territorio nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno”.
Protezione sussidiaria: “Cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dal presente decreto (ndr rischio di condanna a morte, tortura e la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale) e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto Paese”.
Protezione umanitaria: “Nei casi in cui (ndr la Commissione) non accolga la domanda di protezione internazionale e ritenga che possano sussistere gravi motivi di carattere umanitario (ndr cioè che lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali), la Commissione territoriale trasmette gli atti al Questore per l'eventuale rilascio del permesso di soggiorno”.
Per questo motivo quando si parla delle richieste di asilo accettate in Italia e di quelle respinte è corretto citare le tre forme di protezione, perché sono quelle previste per legge. Nel 2017, così, le domande accettate sono state il 41% del totale di quelle esaminate (rifugiato l'8%, sussidiaria l'8%, umanitaria il 25% e l'1% irreperibili), mentre quelle respinte sono state il 58%.
Di seguito un grafico che riassume le percentuali degli esiti dal 2014 a oggi e smentisce che i migranti arrivati in Italia il 70%/l'80% siano alla fine irregolari .
Quando si parla del procedimento per le richieste di asilo, bisogna anche considerare il fatto che nel caso in cui la Commissione territoriale respinga una domanda di asilo, il richiedente può presentare ricorso alla giustizia ordinaria. Il ricorso sospende l’esecuzione del diniego e nel tempo dell’attesa della decisione del tribunale il richiedente asilo continua ad avere il diritto di rimanere in Italia, a parte casi eccezionali. In base ai dati forniti dal Presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo, Angelo Trovato, lo scorso marzo, i tribunali ordinari hanno accolto il ricorso del richiedente – che si è visto negare la richiesta di asilo – nel 54% dei casi. Fino ad aprile dello scorso anno il migrante poteva ricorrere in appello in caso in cui anche il tribunale di primo grado respingesse la richiesta. Con l’approvazione del decreto Minniti-Orlando questa possibilità è stata abolita (per chi volesse approfondire ulteriormente, Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera spiega cosa accade se un migrante a cui è stato respinto il ricorso dal tribunale, ricorre in Cassazione).
Se vogliamo capire quali sono state le decisioni degli altri Stati membri dell'Unione europea nelle richieste di asilo, dobbiamo controllare i dati forniti dal sito dell'Eurostat, cioè l'Ufficio Statistico dell'Unione Europea, nella sezione "Data", cliccando su "Statistics" e poi su "Asylum".
L'Ufficio Statistico dell'Ue spiega che nel 2017, 650mila richiedenti asilo hanno presentato domanda di protezione internazionale negli Stati membri dell'Unione Europea (che ha una popolazione di oltre 500 milioni di persone). Si tratta di poco più della metà del numero registrato nel 2016, quando le persone che presentarono domande superarono il milione e due. Una cifra, quella dello scorso anno, paragonabile al 2014, prima dei picchi del 2015 e dell'anno successivo.
Nel grafico sotto si può controllare la distribuzione delle decisioni di primo grado sulle domande di asilo nel 2017: "Quasi la metà (il 46%) delle decisioni di primo grado dell'UE-28 ha avuto esito positivo, tra la concessione dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria, o per un'autorizzazione a rimanere per motivi umanitari".
[caption id="attachment_41173" align="alignnone" width="792"] via Eurostat.[/caption]Le prime tre cittadinanze di persone ad aver presentato una domanda di richiesta di asilo negli Stati membri continuano a essere in ordine quelle siriane, irachene e afghane.
Almost one-third of the beneficiaries of protection status in the EU were Syrians in 2017 #Eurostat https://t.co/rv9AuJKF4c #asylum pic.twitter.com/8jfD99RvTZ
— EU_Eurostat (@EU_Eurostat) April 19, 2018
L'Eurostat ci mostra anche la classifica dei paesi che hanno avuto il maggiore numero di richieste di asilo in proporzione alla propria popolazione. Nel 2017 l'Italia ha avuto 126.550 richieste (l'anno prima erano state più di 121mila), cioè 2.089 ogni milione di abitanti. Specifica Il Post: nello stesso anno "l’Austria ha ricevuto 22.160 richieste di protezione internazionale, cioè 2.526 ogni milione di abitanti, la Svezia 22.190, 2.220 ogni milione di abitanti, e la Germania 198mila, cioè 2.402 ogni milione di tedeschi. Negli anni immediatamente precedenti, poi, la Germania aveva ricevuto più di 700.000 richieste di asilo".
Secondo poi l'ISMU – fondazione che tra le varie cose produce ricerche sui fenomeni migratori –, inoltre, in base all'elaborazione dei dati dell'UNHCR e del Ministero dell'Interno "tra gennaio e maggio 2018 le richieste di asilo hanno registrato una diminuzione del 52%: le domande presentate sono state 28mila, contro le quasi 60mila nello stesso periodo del 2017".
Ma alla fine quanti sono gli immigrati irregolari presenti in Italia?
Un numero ufficiale non esiste. Alcuni parlano di 600mila irregolari. Volendo considerare gli arrivi dei migranti dal 2014 a oggi si arriva a più di 600mila persone. Ma questo dato non può essere considerato per calcolare gli irregolari: dal totale degli arrivi in questi anni infatti bisogna togliere chi ha ottenuto il riconoscimento alla protezione; chi – almeno tra il 2014 e il 2015, quando i controlli ai confini tra gli Stati erano meno stringenti – una volta arrivato in Italia è riuscito a raggiungere altri paesi, in particolare quelli del Nord Europa; chi è stato ricollocato in altri Paesi membri (dal 2015, anno del piano di ricollocamento della Commissione europea per i richiedenti "in evidente bisogno di protezione internazionale", a oggi sono stati circa 13mila); chi è stato rimpatriato nei Paesi con cui l'Italia ha accordi, senza quest'ultimi infatti non si può rimandare una persona nel suo paese di origine (in base ai dati forniti dalla Polizia dello Stato nel 2017 sono stati circa 7mila).
Da tempo l'IMSU (Istituto per lo studio della multietnicità) fornisce stime sugli irregolari presenti in Italia. In base ai dati del suo "Rapporto sulle migrazioni", al 1° gennaio 2017 le persone che non sono in possesso di un valido titolo di soggiorno sarebbero 491mila stranieri "(contro i 435mila alla stessa data dell’anno precedente)". Dieci anni fa, nel 2008, Il Sole 24 Ore, "in base ai risultati del primo 'censimento' degli extracomunitari sans papier messo a punto sulla base delle 724mila domande di assunzione presentate per il decreto flussi 2007, aveva stimato in almeno 650mila gli “irregolari” che lavorano nelle città italiane, ma senza permesso di soggiorno".
In base a questa stima, cioè significa che l'incidenza degli irregolari rispetto agli stranieri residenti in Italia (che come certifica l'Istat sono poco più di 5milioni di persone, cioè l'8,5% della popolazione in Italia) sarebbe intorno all'8%, mentre rispetto all'intera popolazione italiana sarebbe dello 0,8%.
Le inchieste sulle ONG
Tra le accuse rivolte alle ONG c'è anche quella di collusione con le organizzazioni criminali di trafficanti di uomini che, tra le varie cose, organizzano i "viaggi" dei migranti dalle coste libiche. Come prova, alcuni riportano il servizio di Report andato in onda lo scorso 20 novembre in cui si evidenziavano possibili connessioni e legami tra le organizzazioni non governative e i trafficanti.
Ong, migranti, trafficanti, guardia costiera libica, missione interforze Sophia. Tutti insieme appassionatamente.
La sequenza filmata da @francescaronch al largo delle coste libiche in onda stasera a #Report (@RaiTre 21.10) https://t.co/HoLVBKA6ub pic.twitter.com/LpFFUSCWDN
— Report (@reportrai3) November 20, 2017
Sul reportage di Report avevamo pubblicato un approfondimento in cui mostravamo come il servizio andato in onda presentasse ipotesi, non prove, e come altri giornalisti (tra cui uno dell'agenzia Reuters presente lo stesso giorno sulla stessa imbarcazione della giornalista della trasmissione di Rai 3) avevano fornito una lettura differente, in base alla propria esperienza di cronisti durante le fasi di un salvataggio, dei gesti/segnali tra la navi delle ONG e quella dei trafficanti rispetto a quelle fornite dalla giornalista di Report.
Leggi anche >> Report e i servizi su migranti e ONG: un mare di critiche
Da circa un anno, comunque, le attività di alcune ONG sono finite sotto inchiesta da parte della magistratura. Anche su questa questione, a maggio 2017, abbiamo pubblicato un lungo approfondimento che analizza tutte le questioni emerse in base alle indagini.
Leggi anche >> ONG, migranti, trafficanti, inchieste. Tutto quello che c’è da sapere
A poco più di 12 mesi di distanza a che punto siamo?
Dallo scorso 2 agosto la nave "Iuventa" della ONG Jugend Rettet è sotto sequestro. La Procura di Trapani sta indagando alcuni membri dell'equipaggio per il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Durante la conferenza stampa, avvenuta dopo il sequestro della nave, il procuratore di Trapani, Ambrogio Cartosio, aveva detto: «Si è accertato che questa imbarcazione abbia effettuato interventi non per salvare dei soggetti in pericolo di vita, ma per trasbordare sull'imbarcazione delle persone scortate dai trafficanti libici». Il procuratore aveva detto di aver documentato (con foto e video) degli incontri in mare tra membri dell’equipaggio e scafisti, ma escludeva collegamenti (anche per scopi economici) tra l’ONG e trafficanti libici: «Un collegamento stabile tra la ONG e i trafficanti libici è pura fantascienza». Proprio per questo motivo, la Procura non sta indagando anche per il reato di associazione a delinquere. Per Cartosio infatti «le finalità dei trafficanti erano ben diverse rispetto a quelle dell’equipaggio Iuventa» che avrebbe commesso quanto imputato per «per motivi umanitari». L'avvocato della ONG ha presentato più ricorsi contro il sequestro della nave, ma la Cassazione, lo scorso 24 aprile, ha confermato il sequestro.
Nel marzo 2018 la Procura di Catania, guidata dal procuratore Carmelo Zuccaro, pone sotto sequestro la nave della ONG Proactiva Open Arms, ormeggiata al porto di Pozzallo, in provincia di Ragusa. I magistrati ipotizzano il reato di associazione a delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina: per i pm ci sarebbe una volontà da parte degli indagati di portare i migranti in Italia anche violando legge e accordi internazionali, non consegnandoli alle navi della Guardia Costiera libica, scriveva Agi.
Pochi giorni dopo il Gip di Catania, nel confermare il sequestro, fa cadere però l'accusa di associazione a delinquere, mentre resta in piedi quella di aver favorito l'immigrazione clandestina. Il Gip si era dichiarato non competente a livello territoriale per i reati contestati e aveva passato il fascicolo al Gip di Ragusa. Venendo meno l’accusa di associazione a delinquere, infatti, la competenza territoriale del tribunale di Catania – che ha una specifica autorità per i reati associativi – era decaduta, spiega Annalisa Camilli su Internazionale.
A metà aprile, poi, il Gip di Ragusa dispone il dissequestro della nave perché sostiene che l'ONG abbia agito in uno "stato di necessità", regolato dall’articolo 54 del codice penale che stabilisce l’impunità per chi ha commesso un reato “costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave”. Un mese dopo, il tribunale del Riesame di Ragusa conferma il dissequestro della nave, rigettando il ricorso della Procura contro la decisone del Gip.
I magistrati infine rinunciano a ricorrere in Cassazione contro questa decisione. La procura di Catania ha continuato comunque l'indagine sul soccorso nel marzo scorso di 218 migranti operato dalla Open Arms. Lo scorso 5 aprile gli indagati sono stati convocati dai magistrati catanesi, ma non si sono presentati perché, spiegavano i loro avvocati, l'invito a comparire era stato "recapitato nonostante il provvedimento del Gip di Catania che, ritenendo non seria l'imputazione associativa, ha ordinato la trasmissione degli atti alla Procura di Ragusa per competenza".
Lo scorso 20 giugno, dopo la richiesta della Procura di Palermo, sono state invece archiviate dal Gip le accuse contro le ONG Pro Activa Open Arms e Sea Watch. L'inchiesta aveva ad oggetto due diversi procedimenti penali: uno avviato a maggio del 2017 dopo lo sbarco, a Lampedusa, di 220 migranti salvati dalla ONG Golfo Azzurro; l'altro aperto dopo una segnalazione della Guardia di Finanza che ipotizzava delle "incongruenze" nel comportamento della Sea Watch in occasione del soccorso portato, ad aprile del 2017, a un'imbarcazione in avaria, scrive Sky Tg24. Alla luce delle indagini svolte però così come scrive la Procura nel chiedere l'archiviazione: "Non si ravvisano elementi concreti che portano a ritenere alcuna connessione tra i soggetti intervenuti nel corso delle operazioni di salvataggio a bordo delle navi delle Ong e i trafficanti operanti sul territorio libico". Bisogna specificare che questa inchiesta, in cui era coinvolta Open Arms, non c'entra nulla con quella della Procura di Catania.
Alcuni link utili
L'analisi dei flussi migratori è un tema molto complesso che tocca varie questioni. Per questo vi forniamo una serie di link che possono essere utili nelle discussioni social (e non solo).
Qui trovate uno studio dell'ISPI, cioè l'Istituto per gli studi di politica internazionale, che mostra, in base ai dati, che non esiste una correlazione tra le attività di soccorso in mare svolte dalle Ong e gli sbarchi sulle coste italiane.
Qui un articolo di fact-checking di Pagella Politica su Agi che, in base a un documento dell’European Migration Network (cioè una rete istituita dal Consiglio dell'Unione Europea per fornire informazioni attendibili in materia di immigrazione e asilo), fa un confronto tra i costi dell'Italia per il mantenimento dei richiedenti asilo rispetto ad altri Stati europei e mostra come non sia il paese che spenda di più.
Qui un approfondimento di Luca Misculin su Il Post in sui si analizza il tema dell'immigrazione e della criminalità: "Quasi nessuna delle ricerche a disposizione sostiene un legame diretto fra l’aumento dell’immigrazione sperimentato dall’Italia negli ultimi anni e i reati commessi nel nostro paese, e alcune lo smentiscono esplicitamente. I numeri delle denunce e delle presenze in carcere sembrano confermare la tesi dei politici di destra e le paure degli italiani, ma vanno spiegati e contestualizzati".
Qui un articolo di analisi di Leonardo Bianchi su Vice Italia del video diventato virale "La verità su Aquarius e Saviano" del videoblogger Luca Donadel e sul concetto di "re-informazione", cioè una lettura politicamente orientata della realtà, seppur occultata sotto il mantello della 'controinformazione'.
Qui un articolo di Davide Maria De Luca su Il Post che spiega come la teoria secondo cui il governo Renzi avrebbe accettato di accogliere tutti i migranti in cambio di maggiore flessibità in Ue non si basa in realtà su prove o fonti, ma solo su sospetti.
Qui un nostro debunking sulla bufala secondo cui tutti i migranti arrivati a Valencia sull'Aquarius e sulle due navi militari italiane sarebbero stati espulsi in pochi giorni perché riconosciuti non idonei a ricevere una forma di protezione.
Qui un articolo di Cristina da Rold su Info data de Il Sole 24 Ore che spiega e analizza i dati del controllo sanitario dei migranti arrivati in Italia, presenti nella Relazione sulle attività svolte dagli USMAF-SASN del Ministero della Salute nel 2017.
Foto in anteprima via fena.ba