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La risposta alla pandemia di oggi e a quelle future è la copertura sanitaria universale, essenziale per la sicurezza globale collettiva

13 Luglio 2020 9 min lettura

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La risposta alla pandemia di oggi e a quelle future è la copertura sanitaria universale, essenziale per la sicurezza globale collettiva

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«La più grande minaccia che affrontiamo ora non è il virus ma la mancanza di leadership e solidarietà a livello globale e nazionale. Non possiamo sconfiggere questa pandemia se il mondo è diviso. Il virus prospera nelle divisioni ma viene contrastato quando ci uniamo». Il 9 luglio, durante il briefing dei paesi membri sull'andamento della pandemia di COVID-19, il direttore dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha richiamato tutti i paesi del mondo alla solidarietà globale e a interpretare la lotta contro il nuovo coronavirus come uno sforzo comune e condiviso.

«Sappiamo che quando gli Stati adottano un approccio globale basato su misure fondamentali di sanità pubblica l'epidemia di COVID-19 può essere messa sotto controllo. Ma nella maggior parte del mondo, questo non sta accadendo, il virus non è sotto controllo. La situazione sta peggiorando. La pandemia sta ancora accelerando. Il numero totale di casi è raddoppiato nelle ultime sei settimane», ha detto Ghebreyesus. «Come mai è così difficile per gli umani unirsi per combattere un nemico comune che sta uccidendo le persone indiscriminatamente? Insieme è la soluzione, a meno che non vogliamo concedere un vantaggio al nemico, al virus che ha preso in ostaggio il mondo - e questo deve finire», ha aggiunto.

Le valutazioni del direttore generale dell'OMS sono arrivate al termine di una settimana tumultuosa, iniziata il 7 luglio con il preavviso formale di un anno da parte dell'amministrazione Trump della sua intenzione di ritirare gli Stati Uniti dall'Organizzazione, e che ha visto poi, nei giorni successivi, gli USA registrare per tre giorni di seguito il nuovo record giornaliero di casi confermati (59mila l'8 luglio, 63mila il 9 luglio, oltre 66mila il 10 luglio, secondo i rilevamenti della John Hopkins University che dall'inizio dell'epidemia monitora l'andamento della diffusione del contagio, dei decessi e delle guarigioni nel mondo), il Brasile superare la soglia dei 70mila morti, l'India diventare il terzo paese più colpito per numero di casi, mentre il direttore dei Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie, John Nkengasong, ha affermato che la pandemia sta raggiungendo la "massima velocità" nel continente. In alcuni paesi, come Australia (costretta a isolare più di 6 milioni di persone nello Stato di Victoria dopo una nuova ondata della malattia a Melbourne), Spagna e Israele, c'è stato un aumento del numero dei contagi dopo l'allentamento del lockdown. Le persone risultate positive al nuovo coronavirus in tutto il mondo sono ormai più di 12 milioni.

Anche se non hanno mai fatto esplicito riferimento alla decisione degli Stati Uniti di sfilarsi dall'OMS (di cui sono il principale donatore con un sostegno che varia tra i 350 e i 450 milioni di euro l'anno), sottolineando la necessità di maggiore capacità di leadership a livello mondiale e nazionale, di più sinergia tra i singoli paesi e di rivedere l'efficacia delle misure sin qui adottate, le parole di Tedros Adhanom Ghebreyesus possono essere interpretate come una critica all'approccio "America First" dell'amministrazione Trump.

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«La malattia non conosce confini. Non si preoccupa delle nostre differenti posizioni politiche e ignora le distinzioni che tracciamo tra salute ed economia. COVID-19 ha sfruttato le falle e le disuguaglianze presenti nei nostri sistemi sanitari e le divisioni nelle nostre società. Ha allargato le iniquità esistenti e approfondito le crepe tra di noi. Questa pandemia ci sta dando una lezione fondamentale: quando si tratta di salute, i nostri destini si intrecciano», ha detto il direttore generale dell'OMS.

Nonostante molti esperti in più occasioni avessero avvertito del rischio di una pandemia, il mondo non si è fatto trovare pronto, ha proseguito Ghebreyesus. «I nostri sistemi non erano pronti. Le nostre comunità non erano pronte. Le nostre catene di approvvigionamento (ndr, i dispositivi di protezione individuale, i ventilatori, il materiale medico-sanitario) sono crollate. Il virus ha rovesciato i sistemi sanitari di alcune delle nazioni più ricche del mondo, esponendo centinaia di milioni di bambini al rischio di perdere i vaccini di routine per la tubercolosi, la polmonite, il morbillo, la poliomielite, il colera, la diarrea e altri. Molti paesi stanno esaurendo i farmaci per l'HIV. I rifugiati – che già affrontano un accesso limitato all'acqua, all'alimentazione, ai servizi igienico-sanitari, a un riparo adeguato – sono tra i soggetti più vulnerabili alla pandemia. E in tutto il mondo, nei paesi ricchi e poveri, 270 milioni di persone in più rischiano di finire sotto la soglia di povertà, secondo le stime del Programma alimentare mondiale. Questi non sono numeri, sono persone».

Come comunità globale, «dobbiamo imparare sia dagli sforzi positivi dei singoli paesi – che si sono mossi in un delicato equilibrio tra la protezione della propria popolazione e il mantenimento di servizi sanitari essenziali, tra la riduzione al minimo dei danni sociali ed economici e il rispetto dei diritti umani – sia dalle sfide poste da questa emergenza globale». E tutta l'esperienza con COVID-19 sta chiarendo «in modo devastante che la migliore difesa contro le emergenze sanitarie è un forte sistema sanitario. Un sistema sanitario forte è un sistema sanitario resiliente. Per questo motivo i governi nazionali e locali devono investire nelle funzioni essenziali della salute pubblica. La copertura sanitaria universale è essenziale per la nostra sicurezza sanitaria globale collettiva. La salute per tutti, che è il messaggio che identifica l'OMS da oltre 70 anni, è la risposta alla pandemia attuale e a quelle future» perché «le minacce non si fermeranno mai, e con ogni probabilità peggioreranno», ha spiegato Ghebreyesus.

Il direttore generale dell'OMS ha annunciato l'istituzione di un panel indipendente che possa valutare quanto fatto sinora dall'OMS e dai singoli governi: se i diversi sistemi nazionali hanno adottato politiche idonee, se c'è stata condivisione di informazioni tra gli Stati membri e all'interno delle singole comunità, se i sistemi sanitari globali sono stati efficaci. «È giunta l'ora di una riflessione molto onesta. Tutti noi dobbiamo guardarci allo specchio: l'OMS, tutti gli Stati membri, tutti gli attori coinvolti nel contrasto alla pandemia».

Il panel indipendente sarà co-presieduto da Helen Clark, ex primo ministro della Nuova Zelanda, ed Ellen Johnson Sirleaf, premio Nobel per la pace ed ex presidente della Liberia, che selezioneranno a loro volta i membri che ne faranno parte da un lista di candidati suggeriti dagli Stati membri dell'OMS. Il panel terrà un briefing mensile per aggiornare sullo stato d'avanzamento dei lavori di valutazione e presenterà due rapporti, uno intermedio a novembre, in occasione dell'Assemblea mondiale della Sanità, e uno definitivo a maggio 2021.

Sirleaf ha dichiarato di non vedere l'ora di iniziare a lavorare per «un sistema sanitario migliore per tutte le nazioni del mondo», mentre Clark ha aggiunto di sentire la responsabilità di un «incarico estremamente impegnativo». Resta da capire quali saranno gli effetti da un punto di vista geopolitico dell'iniziativa annunciata da Ghebreyesus, soprattutto rispetto ai rapporti con gli Stati Uniti. È improbabile che il nuovo panel porti a un ripensamento da parte dell'amministrazione Trump, commenta Peter Beaumont sul Guardian, mentre ci si aspetta segnali positivi dall'Unione europea che già nell'Assemblea mondiale della salute di maggio aveva premuto per un'indagine indipendente sulla gestione dell'epidemia. Secondo fonti della comunità sanitaria internazionale sentite dal Guardian, l'OMS ha deciso di anticipare la valutazione di quanto fatto quando la pandemia è ancora in corso in parte perché si è sentita strattonata da più parti e colpita come un "sacco da boxe" riguardo ai suoi rapporti con la Cina e a sue eventuali esitazioni o presunti cambiamenti di indirizzo rispetto ad alcune misure suggerite. Come ha spiegato in un'intervista a Vox la professoressa Kelley Lee, docente di Governance della Salute Globale alla Simon Fraser University in British Columbia, in Canada, ora è solo la prova generale di cosa accadrà alla fine della pandemia: scegliere tra lo smantellare l'OMS come un vecchio computer o immaginare un nuovo dispositivo in cui ogni Stato cede parte della propria sovranità nazionale per costruire una nuova governance condivisa della salute mondiale.

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L'ultima questione è stata sollevata il 4 luglio da 239 ricercatori di 32 paesi diversi che hanno scritto una lettera aperta in cui affermano che ci sarebbero ormai evidenze scientifiche sufficienti a sostegno dell'ipotesi che il virus possa diffondersi nell’aria in spazi affollati e piccoli, come bar, ristoranti, uffici, supermercati. I ricercatori hanno chiesto pertanto all'OMS di rivedere le sue raccomandazioni sulle modalità di trasmissione del virus.

Attualmente, le principali precauzioni adottate (come il distanziamento fisico, lavare regolarmente le mani e l'uso della mascherina) rispondono all'ipotesi che l'infezione sia ampiamente diffusa da goccioline più grandi emesse dalla bocca e dal naso delle persone quando tossiscono, starnutiscono, gridano o cantano. Queste goccioline possono infettare direttamente le persone se toccano gli occhi, il naso o la bocca, e possono raggiungere una distanza massima di uno o due metri. Si ritiene, inoltre, che le goccioline siano infettive se vengono raccolte dalle maniglie delle porte e altre superfici.

Gli autori della lettera aperta sostengono che una serie di focolai, come quelli in alcuni impianti di macellazione della carne, suggeriscono che la trasmissione per via aerea possa essere una delle cause. «C'è la possibilità che ci sia una trasmissione aerea in spazi chiusi. Un impianto di aria condizionata fissato al muro, ad esempio, potrebbe essere in grado di raccogliere e diffondere goccioline del virus, se non filtrato, e farle circolare nella stanza», ha detto al Guardian il prof. David Heymann, epidemiologo e consulente dell'OMS. Heymann ha aggiunto che, prima di prendere in considerazione nuove raccomandazioni e pubblicare nuove linee guida, l'OMS deve aspettare e analizzare risultati molto robusti al riguardo. In alcuni paesi, come la Svizzera, dove le restrizioni al lockdown sono state allentate e le persone sono tornate nei ristoranti e nei bar, non vi è stato alcun aumento nella trasmissione: «Ci sono prove che dicono che SARS-CoV-2 non agisce come un virus disperso nell'aria», spiega ancora Heymann.

Tre giorni dopo, il 7 luglio, la dottoressa Benedetta Alleganzi, responsabile tecnico dell'OMS per la prevenzione e il controllo delle infezioni, ha dichiarato di «riconoscere che ci sono prove emergenti» sulla diffusione del virus per via aerea in luoghi chiusi, affollati e scarsamente ventilati e di «essere aperti a nuove prove riguardo alle modalità di trasmissione [ndr, del virus] e alle precauzioni che devono essere prese». Tuttavia, ha aggiunto Alleganzi, si tratta di ricerche in continua evoluzione e mai definitive per cui, per quanto non possa essere esclusa la possibilità di trasmissione per via area in condizioni molto specifiche, «devono essere ancora raccolte e interpretate tutte le prove».

Il 9 luglio è intervenuta anche la dottoressa Maria Van Kerkhove, capo del team tecnico anti COVID-19 dell'OMS, affermando che l'agenzia sta lavorando a un brief scientifico che riassume le attuali conoscenze sulla trasmissione del nuovo virus che sarà disponibile nelle prossime settimane.

Sempre il 9 luglio, l'OMS ha pubblicato un brief scientifico che fa il punto sulle evidenze attualmente a disposizione sulle modalità di trasmissione del virus e sulle precauzioni da prendere per cercare di evitare il contagio. Molte domande restano senza risposta – si legge nel documento – ma sono in corso diverse ricerche che cercano di colmare queste lacune. "Le prove attuali suggeriscono che SARS-CoV-2 viene principalmente trasmesso tra le persone attraverso le goccioline respiratorie e altre vie di contatto, sebbene la trasmissione per via aerea in contesti medici in cui vengono utilizzate procedure di generazione di aerosol costituisca un'altra possibile modalità di trasmissione. La trasmissione di COVID-19 avviene da persone che sono pre-sintomatiche o sintomatiche che si trovano a stretto contatto con altri (contatto fisico o faccia a faccia diretto entro un metro e per periodi di tempo prolungati), quando non indossano dispositivi di protezione individuale. La trasmissione da persone infette e che restano asintomatiche non è ancora compresa appieno e richiede ulteriori ricerche, così come richiedono ulteriori studi la trasmissione aerea al di fuori delle strutture sanitarie, e in particolare in ambienti chiusi con scarsa ventilazione". Si tratta di studi che devono avere priorità urgente, conclude il documento.

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Alcuni media hanno rilanciato l'intera vicenda dicendo erroneamente che l'OMS aveva cambiato idea e aveva detto che il virus si trasmette nell'aria, contribuendo a generare ulteriore confusione sull'argomento specifico e su come funziona e prende decisioni l'agenzia delle Nazioni Unite, in generale.

Il panel indipendente potrà probabilmente fare chiarezza una volta per tutte su questioni del genere, distinguendo le responsabilità di ciascuno e individuando le criticità esistenti su tutti i livelli. Il direttore generale Ghebreyesus ha detto che l'Organizzazione Mondiale della Sanità sarà come un libro aperto per il gruppo investigativo e ha invitato gli altri Stati membri a fare altrettanto.

Immagine in anteprima: Creative Commons/ITU Pictures – via world.wng.org

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