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Uniti nell’amore e non divisi dall’odio. La lezione politica e umana della Nuova Zelanda dopo la strage di Christchurch

25 Marzo 2019 5 min lettura

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Uniti nell’amore e non divisi dall’odio. La lezione politica e umana della Nuova Zelanda dopo la strage di Christchurch

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Quello che è successo a Christchurch è un atto di violenza senza precedenti, che non ha posto in Nuova Zelanda. Molte delle persone colpite sono membri delle nostre comunità di migranti. La Nuova Zelanda è la loro casa. Loro siamo noi.

Le prime parole di Jacinda Arden, la premier della Nuova Zelanda, hanno segnato in modo profondo la risposta al massacro di Christchurch, dove il 15 marzo scorso 50 persone, tra cui un bimbo di tre anni, sono state uccise in due moschee da un terrorista suprematista bianco australiano e da suoi complici.

Il martedì successivo al massacro, nel suo discorso in Parlamento, rivolgendosi ai familiari delle vittime ha esordito così: "Al salam Alaikum... La pace sia con voi". E ha proseguito: "... Non possiamo realmente conoscere il vostro dolore, ma saremo al vostro fianco, cammineremo con voi passo dopo passo". Usando parole mahori ha assicurato: "Vi circonderemo con il nostro aroha (amore) e il nostro manaakitanga (una parola maori che indica l'ospitalità neozelandese basata sull'accoglienza dell'altro, sulla reciproca gentilezza, umanità e rispetto).

In quella occasione ha ribadito che non pronuncerà mai il nome del terrorista, negandogli la notorietà che cercava. E ha implorato di fare altrettanto: "Pronunciamo i nomi di chi abbiamo perso, e non il nome di chi li ha portati via da noi".

In visita a una scuola, che ha perso due studenti nel massacro, un ragazzo le ha stretto la mano e le ha fatto una domanda che ancora nessuno le aveva fatto pubblicamente: "Come sta?". "Come sto io? - ha risposto Arden - "Grazie per avermelo chiesto. Sono molto triste".

Incontrando i familiari delle vittime, ha coperto il suo capo con un velo in segno di rispetto. Gesti di empatia, compassione, amore che hanno ispirato i cittadini.

In tutto il paese diversi gruppi di cittadini hanno eseguito l'haka, la tradizionale danza Maori resa famosa dalla squadra nazionale di rugby. Bande rivali di motociclisti sono andati insieme mercoledì davanti alla Moschea Al Noor Mosque, dove sono state uccise la maggior parte delle persone. Hanno onorato le vittime eseguendo insieme l'haka.

Ad eseguire l'haka anche gli studenti della più grande scuola musulmana della Nuova Zelanda di Auckland.

Dopo aver invitato a una lotta a livello globale contro il razzismo, giovedì, a meno di una settimana dalla strage, la premier ha annunciato il divieto di armi semiautomatiche e fucili d'assalto, il tipo di armi usate nelle due moschee. È prevista un'amnistia che permetterà a chi è in possesso di queste armi di restituirle, seguirà un piano di riacquisto da parte dello Stato, che potrebbe costare anche fino a 200 milioni di dollari. "È il prezzo che dobbiamo pagare per garantire la sicurezza alle nostre comunità", ha detto Arden.
Il leader dell'opposizione, Simon Bridges, ha appoggiato questa decisione che sarà operativa entro le prime settimane di aprile: "È doveroso nel nome dell'interesse nazionale tenere i neozelandesi al sicuro".
Già oltre mille cittadini hanno già spontaneamente restituito le loro armi dopo l'appello del governo.

Venerdì 22 marzo, migliaia di persone si sono radunate ad Hagley Park vicino alla moschea Al Noor Mosque per celebrare la giornata nazionale di riflessione per le vittime.
La chiamata musulmana alla preghiera, adhan,  a cui sono seguiti due minuti di silenzio, è stata trasmessa dai canali tv e radio nazionali.

Arden, che ha ancora una volta coperto il suo capo col hijab, nel suo discorso introduttivo ha pronunciato queste parole: "La Nuova Zelanda piange con voi. Noi siamo una cosa sola. Secondo il profeta Maometto, i credenti nella loro reciproca gentilezza, compassione ed empatia sono come un unico corpo: quando una parte del corpo soffre, tutto il corpo sente dolore".
Molte moschee in tutto il paese hanno aperto le loro porte ai visitatori, e catene umane si sono formate per circondare gli edifici e i musulmani in preghiera in segno di protezione e supporto.

La scelta della premier di coprire il capo con l'hijab ha ispirato migliaia di altre donne non musulmane, poliziotte, giornaliste, infermiere, che hanno deciso, anche attraverso una campagna sui social media #HeadScarfforHarmony, di indossare il velo quel venerdì per rispetto e solidarietà con la comunità musulmana.

I giornali, in occasione della giornata dedicata alle vittime, si sono presentati ai loro lettori così, con la scritta in arabo: salam, pace.

Personale governativo ha lavorato tutta la notte per preparare la moschea e i corpi della vittime, per la sepoltura di massa prevista per venerdì.
"Tutti i corpi sono stati lavati" - ha detto una delle persone che vi ha preso parte alla BBC - "Era nostro dovere farlo. Quando abbiamo finito intorno all'1 e 30, abbiamo pianto abbracciati".

Tutti questi gesti di solidarietà - scrive Vox - sono balsamo per i cuori della piccola comunità musulmana, che costituisce appena l'1% della popolazione neozelandese. Le vittime del massacro di venerdì arrivavano da diversi paesi, Pakistan, India, Bangladesh, Egitto, Afghanistan, Malesia e Indonesia. Alcuni erano rifugiati scappati dalla Siria, dalla Somalia e dai territori palestinesi.

"Abbiamo il cuore spezzato, ma non siamo spezzati. Siamo vivi, siamo uniti, siamo determinati a non permettere a nessuno di dividerci". Così l'imam Gamal Fouda, che ha tenuto un discorso di 20 minuti durante la cerimonia di venerdì e che poi ha elogiato Arden per la sua leadership e per la sua compassione all'indomani degli attacchi: “Una lezione per i leader mondali”.

L'imam ha ringraziato "i vicini che hanno aperto le loro porte per salvarci e chi si è fermato con la macchina per aiutarci". "Grazie per le vostre lacrime, le vostre haka, il vostro amore e la vostra compassione".

"Venerdì scorso ero in questa moschea e ho visto odio e rabbia negli occhi del terrorista. Oggi, nello stesso posto, guardo fuori e vedo l'amore e la compassione negli occhi di migliaia di neozelandesi e di esseri umani da tutto il mondo ". L'Imam ha poi concluso il suo intervento in lingua maori: "Aroha, Aroha, Aroha". Amore, amore, amore.

La risposta dei neozelandesi è un messaggio chiaro, forte, inequivocabile e ha inferto un duro colpo all'ideologia che ucciso 50 persone e ferite 42 nelle moschee di Christchurch: non ci dividerete, i musulmani che vivono nel nostro paese fanno parte integrante della nostra comunità, non sono "invasori". Chi pensava di dividerli nell'odio, li ha uniti ancora di più nell'amore, nella compassione, nella solidarietà. Una lezione per tutto il mondo di grande politica decisa, ferma, incisiva e di profonda, intensa, totale umanità.

Foto via The Straits Times

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