La Nuova Zelanda dichiara lo stato di emergenza climatica e si impegna a essere il primo governo a emissioni zero entro il 2025
3 min letturaIl governo della Nuova Zelanda ha dichiarato lo stato di emergenza climatica e si è impegnato a essere il primo esecutivo a zero emissioni nette entro il 2025. Il contrasto del cambiamento climatico è “una delle più grandi sfide del nostro tempo”, ha dichiarato la premier Jacinda Ardern.
La Nuova Zelanda è la trentatreesima nazione a riconoscere formalmente lo stato di emergenza climatica e già lo scorso anno il Parlamento aveva approvato la Zero Carbon Act, una legge che impegna il paese ad azzerare le emissioni di anidride carbonica a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Per raggiungere le zero emissioni nette è necessario bilanciare le emissioni di carbonio, assorbendo una quantità equivalente dall'atmosfera, ad esempio piantando alberi.
«È innegabile, i nostri livelli del mare stanno aumentando, stiamo vivendo eventi meteorologici estremi, e la scienza ci avverte dell'impatto che ci sarà sulla flora e sulla fauna e anche della diffusione di malattie in aree in cui non ne avevamo mai viste in precedenza. Spero che le nuove generazioni possano vedere in futuro che noi, in Nuova Zelanda, eravamo dalla parte giusta della Storia», aveva dichiarato Ardern presentando la legge.
Ora la nuova mozione che punta a far diventare quello della Nuova Zelanda il primo governo al mondo a emissioni zero nette entro il 2025.
La mozione presentata in Parlamento ha riconosciuto “una tendenza allarmante che vede il declino della biodiversità globale e autoctona” e ha evidenziato i potenziali impatti devastanti che il cambiamento climatico potrebbe avere “sulla Nuova Zelanda e sulla qualità della vita dei neozelandesi, sulle industrie primarie, sulla disponibilità di acqua e sulla salute pubblica”, se non si interverrà prima. La mozione chiede anche il riconoscimento degli impegni previsti dalla sottoscrizione dell’Accordo di Parigi del 2015 sul clima – che punta a contenere l’aumento delle temperature globali entro 1,5 gradi, rispetto all’epoca preindustriale – e l’attuazione dello Zero Carbon Act del 2019.
La mozione ha avuto il sostegno dei Verdi e del Partito Maori, ma è stata osteggiata dalle opposizioni che hanno definito la dichiarazione dello stato di emergenza niente più che uno slogan. “Va benissimo dichiarare un’emergenza, ma non esiste un piano adeguato su come affrontarla”, ha dichiarato la leader del National Party, Judith Collins. Già solo la flotta governativa ha oltre 15mila veicoli, di cui solo il 10% circa è elettrico, ha aggiunto Collins.
Per quanto la Nuova Zelanda contribuisca solo allo 0,17% delle emissioni globali, rapportata alle dimensioni dell’isola la quantità di CO2 emessa è molto alta, collocando il paese al diciassettesimo posto su 32 Stati OCSE. Dei 43 paesi industrializzati, scrive Robert McLachlan, professore di matematica applicata alla Massey University su The Conversation, la Nuova Zelanda è tra i dodici Stati che hanno visto aumentare le emissioni nette tra il 1990 e il 2018.
Le sue emissioni nette sono aumentate del 60% negli ultimi venti anni: la principale fonte di anidride carbonica è il trasporto su strada anche se la maggior parte dei gas serra deriva dall’agricoltura. La legge approvata lo scorso anno è un buon punto di partenza ma non si è ancora tradotta in azioni politiche che consentano di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050, spiega McLachlan.
Anzi, secondo le stime di Climate Action Tracker – un’analisi scientifica indipendente a cura del Climate Analytics e del New Climate Institute, che monitora le azioni dei governi e valuta quanto sono in linea rispetto agli obiettivi dell'Accordo di Parigi – il piano dei contributi nazionali per la riduzione delle emissioni (nationally determined contributions, o NDC) presentato nel 2015 dalla Nuova Zelanda è insufficiente perché, se mantenuto, porterebbe a un aumento delle temperature di 3 gradi, molto al di sopra del limite di 1,5 gradi cui ambiscono le nazioni che hanno sottoscritto l’accordo sul clima ormai 5 anni fa.
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In attesa della revisione ufficiale dei piani climatici delle Nazioni Unite (ONU), prevista nel 2023, la Nuova Zelanda potrebbe seguire l’esempio dell’Unione Europea e cercare di ridurre le emissioni di un ulteriore 42-48% entro il 2030, prosegue McLachlan.
Il ministro dei Cambiamenti Climatici, James Shaw, ha riconosciuto che il piano attuale è molto meno ambizioso di quelli presi in considerazione da Cina, UE e dal presidente eletto degli Stati Uniti, Joe Biden, e ha aggiunto che si aspetta che la Commissione sui cambiamenti climatici, istituita nell’ambito dello Zero Carbon Act, traduca in politiche quanto richiesto dalla legge approvata lo scorso anno.
A febbraio 2021 la commissione dovrebbe pubblicare un documento che riesamini i contributi nazionali (NDC) e faccia un piano delle emissioni fino al 2035, indicando anche le azioni concrete da attuare.
Jacinda Ardern ha già annunciato che l’intero settore governativo acquisterà solo veicoli elettrici o ibridi, che la flotta sarà ridotta nel tempo del 20% e tutte le 200 caldaie a carbone utilizzate negli edifici del servizio pubblico saranno gradualmente eliminate.
Immagine anteprima: "More New Zealand" di VernsPics – licenza: CC BY-NC-ND 2.0