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Nuova Zelanda, il cambiamento climatico sarà insegnato nelle scuole

17 Gennaio 2020 9 min lettura

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Nuova Zelanda, il cambiamento climatico sarà insegnato nelle scuole

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Dal prossimo anno scolastico in Nuova Zelanda tutti gli studenti dagli 11 ai 15 anni potranno seguire lezioni sul cambiamento climatico e il riscaldamento globale. 

Ogni scuola del paese avrà accesso a studi, ricerche e rapporti sul cambiamento climatico delle principali istituzioni scientifiche nazionali e internazionali, e a strumenti specifici pensati per gli studenti per pianificare il proprio attivismo e gestire i momenti di “ansia ecologica” rispetto al riscaldamento globale. I nuovi insegnamenti saranno facoltativi, ha comunicato il governo. 

Recentemente, il Parlamento ha approvato una legge che impegna il paese ad azzerare entro il 2050 le emissioni di anidride carbonica. Il disegno di legge, presentato dal ministro per i Cambiamenti Climatici, James Shaw, è parte di un pacchetto di norme ambientali a cui il governo guidato da Jacinda Ardern sta lavorando, come ad esempio l'annuncio di nuove sanzioni finanziarie nei confronti degli agricoltori che entro 5 anni non ridurranno le loro emissioni di carbonio.

«È innegabile, i nostri livelli del mare stanno aumentando, stiamo vivendo eventi meteorologici estremi, e la scienza ci avverte dell'impatto che ci sarà sulla flora e sulla fauna e anche della diffusione di malattie in aree in cui non ne avevamo mai viste in precedenza. Spero che le nuove generazioni possano vedere in futuro che noi, in Nuova Zelanda, eravamo dalla parte giusta della storia», aveva dichiarato Ardern presentando la legge.

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Il progetto nelle scuole vuole intervenire sulla prevenzione e sull'adattamento in modo tale che le future generazioni siano in grado di fronteggiare le sfide poste dal cambiamento climatico. Questa iniziativa, ha spiegato il ministro per i Cambiamenti Climatici, James Shaw, segue le indicazioni «che abbiamo ricevuto dagli insegnanti di tutto il paese. I ragazzi discutono dei cambiamenti climatici già in classe, ogni giorno guardano video e leggono notizie sui social media e spesso provano un senso di impotenza e angoscia di fronte alle informazioni che ricevono».

Secondo uno studio pubblicato lo scorso settembre da Climate Psychology Alliance, un gruppo di psicologi britannici, la preoccupazione per gli effetti del cambiamento climatico ha suscitato sempre più stati d’ansia e depressione nei giovani che si sentono traditi e abbandonati dalle generazioni più adulte. Anche l'American Psychological Association ha parlato di una crescente "ansia ecologica" nei bambini e negli studenti, sostenendo, però, che sono necessarie ricerche al riguardo per poterne stabilire diffusione e frequenza.

Questi stati d’ansia e di angoscia possono inibire la curiosità e il desiderio di saperne di più e di agire, commenta Sophia Shaw sul Guardian. Per questo motivo le ricerche accademiche e l’insegnamento a scuola sono utili per contestualizzare i cambiamenti climatici e trovare le chiavi giuste per alleviare i timori degli studenti. E l’iniziativa lanciata dal governo neozelandese va proprio in questa direzione.

Un progetto pilota è stato già sperimentato nel 2018 a Christchurch, la città dove lo scorso marzo 51 persone furono uccise in due moschee, mentre pregavano, da un terrorista suprematista australiano. La sperimentazione ha avuto successo, ha aiutato gli studenti a elaborare le proprie emozioni sull’emergenza climatica e ha convinto il governo a lanciare il kit didattico a livello nazionale, ha spiegato il ministro Shaw al Guardian.

Oltre a informare sugli effetti del cambiamento climatico tramite la letteratura scientifica sull’argomento, il kit didattico vuole accompagnare gli studenti in modo tale che siano in grado di gestire le informazioni che via via acquisiranno e individuare soluzioni alle questioni che l’emergenza climatica e il riscaldamento globale pongono. 

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Gli studenti – riporta il Guardian che ha potuto visionare il kit didattico – dovranno tenere un “termometro delle sensazioni” per tracciare le proprie emozioni e capire come influenzano la propria percezione della questione e dovranno creare e realizzare un piano d’azione su un particolare problema ambientale come, ad esempio, la realizzazione di un orto. Tutto questo, «aiuta i ragazzi a capire che il cambiamento climatico è una questione risolvibile, ci sono persone che ci stanno lavorando, e che c'è qualcosa che possono fare da soli in prima persona riguardo al proprio futuro personale», ha aggiunto il ministro per il cambiamento climatico.

Nel kit didattico sono previsti anche contributi (articoli, video e consigli) per gli insegnanti.

Non solo Nuova Zelanda: altri progetti pilota nel mondo

Quella neozelandese non è l’unica sperimentazione di insegnamento sul cambiamento climatico. Nel Northumberland, nel nord-est della Gran Bretagna, sono stati avviati corsi di alfabetizzazione climatica nelle scuole primarie e secondarie. Ogni scuola della zona potrà formare un insegnante per tenere lezioni sul riscaldamento globale e sugli impatti del cambiamento climatico. 

I docenti dovranno seguire un corso di 15-20 ore elaborato da EduCCate Global, un programma di formazione delle Nazioni Unite per gli insegnanti, sulla letteratura scientifica sul clima, sulle politiche di adattamento e mitigazione, sui negoziati internazionali e i fondi stanziati dalle diverse istituzioni per i cambiamenti climatici, sugli impatti sull’ambiente.

«Avere un insegnante accreditato dalle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici in ogni scuola statale significa che a tutti gli studenti verranno fornite informazioni accurate e pertinenti sulle cause e sugli effetti del riscaldamento globale», ha dichiarato Meryl Batchelder, insegnante della scuola media di Corbridge nel Northumberland, a capo del progetto.

Un altro Stato che sta aprendo la strada all'educazione ai cambiamenti climatici è la Cambogia, in Asia. “Gli studenti in Cambogia sperimentano in prima persona gli effetti cambiamenti climatici. Per la seconda volta in 4 anni, le ore di scuola hanno dovuto essere ridotte in tutto il paese a causa delle ondate record di calore nella stagione secca. Ora quegli studenti sono coinvolti attivamente negli sforzi per trovare soluzioni alla minaccia esistenziale del nostro tempo”, si legge sul sito del World Economic Forum.

Sostenuto dall'Unione europea, dalla Svezia e dal Programma di sviluppo delle Nazioni Unite, a partire dal 2020 la Cambogia ha inserito i cambiamenti climatici nel programma di Scienze della Terra nelle scuole secondarie superiori e si rivolgerà a una platea di oltre mezzo milione di studenti. Gli alunni in classe apprenderanno quali sono le cause del cambiamento climatico e le vulnerabilità del proprio paese, e studieranno gli approcci e le tecnologie per adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici e ridurre le emissioni di gas a effetto serra.

Mappa della vulnerabilità climatica in Asia – via WeForum

L’obiettivo è ambizioso e, probabilmente, imprescindibile per paesi, come la Cambogia, il cui futuro è strettamente legato alle politiche di adattamento e mitigazione degli effetti del cambiamento climatico.

Questi paesi, prosegue l’articolo del World Economic Forum, potranno sfruttare i finanziamenti che ricevono per contrastare il riscaldamento globale e l’emergenza climatica soltanto se riusciranno a sviluppare le conoscenze e le competenze necessarie per valutare le minacce climatiche e individuare e realizzare soluzioni innovative: “Dagli ingegneri agli operatori sanitari, dagli urbanisti agli architetti e agli agronomi, una nuova generazione di professionisti costituirà il nucleo centrale della lotta ai cambiamenti climatici”.

Contemporaneamente, i ministeri dell’Ambiente e dell’Educazione hanno introdotto il concetto di eco-scuola. In 15 scuole pilota, sostenute dalla Cambodia Climate Change Alliance (CCCA), gli studenti hanno seguito altre lezioni sui cambiamenti climatici e hanno collaborato con i loro docenti a progetti di piantumazione di alberi e di “agricoltura resiliente”, unendo l’insegnamento frontale all’impegno pratico.

Anche l’Italia sta cercando di seguire questa strada e potrebbe diventare il primo paese al mondo a rendere obbligatori i temi dello sviluppo sostenibile e del cambiamento climatico all’interno dei programmi di insegnamento a scuola. 

Lo scorso novembre, in un’intervista a Reuters, l’ex ministro all’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, recentemente dimessosi per i fondi inadeguati per scuola, università e ricerca previsti nella legge di Bilancio, aveva annunciato che da settembre 2020 l’ora di educazione civica sarebbe stata «attualizzata e centrata sui temi dello sviluppo sostenibile e della cittadinanza responsabile in un pianeta che soffre», recependo l’agenda 2030 delle Nazioni Unite e traducendone «gli obiettivi in un sistema coerente di insegnamenti che metta al centro i nostri diritti e doveri verso l’ambiente».

Nel caso in cui divenisse effettivo, la nuova ora di educazione civica sarebbe il primo passo di un percorso più ambizioso che, nelle intenzioni dell’ex ministro, dovrebbe portare a «declinare tutte le materie in ottica di sostenibilità: dalla geografia, alle scienze, alla fisica» e «accompagnare i giovani a essere autori di quel cambiamento della società che loro stessi chiedono». «Il mio scopo – aveva aggiunto Fioramonti – è rendere il sistema educativo italiano il primo che mette l'ambiente e la società al centro di tutto ciò che impariamo a scuola». 

In un’altra intervista, l’ex ministro aveva affermato che si sarebbe avvalso di un gruppo di esperti, tra cui Jeffrey D. Sachs, direttore dell'Harvard Institute for International Development, e Kate Raworth, dell'Oxford University’s Environmental Change Institute, per la preparazione del personale del Ministero che avrebbe poi elaborato entro fine gennaio 2020 il nuovo programma ministeriale.

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Il percorso suggerito da Fioramonti segue le indicazioni provenienti dal dibattito tra gli educatori su come insegnare il cambiamento climatico. In molti spingono affinché la questione sia affrontata in modo trasversale in diverse materie e non studiata come una disciplina a sé stante.

«Per troppo tempo il cambiamento climatico è stato visto come un problema che rientra esclusivamente nell'ambito della scienza. È necessario un maggiore impegno in tutte le discipline, in particolare rispetto alle dimensioni sociali, come le migrazioni delle popolazioni provocate da catastrofi naturali», spiega a NPR, Joseph Henderson, docente al Dipartimento di Studi Ambientali al Paul Smith's College nello Stato di New York.

Ad esempio, Rebecca Meyer, docente di Arte alla Bronx Park Middle School di New York City, ha fatto avvicinare i suoi studenti al cambiamento climatico attraverso la lettura di un romanzo del 2013 di Mindy McGinnis intitolato “Not a Drop to Drink” (ndr, “Non una goccia da bere”). Prima gli alunni hanno fatto dei collegamenti tra ciò che c’era scritto nel romanzo e quanto sta accadendo in questi anni. Poi, divisi in gruppi, gli studenti hanno cercato di trovare una soluzione alla scarsità d’acqua da un punto di vista scientifico ed economico, e alla fine hanno realizzato un video tutorial mostrando come si potrebbe affrontare la questione.

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Altre scuole stanno portando avanti progetti di educazione ambientale. Ad esempio, la scuola elementare di St. Martin, nel Devon, ha avviato un programma di riciclo che impegna studenti e personale a ridurre la quantità di materiali utilizzati. «Riutilizziamo materiali ogni volta che possiamo, riaggiustiamo ciò che si ritiene sia stato distrutto e rispetti i nostri vicini e il nostro ambiente», ha spiegato sul sito SchoolsWeek Fiona Carnie, direttrice di “Alternatives in Education”.

Come nelle sperimentazioni in Cambogia, la St. Gregory the Great Catholic School di San Diego ha avviato la realizzazione di orti didattici. «I ragazzini della prima media curano il giardino della scuola e il nostro cestino per il compostaggio, ribattezzato “Worm Hotel”, la casa dei vermi. Il giardino è il loro laboratorio e gli studenti "vivono e imparano" il sequestro del carbonio nel suolo e l'agricoltura rigenerativa», spiega sempre a NPR l’insegnante di scienze Mairs Ryan. «Il bidone del compost della nostra scuola è la prova che esistono alternative alle discariche che producono metano. Nel cercare altre soluzioni per ridurre il metano, gli studenti discutono le pratiche di riutilizzo del cibo in tutto il mondo» e la scuola si mostra il luogo dove si può fare effettivamente la differenza rispetto all'ambiente. 

Immagine in anteprima via Kids Against Climate Change

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