Corsa agli armamenti e conflitti globali: la nuova dottrina nucleare di Putin
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Con un tempismo da film d’azione, alla prima notizia – non confermata dalle autorità ucraine, riportata dal Ministero della Difesa russo – di un attacco con i missili ATACMS, di produzione americana, nella regione di Bryansk, Vladimir Putin ratifica la nuova versione della dottrina nucleare russa, aggiornandola dopo quattro anni dall’ultima redazione e a mille giorni dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina.
Storia della dottrina nucleare russa, dalla pace all’allerta preventiva
Il documento non è un prontuario o un libretto per le istruzioni per cominciare una guerra nucleare volta alla mutua distruzione, come spesso sbrigativamente viene presentato, ma enuncia i principi su cui si basa l’eventuale ricorso all’arma atomica da parte di Mosca, e ha visto la sua prima versione pubblica il 21 aprile 2000, all’interno della dottrina militare: soltanto nel 2020, con il decreto n. 355 del 2 giugno, intitolato “Sui principi della politica statale della Federazione Russa nel campo della deterrenza nucleare”, si ha un’elaborazione delle posizioni del governo russo in un testo a parte, a cui segue l’attuale aggiornamento.
La dottrina militare d’inizio secolo andava a sostituire il decreto di Boris Eltsin del 2 novembre 1993, secretato, e in essa si affermava che la Russia si riservava il diritto di effettuare un attacco nucleare in risposta all'uso contro di essa e/o i suoi alleati di armi di distruzione di massa, così come «in risposta a un'aggressione su larga scala con l'impiego di armi convenzionali in situazioni critiche per la sicurezza nazionale». Nello stesso anno venne adottato un altro documento, secretato, intitolato “Fondamenti della politica statale nel campo della deterrenza nucleare”, restato in vigore fino al 2010.
Nella nuova redazione di quell’anno, firmata dall’allora presidente Dmitry Medvedev, si ribadivano una serie di concetti frutto della stagione di “reset” tra Mosca e Washington, e si affermava che la politica militare della Federazione Russa fosse volta «a prevenire una corsa agli armamenti, a dissuadere e prevenire conflitti militari, a migliorare l’organizzazione militare, le forme e i metodi di impiego delle forze armate, nonché dei mezzi di distruzione, al fine di difendere e garantire la sicurezza della Federazione Russa e degli interessi dei suoi alleati». Inoltre si evidenziava come «la prevenzione di un conflitto militare nucleare, così come di qualsiasi altro conflitto militare» rappresentasse «un compito fondamentale per la Federazione Russa», per poi aggiungere a proposito dell’arsenale atomico «le armi nucleari continueranno a rappresentare un importante fattore per prevenire l’insorgere di conflitti militari nucleari e di conflitti militari con l’uso di armi convenzionali (guerre su larga scala, guerre regionali)».
Allo stesso tempo si ribadiva la possibilità per la Russia di «utilizzare armi nucleari in risposta all’uso contro di essa e/o contro i suoi alleati di armi nucleari o di altri tipi di armi di distruzione di massa, così come in caso di aggressione contro la Federazione Russa con l’uso di armi convenzionali» qualora venisse minacciata l’esistenza stessa dello Stato. Una trattazione esaustiva delle ragioni dell’esistenza di un poderoso armamentario atomico con la precisazione dei casi in cui il ricorso ad esso dovesse essere previsto, in un contesto in cui Medvedev, in un’intervista alle «Izvestija» del 7 maggio 2010 in occasione del cinquantacinquesimo anniversario dalla vittoria alleata nella Seconda guerra mondiale, riteneva necessario per la comunità internazionale evitare i rischi di un conflitto globale e al tempo stesso costruire nuovi meccanismi per la sicurezza a livello mondiale: considerazioni diverse nei toni e nelle formulazioni da quanto scritto a proposito della nuova dottrina nucleare e degli attacchi dello scorso 19 novembre, quando l’ex presidente ha commentato sarcasticamente sul suo canale Telegram «forse davvero il vecchietto Biden ha scelto di lasciar questa vita portando con sé una parte significativa dell’umanità…».
La dottrina militare del 2014, firmata da Putin tornato al Cremlino per il terzo mandato, non ha visto cambiamenti nella parte dedicata al nucleare; è sei anni dopo, in piena pandemia, che vi è la redazione di un documento appositamente dedicato al tema dell’atomica. Al punto 4 del testo, si leggeva :
«La politica statale nel campo della deterrenza nucleare ha un carattere difensivo, è volta a mantenere il potenziale delle forze nucleari a un livello sufficiente per garantire la deterrenza nucleare e assicura la protezione della sovranità e dell'integrità territoriale dello Stato, scoraggiando un potenziale avversario dall'aggressione contro la Federazione Russa e/o i suoi alleati. In caso di conflitto militare, mira a prevenire l'escalation delle azioni militari e a porre fine alle ostilità a condizioni accettabili per la Federazione Russa e/o i suoi alleati».
Con la redazione, annunciata il 25 settembre scorso durante la seduta del Consiglio di sicurezza federale da Putin e approvata a distanza di quasi due mesi, i cambiamenti sono volti a rispondere alle nuove circostanze apparse con lo scontro con gli Stati Uniti e i paesi occidentali, e vedono una rimodulazione ben più aggressiva. A essere elencati nel testo i pericoli militari che, «a seconda dell'evoluzione della situazione politico-militare e strategica, possono trasformarsi in minacce militari» per la Russia. La loro neutralizzazione potrebbe richiedere «il contenimento nucleare». Tra questi pericoli si annoverano:
- 1. La presenza, presso un potenziale nemico, di armi di distruzione di massa che potrebbero essere utilizzate contro la Russia;
- 2. La disponibilità di sistemi di difesa antimissile, missili balistici e da crociera a medio e corto raggio, armi non nucleari ad alta precisione, armi ipersoniche e droni;
- 3. Il rafforzamento, da parte di un potenziale nemico, di «raggruppamenti di forze di uso generale» nei pressi della Russia o sul territorio dei suoi alleati, includenti mezzi per il lancio di armi nucleari;
- 4. La creazione di sistemi di difesa antimissile e di guerra antisatellite nello spazio da parte del nemico;
- 5. Il dispiegamento di armi nucleari sul territorio di Stati non nucleari;
- 6. La creazione di nuove coalizioni e blocchi militari o l'espansione di quelli esistenti, «che comportano l'avvicinamento della loro infrastruttura militare ai confini della Federazione Russa»;
- 7. Azioni del potenziale nemico volte «all'isolamento di una parte del territorio della Federazione Russa»;
- 8. Azioni del nemico che possano causare catastrofi ecologiche o sociali;
- 9. La pianificazione e l'esecuzione di «esercitazioni militari su larga scala vicino ai confini» della Russia;
- 10. La «diffusione incontrollata di armi di distruzione di massa».
Precedentemente erano sei le condizioni di rischio enunciate nella redazione del 2020, elencate all’articolo 12 del paragrafo II intitolato “Principi basilari della deterrenza nucleare”, mantenute nella nuova versione, a cui vengono aggiunte le circostanze successive.
La nuova dottrina amplia inoltre l'elenco delle condizioni per l'uso delle armi nucleari da parte della Russia, che passano da quattro a cinque, e sono specificate nel III paragrafo, articolo 19. Il nuovo punto recita come ulteriore motivazione per la risposta atomica la «ricezione di informazioni attendibili su un lancio (o decollo) massiccio di mezzi d’attacco aerospaziale (aerei dell'aviazione strategica e tattica, missili da crociera, droni, velivoli ipersonici e altri mezzi volanti) in attraversamento del confine di Stato della Federazione Russa». Due condizioni già presenti nella dottrina del 2020 sono state modificate e ora sono formulate come segue, si tratta del punto a, in cui a «l'uso di armi nucleari o di altro tipo di armi di distruzione di massa contro il territorio della Russia e/o dei suoi alleati» si è aggiunta la parte «contro le forze armate e/o le infrastrutture russe situate al di fuori del territorio nazionale»; invece alla lettera g, dove si scrive di «un'aggressione contro la Russia e/o la Bielorussia con armi convenzionali» è stata inserita alla fine una ulteriore specificazione «che rappresenti una minaccia critica alla loro sovranità e/o integrità territoriale».
Il significato della nuova dottrina nel contesto dei cambiamenti globali
I commenti al decreto n. 991 convergono sull’idea che si tratti di un segnale del Cremlino all’interno dell’interregno apertosi negli Stati Uniti dopo le elezioni, in cui fino all’inaugurazione del 20 gennaio 2025 sarà ancora Joe Biden alla Casa Bianca. La tempistica scelta è stata rivendicata dal portavoce di Vladimir Putin, Dmitry Peskov, all’interno del quotidiano incontro con la stampa del 19 novembre, in cui ha ribadito come «primo motivo, risulta fondamentale allineare i nostri principi alla situazione attuale» per poi proseguire, sostenendo che al secondo posto vi era come «la Russia abbia sempre considerato le armi nucleari come un mezzo di deterrenza, il cui utilizzo rappresenta una misura estremamente forzata.
La deterrenza nucleare è volta a garantire che il potenziale nemico comprenda l'inevitabilità di una rappresaglia in caso di aggressione contro la Federazione Russa o i suoi alleati». Nel corso di una conversazione con l’agenzia indiana di stampa ANI il portavoce del presidente russo ha collegato i cambiamenti al documento con il conflitto in Ucraina, perché «quando è iniziato, è iniziato contro il regime di Kiev, ma adesso prosegue come una guerra tra la Russia e la NATO, ecco perché ha richiesto un po' più di tempo e durerà ancora un po'» per poi proseguire «l'unica cosa che posso dirvi è che l’operazione speciale militare finirà non appena avremo raggiunto i nostri obiettivi». Scopi da provare a ottenere anche attraverso le trattative con Donald Trump, alzando però la posta in palio, come ribadito da Peskov nel briefing con i media del 20 novembre, nel quale ha dichiarato che Putin è sempre aperto a nuovi negoziati ma alla Russia interessa non un congelamento del conflitto ma una sua completa risoluzione alle proprie condizioni, uno scenario già preso in esame su Valigia Blu nel commentare gli effetti dell’elezione del tycoon sui rapporti con Mosca e la guerra in Ucraina.
Nell’analizzare i mutamenti ratificati nella dottrina nucleare, la politologa Tatiana Stanovaya in un thread su X ha messo in evidenza due momenti fondamentali per comprendere le mosse del Cremlino. Scrive la Stanovaya: «Forse è la prima volta che il Cremlino riconosce apertamente la possibilità di utilizzare armi nucleari in risposta ad attacchi sul territorio russo con l'uso di missili a lungo raggio. In parole semplici, Peskov ammette francamente che il Cremlino sta ora valutando la possibilità di un attacco nucleare», aggiungendo poi come Putin abbia una «forte tentazione di procedere all'escalation» e ritiene che l'approvazione della nuova dottrina nucleare russa sia stata appositamente sincronizzata con l'autorizzazione di Biden all'uso di missili «a lungo raggio».
Il transito al potere, per la politologa, «crea per Putin una significativa tentazione di escalation. Dato che Trump non è ancora tornato in carica, un passo del genere non ostacolerebbe eventuali iniziative di pace immediate, ma potrebbe rafforzare l’argomento di Trump a favore di un dialogo diretto con Putin. Allo stesso tempo, esporrebbe Biden a critiche per essere un catalizzatore dell'escalation e potrebbe potenzialmente impedire all'Ucraina di continuare a utilizzare missili a lungo raggio», continua la Stanovaya che sostiene come Putin potrebbe considerare la situazione attuale «come un momento strategico “intermedio”».
In questo senso il presidente russo agirebbe provando a ottenere due obiettivi politici, «sottolineare quella che considera la “scelleratezza” della politica di Biden» e mettere «mettere l'Occidente di fronte a due scelte estreme: “Volete una guerra nucleare? L'avrete” oppure “Concludiamo questa guerra alle condizioni della Russia”. Si tratta di un momento estremamente pericoloso». Le parole del ministro russo degli Esteri Sergei Lavrov a margine del summit del G20 a Rio de Janeiro invece sembrano voler diminuire la tensione presente, ribadendo come sia «necessario fare tutto il possibile per evitare una guerra nucleare, siamo convinti che le armi nucleari siano, prima di tutto, uno strumento di deterrenza, volto a prevenire e impedire qualsiasi guerra nucleare, ed è il nostro approccio anche in questo contesto», commentando la promulgazione della dottrina e gli attacchi nella regione di Bryansk.
Ancor prima dell’ufficializzazione del testo, in un articolo apparso il 4 ottobre scorso su Newsweek, Mark Galeotti aveva posto l’attenzione sul punto essenziale contenuto nelle modifiche, perché il riferimento a «uno Stato non nucleare, sostenuto e appoggiato da uno Stato nucleare, possa innescare una risposta nucleare è un modo piuttosto trasparente per dire: 'Se l'Ucraina lancerà una sorta di grande offensiva in queste circostanze, ci riserveremo il diritto di ricorrere a un'azione nucleare in risposta’», una posizione che si esplicita come risposta all’autorizzazione concessa nel colpire obiettivi all’interno della Russia per fermare la controffensiva nella regione di Kursk. Il crinale su cui ci si muove nello scenario internazionale appare molto ripido e denso di insidie, e l’attesa per la prossima presidenza repubblicana appare catalizzare le contraddizioni globali e soprattutto in Europa orientale; a rendere chiare le idee su come si debba tener conto delle posizioni del Cremlino è la ripresa dei bombardamenti massicci sull’Ucraina, in vista di un altro inverno difficile.
Immagine in anteprima: frame video Global News via YouTube