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No Tav: l’accusa al cronista Davide Falcioni è un attacco alla libertà di informazione

27 Ottobre 2015 5 min lettura

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No Tav: l’accusa al cronista Davide Falcioni è un attacco alla libertà di informazione

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Aggiornamenti

Aggiornamento 15 ottobre 2020: La Corte di Appello di Torino ha assolto, al termine del processo bis, il giornalista Davide Falcioni, accusato di violazione di domicilio in concorso. Secondo i giudici sussiste la non punibilità per particolare tenuità del fatto. «Sono soddisfatto per il fatto, dopo 6 anni finalmente è stata smontata la tesi della Procura di Torino» ha commentato Falcioni. Lo scorso gennaio, la Cassazione aveva annullato la sentenza di condanna di quattro mesi emessa dalla Corte di Appello di Torino a febbraio 2019 e rinviato a un nuovo processo in cui si sarebbe dovuta valutare la sussistenza della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Aggiornamento 28 gennaio 2020: La Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di condanna di quattro mesi nei confronti del giornalista Davide Falcioni emanata dalla Corte di Appello di Torino a febbraio dello scorso anno. "Secondo i giudici della Cassazione – scrive Fanpage – quella sentenza della Corte d’Appello non è legittima e la stessa Corte, con un’altra composizione, dovrebbe riformulare un’altra sentenza, ritenendo quella non adeguata. Secondo i giudici il nuovo processo dovrebbe valutare la sussistenza della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto".

Aggiornamento 7 febbraio 2019: La Corte d’Appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado per il giornalista Davide Falcioni di quattro mesi di reclusione. La sentenza ha sorpreso anche il reporter 35enne marchigiano, dal momento che la stessa accusa aveva chiesto per lui l'assoluzione. «Non mi spiego cosa sia successo, aspetto di leggere la sentenza anche per capire come è stata impostata da un punto di vista procedurale», ha detto il legale del giornalista, Gianluca Vitale. «È un evidente attacco alla libertà di informazione. Tra l'altro oggi ho richiamato in aula una sentenza di febbraio della Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha coinvolto un giornalista ucraino che aveva preso parte a una manifestazione di protesta vietata a San Pietroburgo. Ebbene la sentenza afferma espressamente che il giornalista ha diritto di andare a cercare le notizie. Noi ricorreremo sicuramente in Cassazione, non finisce qui. E se sarà necessario ci rivolgeremo anche alla Corte europea dei diritti dell'uomo».

Aggiornamento 9 aprile 2018: Il Tribunale di Torino ha condannato in primo grado il giornalista Davide Falcioni a quattro mesi di carcere "per concorso in violazione di domicilio".

Aggiornamento 2 luglio 2016: Agora Vox, giornale online attivo dal 2005, ha organizzato un crowdfunding per sostenere le spese processuali di Davide Falcioni. L'obiettivo è raggiungere 2mila euro. Se volete sostenere la raccolta fondi, qui trovate tutte le indicazioni.

Aggiornamento 12 aprile 2016: Il 4 aprile scorso Davide Falcioni è stato rinviato a giudizio dal Tribunale di Torino con l'accusa di "concorso in violazione di domicilio".

 

Davide Falcioni, reporter marchigiano, ha seguito per AgoraVox le attività del movimento No Tav nel 2012. Il 24 agosto, quando un gruppo di attivisti è entrato nella sede torinese della Geostudio (ufficio tecnico della Geovalsusa s.r.l., che partecipava al consorzio dei costruttori della tratta Torino-Lione), il cronista si è unito agli occupanti, documentandone le azioni in un reportage prima e in un articolo poi.

Durante il processo su quei fatti, Falcioni si è reso disponibile a testimoniare in difesa degli imputati. Nel corso dell'esame in aula, però, il Pubblico Ministero, Manuela Pedrotta, l'ha interrotto per comunicargli che sarebbe stato indagato per lo stesso reato ascritto agli altri imputati: violazione di domicilio.

Nei giorni scorsi è stato recapitato al reporter l'avviso di conclusione delle indagini preliminari, con cui gli viene comunicato che sta per essere esercitata l'azione penale nei suoi confronti e può quindi accedere ai documenti d'indagine, depositati presso la segreteria del p.m., per poter predisporre la sua difesa.

Al di là degli sviluppi penali, la sua incriminazione pone dubbi sulla possibilità stessa, per un giornalista, di seguire azioni potenzialmente illegali, al fine di raccontarle.
Al riguardo, Falcioni stesso si chiede:

Un cronista è una persona che si trova in una situazione, in cui decide di entrare. Ma se questa situazione ha degli aspetti di illegalità, questo giornalista che cosa deve fare? Tirarsi indietro? Rinunciare a raccontare? Oppure deve entrare, partecipare non a qualcosa di illegale, ma partecipare nel senso di essere presente a qualcosa che sente e vede? Cioè, fino a che punto è corretto che questo giornalista, anche cronista o freelance, venga poi indagato per questo fatto? Vuol dire non avere un altro punto di vista ma affidarsi solo ai comunicati delle questure, alle versioni ufficiali, che poi non sempre sono le più fedeli.

In effetti, il diritto di cronaca è garantito anche dallo stesso codice penale: la scriminante prevista dell'articolo 51 esclude la punibilità dell'imputato nel caso in cui il reato sia commesso nell'esercizio di un diritto.

Riguardo la libertà di informazione, inoltre, la giurisprudenza è d'accordo nel garantire la prevalenza della cronaca anche rispetto ai diritti altrui. La narrazione dei fatti, però, deve corrispondere a verità, essere di interesse pubblico e con un'esposizione civile.

Ad esempio, questa causa di giustificazione è stata applicata nei confronti di Fabrizio Gatti, in due casi imputato per il reato di false dichiarazioni sull'identità. Il giornalista dell'Espresso si era infatti finto uno straniero senza documenti per poter essere tradotto in due diversi centri di permanenza temporanea, dal momento che alla stampa era impedito l'accesso a queste strutture. In entrambi i casi, Gatti è stato assolto: in particolare, il tribunale di Agrigento ha ritenuto che “il fatto non costituisce reato”, appunto perché prevale l'interesse della collettività a conoscere i fatti, che può essere soddisfatto proprio dall'esercizio del diritto di cronaca da parte del giornalista.

Diversamente da Gatti, Davide Falcioni non è iscritto all'ordine dei giornalisti e all'epoca dei fatti non era nemmeno pubblicista. Il diritto di cronaca, però, è legato all'attività svolta e non alla qualifica dell'agente, dunque non è riconosciuto esclusivamente ai giornalisti iscritti all'albo.

La libertà di informazione si basa infatti sul più generale diritto di espressione, cioè sull'articolo 21 della Costituzione, che riconosce a “tutti” il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, così come l'articolo 19 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo assicura tale libertà a “ogni individuo”.

Questa affermazione di principio è confermata dalla vicenda di Duccio Facchini, che nel 2010 era stato denunciato per “invasione di edifici”: il giovane aveva infatti scavalcato il cancello di un bene confiscato alla 'ndrangheta per documentarne lo stato di abbandono.

La sua posizione era stata archiviata dallo stesso pubblico ministero durante le indagini preliminari, riconoscendo implicitamente il diritto di cronaca anche a un ragazzo che, all'epoca, non era ancora pubblicista.

La libertà di informazione, infatti, come scrive Bruno Saetta

È sostanzialmente una narrazione dei fatti rivolta alla collettività. Poiché la collettività ha il ruolo di esercitare la sovranità popolare, come sancito dall’art. 1 della Costituzione, e poiché il popolo è sovrano solo se è pienamente informato, come precisato dalla Cassazione con la sentenza 16236 del 2010, se ne evince che in assenza di una completa, corretta e puntuale informazione il popolo non può esercitare il fondamentale diritto alla sovranità.

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La strumentalità del diritto di cronaca rispetto alla sovranità popolare attribuisce quindi al ruolo giornalistico, da chiunque esercitato, un valore profondo di garanzia della democrazia stessa.

A prescindere dall'esito del processo Falcioni dovrà sostenere spese legali per la sua difesa. Già questo rischio potrebbe trattenere altri dal documentare avvenimenti che appaiano potenzialmente illeciti, privando la collettività di narrazioni obiettive sui fatti.

Insomma, imputato non è soltanto Davide Falcioni: sotto attacco è il diritto stesso di informare e di essere informati.

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