Norvegia, la Corte Suprema deciderà se revocare i permessi di perforazione petrolifera nell’Artico. Per le associazioni ambientaliste violano il diritto costituzionale a un ambiente sano
3 min letturaLa Costituzione norvegese afferma il diritto di tutti i cittadini a un ambiente salubre. Facendo leva su questo precetto, le associazioni ambientaliste Greenpeace e “Nature and Youth Norway” sostengono che i permessi di perforazioni esplorative per la ricerca di combustibili fossili nell'artico violano il diritto costituzionale, riporta il New York Times.
La decisione se revocare o meno i permessi di esplorazione petrolifera spetterà a un collegio di 15 giudici della Corte Suprema, un procedimento riservato a questioni giudiziarie di massima importanza. Il caso, infatti, è di enorme interesse per tutto il paese, non solo perché si tratta del primo contenzioso sul cambiamento climatico a essere sottoposto alle norme ambientali della Costituzione approvate nel 2014, ma anche perché l’economia norvegese gira attorno all’industria petrolifera e del gas, che rappresenta più della metà delle esportazioni nazionali.
Le agenzie stampa norvegesi lo hanno definito il “caso del secolo”, una causa portata avanti nel nome delle generazioni future. Per coprire parte delle spese legali, le associazioni ambientaliste hanno lanciato un crowdfunding con il quale sono stati in grado di raccogliere circa 270 mila dollari. Tra i sostenitori della raccolta fondi anche l'attivista svedese Greta Thunberg, che ha donato circa 29 mila dollari provenienti da un premio in denaro che ha ricevuto questa estate.
I precedenti giudiziari nel paese sembrano aver indicato il cammino verso la Corte Suprema. Secondo il New York Times, due tribunali di rango inferiore avevano rifiutato di invalidare alcuni permessi di esplorazione petrolifera rilasciati dal governo, ma entrambi hanno riconosciuto il diritto dei cittadini di intentare cause legali ai sensi di questo articolo della Costituzione. Un tribunale superiore è stato più esplicito nello stabilire che il diritto a un ambiente sano riguarda anche l'impatto delle emissioni (una delle principali cause del cambiamento climatico), comprese quelle provenienti da petrolio e gas esportati all'estero.
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Ed è questo uno degli aspetti più importanti del caso giudiziario. La Norvegia, infatti, è il settimo esportatore mondiale di emissioni al mondo: le emissioni causate dalla combustione del petrolio di origine norvegese esportato all’estero sono dieci volte superiori alle emissioni prodotte nel paese. Il fatto che la Norvegia sia uno degli Stati all'avanguardia per quanto riguarda il rispetto ambientale e che allo stesso tempo sia uno dei più grandi produttori ed esportatori di petrolio al mondo è noto come il “paradosso norvegese”.
Secondo Frode Pleym, leader di Greenpeace Norvegia, il governo sa perfettamente che la combustione del petrolio contribuisce in maniera determinante alla crisi climatica. E, pur sapendolo, continua a concedere i permessi di esplorazione che permettono all'industria di continuare a trivellare il sottosuolo alla ricerca di petrolio. In propria difesa, il governo norvegese sostiene di aver adempiuto al suo dovere costituzionale compensando gli effetti negativi sull'ambiente e ha espresso contrarietà rispetto a “un'interpretazione espansiva” delle disposizioni ambientali della Costituzione.
Se l'esito giudiziario dovesse essere favorevole agli ambientalisti, secondo Hans Petter Graver, professore di diritto dell'Università di Oslo intervistato dal New York Times, la Norvegia potrebbe essere costretta a eliminare gradualmente le esplorazioni petrolifere.
La causa giudiziaria "è la miglior opportunità della nostra generazione per garantire che una quantità significativa di anidride carbonica rimanga sepolta sottoterra e non venga mai bruciata", ha affermato Andreas Randoy, vicedirettore di "Nature and Youth Norway". Per il giovane ambientalista, la vittoria in tribunale significherebbe "l'inizio della fine dell'era del petrolio".
Il procedimento giudiziario, iniziato mercoledì 4 dicembre presso la Corte Suprema, servirà a fare chiarezza su questioni di cruciale importanza per il futuro del paese: fino a che punto il governo è responsabile delle attività di estrazione petrolifera? E quali saranno le obbligazioni dello Stato per quanto riguarda il presente e il futuro dell’industria petrolifera? Il governo dovrà smettere di concedere permessi di trivellazione? Dovrà revocare i permessi già concessi? E ancora, dato che la maggior parte del petrolio estratto viene esportato, qual è il grado di responsabilità della Norvegia rispetto alle emissioni prodotte del petrolio esportato e bruciato all’estero?
(Immagine via Wikimedia)