Non ci rivediamo a settembre
1 min letturaLa frase del periodo è "dopo la pausa estiva", insieme alle sue molteplici varianti: "ci rivediamo a settembre", "dopo le vacanze", "alla riapertura dei lavori parlamentari", "in autunno". Poi ci sono le declinazioni locali ("dopo la Fiera del Levante", classico di Bari, la mia città) e quelle politico-religiose ("dopo il meeting di Cl").
E questa rimozione collettiva del mese di agosto è presente ovunque: nelle pubbliche amministrazioni, nelle imprese, nelle industrie.
Questo salto di trenta giorni mi ha sempre lasciato interdetto. Non perché ad agosto non si possa andare in ferie, come in tutti i mesi dell'anno, ma perché ci vanno tutti quelli che possono (sempre meno, in verità) e lo fanno contemporaneamente.
Come se l'Italia fosse messa in congelatore, come se non ci fosse la crisi economica, come se nelle altre nazioni europee e mondiali fosse così, come se gli italiani non avessero gli stessi problemi che hanno a luglio o ad ottobre, come se ci fosse bisogno del Parlamento aperto per poter prendere decisioni, come se non esistessero gli strumenti tecnologici per guidare l'Italia da una spiaggia, come se non fosse possibile raggiungere località di mare con temperature estive anche in autunno, attraverso una vasta gamma di voli low-cost.
Non c'è nessuna ragione per mantenere intatto questo sistema produttivo, questi ritmi, queste abitudini. Quest'anno, poi, questa scelta è a dir poco delittuosa. Con gli Stati Uniti terrorizzati dal default, l'Europa a rischio-contagio, l'Italia in pieno attacco speculativo, con la maggioranza a pezzi e l'opposizione al centro di un uragano giudiziario e informativo, come si fa ad andare in ferie senza pensieri e senza pensare che si sta lasciando una situazione potenzialmente esplosiva sulla scrivania?
Per tutte queste ragioni, invito chi la pensa come me a non spegnere la luce. A continuare a scrivere, pensare e a informare, a proporre e criticare, a tenere la fiammella viva, a leggere, a pensare, a mare, in montagna o in città. Fa bene all'Italia.
Dino Amenduni
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