Netanyahu spinge per un conflitto senza fine a Gaza
4 min letturaIsraele ha ripreso gli attacchi su larga scala a Gaza con un'ondata di bombardamenti aerei e colpi di artiglieria su tutto il territorio già devastato. Secondo le autorità palestinesi, ci sono stati più di 400 morti e centinaia di feriti. Tra le vittime ci sarebbero alcuni alti funzionari di Hamas e molti civili, tra cui donne e bambini. Gli ospedali e le squadre di protezione civile hanno affermato di essere stati sopraffatti.
Israele ha anche emesso ordini di evacuazione per alcune parti della parte settentrionale e centrale di Gaza, facendo pensare anche a un attacco di terra. Centinaia, forse migliaia, di palestinesi nel territorio che solo di recente sono tornati alle loro case, spesso in rovina, sono di nuovo in movimento.
Erano settimane che il governo israeliano minacciava di lanciare un'offensiva. Le autorità israeliane hanno giustificato l’attacco dicendo che era loro obiettivo colpire la leadership di Hamas che secondo loro stava riprendendo il controllo di Gaza. Secondo loro, quest’azione favorirà il rilascio di altri ostaggi. Una supposizione contestata da molte famiglie di ostaggi israeliani.
Più concretamente, ricostruisce un articolo del Guardian, Israele ha potuto attaccare perché dopo settimane di tregua ha reintegrato scorte, munizioni e armamenti, in parte grazie alle forniture statunitensi. Gli aerei e altre attrezzature sono stati riparati. Le truppe si sono riposate.
Perché l’attacco è avvenuto proprio adesso? Secondo l’opinione di alcuni esperti, ci sono almeno tre motivazioni: la prima è che Netanyahu non ha mai avuto alcuna intenzione di passare alla seconda fase del cessate il fuoco, che avrebbe significato il ritiro delle forze israeliane da Gaza, lasciando di fatto Hamas come governatore de facto; poi, c’è il pieno sostegno dell'amministrazione Trump per rinnovare gli attacchi contro Hamas; infine, ci sono i fattori politici interni, considerato che Netanyahu aveva bisogno del sostegno degli alleati di destra per mantenere la sua leadership e questi alleati si erano fortemente opposti a una fine permanente delle ostilità a Gaza.
“Il governo israeliano non ha mai nascosto il suo desiderio di ricominciare la guerra”, scrive Dahlia Scheindlin su Haaretz. “Per mesi è stato chiaro che questo governo avrebbe alla fine chiesto agli israeliani di tornare a combattere, attraverso una vera e propria ripresa della guerra, per attuare i suoi piani di sgombero di Gaza o per eseguire l'occupazione di Gaza”, nonostante un sondaggio di fine febbraio da parte dell’Israel Democracy Institute aveva rilevato che quasi il 75% degli intervistati era a favore dell’avvio della seconda fase del cessate il fuoco concordato a gennaio, e solo un quarto (24%) era a favore di un ritorno a intensi combattimenti. “Netanyahu vuole una guerra infinita a Gaza che la maggior parte degli israeliani non vuole più combattere”, conclude Scheindlin.
Nei giorni scorsi un rapporto della Commissione d'inchiesta internazionale indipendente delle Nazioni Unite sul Territorio palestinese occupato, compresa Gerusalemme Est, presentato al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, ha affermato che gli attacchi sistematici di Israele ai reparti di maternità e alla clinica di fecondazione in vitro di Gaza sono “atti di genocidio”, e ha rilevato che le forze israeliane hanno usato la violenza sessuale come arma per “dominare e distruggere” il popolo palestinese.
Il rapporto descrive in dettaglio gli attacchi ai reparti di maternità e ad altre strutture sanitarie per le donne, la distruzione di una clinica di fecondazione in vitro e i controlli sull'ingresso di cibo e forniture mediche a Gaza. Queste azioni sono state equiparate a “due categorie di atti di genocidio nello statuto di Roma e nella convenzione sul genocidio, tra cui l'imposizione deliberata di condizioni di vita volte a provocare la distruzione fisica dei palestinesi e l'imposizione di misure volte a prevenire le nascite”, ha dichiarato il Consiglio per i diritti umani in un comunicato stampa sul rapporto.
Inoltre, secondo quanto riportato dal rapporto, le forze di sicurezza israeliane hanno costretto i palestinesi a spogliarsi forzatamente e a subire molestie comprese le minacce di stupro e le aggressioni sessuali. Il “modello di violenza sessuale” utilizzato dalle forze israeliane, compresi i casi di stupro e di tortura sessuale, costituisce un crimine di guerra e un crimine contro l'umanità, ha rilevato la commissione che ha aggiunto: “La frequenza, la prevalenza e la gravità dei crimini sessuali e di genere perpetrati in tutto il Territorio Palestinese Occupato portano la commissione a concludere che la violenza sessuale e di genere è sempre più utilizzata come metodo di guerra da Israele per destabilizzare, dominare, opprimere e distruggere il popolo palestinese”.
E ora?
Questo attacco sembra aver compromesso ogni possibilità di fine delle ostilità iniziate a ottobre 2023. La nuova offensiva è arrivata 16 giorni dopo la fine delle prima delle tre fasi del cessate il fuoco concordato a gennaio. Le tre fasi avrebbero dovuto portare alla fine definitiva della guerra, al ritiro totale di Israele da Gaza e alla liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora tenuti prigionieri da Hamas dal suo attacco a sorpresa del 7 ottobre 2023 in Israele in cui sono state uccise 1.200 persone. L'offensiva israeliana, seguita a quell’attacco, ha ucciso più di 48.700 persone.
Hamas sostiene che Israele abbia rotto l'accordo non mantenendo l'impegno preso in precedenza di passare alla seconda fase. Israele ha invece proposto di prolungare la prima fase di 30-60 giorni, per consentire il rilascio di altri ostaggi in cambio di prigionieri palestinesi. Hamas ha respinto la proposta. Il governo israeliano sostiene che Hamas abbia rotto il cessate il fuoco rifiutando il rilascio di nuovi ostaggi.
La triste realtà è che la fragile pausa di due mesi delle ostilità è ormai finita. Sembra molto improbabile che si possa raggiungere presto un accordo che ponga fine ai nuovi attacchi israeliani. Anzi, i funzionari israeliani hanno affermato che si tratta solo dell’inizio di un'offensiva potenzialmente molto più ampia che continuerà fino a quando Hamas non rilascerà i 59 ostaggi israeliani ancora trattenuti a Gaza, di cui si presume che più della metà siano morti. Ciò comporterebbe inevitabilmente un numero considerevole di vittime civili, ulteriori sfollamenti di massa e ancora più distruzione.
La crisi umanitaria a Gaza è stata solo in parte alleviata da un massiccio afflusso di aiuti durante il cessate il fuoco. Due settimane fa, Israele ha imposto un blocco totale sul territorio, sostenendo che Hamas stava sfruttando gli aiuti a proprio vantaggio e aveva violato l'accordo. Circostanza negata da Hamas. Secondo i funzionari umanitari, le agenzie umanitarie e i negozi a Gaza hanno attualmente scorte di generi di prima necessità che dureranno circa tre settimane, ma la nuova violenza renderà la distribuzione molto più difficile.
Immagine in anteprima: frame video BBC via YouTube
