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A Napoli certi ragazzi non hanno più il vento negli occhi

26 Ottobre 2024 4 min lettura

A Napoli certi ragazzi non hanno più il vento negli occhi

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Fateci caso: certi ragazzi non hanno più il vento negli occhi. Quando un 15 enne muore ammazzato e altri due uagliuncielli di 14 e 17 anni finiscono in ospedale dopo una sparatoria è difficile dire me l’aspettavo. E però si, me l’aspettavo. E mi aspettavo che accadesse proprio lì, vicino a Piazza Mercato in una traversa del cosiddetto “rettifilo”, strada simbolo del Ventre di Napoli di Matilde Serao.

Non mi metterò a fare sociologia ad un tanto al chilo che tanto le chiacchiere non servono a niente. Vi dico che se la sera passo da quelle parti, e ci sono passata spesso anche per farci delle riprese, ho visto le giostre dei motorini, le bande, i riti, gli inseguimenti, le ragazze usate per portare le armi ed evitare i controlli (come mi hanno raccontato). Piazza mercato, dove a 16 anni fu decapitato Corradino di Svevia, dove c’era (e non c’è più) il commercio della città, la piazza della befana, è da anni un ring.

Non ha insegnato niente la morte di Gaetano Montanino, assassinato proprio a piazza Mercato da ragazzini per portargli via la pistola che aveva in dotazione da guardia giurata. Non ha insegnato niente l’esempio di sua moglie Luciana Di Mauro che con una forza degna solo della persona speciale che è, ha adottato uno di quei ragazzini togliendolo da Nisida e dandogli una nuova prospettiva di vita. Nel mio documentario “La Madre” di cui si è molto parlato in questi giorni per il premio internazionale vinto in Polonia, ci sono anche queste storie, c’erano in Sound of Gangs, c’erano in tante altre videoinchieste fatte negli anni, e sinceramente? Non vorrei raccontarle più.

Invece passano gli anni e siamo punto e a capo. Napoli è piena di turisti e qualcuno passa e fotografa come se un “morticino” possa essere parte della retorichetta della città. Questa è una normalizzazione che non è accettabile. Napoli è anche bella e viva. Molto più della paludosa capitale o di altre città ma il suo profondo grigio lo conosciamo, lo vediamo, lo subiamo. E però mi chiedo: possibile che quello che vedo io passi nell’indifferenza di chi dovrebbe agire, forte del suo ruolo istituzionale?

Ma è così banale chiedersi queste pistole da dove arrivano? Veramente vogliamo far passare l’idea che sia scontato o accettabile che a quindici anni si vada in giro c’o fierr? I ragazzi sono arrabbiati, pensano che mostrarsi più cattivi serva a salvarsi in un mondo spietato, a non restare schiacciati, emarginati, esclusi, pensano che per esistere bisogna “appartenere” e nel nome di questa appartenenza si dividono in bande, parcellizzano i territori e blindano aree: se sei della Sanità non puoi entrare a Piazza Mercato. E questo è successo due giorni fa a Napoli.

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Se non si muore si finisce in galera. Oggi con il decreto Caivano è facilissimo finire dentro e le carceri sono così affollate che non c’è possibilità di rieducazione o riabilitazione perché chi deve occuparsi di tutto questo non ce la fa. Le risorse sono poche e il personale pure. E quindi va bene armare la leva camorristica controllando i territori, approfittarsi del boom turistico per aprire pizzetterie e friggitorie che durano il tempo di riciclare un po’ di quattrini. Nessun investimento sul lavoro, nessuno sui giovani. Anzi no: quelli vanno bene per spacciare coca, crack, palloncini e acidi ai turisti. La camorra fa i soldi, arruola carne giovane e se ne fotte. Sparano, muoiono finiscono dentro: sono effetti collaterali.

Ora leggeremo: e gli insegnanti? E la scuola? Come se poi sulla scuola, sull’educazione, sulla cultura, si investisse. Se lo volete sapere, proprio a pochi passi da dove quel quindicenne è rimasto azzeccato a terra c’è una scuola, nonostante tutto bellissima, con professori appassionati e amati dai ragazzi, dove si insegnano cose che veramente possono essere uno strumento di cambiamento e di costruzione. Io ci sono stata lì, proprio a parlare di queste cose che loro ovviamente conoscevano bene dal di dentro. E allora come è possibile che chi deve conoscerle e intervenire non lo fa? Le parole che Matilde Serao rivolse all’allora ministro Depretis valgono ancora oggi:

“Questa altra parte, questo ventre di Napoli, se non lo conosce il governo, chi lo deve conoscere? E se non servono a dirvi tutto, a che sono buoni tutti questi impiegati alti e bassi, a che questo immenso ingranaggio burocratico che ci costa tanto? E, se voi non siete la intelligenza suprema del paese che tutto conosce e a tutto provvede, perché siete ministro?”

Immagine in anteprima: frame video Rai via YouTube

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