Musk, Zuckerberg e il business del caos
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Elon Musk non si sta limitando a inserirsi nelle conversazioni nazionali delle democrazie di tutto il mondo, ma le sta colpendo con un lanciafiamme. “Chi poteva immaginare”, ha chiesto questa settimana il presidente francese Emanuel Macron, "che il proprietario di uno dei più grandi social network del mondo avrebbe sostenuto un nuovo movimento reazionario internazionale e sarebbe intervenuto direttamente nelle elezioni?".
La domanda di Macron esprime la crescente preoccupazione dei leader europei per l'intervento sempre più aggressivo di Musk nella politica del continente. Ma quella che sembra essere la propensione di Musk a diffondere il caos digitale potrebbe essere in realtà una strategia commerciale calcolata.
I leader europei reagiscono
Il primo ministro norvegese Jonas Gahr Støre trova “preoccupante che un uomo con un enorme accesso ai social media e con enormi risorse economiche si intrometta così direttamente negli affari interni di altri paesi. Non è così che dovrebbe funzionaretra democrazie e alleati”, ha sottolineato Støre.
Il tedesco Olaf Scholz dice che sta cercando di “mantenere la calma” nonostante sia stato etichettato come “Oaf Schitz”, mentre Musk fa apertamente il tifo per un partito di estrema destra e pro-Putin prima delle elezioni federali del mese prossimo. “La regola", ha detto Scholz alla rivista Stern, "è di non dare corda ai troll".
Il presidente britannico Keir Starmer ha dovuto affrontare per giorni un'ondata di post incendiari su casi storici di abusi sessuali, con Musk che ha usato la sua piattaforma per riesumare storie vecchie di decenni su bande di adescamento nel nord dell'Inghilterra. Alla fine ha reagito dichiarando che coloro che “diffondono bugie e disinformazione” non sono “interessati alle vittime”, ma “solo a sé stessi”.
In Italia, invece, Giorgia Meloni ha rotto i ranghi con i suoi colleghi, elogiando Musk come “grande figura del nostro tempo” mentre negoziava un accordo con SpaceX da 1,6 miliardi di dollari, dopo una visita a Mar-a-Lago di Trump nel fine settimana.
La scia dei soldi
L'invettiva mirata di Musk contro i leader europei non è solo trolling digitale, ma una strategia commerciale. Sta corteggiando i partiti di destra, a prescindere dalle loro ideologie e dai loro eccessi retorici, perché li considera meno propensi a imporre una regolamentazione e a cercare di tenere a freno le Big Tech. Nonostante le preoccupazioni dei leader europei, però, finché Musk sembrerà avere l'orecchio del presidente eletto Trump, continueranno a camminare sulle uova intorno a lui. Avranno notato come il primo ministro canadese uscente Justin Trudeau sia stato celebrato dalla destra globale come un primo trionfo del prossimo ordine mondiale Trump-Musk. Musk ha deriso Trudeau definendolo “insopportabile” solo il mese scorso, e lo ha ribadito dopo che quest'ultimo si è dimesso. “Il 2025”, ha annunciato Musk su X questa settimana, "promette bene".
L'influenza di Musk sulle conversazioni globali, fortemente incentrata sulle distorsioni e le mezze verità, è destinata a crescere. La domanda è: chi oserà sfidarlo? Non Mark Zuckerberg, che sta abbandonando il fact-checking per passare alle “note della comunità”, in stile X.
È vero che le organizzazioni di fact-checking hanno lavorato a lungo contro ostacoli insormontabili, nuotando contro un'ondata anomala di liquami digitali. Il sistema di fact-checking di terze parti di Meta era simile, per usare le parole di un moderatore di contenuti, a “mettere una baracca da spiaggia sulla strada di un enorme tsunami e aspettarsi che sia una barriera”. Ma la distruzione del sistema significa ancora una vota il rifiuto di assumersi la responsabilità, anche solo simbolica, per come sono usate le piattaforme dei social media. Laddove un tempo la disinformazione era un problema da risolvere, ora è il meccanismo principale dello scambio culturale e del discorso politico.
“Non credo che il programma di fact-checking di Meta fosse particolarmente buono; di certo non sembrava avere molto successo”, afferma Bobbie Johnson, media strategist ed ex senior editor della MIT Technology Review. “Ma la velocità con cui Zuckerberg si è pubblicamente inginocchiato al regime entrante è comunque notevole”. Mentre, come sottolinea Johnson, i colossi digitali sono fin troppo felici di inchinarsi davanti a Trump, sembra che il presidente entrante stia a sua volta mettendo i loro interessi al centro del suo secondo mandato. Ironia della sorte, alcune resistenze, almeno nel caso del “primo amico” Elon Musk, potrebbero provenire dall'interno del movimento MAGA di Trump. Musk è stato recentemente chiamato in causa per il suo sostegno al visto H1B per gli immigrati qualificati, che molti nella base elettorale di Trump descrivono come un programma che sottrae posti di lavoro agli americani e ne riduce i salari. La risposta di Musk è stata quella di deridere i suoi critici come “razzisti odiosi”. Per Musk la diffusione di tropi razzisti è un problema solo quando interferisce con gli affari, altrimenti è il primo a gettare benzina sul fuoco.
Articolo originale pubblicato sul sito Coda Story e tradotto con il permesso dell'autore.
(Immagine anteprima di James Duncan Davidson, licenza CC BY-NC 3.0)