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Dopo Verona, Ferrara, Milano, Roma, Sestri Levante: il trucco delle mozioni per attaccare la legge sull’aborto

25 Ottobre 2018 4 min lettura

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Dopo Verona, Ferrara, Milano, Roma, Sestri Levante: il trucco delle mozioni per attaccare la legge sull’aborto

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Quando a Verona lo scorso 4 ottobre il consiglio comunale ha approvato la mozione presentata dalla Lega che dichiarava il centro veneto “città favorevole alla vita” e impegnava l’amministrazione a finanziare e sostenere associazioni cattoliche che promuovono iniziative contro l’aborto, il senatore leghista Simone Pillon aveva commentato che «tutti i comuni» avrebbero dovuto fare lo stesso. Dall’altro lato, le attiviste di Non Una di Meno che avevano protestato in aula (e con una manifestazione in città lo scorso 13 ottobre) avevano avvertito che quello di Verona sarebbe potuto essere un terreno di prova per le politiche repressive, con effetti su scala nazionale.

Nelle ultime settimane, in effetti, documenti pressoché identici – o comunque molto simili – sono comparsi nei consigli comunali di diverse città italiane.

A Ferrara, ad esempio, l’11 ottobre il consigliere di Fratelli d’Italia Alessandro Balboni ha presentato un testo che, dopo aver criticato la diffusione della pillola RU486 e denunciato l’uso dell’aborto “come metodo contraccettivo”, chiedeva maggiore sostegno attraverso “un congruo finanziamento” ad “associazioni e progetti attivi sul territorio comunale che operino nell’ambito dell’aiuto alle gravidanze difficili” e proclamava Ferrara “città che tutela gli indifesi”.

Il 22 ottobre all’ordine del giorno dell’Assemblea Capitolina in Campidoglio era segnata la discussione di una mozione volta a “proclamare ufficialmente” Roma come “città a favore della vita”. Il documento, presentato da Giorgia Meloni e altri quattro consiglieri di FdI, chiede al comune di impegnarsi a “predisporre un piano straordinario che rimetta al centro delle politiche capitoline la famiglia e la natalità”, a "prevedere nella prossima manovra di bilancio le risorse necessarie per sostenere i centri di aiuto alla vita operanti sul territorio" e "ulteriori progetti e servizi finalizzati ad informare le donne sulle alternative all'interruzione volontaria della gravidanza”.

Il movimento Non Una di Meno aveva organizzato un presidio fuori dal Campidoglio per protestare contro la discussione della mozione. La seduta del Consiglio comunale è stata però rinviata per mancanza del numero legale: il testo tornerà all’ordine del giorno oggi, e le attiviste torneranno in piazza.

A Milano, sempre il 22 ottobre, il consigliere di Forza Italia Luigi Amicone (fondatore della rivista ultra cattolica “Tempi”) ha presentato una mozione “per sostenere Milano città per la vita”, che impegna il sindaco ad inserire nel prossimo assestamento di bilancio “congrui finanziamenti a istituzioni, associazioni e gruppi che sostengono concretamente politiche a favore della famiglia e della vita” e ad “approfondire con adeguate iniziative di informazione e sensibilizzazione gli effetti sociali e culturali prodotti dalla legge 194”.

Tra questi effetti, secondo il documento, c’è quello di aver “contribuito ad aumentare il ricorso all’aborto quale strumento contraccettivo”, nonché aperto la strada alle “uccisioni nascoste” (definizione che si ritrova identica anche nella mozione di Verona) “prodotte dalle pillole abortive”, che contribuiscono al “diffondersi di una cultura dello scarto” e alla crisi demografica.

Un’altra mozione-fotocopia è stata presentata il giorno successivo a Sestri Levante (in provincia di Genova), da due consiglieri del gruppo Lega Liguria Salvini: chiede l’impegno dell’amministrazione a proclamare il comune “città a favore della vita”, a finanziare progetti che mirano a evitare che le donne in gravidanza abortiscano e a divulgare “tramite i pannelli luminosi” un numero verde con funzioni analoghe.

A fine settembre, invece, a Trieste era stata presentata (e poi ritirata) da due consiglieri di FdI e uno del gruppo misto una mozione che, prendendo le mosse da articoli del sito dell’associazione pro-life “Pro Vita Onlus”, chiedeva all’amministrazione di portare avanti “un’importante campagna informativa su tutti i danni e i problemi alla salute in cui una donna può incorrere se decide di interrompere una gravidanza”.

Il propagarsi di queste mozioni segue una sorta di un effetto domino, la cui “tessera” principale, tuttavia, sta molto più in alto dei consigli comunali in cui vengono discusse. Quello che è evidente, infatti, è la convergenza di queste posizioni con la direzione che ha preso la politica nazionale in tema di diritti. Basta ricordare il disegno di legge Pillon, le esternazioni dello stesso senatore leghista in tema di aborto o quelle del ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana – il quale, peraltro fa parte del Comitato No194 che chiede l’abrogazione della legge sulle interruzioni di gravidanza.

Le mozioni sono accomunate da quello che la giornalista Giulia Siviero ha definito un “trucco”: "dire di voler applicare la 194 nella sua totalità sostenendo però delle associazioni che sono legate a movimenti che vogliono abrogare la 194".

Tutti i testi, infatti, lamentano che la legge del 1978 non sia completamente applicata: ad esempio, a dispetto di quanto previsto dalla formulazione dell’articolo 1 della legge, secondo i proponenti gli aborti sono stati utilizzati negli anni come “strumento di controllo delle nascite”. Il dato non è veritiero, e non trova riscontro in alcuna delle relazioni annuali sulla 194 prodotte dal Ministero della Salute.

“Si vuole dare un incentivo alla maternità, la si vuol tutelare e si vuole che venga effettivamente rispettata la legge 194”, scrive Siviero, che ricorda però “che le mozioni finanziano progetti e associazioni esplicitamente legate al Movimento Per la Vita, che mette in discussione l’esistenza stessa della 194, così come molto sinceramente sostengono da anni i vari firmatari”.

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Non è un caso che, ad esempio, il testo della mozione di Verona sia pieno di riferimenti, dati e citazioni prese da fonti e siti dichiaratamente pro-life.

Anche il fatto di proclamare le città “a favore della vita” va in una direzione ben precisa: porta con sé una forte carica simbolica (nessuno si direbbe mai “a favore della morte”), mentre, precisa Siviero, “la vita a cui si fa riferimento è quella del feto, innanzitutto, che servirà a sua volta per raggiungere altri obiettivi, mentre la vita della donna viene ridotta ad un’unica funzione, quella riproduttiva”.

Immagine in anteprima via Non Una Di Meno

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