Epidemia di morbillo in Texas: quando la disinformazione diventa un’emergenza sanitaria
10 min letturaIn Texas dai primi di gennaio è in corso un'epidemia di morbillo. Alla data in cui scriviamo i casi ufficiali sono 146. Inizialmente quasi tutti circoscritti alla contea di Gaines, e in particolare a una piccola comunità di cristiani mennoniti nella città di Seminole da cui il focolaio si è esteso.
Le persone contagiate sono praticamente tutte non vaccinate (solo 5 su 146 con almeno una dose di vaccino, 79 non vaccinati, 62 con stato vaccinale “unknown”): 20 persone sono state ospedalizzate, una è deceduta, il 25 febbraio. Le autorità sanitarie texane hanno comunicato solo che si trattava di una persona in età scolare e che non era vaccinato.
Inevitabile non ricollegare questo focolaio alla recente nomina di Robert F. Kennedy a capo del Dipartimento della Salute degli Stati Uniti. Ovviamente lui non ha alcuna responsabilità diretta di questa epidemia, quando il focolaio ha iniziato ad allargarsi non era stato ancora nemmeno nominato. E se andiamo a vedere il dettaglio dei casi, scopriamo che il 31% è composto da bambini entro i quattro anni (quindi forse alcuni non ancora vaccinati con la seconda dose), ma per il 50% si tratta di ragazzi tra i 5 e i 17 anni di età che quindi non sono stati vaccinati quando sarebbe stato il momento. Il fatto che oggi emergano come positivi ci consente di capire bene il concetto di immunità di gregge, che per anni li ha protetti dall’infezione, ma oggi quella protezione sta cedendo.
Il punto critico è che stiamo assistendo a questa epidemia perché la comunità in cui si sta allargando ha una copertura immunitaria non più sufficiente, che si tratti di immunità lasciata da infezioni superate o da vaccinazione. Oggi tendiamo a identificare immunità di gregge e copertura vaccinale, ma l'immunità di gregge è un fenomeno studiato e descritto in tempi in cui i vaccini non c'erano. Sia da dati epidemiologici, sia da sperimentazione su animali, si era capito che l'immunità creata in una popolazione (in chi era sopravvissuto) dopo un picco epidemico proteggeva per un po' di tempo anche quei soggetti che non si erano infettati e quindi non erano immuni. Che infatti si sarebbero scoperti (perché si sarebbero infettati) con la successiva ondata che ci sarebbe stata appena si fosse creata una nuova popolazione infettabile abbastanza grande (nel caso del morbillo, quella dei nuovi nati). Per questo il caratteristico andamento a picchi delle epidemie, interrotto dall’avvento di un immunità di gregge stabile data da una sufficiente copertura vaccinale. Un’immunità di gregge (quella da vaccino) che ovviamente ha protetto sia i bambini non vaccinati per scelta dei genitori (alimentando così l’idea che in fondo vaccinare non servisse), sia quelli che erano troppo piccoli per essere vaccinati, quelli che per motivi di salute non potevano vaccinarsi o che non erano più protetti dal vaccino, come molti pazienti pediatrici oncologici.
Ci sono due motivi per cui questa epidemia in Texas è particolare – anche se i numeri non ci sembrano ancora tanto grandi – per esempio rispetto a quanto è successo nel 2024, anche in Europa.
Il primo è che gli Stati Uniti hanno lavorato molto per arrivare nel 2000 a considerare eliminato il morbillo e per molti anni così è stato, considerato che ci sono stati solo casi sporadici, mediamente importati (spesso dall’Europa), con qualche eccezione, come il picco del 2014/15 (the Disneyland outbreak, un’epidemia improvvisa con 667 casi che iniziò a Disneyland ed arrivò fino al Canada ed a Messico).
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Quindi oggi stiamo vedendo cedere quello che sembrava essere un modello di sorveglianza e prevenzione funzionante. E la domanda è cosa stia succedendo in Texas, dove i bambini per andare a scuola devono rispettare un calendario vaccinale, come negli altri stati americani e in molti altri paesi nel mondo, ma è possibile chiedere un'esenzione a quelle vaccinazioni, sia per motivi di salute (e deve essere un medico a motivare la richiesta) sia per motivi “di coscienza” (conscientious exemptions). Generalmente si tratta di motivi religiosi, in pratica un’obiezione di coscienza: la scelta, non sindacabile, dei genitori di non rispettare il programma vaccinale previsto. Se si vanno a vedere i dati relativi ai bambini non vaccinati per motivi di coscienza comunicati dalle scuole al Texas Health and Human Services si può notare che, se a livello statale in 10 anni si è passati dall’1,35% al 3,65% di esenzioni, nel 38% dei distretti il livello è superiore al 5% ma in alcuni è molto più alto. Per esempio nel distretto di Gaines, quello dove si sta allargando l’epidemia in corso, in dieci anni è salito al 17,6%. E noi sappiamo che la copertura vaccinale per contenere il virus del morbillo deve essere intorno al 95%. Questo vuol dire che ci sono nel paese aree in cui la copertura è assolutamente insufficiente.
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Le motivazioni dietro questi livelli crescenti di esenzioni non sembrano essere strettamente religiose. Il focolaio del Gaines si sta allargando in una comunità che è poco vaccinata, ed è anche cristiana mennonita. Ma il secondo fattore non implica il primo. La chiesa mennonita non è contraria alle vaccinazioni, e durante la pandemia ha anche diffuso un comunicato in cui spiegava che non c'erano motivi religiosi per chiedere l'esenzione per il vaccino per Covid-19.
E questo alza il livello del problema: significa che la bassa copertura vaccinale non è limitata a una piccola comunità per motivi religiosi (come successe per esempio nel 2017 in Quebec, da un caso di ritorno da Disneyland si arrivò a 159 casi, tutti all’interno di una comunità religiosa, nessuno al di fuori), quindi è prevedibile che il focolaio si allargherà ancora, e che ce ne saranno altri. Proprio in questi giorni un numero di casi equivalente a quello del Gaines viene registrato in Ontario, in Canada. In questo caso si tratta di una riemergenza di un’epidemia iniziata ad ottobre 2024, che ha coinvolto persone nel 96% dei casi non vaccinato, nel 53% di età compresa tra 5 e 19 anni. Quindi non si tratta di bambini non ancora vaccinati, ma ragazzi che non sono stati vaccinati per anni. Il che ci dice che, se è inevitabile l’insorgenza di piccoli focolai, anche in paesi che hanno dichiarato eliminato il morbillo (il Canada lo ha fatto nel 2008, dal 2013 al 2023 ci sono stati 101 casi), se uno di quei focolai si allarga a decine, o centinaia di casi, vuol dire che la copertura vaccinale è scesa sotto i livelli di sicurezza.
A questo punto mettiamo sul tavolo due numeri. Partiamo da quanti sono i casi. La recente epidemia di Covid-19 ha alterato la nostra sensibilità riguardo i numeri, ci ha abituato a contare i positivi a migliaia, a milioni. 146 casi di morbillo potranno mai essere qualcosa di cui preoccuparsi? Milioni di casi è quello che succede quando arriva un virus totalmente nuovo. Il virus del morbillo non lo è, ma è talmente infettivo che per buona metà del '900 negli Stati Uniti i casi si contavano a milioni, si stima circa 4 milioni l'anno. Non era nuovo il virus, era nuova la popolazione infettabile (le nuove coorti di nascita). Nei decenni le cose sono migliorate, ma ancora negli anni '50, e fino all'introduzione di un vaccino, si contavano ogni anno 540.000 casi di morbillo, con 48.000 ricoveri, 4000 casi di encefalite e 450 morti ogni anno (circa 1 per mille).
Questi però sono solo i costi immediati pagati per lasciar circolare un virus che “ce lo siamo presi tutti e mica è successo niente”. Ci sono conti, molto salati, che ci arrivano a distanza di mesi o anche anni da un'infezione superata. Ormai sappiamo molto bene che questo virus è in grado di fare una sorta di reset del sistema immunitario. Sappiamo che già durante l'infezione attacca i linfociti T CD4 circolanti che sono quelle cellule che partecipano alla risposta immunitaria. Sappiamo anche che, superata l'infezione e le eventuali complicazioni e sequele, lascia una forte risposta immunitaria che ci proteggerà da nuove infezioni contro lo stesso virus, ma non prima di aver eliminato buona parte degli anticorpi che avevamo già sviluppato contro le infezioni precedenti, contro le quali saremo poco protetti. E non elimina solo gli anticorpi circolanti, ma anche i cloni di cellule B che li producevano nei centri germinali. Viene chiamata ‘immune amnesia’, amnesia del sistema immunitario.
Non stupisce, quindi, che appena un vaccino è stato disponibile, gli Stati Uniti abbiano tentato di eliminare l'infezione. Lo stesso approccio del resto è stato seguito ovunque possibile, dall'Europa al Canada, alla Cina. Il problema è che, lo abbiamo detto, per essere tenuto sotto controllo questo virus ha bisogno di una copertura vaccinale almeno del 95%.
La copertura vaccinale di una popolazione però è sempre il punto di equilibrio dinamico tra due spinte opposte. Da un lato, quella a vaccinare (che tende progressivamente a diminuire perché, per un chiaro effetto paradosso, meglio i vaccini funzionano più tendiamo a dimenticarne la necessità) e, dall’altro, la contrarietà a vaccinare, un fenomeno molto complesso che esiste da quando esistono i vaccini. Inizialmente poggiava su motivazioni religiose (i vaccini erano di provenienza animale) e sull’ignoranza e sulla paura generata dall’ignoranza. Ma se il rifiuto per motivi religiosi ancora permane (per i credenti di religione cristiana motivato dall’utilizzo di cellule di origine fetale per la produzione dei virus da utilizzare in alcuni vaccini, argomento affrontato e risolto anche dal Vaticano), nel tempo l'esitazione e il rifiuto vaccinale si sono trasformati da posizione individuale a un fenomeno indotto dall’esterno sotto forma di (dis)informazione sui rischi per la salute dovuti alle vaccinazioni spacciata per informazione basata sull’evidenza scientifica. La copertura vaccinale di una popolazione dipende molto dalla capacità di questa comunicazione di penetrare nel mondo della comunicazione e raggiungere il suo bersaglio (genitori, medici, politici).
Da questo punto di vista il vaccino per il morbillo (e parotite e rosolia) ha avuto una storia particolarmente tormentata, che nasce probabilmente nel 1998 con un articolo del medico inglese Andrew Wakefield su The Lancet. Con quell’articolo, ritrattato troppo tardi e inutilmente nel 2010, nasceva l’ipotesi infondata scientificamente del rapporto causale tra il vaccino per il morbillo e l’autismo. È interessante notare che l’articolo di Wakefield non era stato scritto per arrivare direttamente alla popolazione, nessun fornaio, o avvocato, o impiegato del catasto avrebbe letto un articolo intitolato “Ileal-lymphoid-nodular hyperplasia, non-specific colitis, and pervasive developmental disorder in children”. Ma qualcuno in grado di farlo lo aveva letto per loro e aveva convertito quella che nell’articolo era solo un’ipotesi “da verificare”, come la notizia che il vaccino MMR provocava l’autismo. A conferma che l'esitazione ed i rifiuto vaccinale sono un fenomeno costruito più che spontaneo.
Come effetto immediato quell’articolo avrebbe provocato un crollo della copertura vaccinale (che in Inghilterra scese all’80%) e una conseguente ripresa della circolazione del virus per diversi anni. Ma soprattutto avrebbe fatto partire un’onda lunga di disinformazione che, appoggiandosi di volta in volta al proposto (e mai dimostrato) effetto tossico prima del mercurio (Thimerosal) contenuto nel vaccino, poi dell'alluminio usato come adiuvante, poi del DNA proveniente dalle cellule in cui il virus veniva prodotto, ha progressivamente costruito e solidificato nelle mente di una parte della popolazione la convinzione che i vaccini siano pericolosi, che danneggino il bambino, che i pericoli siano superiori ai benefici.
Parallelamente, quell’articolo ha portato anche enormi vantaggi economici a personaggi che di questa disinformazione sono stati i creatori, i diffusori e i beneficiari, lucrando su prodotti, trattamenti e terapie proposti per detossificare e riparare i danni creati dai vaccini secondo la narrazione che lor stessi hanno costruito pubblicando studi scientificamente non validi. Ricordiamo come esempio il chelante per metalli BDTH2 venduto come integratore – quindi non regolamentato – dal chimico Boyd Haley ma alla fine vietato dalla FDA, o la terapia detossificante a base di Lupron, un farmaco anti-ormonale usato per la castrazione chimica o per alcune terapie oncologiche, praticata da Mark Geier a bambini con autismo per “rimediare” ai danni prodotti dal mercurio del vaccino: 12.000 dollari per i test iniziali, 5-6.000 dollari per ogni trattamento che ovviamente non funziona ed andava ripetuto.
Un altro campo di profitto basato sui dubbi e la paura generati dalla disinformazione sui vaccini è quello dei proventi dalle tante cause intestate alle case farmaceutiche e allo Stato tramite studi legali ormai specializzati in quel settore. Uno di questi è Robert F. Kennedy.
E finalmente arriviamo al secondo motivo per cui questa epidemia di morbillo in Texas è tanto particolare. Fino ad ora, chi creava e diffondeva disinformazione su virus, epidemie e vaccini, chi ci lucrava sopra nelle cliniche private e nelle aule dei tribunali, faceva parte di una comunità che era facile riconoscere come pseudoscientifica, comunque estranea alla comunità scientifica, anche se aveva fin troppi estimatori e sostenitori fidelizzati. Ma con la nomina di Robert F. Kennedy a capo del Dipartimento della Salute americano (ed altre nomine come quella di Jay Bhattacharya a capo del NIH), quel mondo che per anni ha sostenuto la pericolosità dei vaccini, mettendone in dubbio l’effettiva utilità, ha trovato improvvisamente una legittimazione politica, è entrato nella stanza dei bottoni, e con la diffusione garantita da X di Elon Musk oggi appare inarrestabile, non contrastabile, non controllabile. Improvvisamente si torna a parlare in modo ufficiale di relazioni tra autismo e vaccini, si promette di indagare gli effetti sulla popolazione dei vaccini assieme a quelli dei pesticidi. Chi oggi ha in mano la salute degli americani è lo stesso che pochi anni fa parlava di “olocausto dei vaccini”.
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Questa è la prima epidemia che si verifica con quelli che per anni l'hanno preparata, che hanno creato le condizioni perché fosse inevitabile che si verificasse, nel ruolo di chi dovrà controllarla e dovrà prevenire quelle che verranno. E certo sentir definire come "not unusual", situazioni che invece dovrebbero prevenire e che per un periodo sono appartenute al passato, non fa stare tranquilli.
Immagine in anteprima: frame video Democracy Now! via YouTube
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