Denunce e silenzi: le molestie sessuali nell’ambiente universitario italiano
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Richieste di posizioni fisiche innaturali, palpeggiamenti durante l’orario delle lezioni, confidenze inappropriate. Sono le molestie che avrebbero subito alcune studentesse dell’università di Pavia da un primario del policlinico San Matteo, all’epoca (2020) direttore della scuola di specialità. Le testimonianze, riportate in un questionario anonimo distribuito alla fine del corso, hanno fatto scattare le indagini, e il docente ora rischia il rinvio a giudizio per violenza sessuale. Ma all’epoca dei fatti l’ateneo, dopo l’avvio di un procedimento disciplinare, archiviò le accuse.
La vicenda ha riaperto il dibattito sulla gestione delle molestie sessuali all’interno degli spazi universitari.
Anche a seguito dei presunti casi di molestie a danno di alcune studentesse dell’Università di Torino, tra atenei e studenti si è aperto un terreno di scontro sul tema della violenza di genere. Docenti e rettori sono stati travolti da un’ondata di indignazione, mobilitazioni, sondaggi e proteste da parte degli studenti, che hanno iniziato a considerare le università come luoghi non sicuri, in cui è ancora presente una logica patriarcale e di subordinazione del potere maschile rispetto alla figura femminile.
A Torino ‘Non una di Meno’ ha contestato il rettore, facendo irruzione nell'aula magna dell’UniTo mentre si stava tenendo un incontro proprio sulle molestie sessuali. A Roma, invece, la rettrice della Sapienza Antonella Polimeni è stata criticata dopo il suo intervento in Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio. Polimeni ha infatti spiegato che nel corso del 2023 ci sono stati 13 casi di molestie e abusi di potere, formalmente certificati dal Report della Consigliera di fiducia. Numeri che però sono stati fortemente messi in dubbio dagli studenti: secondo il sindacato Sinistra Universitaria Sapienza, infatti, le molestie sarebbero molte di più: 160. Per questo, nei giorni successivi all’audizione, Polimeni è stata contestata durante un evento pubblico, e in occasione di un sit-in del movimento Cambiare Rotta una foto con la sua immagine è stata imbrattata con della vernice rossa. Molti atenei, però, tra cui la stessa Sapienza, stanno portando avanti iniziative mirate per contrastare la violenza di genere. Il paradosso che si è creato, quindi, è che studenti e università si stanno scontrando su un tema considerato prioritario da entrambi.
I dati dell'UDU: il 34% degli studenti ha sentito parlare di casi di molestie in ateneo
Ma quali sono i numeri reali dei casi di molestie negli atenei italiani? Il sindacato studentesco Udu (Unione degli Universitari) ha realizzato un report sul fenomeno, un tema diventato ancora più sensibile dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin. Presentato nella Sala stampa della Camera dei Deputati l’8 marzo, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, il sondaggio ‘La tua voce conta’ ha raccolto circa 1500 risposte arrivate tra l’11 febbraio 2024 e il 3 marzo 2024. Per il 20,5% degli studenti, gli atenei italiani non sono spazi sicuri, e il 34,5% “ha sentito parlare di casi di molestia o violenza all’interno degli spazi universitari”.
Tra i luoghi meno sicuri ci sono gli studi dei docenti (37%), i luoghi di tirocinio (34,7%), gli studentati (32%), le aule dove si frequentano le lezioni (17,4%) le biblioteche (12,4%). E poi altri luoghi (17,4%) come aule studio, spazi esterni all’ateneo, bar, bagni e così via. E tra i più inclini a perpetuare molestie ci sono proprio i docenti (per il 48%), i compagni di corso per il 47%, i compagni di studentato per il 32% e il personale tecnico amministrativo per il 20%.
Per l’UDU, quindi, i casi di molestie non sono singoli episodi. Si tratta invece “di un problema sistemico", commenta Camilla Piredda, coordinatrice nazionale UDU. "È un tema che denunciamo da sempre ma che non ha mai avuto ascolto. Abbiamo ricevuto storie di violenza e molestia da chi l’università l’ha fatta negli anni ’80: oggi finalmente il problema sta emergendo, grazie anche alle parole di Elena Cecchettin che hanno smosso le coscienze e acceso qualcosa. Purtroppo i dati emersi non ci hanno stupito, dimostrano ciò che sapevamo. Le università non sono sicure. Nella maggioranza dei casi le studentesse devono scegliere tra il loro percorso accademico e il diritto di denunciare. Sanno che le denunce non porteranno a nulla, che l’ateneo si preoccuperà sempre più della propria immagine piuttosto che della sicurezza delle studentesse. C’è piuttosto chi si vede costretta ad abbandonare il percorso o cambiare ateneo per la propria serenità. Tutto questo non è normale e lede il diritto allo studio universitario”.
Al termine del questionario, è stato poi lasciato uno spazio libero per raccontare la propria esperienza. “E le segnalazioni arrivate risultano essere tutte estremamente gravi sia per tipo di molestia/violenza subita, che per autori”, spiega l’UDU. Episodi diversi tra di loro ma che “condividono tutti lo stesso risultato: la sensazione di disagio e paura generata nella persona abusata dentro un contesto formativo”.
“Sono stata più volte toccata dal mio relatore di tesi durante le correzioni del testo”, ha scritto una studentessa. “Un uomo appartenente al personale dell’università ha allungato le mani sul mio sedere (più di una volta) durante un giro dell’università”, racconta un’altra. E ancora: “Con quel visino può fare la escort, ci pensi. Guadagnerebbe anche bene”.
Anche il sindacato Sinistra Universitaria Sapienza ha realizzato un report sulle molestie registrate all’interno dell’ateneo romano. I numeri del rapporto parlano appunto di 160 le persone che hanno affermato di aver subito una molestia all’interno dell’università, mentre 50 persone (il 4,9% del campione) hanno dichiarato di essersi sentite violentate, sessualmente o psicologicamente. Il 30% delle persone intervistate non si sente sicuro all’interno dell’ateneo. Realizzato tra il 15 novembre 2023 e il 6 marzo di quest’anno, i dati sono frutto di 1300 risposte che provengono da un campione randomico di tutte le 11 facoltà dell’ateneo, raggiunto tramite social, volantinaggi e interventi in aula. I numeri, però, non sono riconosciuti dall’ateneo. Intervistata a margine di un evento, la rettrice della Sapienza Antonella Polimeni ha detto che “contano solo i dati ufficiali”, e ha invitato le studentesse a segnalare gli abusi, perché “gli strumenti ci sono”.
La Consigliera di fiducia della Sapienza: "Con gli studenti abbiamo intenti comuni"
Tra gli strumenti introdotti dalla Sapienza c’è appunto la Consigliera di fiducia, Giorgia Ortu La Barbera, che “in base al Codice di condotta nella lotta contro le molestie sessuali di Sapienza, ha il compito di fornire consulenza e assistenza alle vittime e di contribuire alla soluzione dei casi che le vengono sottoposti, per prevenire e fronteggiare possibili situazioni di molestie legate al genere che possono verificarsi nelle relazioni di studio e di lavoro”.
Le persone che subiscono molestie in ateneo, quindi, si rivolgono alla Consigliera per un primo colloquio. “Insieme alla persona si cerca di capire se vuole essere tutelata. Se vuole esporsi o meno. La persona viene sempre creduta, ma raccogliamo anche altre segnalazioni, perché la sua testimonianza possa essere più forte", spiega La Barbera a Valigia Blu. "Se il caso è episodico e riguarda una sola persona, ad esempio una battuta fatta durante un esame, si applica una procedura informale. Casi come questo sono gravi e da sanzionare, ma non sono supportati da elementi forti, e non possiamo fare molto di più di una convocazione per il docente, che viene invitato a non adottare più quella condotta. La procedura informale resta privata tra me e il docente, ma io ne tengo traccia. Quando si attiva una procedura formale, invece, parte un procedimento disciplinare”. La Barbera spiega che, delle 13 segnalazioni registrate nel corso del 2023, cinque erano condotte inopportune agite in strutture esterne, nell’ambito di tirocini convenzionati che sono stati poi interrotti. Ci sono stati poi una denuncia formale, due provvedimenti disciplinari nei confronti di cocenti e un ultimo caso è ancora in fase di valutazione.
Ma se la procedura è valida e garantisce tutele e anonimato, perché i casi registrati dagli studenti sono molti di più? Per la Consigliera, “la prospettiva di studenti e studentesse è diversa. Per me i dati registrati dagli studenti sono reali, ma io devo basarmi sulle segnalazioni che arrivano a me”.
Ma il vero tema è quello della comunicazione: mentre i sondaggi dei sindacati studenteschi viaggiano su pagine social e mailing list molto frequentate dagli studenti, la maggior parte degli studenti non conosce neanche la figura della consigliera di fiducia. A dirlo sono gli stessi studenti di Sinistra Universitaria: secondo il loro questionario una persona su dieci non è a conoscenza dei servizi che offre l’ateneo e il 90% delle persone intervistate risponde che non sa cosa sia la Consigliera di fiducia. In aggiunta, più del 60% delle persone non è a conoscenza del fatto che esiste un centro antiviolenza in Sapienza.
Anche quando ci sono, quindi, i servizi non vengono comunicati adeguatamente. Ma su questo la Consigliera di fiducia ammonisce gli stessi studenti: “La comunità studentesca potrebbe fare da megafono. Io stessa avevo chiesto di organizzare insieme incontri con le associazioni studentesche, ma non ho mai ricevuto risposta. Talvolta mi sembra che il desiderio di mantenere viva l’attenzione su questi temi sia più forte dell’impegno nel trovare soluzioni concrete”.
La Barbera sottolinea anche che Sapienza è dotata di un centro antiviolenza e di un Commissariato i cui operatori sono “formati e sensibili su questo tema”. “Mi piacerebbe incontrare gli studenti che hanno realizzato il sondaggio, spiegargli il mio ruolo e la procedura che seguo, ma non c'è stato uno spazio di confronto - conclude - il mio rammarico è legato al fatto che i nostri intenti, in realtà, sono gli stessi”.
Immagine in anteprima: frame video TG3 via Facebook