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Moldova nel mirino di Putin: in atto le stesse dinamiche già viste nel Donbas?

1 Marzo 2023 9 min lettura

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Moldova nel mirino di Putin: in atto le stesse dinamiche già viste nel Donbas?

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Lo scorso 21 febbraio Vladimir Putin ha confermato le ultime minacce dirette a Chişinău e all’Occidente revocando un trattato del 7 maggio 2012 nel quale il Cremlino indicava le sue strategie in materia di politica estera. Tra le altre cose, il documento si esprimeva abbastanza chiaramente sui rapporti russo-moldavi, dichiarando che Mosca avrebbe continuato a cercare attivamente una soluzione al conflitto in Transnistria (la regione separatista moldava) nel rispetto della sovranità, dell’integrità territoriale e della neutralità della Moldova. L’annullamento ha subito fatto pensare al rischio di uno scenario simile a quello del Donbas ucraino (paragone alquanto azzardato), alimentato da diversi fattori che stanno influenzando e allarmando la Repubblica Moldova in queste ultime settimane. 

Golpe o invasione? Ecco come Mosca vuole destabilizzare ancora di più la Repubblica di Moldova

 

Se eravamo rimasti ai piani russi di un golpe trapelati lo scorso 13 febbraio grazie ai servizi segreti ucraini, pochi giorni dopo il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha rivelato al primo ministro moldavo Dorin Recean (che di recente ha sostituito Natalia Gavrilița come capo del governo) che Mosca sta valutando di prendere il controllo dell’aeroporto di Chişinău per aprire un nuovo fronte in Ucraina. Proprio per garantire la sicurezza ed evitare rischi, lunedì 27 febbraio la compagnia aerea low-cost ungherese Wizz Air ha deciso che sospenderà tutti i voli per la capitale moldava a partire dal 14 marzo e fino a data da destinarsi. Il ministro degli Esteri moldavo, Nikolae Popescu, tuttavia, ha minimizzato la minaccia di un’invasione russa diretta dichiarando al Financial Times: “Non vediamo il rischio di scenari militari nell’immediato futuro al confine moldavo, grazie alla resistenza e alla resilienza ucraina. Ma c’è la minaccia da parte della Russia di un colpo di Stato e di azioni sovversive ibride”, afferma accusando in particolar modo l’oligarca Ilan Șor di aver aiutato la Russia a condurre una guerra ibrida contro il governo di Chișinău.

Data l’ampia preoccupazione in Europa che la guerra di Vladimir Putin possa estendersi oltre l’Ucraina - soprattutto con un intervento a pieno titolo della Belarus’ di Lukašenka - la Moldova è sicuramente il primo paese che ha motivo di preoccuparsi. Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il paese ha visto la propria sicurezza compromessa in diversi casi. Nelle prime ore della prima offensiva, il 24 febbraio 2022, l’Autorità per l’aviazione civile moldava aveva ordinato la chiusura dello spazio aereo per evitare di mettere a rischio i voli civili, azione che si è ripetuta a un anno di distanza, il 14 febbraio 2023, quando Chişinău ha nuovamente chiuso lo spazio aereo per qualche ora, adducendo problemi di sicurezza per un oggetto volante non identificato.

“È palesemente chiaro che la Russia è uno Stato aggressore”, ha dichiarato alla BBC Rosian Vasiloi, a capo della polizia di frontiera moldava, sottolineando che la minaccia russa esiste in realtà dal 24 febbraio 2022, semplicemente “ora è diversa: è un mix di minacce dall’interno e dall’esterno della Moldova”.

Zona cuscinetto tra la NATO e la Russia, qualsiasi invasione da parte di Vladimir Putin della Moldova - con il suo governo attuale a guida occidentale, le sue aspirazioni pro-europee e l’ottenimento del recente status di candidato all’UE - potrebbe portare il Cremlino in diretta collisione con l’Occidente. Questo paese – relativamente vicino alle linee del fronte russo lungo la costa meridionale del Mar Nero che a ovest separa l’Ucraina meridionale dalla Romania (membro della NATO e dell’UE) – convive da oltre un anno con le preoccupanti ambizioni di Mosca. La scorsa primavera, mentre le forze russe avanzavano verso la città portuale ucraina di Odessa - a poco più di una cinquantina di chilometri dalla punta orientale della Moldova - gli esperti moldavi lanciavano l’allarme: la conquista di Odessa avrebbe regalato all’esercito di Putin un corridoio terrestre per sbarcare nella regione separatista filorussa della Transnistria, dove sono stanziate circa 1.500 truppe russe e dove si trova la base di Cobasna - una vera e propria polveriera che contiene il più grande deposito di armi illegali di tutta l’Europa orientale con le sue circa 20mila tonnellate di armi e munizioni sovietiche.

Non è quindi stata una sorpresa scoprire che la Moldova è apparsa sulle prime pagine delle più grandi testate occidentali a inizio febbraio, quando i servizi di sicurezza moldavi hanno rivelato i piani russi per destabilizzare il paese attraverso il rapporto del presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj e dell’intelligence ucraina, o quando la Romania ha confermato che un missile russo aveva nuovamente violato la sovranità moldava attraversando il suo spazio aereo in direzione di un obiettivo ucraino il 10 febbraio. La Russia ha dimostrato di utilizzare tutti gli strumenti del suo manuale di guerra ibrida contro la Moldova, ottenendo evidentemente un certo successo, tra cui l’aumento della crisi energetica e la crisi (e poi caduta) del governo Gavrilița.

Al riguardo, se lo scorso autunno i dimostranti organizzati e finanziati dal partito filo-russo Șor (che parrebbe avere stretti legami con la Russia) avevano manifestato per settimane contro il governo Gavrilița, accusandolo di un rincaro del 400% del prezzo del gas e della conseguente inflazione e chiedendo le dimissioni della presidente filoeuropeista, Maia Sandu, le proteste antigovernative di domenica 19 febbraio guidate dalla vice-leader del partito, Martina Tauber, pur ribadendo il malcontento per la situazione del paese, sono riuscite a far scendere in piazza solamente 5mila persone. Secondo il legislatore Siegfried Mureșan, che presiede la delegazione del Parlamento europeo per le relazioni con la Moldova, in visita nella capitale moldava in quei giorni, questa protesta più piccola del previsto dimostra sia la solidità del governo moldavo, sia i limiti della Russia nell’alimentare il malcontento con l’aiuto di politici locali filorussi.

Malcontento che, però, è tornato a provocare una certa tensione nel pomeriggio di ieri, 28 febbraio: alcune migliaia di persone si sono riversate nelle strade di Chişinău, bloccando l’autostrada a nord della città e paralizzando i trasporti pubblici della capitale per manifestare contro il caro bollette e chiedere al governo un’indennità per le spese di elettricità e gas nei tre mesi invernali. L’intervento della polizia, che ha cercato di impedire ai manifestanti di raggiungere il palazzo del governo, ha creato alcuni scontri.

Le spaccature interne: la propaganda, il fronte gagauzo e i rifugiati ucraini

“Il governo deve affrontare l’opposizione interna filo-russa, la guerra e la crisi dei rifugiati, la crisi energetica e un’inflazione che supera il 30%, per non parlare della lotta alla corruzione”, elencava lo scorso agosto l’analista Armand Goșu, storico specializzato nello spazio post-sovietico e professore all’Università di Bucarest. Tutto questo può “assestare un colpo mortale al governo filoeuropeo e mettere a rischio il cammino europeo della Moldova”.

Alcuni giorni prima della manifestazione antigovernativa del 19 febbraio 2023, mentre la presidente, Maia Sandu, aveva avvertito che la Russia stava complottando per inviare nel paese dei sabotatori addestrati in borghese per rovesciare il suo governo filo-occidentale, da Mosca si gridava al tentativo delle autorità moldave di distrarre l’attenzione generale dai propri fallimenti interni di natura economica (crisi energetica), politica (crisi di governo) e sociale (spaccatura tra le popolazioni di lingua rumena e russa).

La Moldova, uno dei paesi più poveri d’Europa, ha certamente numerose problematiche interne da affrontare, determinanti per il processo di candidatura di Chişinău a Stato membro dell’UE. La corruzione e il sistema oligarchico del paese sono problemi decennali che l’attuale governo pro-UE fatica a contenere, a cui si sommano le carenze giudiziarie evidenziate anche in un recente rapporto del Consiglio d’Europa. Tutto ciò, però, impallidisce di fronte alla questione energetica: Gazprom ha ridotto le esportazioni di gas verso la Moldova e l’Ucraina ha interrotto del tutto le esportazioni di energia a causa degli attacchi missilistici russi dell’ultimo anno di guerra. A novembre, addirittura, gli attacchi russi all’Ucraina hanno causato blackout elettrici in metà del paese, che si salva grazie a un inverno piuttosto mite e agli aiuti degli Stati membri dell’UE, in particolare la vicina Romania, i quali hanno accettato di fornire fino al 90% del fabbisogno energetico al paese. 

Secondo quanto riferito dall’Associated Press lo scorso novembre, i membri della NATO si sarebbero offerti di aiutare Chişinău anche in materia di sicurezza e addestramento alla difesa di fronte alle pressioni russe perché, con un equipaggiamento militare quasi del tutto obsoleto, la Moldova ha bisogno di aiuti esterni. Inoltre, attraverso una revisione del suo sistema di difesa informatica grazie all’assistenza dell’UE, la Moldova sta combattendo anche contro la disinformazione russa, anche se ciò non ha completamente impedito alla marea di attacchi informatici di insinuarsi nel paese. Chişinău, però, si è dimostrata piuttosto abile nel combattere la propaganda seppur causando non pochi malcontenti (specie nelle regioni filorusse della Transnistria e della Gagauzia), ma contribuendo così a ridurre l’influenza che i politici e gli uomini d’affari sostenuti dalla Russia hanno sulle sue istituzioni. A dicembre, le autorità hanno sospeso la licenza a sei canali televisivi filorussi (TV6, Orhei TV, Primul in Moldova, Accent TV, NTV Moldova e RTR Moldova) per proteggere lo spazio informativo nazionale e prevenire il rischio di disinformazione e manipolazione dell’opinione pubblica. In merito, alcuni deputati della fazione socialista-comunista della Gagauzia - entità territoriale autonoma turanica e ortodossa della Moldova che conta circa 160mila abitanti e che, pur con un occhio di riguardo ad Ankara, rivolge da sempre uno sguardo a Mosca - hanno accusato le autorità di Chişinău di dittatura, oppressione dei russofoni e di voler intenzionalmente distruggere la Chiesa ortodossa in Moldova. Nella regione, infatti, la lingua rimane indubbiamente una questione fondamentale quanto delicata: sebbene il rumeno (moldavo), il gagauzo e il russo siano lingue ufficiali alla pari, è il russo la lingua di insegnamento usata nel 95% delle scuole, dalla rete televisiva della regione e dal principale quotidiano locale, Vesti Gagausii. Questi legami storici e socio-politici profondamente radicati con Mosca fanno sì che la propaganda russa domini nella Gagauzia moldava. 

All’inizio di settembre, quando Maia Sandu ha visitato la regione - intervenendo anche all’Università Statale di Comrat, dove ha annunciato un programma di lingua rumena per adulti in Gagauzia per il 2023 - le autorità locali l’hanno accusata di essere una pedina dell’Occidente e di voler rompere le buone relazioni con la Russia. La crisi energetica ed economica, che ha colpito duramente la zona già impoverita, ha indubbiamente alimentato questi sentimenti di ingiustizia. Come afferma Denis Cenusa, esperto associato del Centro Studi sull’Europa Orientale e del think tank economico indipendente Expert-Group, sebbene non si possa escludere la sovversione coordinata dalla Russia, le autorità moldave devono anche vigilare sui rischi che provengono dalla Transnistria e dalla Gagauzia: “Le minacce più potenti per la Moldova che la Russia può attivare più rapidamente provengono dall’interno”.

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Dal canto suo, l’Europa deve, in un certo senso, ringraziare questo piccolo paese di 2,6 milioni di abitanti perché, nonostante tutte le debolezze interne, finora ha saputo gestire al meglio il grande flusso di rifugiati dall’Ucraina. Dall’invasione su larga scala del 24 febbraio 2022, più di 765mila persone sono passate dalla Moldova che sta ospitando più di 108mila rifugiati registrati ufficialmente, secondo quanto riportano i dati raccolti dalle Nazioni Unite. Durante una visita a Chişinău della scorsa primavera, il Segretario Generale dell’ONU, António Guterres, ha parlato della fragile posizione in cui si trova il paese di Maia Sandu, osservando che “la Moldova è di gran lunga il paese che ha accolto il maggior numero di rifugiati, in proporzione alla propria popolazione” e che “si trova in "prima linea per la conservazione, la pace e la stabilità nel mondo”. Perché, effettivamente, la Moldova ha alleggerito notevolmente la pressione dell’Europa nella gestione dei rifugiati, molti dei quali hanno scelto di rimanere nel paese principalmente per due motivi: la vicinanza e la possibilità di tornare saltuariamente in Ucraina grazie agli ottimi collegamenti e la facilità di integrarsi (la cultura moldava condivide molte somiglianze con quella ucraina anche per la presenza di una minoranza moldava in Ucraina). 

La Russia potrebbe quindi sperare che la Moldova ceda sotto questo afflusso di rifugiati, contribuendo così a creare ulteriori spaccature interne e a destabilizzare ancora di più l’Europa verso la quale Maia Sandu sta dirigendo il proprio paese per non ritrovarsi sotto il giogo di Mosca che, attraverso le parole del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, ha definito la Moldova “la prossima Ucraina”.

Immagine in anteprima via gazetasi.al

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