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Come è nata e si è diffusa la storia della mimo “stuprata e uccisa dalla polizia cilena”. E cosa sappiamo

26 Novembre 2019 12 min lettura

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Come è nata e si è diffusa la storia della mimo “stuprata e uccisa dalla polizia cilena”. E cosa sappiamo

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Nei giorni scorsi si è diffusa in Italia la storia della morte di Daniela Carrasco, artista di strada di 36 anni, nota come “El Mimo”, trovata impiccata lo scorso 20 ottobre in uno dei quartieri periferici di Santiago del Cile. L’artista di strada aveva partecipato alle prime manifestazioni di protesta per il rincaro del costo dei biglietti della metropolitana.

In base al rapporto del medico legale e le dichiarazioni della Procura (che ha avviato un'indagine ancora in corso sulle cause e circostanze della sua morte), consegnate alla famiglia 3 giorni dopo il suo ritrovamento, Daniela Carrasco sarebbe morta per soffocamento per impiccagione e sul suo corpo non ci sarebbero lesioni fisiche attribuibili a violenze sessuali. Tutto questo farebbe propendere per un caso di suicidio.

Questa ipotesi è stata immediatamente respinta dalla coordinatrice di "Ni Una Menos – Chile" che, pochi giorni dopo la morte del mimo, aveva dichiarato che “Daniela è stata violentata, torturata, nuovamente violentata fino al punto di toglierle la vita”, e dalla rete di attrici cilene che avevano denunciato che Carrasco “è stata rapita dalle forze militari nei giorni della protesta il 19 ottobre” e avevano fatto un appello al governo e alla ministra Isabel Pla affinché fosse fatta luce sulla morte dell’artista di strada e su altre 12 denunce di violenza sessuale da parte delle forze dell’ordine.

All'epoca dei fatti non risultavano reclami da parte della famiglia al National Institute of Human Rights (NHRI) cileno che sta raccogliendo le denunce di casi di abusi e violenze delle forze dell'ordine.

Questa notizia è arrivata in Italia con un mese di ritardo, condivisa inizialmente sui social nella versione dell'artista di strada "torturata e uccisa dalla polizia cilena", rilanciata da gruppi come "Non Una di Meno" ("percorso nato dal confronto tra diverse realtà femminili e femministe che da diversi anni stanno ragionando su alcuni temi come educazione alle differenze, libertà di scelta, ecc.") e poi da politici, giornalisti e associazioni come Libera e Gruppo Abele in quanto simbolo delle violenze in Cile nei confronti delle donne e monito per intimidire chi, soprattutto se donne, sta partecipando alle manifestazioni nel paese sudamericano, e poi ripresa da alcune testate giornalistiche come se si trattasse di un aggiornamento sulle circostanze che hanno portato alla morte di Daniela Carrasco rispetto alla prima ipotesi di suicidio.

Fatti che si sono concentrati in pochi giorni (morte di Daniela Carrasco, ipotesi del suicidio, consegna del referto del medico legale alla famiglia, accuse di "Ni Una Menos – Chile e rete delle attrici cileni di torture fino alla morte da parte della polizia) sono stati raccontati in alcuni articoli circolati in Italia come se accaduti a distanza di tempo gli uni dagli altri [ndr, il Corriere della Sera, nel riportare la notizia, ha scritto che la famiglia ha avuto il rapporto dell'autopsia il 20 novembre, un mese dopo il ritrovamento del corpo dell'artista di strada], contribuendo, in un certo modo, ad avvalorare la percezione che dopo l'ipotesi iniziale del suicidio si stia facendo strada la possibilità che la mimo sia stata uccisa dalle forze di sicurezza cilena. Ma si tratta, come vedremo, di due ipotesi in contrasto tra di loro sin dai giorni immediatamente successivi alla morte di Daniela Carrasco.

Nel frattempo, la famiglia ha chiesto cautela nelle dichiarazioni a proposito della loro congiunta mentre le avvocate dell'associazione "Abogadas Feministas Chile" che seguono sin dal primo momento il caso hanno chiesto al pubblico ministero che indaga sul caso "che faccia tutte le verifiche del caso per scartare l'ipotesi della partecipazione di terzi alla sua morte" ed esigono dai cittadini cileni e dai giornali di non condividere informazioni non verificate.

In un'intervista a Open Daniela Watson Ferrer, responsabile delle comunicazioni di "Abogadas Feministas Chile" ha aggiunto che la sera prima di essere trovata senza vita Daniela Carrasco era a casa, che «la famiglia prosegue la tesi del suicidio che, viste le prove in mano, risulta quella plausibile», non scartando, però, «eventuali novità» e che sono in corso «perizie da parte di terzi sul corpo e sulla lettera [ndr, lasciata dalla mimo], ma i risultati potrebbero tardare e forse dovremmo aspettare un anno prima di consultarli».

Le vicissitudini che hanno portato alla morte di Daniela Carrasco sono ancora lontane dall'essere definite e, nel loro insieme, costituiscono una vicenda che giornalisticamente va al di là del fact-checking e fa riflettere sui meccanismi e le dinamiche che portano una storia, dai contenuti ancora poco chiari e difficili da verificare, a diventare una notizia che, pur non pienamente appurata, risulta credibile e acquisisce senso nella cornice in cui viene inserita e nelle interpretazioni che attiva.

Leggi anche >> La violazione dei diritti umani in Cile

Per come è stata raccontata, la storia della morte di Daniela Carrasco "torturata fino alla morte dalla polizia" è diventata una notizia dai tratti quasi esemplari e dalla forte carica simbolica [ndr, anche la foto della mimo diventata virale insieme alla notizia non è di Daniela Carrasco], credibile all'interno del contesto di violazione dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza cilena durante le proteste dell'ultimo mese in Cile [ndr, ne abbiamo parlato approfonditamente qui], come ammesso recentemente anche dal presidente Sebastián Piñera (che ha promesso azioni immediate contro gli abusi) e sulle quali stanno indagando i pubblici ministeri locali, una delegazione inviata dall’Alta commissaria Onu per i diritti umani, l’ex presidente cilena Michelle Bachelet (che ha duramente condannato quanto sta accadendo in Cile) e un team della Commissione inter-americana per i diritti umani ha svolto un sopralluogo di 4 giorni a Santiago del Cile. Ma, al tempo stesso non corrisponde pienamente alla versione che, a un certo punto, è stata accreditata in Italia.

Come è nata e si è diffusa la notizia della mimo violentata e torturata fino alla morte

La prima a diffondere la notizia della mimo "violentata e uccisa dalla polizia" è stata @en__abyme su Twitter il 20 novembre mattina. "Daniela Carrasco 'la Mimo', artista di strada cilena di 36 anni, alcune ore dopo essere stata fermata dai militari, è stata trovata impiccata ad un recinto ed esposta in un comune della città metropolitana di Santiago del Chile. Violentata e torturata fino alla morte", scrive @en__abyme che, subito dopo, in un tweet correlato aggiunge: "Le compagne dei collettivi femministi sostengono sia stato un monito per intimidire chi, soprattutto se donna, sta partecipando alle mobilitazioni di questi giorni in Cile", associando la morte dell'artista di strada, avvenuta più di un mese fa, praticamente all'inizio delle proteste per il rincaro dei biglietti della metro in Cile.

Tra le risposte c'è chi fa notare che si tratta di una vicenda risalente a un mese prima che non aveva avuto risalto sulle testate giornalistiche internazionali fatta eccezione per alcuni siti in lingua spagnola.

Il tweet di @en__abyme ottiene migliaia di retweet e like e nel corso della mattina la storia della "mimo trovata impiccata a un recinto ed esposta in un comune della città metropolitana di Santiago del Chile, violentata e torturata fino alla morte" inizia a essere condivisa parola per parola accompagnato dai link ad articoli di RT, laizquierdadiario e biobiochile che in quei giorni avevano parlato della morte della mimo e delle circostanze in cui era stato trovato il suo corpo.

Nel pomeriggio viene condiviso un articolo di Peacelink, rete ecopacifista nata nel 1991 che traduce integralmente l'articolo pubblicato da biobiochile lo scorso 25 ottobre.

Nel pezzo pubblicato da Peacelink, dal titolo "Lo strano suicidio di Daniela Carrasco: mimo" si legge che "la procura del Sud sta indagando sulla morte di una trentaseienne, trovata impiccata domenica scorsa (20 ottobre, NdT) in una terra desolata vicino al parco "André Jarlan", nel comune di Pedro Aguirre Cerda, nella regione metropolitana. Questa donna è Daniela Carrasco, conosciuta a tutti col nomignolo di "Mimo", il cui corpo è stato trovato da un uomo che ha registrato un filmato del drammatico momento, notificando suoi sospetti alla polizia, ovvero che - secondo la sua testimonianza - sarebbe stato trovata nelle vicinanze del luogo. La polizia e il medico legale si sono recati nel luogo in cui è stato ritrovato il corpo, mentre l'autopsia è stata effettuata il giorno successivo. Il referto è stato notificato ai suoi parenti mercoledì [ndr, grassetto nostro]; così come l'agenzia ha confermato a BioBioChile".

Nell'articolo vengono poi riportate le posizioni di "Ni Una menos – Chile" e della rete di attrici cilene, che accusavano all'epoca che Daniela Carrasco era stata rapita dalle forze militari nei giorni della protesta delle 19 ottobre ed era "stata violentata, torturata, nuovamente violentata fino al punto di toglierle la vita".

Il pezzo si chiude riportando che, secondo fonti dell'ufficio del procuratore, la morte dell'artista di strada era stata classificata come suicidio, che secondo il rapporto del medico Daniela Carrasco era morta "per soffocamento dovuto dall'impiccagione, escludendo la partecipazione di terzi",  che "il rapporto della polizia ha stabilito che il corpo non ha registrato lesioni fisiche attribuibili a una violenza sessuale" e che "al momento attuale il National Institute of Human Rights (NHRI) non ha ricevuto un reclamo formale per questo caso, che viene indagato dalla Procura della Repubblica del Sud".

I contenuti dell'articolo di Peacelink iniziano a essere ripresi da alcuni siti di informazione e testate giornalistiche e così la storia della mimo torturata e violentata prima di essere impiccata ed esposta diventa una notizia.

In questa cornice che va pian piano definendosi, la morte di Daniela Carrasco viene associata ad altri casi di rapimenti, omicidi e violenze nei confronti delle donne, come nei casi di Silvia Romano e Daphne Caruana Galizia, ad esempio.

Il giorno dopo, la notizia dello "strano suicidio" di Daniela Carrasco si diffonde associato agli hashtag #giustiziapermimo, #justiciaparadaniela e #justiciaxlamimo. Giornalisti, politici, professori universitari, organizzazioni e attivisti, tutti parlano della "tragica fine di Daniela Carrasco", uccisa ed esposta come un trofeo come monito e dei costi di essere artista, attivista e donna in questo momento in Cile .

La storia di Daniela Carrasco diventa esemplare per i suoi connotati violenti e tragici.

Nel frattempo cominciano a uscire i primi articoli al riguardo. La notizia (il cui ciclo si è esaurito in Cile e anche all'estero) circola in Italia come se si trattasse di un aggiornamento sulla morte di Daniela Carrasco, avvenuto un mese fa.
Pur non citato, i contenuti dell'articolo di Peacelink vengono ripresi da Huffington Post Italia, per primo, e poi da altre testate giornalistiche.

Huffington Post:

Fanpage:

Globalist:

il Fatto Quotidiano:

Tutti gli articoli riprendono l'articolo di biobiochile del 25 ottobre così come è stato tradotto da Peacelink e inseriscono la storia della morte di Daniela Carrasco nella cornice delle violenti proteste in Cile dell'ultimo mese,  e delle dichiarazioni del presidente Piñera che in una recente dichiarazione ha ammesso possibili violazioni dei diritti umani da parte delle forze dell'ordine e ha promesso azioni immediate contro gli abusi.

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In serata usciva anche un articolo del Corriere della Sera che, a sua volta riprendeva come gli altri l'articolo di biobiochile decontestualizzando però la cronologia dei fatti contenuti al suo interno. Nel pezzo del Corriere, il referto dell'autopsia, consegnata famiglia di Daniela Carrasco mercoledì 23 ottobre, 3 giorni dopo la sua morte , diventa "mercoledì 20 novembre", dilatando una notizia i cui eventi in realtà sono concentrati in pochi giorni e contribuendo, in un certo modo, a rafforzare la percezione che dopo l'ipotesi iniziale del suicidio si stesse facendo strada una nuova versione dei fatti e che fosse in atto in Cile una discussione che in realtà è circoscritta all'Italia. È da segnalare che su Twitter il 20 novembre l'account di "Ni Una Menos – Chile" non ha twittato nulla sulla vicenda di Daniela Carrasco.

Nei giorni scorsi, la famiglia di Daniela Carrasco e le avvocate dell'associazione "Abogadas Feministas Chile" (che seguono sin dal primo momento il caso) hanno chiesto cautela nelle dichiarazioni e di non diffondere e condividere informazioni non verificate in attesa che il pubblico ministero che indaga sul caso "faccia tutte le verifiche del caso per scartare l'ipotesi della partecipazione di terzi alla sua morte". Quasi a sottolineare, come scrive Paolo Hutter su Il Fatto Quotidiano, che "per difendere i diritti umani e richiamare l’attenzione sui carabinieri cileni non c’è bisogno di esagerare storie come questa".

Immagine in anteprima via Beatrice Brignone

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