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Centri di detenzione Usa, le terribili condizioni dei bambini migranti: separati dai genitori, denutriti e in condizioni igienico-sanitarie spaventose

15 Luglio 2019 15 min lettura

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Centri di detenzione Usa, le terribili condizioni dei bambini migranti: separati dai genitori, denutriti e in condizioni igienico-sanitarie spaventose

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"La politica di immigrazione del presidente Trump ha superato il limite passando dalla crudeltà gratuita al sadismo senza mezzi termini. Probabilmente a lui piace vedere bambini innocenti ammassati nel sudiciume e nello squallore. Forse ritiene che sia questa l'America. Sostenitori di Trump, dite che ha ragione? Membri repubblicani del Congresso, secondo voi? È quello che volete?".

Questi gli interrogativi posti dal premio Pulitzer Eugene Robinson, giornalista e analista politico, in un editoriale pubblicato sul Washington Post all'indomani della visita del 17 giugno di un gruppo di avvocati, medici e attivisti al centro detentivo per migranti di Clint, nei pressi di El Paso, Texas, in occasione della quale non è stato possibile visionare la struttura ma avere l'opportunità di intervistare più di 50 dei circa 351 minori trattenuti in un complesso che può contenerne al massimo poco più di 100.

via CNN

La maggior parte dei bambini presenti a Clint provengono da El Salvador, Guatemala e Honduras. Più di 100 hanno un'età inferiore a 13 anni, mentre 18 non superano i 4 anni. Il più piccolo ha 4 mesi e mezzo.

L'accesso - autorizzato per monitorare l'applicazione, da parte dell'amministrazione, della legge sul trattamento dei bambini migranti - ha dato la possibilità di testimoniare le condizioni raccapriccianti e disumane in cui versano i minori separati dalle famiglie in attesa dell'esame della richiesta d'asilo, come stabilito dal provvedimento entrato in vigore lo scorso aprile 2018 e nonostante il passo indietro del presidente americano Donald Trump del 20 giugno 2018 con cui, attraverso un decreto, ha disposto che le famiglie di migranti rimangano unite.

Al termine della visita, come riporta il Washington Post, l'immagine rimasta stampata nella mente di W. Warren H. Binford, uno dei sei avvocati entrati nel centro, profonda conoscitrice e sostenitrice dei diritti dei minori, stimata a livello internazionale e docente di diritto nonché direttrice del programma di Clinica del diritto alla Willamette University, è quella di una giovane mamma di 15 anni e del suo bambino coperto di muco. Nonostante continuasse ripetutamente a sciaquare con l'acqua i vestitini del piccolo la ragazzina non riusciva a pulirli. Perché nel centro non c'è sapone. E neanche cibo per neonati. Solo cereali a colazione, minestra già pronta per pranzo e burrito ghiacciato per cena.

L'assenza di sapone non è casuale ma una scelta deliberata. A sostenerlo è stata la stessa amministrazione Trump, il 18 giugno, durante un'udienza svoltasi dinanzi a una giuria del Nono Circuito, a San Francisco, che ha dichiarato che il governo non è tenuto a fornire sapone o spazzolini da denti ai minori trattenuti al confine tra Stati Uniti e Messico e che può farli dormire su pavimenti di cemento, in celle fredde e sovraffollate, nonostante un accordo preveda che i detenuti siano trattenuti in strutture "sicure e igieniche".

«Sta seriamente sostenendo di non leggere l'accordo perché chiede di fare qualcosa di diverso da quello che ho appena elencato e cioé freddo durante la notte, luci accese per tutta la notte, dormire sul cemento con un foglio di alluminio come coperta? Trovo inconcepibile che il governo dica che tutto questo sia sicuro e igienico», ha detto uno dei tre giudici del Nono Circuito William Fletcher rivolgendosi a Sarah Fabian del dipartimento di Giustizia che rappresentava l'amministrazione americana.

Le storie raccontate dai minori trattenuti nel centro di Clint hanno sconvolto chi le ha ascoltate. «Siamo rimasti semplicemente inorriditi», ha dichiarato Binford al Washington Post.

Grazie alle interviste si è potuto appurare che i minori non solo non venivano assistiti ma erano abbandonati, trascurati, dimenticati. Bambini che non si lavavano da giorni, alcuni con i pidocchi, altri con l'influenza. Bambini, gli unici a prendersi cura di altri bambini.

«Erano sporchi, avevano muco sulle magliette.... E cibo. Anche sui pantaloni. Ci hanno detto di essere affamati. Ci hanno detto che alcuni di loro non avevano fatto la doccia o non l'avevano fatta fino a uno o due giorni prima del nostro arrivo. Molti hanno raccontato di aver lavato i denti solo una volta. Il centro sapeva dalla settimana precedente che saremmo arrivati. Il governo da tre settimane».

«Ho sempre fame qui a Clint. Sono così affamato che mi sveglio nel cuore della notte. A volte mi sveglio per la fame alle 4 del mattino, a volte in altre ore. Ho troppa paura di chiedere agli agenti altro cibo, nonostante non ce ne sia mai abbastanza per me», ha raccontato uno dei piccoli testimoni a Binford.

I bambini hanno detto agli avvocati che nessuno si occupa di loro. In alcuni casi sono quelli più grandi a farlo con i più piccoli, in altri casi viceversa. Sono gli stessi agenti a chiedere ai ragazzi di scegliere chi accudire tra piccoli di due, tre, quattro anni. Nonostante poi accada, col passare del tempo, che i ragazzini più grandi mollino e che i piccoli siano consegnati ad altri bambini o restino soli.

Durante l'intervista ad una ragazzina di 14 anni, il bimbo da lei accudito di 2 anni ha fatto la pipì bagnandola perché sprovvisto di pannolino. Al centro non ci sono neanche quelli. La ragazza ha guardato Binford sollevando le spalle, consapevole di non sapere cosa fare.

Molti minori hanno raccontato di aver dormito su un pavimento di cemento. La maggior parte ha riferito di avere ricevuto due coperte, del tipo di quelle usate dai militari, di lana ispida, una da mettere a terra, l'altra da utilizzare per coprirsi. Altri ne hanno avuta una soltanto e non sapevano se usarla per stendersi o per proteggersi dall'aria condizionata.

Gli esperti legali che monitorano il trattamento dei bambini migranti raramente diffondono i rispettivi resoconti, ma Binford e i suoi colleghi sono rimasti talmente tanto scossi da ciò che hanno visto e sentito da doverlo rendere pubblico.

«Per 12 anni ho visitato bambini detenuti in custodia sotto l'autorità del servizio federale di immigrazione», ha dichiarato al Guardian Elora Mukherjee, direttrice del dipartimento di Clinica legale per i diritti degli immigrati alla Columbia Law School, un'altra dei legali che hanno avuto accesso al centro. «Non ho mai visto nulla di simile. Non ho mai visto, odorato, dovuto testimoniare condizioni così degradanti e inumane». Anche lei, come la collega Binford, ha visto i vestiti sporchi indossati dai bambini, alcuni macchiati di fluidi corporei tra cui latte materno, urina e muco, gli stessi abiti che avevano quando hanno attraversato il confine, giorni o settimane prima.

Mukherjee ha raccontato che sono sette i minori morti mentre si trovavano sotto la custodia del servizio federale o poco dopo essere stati rilasciati. Nei 10 anni precedenti non era stato registrato alcun decesso. «Ci siamo estremamente preoccupati e abbiamo pensato che altri bambini sarebbero potuti morire se non avessimo parlato pubblicamente», ha detto.

Una volta arrivati a Clint, gli avvocati sono venuti a conoscenza della presenza di alcuni minori in quarantena a causa di un'epidemia di influenza. I ragazzi non sono stati intervistati di persona, per assicurare cure mediche adeguate, per cui i legali hanno comunicato telefonicamente soltanto con quelli più grandi.

Secondo quanto previsto dalla legge i minori non dovrebbero essere trattenuti. La maggior parte avrebbe dovuto essere rilasciata dopo poco per essere accudita da un genitore, un parente o un tutore negli Stati Uniti.

Clara Long, ricercatrice senior sugli Stati Uniti di Human Rights Watch, che ha fatto parte del gruppo entrato nel centro di Clint, ha raccontato di essere rimasta devastata da ciò che ha visto.

Come l'incontro con due fratelli, una bambina di tre anni con i capelli arruffati, tosse secca, pantaloni sporchi di fango e occhi che a malapena si aprivano per la stanchezza e suo fratello di 11, entrambi rinchiusi prima in una gabbia e poi in una cella dopo essere stati separati dallo zio di 18 anni con cui avevano attraversato il confine a maggio scorso.

«Le cose che ho visto durante questa settimana sono in linea con le precedenti conclusioni a cui era giunta Human Rights Watch sulle conseguenze dei danni subiti dai bambini causati da settimane di detenzione invece che da giorni. Il Congresso dovrebbe indagare e agire con urgenza per fermare questi abusi senza senso, e chiedere alle agenzie di immigrazione di rilasciare questi bambini prima possibile per lasciarli ricongiungere ai loro familiari», ha dichiarato Long.

Se i resoconti di Binford, Mukherjee e Long disegnano un quadro già grave, peggiori sono i racconti di Dolly Lucio Sevier, un medico che si è occupato di 39 minori reclusi nel centro detentivo Ursula a McAllen, Texas, dopo la segnalazione di alcuni avvocati che avevano scoperto un'epidemia di influenza a causa della quale cinque bambini erano stati ricoverati nell'unità di terapia intensiva neonatale.

Per avere la possibilità di far accedere Lucio Server alla struttura di McAllen i legali che rappresentano i bambini hanno minacciato di denunciare il governo se la visita fosse stata negata. Questi avvocati appartengono a un team che lavora per verificare l'applicazione dell'accordo di Flores del 1997 che ha definito gli standard di detenzione per i minori non accompagnati, incluso il trattenimento per non più di 72 ore in "un ambiente meno restrittivo possibile, appropriato all'età del bambino e alle sue particolari necessità".

"Le condizioni detentive potevano essere paragonate a quelle delle strutture dove viene praticata la tortura", ha scritto Lucio Sevier in una relazione medica rilasciata in esclusiva ad ABC News.

"Temperature fredde estreme, luci accese 24 ore al giorno, nessun accesso adeguato a cure mediche, servizi igienici di base, acqua o cibo".

Secondo quanto riportato da Lucio Sevier, tutti i bambini che sono stati visitati hanno mostrato sintomi da trauma psicologico. Gli adolescenti hanno raccontato di non aver potuto lavare le mani durante tutto il periodo di detenzione. Secondo il medico questo comportamento ha causato "intenzionalmente la diffusione della malattia". Per Lucio Sevier la struttura "era peggio di una prigione".

«Immagina i tuoi figli in quel posto - ha detto il medico ad ABC News - Io non riesco ad immaginare che mio figlio possa stare lì senza subire conseguenze devastanti».

Secondo la relazione medica le condizioni dei neonati erano ancora più spaventose. Molte madri adolescenti in custodia hanno descritto di non avere la possibilità di lavare i biberon.

"Negare ai genitori la possibilità di lavare i biberon dei propri bambini è irragionevole e potrebbe essere considerato un abuso mentale ed emotivo intenzionale", ha scritto Lucio Sevier.

Ai piccoli che avevano superato i 6 mesi non è stato fornito cibo adeguato all'età e al loro fabbisogno nutrizionale.

Nessun accesso ai centri è stato consentito ai giornalisti che sono stati tenuti alla larga e che non hanno potuto scrivere i propri articoli basandosi su testimonianze dirette.

Come racconta Paul Fahri in un articolo pubblicato dal Washington Post "il blackout informativo ha lasciato la maggior parte degli americani all'oscuro sulle condizioni delle strutture governative progettate per gestire i migranti che hanno attraversato il confine. Le fotografie e le immagini televisive sono rare e spesso datate. Ancora più rare le interviste rilasciate da dirigenti e dipendenti delle agenzie federali o dai bambini stessi.

Giornalisti, funzionari governativi e difensori dei diritti dei migranti concordano sul fatto che consentire ai giornalisti di vedere in prima persona le strutture cambierebbe le percezioni pubbliche sul trattamento dei migranti ma non sul come".

«Se i giornalisti avessero accesso ai centri di detenzione al confine dove i bambini sono tenuti in condizioni disgustose, quei centri non esisterebbero», ha detto ai giornalisti Elora Mukherjee. «Se i video fossero pubblicati ci sarebbero forti cambiamenti» perché la protesta sarebbe enorme.

Caitlin Dickerson che si occupa di temi riguardanti l'immigrazione per il New York Times, ha detto che ottenere l'accesso alle strutture di detenzione - mai facile in nessuna circostanza - è diventato ancora più difficile da dicembre, quando due bambini sono morti mentre si trovavano in custodia federale. Dickerson non è sicura se i funzionari stiano intenzionalmente impedendo l'accesso ai giornalisti o se non riescano a gestire l'aumento delle richieste di accesso da parte dei media.

In ogni caso le visite consentite riservate alla stampa sono generalmente brevi ed estremamente organizzate, senza interviste. L'accesso è solitamente limitato a una parte della struttura.

Quando si sono diffuse le notizie sulle condizioni dei centri molte persone hanno espresso il desiderio di dare una mano ai bambini ospitati nelle strutture. Ma dopo aver acquistato giocattoli, sapone, spazzolini da denti, pannolini e medicine hanno saputo che nessun tipo di donazione sarebbe stato accettato.

Intervistati da Texas Tribune i residenti locali, che hanno tentato invano di donare alle strutture di Clint e McAllen, hanno confermato l'impossibilità di poter consegnare quanto acquistato.

Il deputato democratico del Texas Terry Canales ha twittato raccontando che dopo aver parlato con la polizia di frontiera, gli è stato detto che le donazioni non erano gradite.

"A questi ragazzi non vengono offerti i servizi essenziali e non ottengono ciò di cui hanno bisogno", ha detto Canales in una conversazione con un responsabile della polizia di frontiera di Rio Grande Valley degli Stati Uniti, Border Patrol. "Abbiamo discusso di pannolini, prodotti per l'igiene, e ho insistito sul fatto che sembra terribile non soddisfare i loro bisogni e non accettare le donazioni della gente".

L'1 luglio scorso un gruppo di deputati del Congresso, tra cui Alexandria Ocasio-Cortez, si è recato nel centro di Clint. In una serie di tweet Ocasio-Cortez ha raccontato di aver incontrato donne che piangevano per la paura di essere punite, di contrarre malattie, per disperazione, per mancanza di sonno, perché traumatizzate.

Ocasio-Cortez ha anche raccontato dettagli terrificanti di donne costrette a bere dalle tazze del gabinetto a causa della mancanza di accesso all'acqua.

Come molti altri membri del Congresso che hanno visitato le strutture, Ocasio-Cortez si è detta scioccata dalla mancanza di responsabilità di chi lavora al centro.

In un'intervista alla CNN la deputata Madeleine Dean ha raccontato il suo incontro dietro un vetro con alcuni bambini migranti rinchiusi in una gabbia. «Abbiamo cercato di urlare e qualcuno gli ha detto che eravamo membri del Congresso che speravano di aiutare, di capire, e quando ho scritto velocemente una frase su un pezzo di carta e l'ho appoggiato sul vetro, la guardia mi ha bloccata. La frase diceva semplicemente: 'Vi vogliamo bene, vi amiamo' e i bambini ci hanno sorriso».

«E sapete cosa hanno fatto? Ci hanno passato un biglietto attraverso il pavimento, sotto la porta, e siamo finiti nei guai. La guardia temeva che gli stessimo dando qualcosa mentre erano stati i bambini ad averci scritto un biglietto che diceva: 'Come possiamo aiutarvi?'. I bambini volevano aiutarci».

Nonostante le visite a Clint e McAllen abbiano messo in luce le condizioni aberranti e sconvolgenti a cui sono sottoposti i minori trattenuti, il presidente Trump continua a fare dell'immigrazione un punto fermo della politica "tolleranza zero" della sua amministrazione e una questione chiave in vista delle prossime elezioni presidenziali del 2020. Dopo aver minacciato di espellere più di 2.000 immigrati senza documenti e comunicato di prorogare di due settimane il termine previsto per procedere a quest'operazione, il presidente ha twittato la sua intenzione di "sistemare il confine meridionale" invitando i Democratici a sostenerlo.

Lo stesso giorno in un'intervista rilasciata a Chuck Todd per la trasmissione "Meet the Press" di NBC incalzato da varie domande in cui gli si chiedeva conto delle condizioni dei minori migranti nei centri detentivi Trump ha accusato il suo predecessore Barack Obama di aver disposto la separazione delle famiglie (effettivamente l'amministrazione Obama ha previsto la separazione delle famiglie ma solo in casi molto rari in cui la sicurezza del bambino veniva messa seriamente a rischio) e di averne ereditato la legge a cui ha posto fine col provvedimento del 2018 e ha criticato i Democratici per non voler cambiare le leggi sull'immigrazione causando, di fatto, questa emergenza, non approvando, inoltre, lo stanziamento di 4,6 miliardi di dollari destinati all'emergenza migranti al confine con il Messico, di cui 2,88 riservati ai minori non accompagnati.

In un articolo pubblicato da Houston Chronicle la situazione relativa alle separazioni delle famiglie immigrate che giungono al confine meridionale statunitense appare ben diversa da quella raccontata dal presidente. Ad un anno dalla firma dell'ordine esecutivo che avrebbe dovuto porre fine a questa politica crudele e controversa e dall'ordinanza di un giudice federale che ha disposto il ricongiungimento di più di 2.800 bambini separati dai propri genitori, è stato concesso al governo di continuare a dividere le famiglie esclusivamente quando il genitore rappresentava un pericolo per il figlio o se aveva commesso qualche reato o fosse affiliato a qualche gruppo non riconosciuto. In realtà da giugno 2018 a maggio 2019, secondo i dati forniti dal governo all'American Civil Liberties Union (ACLU), più di 700 bambini hanno continuato ad essere separati dai propri genitori o da parenti spesso per ragioni poco chiare o con motivazioni di poca consistenza.

«Negli ultimi mesi questi casi sono aumentati drasticamente», ha dichiarato allo Houston Chronicle Lee Gelernt, avvocato della ACLU che sostiene che il governo sta applicando regole restrittive rispetto a casi che dovrebbero rappresentare un'eccezione.

Secondo Gelernt molti casi coinvolgono bambini piccoli, figli di genitori accusati di aver commesso reati come violazioni del codice stradale.

«Il governo decide unilateralmente che i genitori sono un pericolo e poi li separa senza informare le strutture che ospitano i bambini che il bambino è stato separato dalla famiglia, senza dire al genitore il motivo della separazione e senza concedere alcun diritto alla famiglia di contestare la decisione», ha proseguito Gelernt.

Lo scorso 25 giugno, nonostante la Camera abbia approvato un nuovo disegno di legge per lo stanziamento di 4,5 miliardi dollari da destinare all'emergenza, un nuovo scontro politico si è aperto tra i Democratici e il presidente Trump che ha minacciato di porre il veto al provvedimento che potrebbe passare anche in Senato senza essere modificato e quindi prevedendo di non porre restrizioni su come i fondi possano essere usati, come lui avrebbe voluto.

«La mia speranza è che sia partito dalla Camera un messaggio importante e che il Senato faccia ciò che ha detto di voler fare, destinando gli aiuti umanitari ai più vulnerabili di cui ci stiamo occupando» ha dichiarato ad Al Jazeera la deputata democratica di El Paso Veronica Escobar.

La legge approvata alla Camera prevede, infatti, finanziamenti per "letti, coperte, pannolini, cibo e assistenza legale", ha detto Escobar ai giornalisti, oltre a sostenere "alternative alla detenzione, politiche che sappiamo hanno funzionato in modo efficace in passato, ma che sono state abbandonate da questa amministrazione a favore della carcerazione. Stiamo anche finanziando un programma pilota per assicurarci che le organizzazioni no-profit e le forze dell'ordine siano in grado di accelerare l'arrivo delle famiglie presso i loro sponsor".

A seguito dell'approvazione del provvedimento alla Camera, attraverso una dichiarazione la Casa Bianca ha accusato i deputati democratici di "aver ignorato la richiesta dell'amministrazione di approvare finanziamenti disperatamente necessari per affrontare la crisi umanitaria alla frontiera", aggiungendo che stanno cercando di "approfittare dell'attuale crisi inserendo decisioni politiche che renderebbero il nostro paese meno sicuro".

Dopo la diffusione delle notizie sulle condizioni detentive a Clint e a McAllen il New York Times ha riportato che circa 249 bambini sono stati trasferiti in una struttura di accoglienza gestita dall'ufficio per il reinsediamento dei rifugiati, secondo quanto dichiarato da Evelyn Stauffer, portavoce del dipartimento della Sanità e dell'ufficio del servizio umanitario per il reinsediamento dei rifugiati, mentre un altro numero imprecisato è stato inviato in una struttura temporanea di El Paso, secondo quanto riferito da Elizabeth Lopez-Sandoval, portavoce della deputata Veronica Escobar che ha aggiunto che a Clint sarebbero timasti circa 30 minori.

Un funzionario del dipartimento per la Sicurezza nazionale ha dichiarato che le condizioni nella struttura temporanea di El Paso, costruita appositamente per le famiglie, sono di gran lunga migliori di quelle di Clint, sebbene non si sappia se i bambini abbiano avuto accesso a sapone o docce dal momento in cui sono arrivati. Certamente sono stati sottoposti a un controllo medico una volta trasferiti.

Intanto, il 25 giugno, il commissario ad interim per la sicurezza delle frontiere John Sanders, ha presentato le dimissioni diventate effettive il 5 luglio scorso, dopo appena due mesi e mezzo dall'assunzione dell'incarico. La situazione è precipitata dopo quanto emerso a Clint e a McAllen. In un'intervista esclusiva rilasciata alla CNN Sanders ha spiegato quanto è stato difficile per lui il 20 maggio (ad un mese dall'insediamento) apprendere la notizia della morte del 16enne guatemalteco Carlos Gregorio Hernandez Vasquez mentre si trovava in custodia. Da allora ha provato a raddoppiare gli sforzi per tutelare i minori in custodia.

A detta di un funzionario del dipartimento per la Sicurezza nazionale Sanders, che non ha criticato esplicitamente alcuna politica dell'amministrazione, non era d'accordo con l'operazione che l'Agenzia per l'immigrazione e le dogane (ICE) sta conducendo da domenica 14 luglio (secondo quanto riferito dal New York Times) che prevede operazioni di arresto e rimpatrio nei confronti di 2.000 nuclei familiari di immigrati sprovvisti di documenti disposte da tribunali in 10 città americane.

L'operazione, rimandata di 15 giorni rispetto alla data inziale, sembra sia stata posticipata anche a causa della resistenza riscontrata tra i funzionari dell'agenzia di immigrazione.

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Una volta arrestate le famiglie dovrebbero rimanere insieme nei centri di detenzione in Texas e in Pennsylvania ma, a causa di problemi di capienza, alcune potrebbero essere ospitate in alberghi fino a quando non saranno pronti i documenti di viaggio. L'obiettivo dell'Agenzia per l'immigrazione e le dogane è quello di rimpatriare le famiglie il più rapidamente possibile.

«Sono arrivati illegalmente e li riportiamo legalmente», ha dichiarato Trump ai giornalisti.

Immagine in anteprima via Jackie Speier 

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