Messico, la polizia apre il fuoco sulle proteste contro i femminicidi
2 min letturaLunedì a Cancùn le donne messicane si sono ritrovate in piazza per manifestare contro l’ennesimo femminicidio verificatosi nel paese, quello di Bianca “Alexis” Lorenzana, una ragazza di vent’anni scomparsa da qualche giorno il cui corpo è stato rinvenuto domenica.
In Messico vengono uccise circa dieci donne ogni giorno, 2500 tra gennaio e agosto 2020. Ad aprile, durante il lockdown, sono state registrate 21.722 chiamate di emergenza per violenza contro le donne. Il presidente messicano, Andrés Manuel López Obrador, di sinistra, ha minimizzato le questioni di genere, ha accusato le attiviste di essersi alleate con i suoi oppositori politici conservatori e ha negato gli stessi dati sulla violenza, dicendo che il 90% delle richieste di aiuto sono false. Questo atteggiamento ha provocato ancora più rabbia nei movimenti femministi, che protestano contro l’incapacità del governo di porre fine a questo massacro.
Durante la marcia di lunedì, il gruppo di manifestanti - molti dei quali erano amici e amiche della vittima – si è radunato fuori dal palazzo governativo di Cancùn. I report parlano di alcuni vetri rotti e di scritte sui muri dell’edificio, ma soprattutto di una risposta violenta da parte della polizia, che a un certo punto ha iniziato a sparare in aria, come si vede da alcuni video che sono circolati. I colpi hanno scatenato il panico, e i manifestanti hanno iniziato a correre per disperdersi.
Secondo quanto riporta il Guardian, il giornale messicano Por Esto ha pubblicato una foto che ritrae un agente di polizia che agita una pistola in aria.
https://twitter.com/novedadesqroo/status/1325965850197848064?s=20
«La polizia ci stava seguendo, ma erano lontani. E poi all’improvviso hanno iniziato a sparare», ha detto a VICE Isa, una studentessa di 17 anni che si trovava in piazza. La ragazza in un primo momento era convinta si trattasse di proiettili di gomma. Solo in un secondo momento ha realizzato che si trattava di pallottole.
Quattro giornalisti sono rimasti feriti. Due di loro hanno riportato ferite da arma da fuoco, altri sono stati picchiati. Nessuna autorità locale si è assunta la responsabilità per la violenta repressione. «Tutti dicono che non sono stati loro», ha affermato Alejandro Castro, un giornalista di Cancún che stava raccontando la protesta.
Martedì mattina, il presidente López Obrador ha chiesto al governatore dello stato messicano di Quintana Roo, Carlos Joaquín González, di indagare e punire gli agenti responsabili. González ha accusato il capo della polizia di Cancún – poi sollevato dall’incarico nello stesso pomeriggio - di aver dato indipendentemente l’ordine di sparare per disperdere la protesta. Non ha dato però nessuna spiegazione sui pestaggi dei giornalisti.
Secondo Isa non c’era mai stata una risposta così violenta nei confronti di una manifestazione a Cancún: «Hanno schierato molti più agenti stavolta per provare a spaventarci, ma non eravamo spaventati. La nostra paura è rabbia adesso».
Quanto accaduto lunedì è stato solo l’ultimo episodio in cui i movimenti femministi messicani sono stati duramente repressi dalle forze dell’ordine. Riporta il Guardian che a metà settembre nella municipalità di Atizapán la polizia ha picchiato un gruppo di manifestanti. A città del Messico, invece, ha sparato lacrimogeni e usato la violenza contro attiviste in marcia per la Giornata Internazionale per l’Aborto Sicuro. E anche domenica scorsa, nella municipalità di Cuautitlán sono stati sparati lacrimogeni verso un gruppo di quaranta persone che protestavano contro il femminicidio di una ragazza di 17 anni.
Immagine in anteprima via El Pais