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L’intesa personale con Trump non basta: per Meloni si avvicina l’ora delle scelte

18 Aprile 2025 4 min lettura

L’intesa personale con Trump non basta: per Meloni si avvicina l’ora delle scelte

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Vogliamo rendere l’Occidente di nuovo grande”. Con queste parole Giorgia Meloni si è presentata alla conferenza stampa svoltasi nello Studio Ovale a margine del pranzo che ha visto confrontarsi le delegazioni italiana e americana. Un bilaterale riuscito nel suo intento principale: quello di portare Trump a Roma per negoziare con l’Unione Europea le politiche tariffarie future. La paura di alcuni governi europei, quella per cui Meloni andasse in realtà a intavolare un bilaterale per ottenere sconti esclusivi per l’Italia rispetto alle politiche commerciali statunitensi, invece, non si è concretizzata: anche nella conferenza stampa, la presidente del Consiglio ha evitato di porre apertamente l’argomento dazi, rinviandolo al prossimo meeting. Lo stesso Trump si è detto sicuro che si giungerà a un accordo tra Stati Uniti e Unione Europea.

È la terza volta dall’inizio dell’anno che Meloni incontra Trump: a gennaio avevano cenato insieme a Mar-a-Lago, quando la presidente del Consiglio andò, tra le altre cose, a discutere la possibilità di liberare la giornalista Cecilia Sala dal carcere iraniano, e successivamente si erano incontrati in Campidoglio, all’inaugurazione dell’amministrazione Trump, quando Meloni è stata l’unica leader europea a presentarsi. Quello di ieri è stato poi un incontro cordiale e rispettoso, una rarità nei bilaterali di Trump con gli alleati, che vengono sempre attaccati: era successo all’irlandese Michael Martin, che si era sentito dire di star rubando l’industria farmaceutica agli Stati Uniti, e al leader ucraino Zelensky, accusato di non essere abbastanza riconoscente verso gli USA, nell’incontro che ha suggellato il cambio di indirizzo di Washington verso l’invasione russa.

Il motivo principale della distensione è l’affinità d’intenti tra i due: quando si parla di “relazione speciale” non ci si riferisce tanto a un rapporto tra i due paesi, quanto all’unità di vedute tra i due leader. Meloni è stata anche quest’anno ospite della Conservative Political Action Conference, un evento sempre più allineato alle posizioni trumpiane, e ha fin da subito compreso come mettere a proprio agio il tycoon. Nei pochi minuti in cui ha parlato davanti a giornalisti e telecamere ha preso a piene mani dalla retorica dell’estrema destra trumpiana. Ha dapprima criticato la cosiddetta ideologia woke, che starebbe distruggendo l’Occidente, e si è congratulata col presidente per combatterla, proprio nei giorni in cui le università americane stanno subendo gravi attacchi alla loro libertà d’insegnamento; successivamente ha elogiato Trump per il suo ruolo nel combattere l’immigrazione illegale. Ha asserito che finalmente anche l’Unione Europea starebbe cambiando passo sul tema, modificando la sua posizione dalla redistribuzione dei migranti al rimpatrio.

Se si analizzano i rapporti bilaterali tra i due paesi secondo i criteri di Trump, questo clima disteso risulta però paradossale, e figlio solamente di una simpatia reciproca: l’Italia è uno dei pochi paesi europei che a oggi non raggiunge ancora la soglia del 2% del PIL richiesta dalla NATO nelle spese in difesa, e ha un surplus commerciale verso gli Stati Uniti di 40 miliardi, terzo nella UE, dietro solamente a Germania e Irlanda. Meloni ha affermato che l’Italia raggiungerà quest’anno il 2% nelle spese militari, anche se al vertice NATO di giugno gli Stati Uniti potrebbero chiedere ai paesi firmatari di alzare ulteriormente queste cifre: nei suoi discorsi, infatti, Trump ha evidenziato che gli Alleati pagano troppo poco, ma non ha mai esplicitato apertamente a quanto vorrebbe ammontasse il loro contributo, avendo a volte parlato di 3%, altre addirittura del 5%. Meloni ha poi acconsentito ad aumentare le importazioni di gas liquefatto dagli Stati Uniti e ha detto che le imprese italiane investiranno per 10 miliardi negli USA; tutto il resto è rimandato al futuro incontro di Roma, di cui non sono ancora chiari né forma né partecipanti.

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A onor del vero, Trump, per quanto cortese, non è parso molto interessato a far sì che la discussione rimanesse sul bilaterale: non appena è iniziata la conferenza stampa, i giornalisti americani hanno iniziato una raffica di domande sulla politica interna. Hanno chiesto novità su Kilmar Abrego Garcia, ancora detenuto a El Salvador, sull’inflazione e sui dazi: Trump ha iniziato a parlare a ruota libera, senza interpellare Meloni seduta al suo fianco, che ha risposto velocemente solamente a un’altra domanda. Tra le altre cose, Trump ha alzato il livello dello scontro con il presidente della Federal Reserve Jerome Powell, da lui stesso nominato nel 2018, reo di non tagliare i tassi d’interesse.

Un pranzo di convenevoli, che ha consolidato il rapporto tra Meloni e Trump: nel futuro vertice di Roma, però, si troveranno ai lati opposti del tavolo, e la presidente del Consiglio italiana dovrà decidere da che parte stare.

Immagine in anteprima: frame video Palazzo Chigi via YouTube

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