La storia di Dairon Elisondo, il migrante diventato medico del campo al confine tra USA e Messico
6 min letturaAlla base del ponte che collega la città messicana di Matamoros con gli Stati Uniti più di 2500 migranti si sono accampati in attesa che le loro domande di asilo negli Stati Uniti vengano esaminate e nella speranza che siano accettate. Il confine con il Texas è così vicino che è possibile vedere una bandiera degli Stati Uniti sospesa sul fiume Rio Grande.
Da quando il presidente degli USA Donald Trump ha avviato la politica del “Remain in Messico”, i richiedenti asilo, che si presentano alla frontiera del sud degli Stati Uniti, sono mandati in pericolosi campi in Messico in attesa delle udienze e possono entrare negli USA solo per presenziare in tribunale. Un provvedimento che, secondo quanto dichiarato da un ex funzionario dell’amministrazione americana che si è rifiutato di applicare la procedura in un documento ottenuto dal Washington Post, non è solo crudele, ma è illegale e “viola il diritto internazionale”.
Da agosto i richiedenti asilo hanno iniziato a dormire nel campo alberato alla base del ponte. Senza ricevere l’assistenza degli Stati Uniti o delle Nazioni Unite, si sono affidati a tende, cibo e vestiti donati da un gruppo di pensionati americani e all’assistenza sanitaria di Global Response Management, una non-profit con sede in Florida, i cui medici e infermieri volontari hanno prestato assistenza in Iraq, Yemen e Siria.
«Siamo venuti a conoscenza delle scarse condizioni igieniche e di quanto sia pericolosa l’area scelta dai richiedenti asilo per accamparsi, ma non abbiamo forze sufficienti per dare una mano», ha dichiarato Dora Giusti, responsabile della protezione dei minori per l'UNICEF in Messico. «Nel frattempo il governo messicano continuava a dire che [i migranti] sarebbero stati trasferiti fuori dallo Stato, quindi aspettavamo di vedere se potevamo intervenire lì». Matamoros, «è tra le zone più insicure e pericolose del paese e questo ha limitato le nostre azioni sul campo». Recentemente, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha emesso un avviso di livello 4 a causa degli alti tassi di criminalità violenta, rapimenti e rapine, invitando i cittadini statunitensi a non recarsi nell’area.
È assente anche l’UNHCR. Le Nazioni Unite stanno aiutando a costruire nuovi rifugi ma non gestiscono i campi, scrive Vox. E così mentre gli accampamenti gestiti da UNHCR sono monitorati, controllando chi entra ed esce dal campo, i migranti assiepati a Matamoros non hanno tali protezioni. Sebbene abbia ampliato la sua presenza, con 8 sedi in tutto il paese, compresi Tijuana e Juárez, l’UNHCR invia solo squadre mobili a Matamoros per missioni che potrebbero durare alcuni giorni.
Solo all'inizio di dicembre, il governo messicano ha iniziato a costruire sei grandi tende su un campo di calcio vicino al ponte dove saranno trasferiti parte dei richiedenti asilo che vivono nelle tende.
Il campo è costituito da centinaia di tende raggruppate insieme su un piccolo marciapiede e un breve tratto alberato il Rio Grande. Ci sono solo poche docce, così tante persone fanno il bagno e lavano i vestiti nel fiume.
Il sovraffollamento e la mancanza di servizi igienici hanno favorito la diffusione di malattie. Molti migranti temono di avventurarsi lontano dal campo, anche per cercare cure mediche, proprio per la pericolosità dell’area.
I genitori di diversi bambini hanno così cominciato a pensare che non era giusto tenere lì i loro figli col rischio che potessero subire violenze o ammalarsi. Alcuni si sono uniti a un gruppo su Facebook per discutere di cosa fare e valutare cosa accadrebbe se i loro figli attraversassero il confine da soli.
Tutti avevano parenti negli Stati Uniti. E così molti hanno deciso di mandarli oltre il confine da soli sapendo che i minori non accompagnati non vengono rispediti indietro in attesa delle udienze del tribunale di Brownsville in Texas. Solo nel mese di novembre, riporta sempre il Washington Post, almeno 50 bambini hanno fatto la stessa traversata. Sono questi i costi umani delle politiche sull’immigrazione di Stati Uniti e Messico.
Col passare dei mesi Global Response Management ha visto un aumento dei pazienti, nella maggior parte dei casi bambini.
Da ottobre, all’equipe della non-profit si è unito un medico cubano di 28 anni, Dairon Elisondo Rojas, che tutti i giorni, dalle 10 del mattino alle 4 di pomeriggio, visita le persone che affollano l’accampamento. Attualmente è l’unico dottore a tempo pieno presente nel campo.
Sotto le sue cure sono passati bambini affetti da diarrea, raffreddore e asma. Per chi necessitava di cure speciali, come un ragazzo con una gamba rotta, Elisondo è riuscito a organizzare un trasferimento all'ospedale messicano locale.
Come i migranti affidati alle sue cure, il medico – con una specializzazione in terapia intensiva ed esperienze di lavoro in ambienti difficili grazie al programma di formazione medica di Cuba, che invia i medici appena specializzati in missione in paesi poveri – è rimasto bloccato in Messico per le politiche sull’immigrazione di Trump e potrebbe rimanere a Matamoros per tanti altri mesi, in attesa di una risposta alla sua richiesta di asilo.
Dopo essere stato per 3 anni in una clinica governativa in Venezuela e aver assistito da vicino alla carenza di medicine e cibo in seguito all’indebolimento dell’economia, Elisondo è stato richiamato a Cuba in quanto voce critica del governo di Nicolás Maduro.
«Il governo mi ha riportato a Cuba e da lì sono iniziati i miei problemi» racconta il medico al New York Times che ha raccolto la sua storia. Nel suo paese d'origine gli è stato impedito di fare il medico e si è sentito perseguitato dalle forze dell’ordine. E così, lui e la sua ragazza hanno deciso di andare negli Stati Uniti. Ma, una volta arrivati, sono stati rimandati in Messico.
Da quando l’amministrazione Trump si è succeduta a quella Obama, infatti, anche per i cubani vigono le stesse rigorose politiche di immigrazione applicate ad altri richiedenti asilo al confine sud-occidentale.
Il medico e la sua ragazza, allora, sono andati a Matamoros, dove hanno trovato lavoro in una fabbrica che produce confezioni di cosmetici. Poi un giorno, mentre attraversava il campo di migranti in costante crescita vicino al ponte che collega il Messico agli Stati Uniti, il medico ha visto un grande striscione legato a una recinzione con la scritta "Medical" e "Médico". Diversi migranti stavano parlando con una persona con uno stetoscopio che penzolava dal suo collo. Era la clinica mobile aperta da Global Response Management.
Elisondo ha chiesto se poteva essere utile e dopo aver mostrato via WhatsApp il proprio curriculum alla direttrice esecutiva del gruppo, Helen Perry, e aver fatto due giorni di prova, il giovane medico ha iniziato a lavorare a tempo pieno per 30 dollari al giorno.
Da quando ha iniziato, Elisondo non si è preso un giorno libero: «È quello che so fare. È quello che faccio meglio». Ogni giorno, insieme a un gruppo a rotazione di operatori sanitari volontari americani, visita circa 50 pazienti. Oltre a chi vive nel campo, seguono altri mille migranti che vivono oltre Matamoros. La polmonite e la scabbia rappresentano le patologie più frequenti.
Per Estephanie, una bambina di 4 anni dell'Honduras, sofferente di asma, ma mai curata da quando era arrivata al campo, Elisondo ha creato un inalatore per aerosol utilizzando un bicchiere di carta. Gli inalatori per uso medico sono costosi e il medico è riuscito a ovviare efficacemente in questo modo.
Dall’inizio di dicembre, Global Response Management è passato da una tenda a un'unità medica mobile, un rimorchio grigio dotato di tavoli pieghevoli per gli esami, macchine a ultrasuoni e attrezzature per eseguire analisi diagnostiche di base. Così è stato possibile curare persone che avevano convulsioni epilettiche, altre che soffrivano di appendicite e alcune che hanno avuto attacchi di cuore. Inoltre, con l’arrivo dell’inverno, l’equipe medica è riuscita a somministrare circa 20 vaccini antinfluenzali al giorno, fino a quando le dosi, però, non sono andate esaurite.
Tra mille difficoltà, l’equipe medica continua a lavorare in attesa che le richieste di asilo di tutte le persone presenti nel campo si risolvano, compresa quella di Elisondo che ancora non è in grado di sapere quanto tempo dovrà restare a Matamoros. La prossima udienza è prevista per la fine di febbraio.
Ma, anche se il futuro appare incerto, Helen Perry ha le idee ben chiare sul medico cubano: «Ancora non lo sa, ma lo manderò in altri posti nel mondo. È altamente qualificato».
Immagine in anteprima via New York Times