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Mediaset e il monopolio che c’è ma non si vede

19 Settembre 2012 4 min lettura

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Mediaset e il monopolio che c’è ma non si vede

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Una delle notizie più interessanti degli ultimi giorni è la vendita di La7, alla quale si interessa anche Mediaset. In realtà si sono rincorse smentite e interpretazioni sull'offerta del gruppo del Biscione, ma il problema è ben altro.

L'assuefazione dell'opinione pubblica italiana all'anomalia di un'azienda che ha un monopolio di fatto su un intero settore, quello della televisione commerciale, probabilmente è il motivo per il quale si discute poco del problema o se ne discute svogliatamente, ma nel contempo anche il Governo delle liberalizzazioni pare disinteressarsene. È vero che il Governo non potrebbe intervenire direttamente nella trattativa, anche perché si tratta di aziende quotate in borsa, ma stupisce comunque il numero di occasioni che si è lasciato sfuggire per introdurre una vera concorrenza in un settore che non ne vede da anni.

La normativa del settore televisivo

La normativa italiana che regola il settore televisivo, pur se spesso riformata, non è mai stata all'altezza delle equivalenti europee. Infatti consente al proprietario di canali televisivi di accedere a cariche politiche e di governo, mentre invece lo vieta al gestore dell'azienda televisiva, cioè il dipendente non può ma il padrone si. La legge Frattini, inoltre, ha introdotto specifiche norme per evitare che un politico con cariche di governo possa approfittare della sua posizione ottenendo dei vantaggi economici e non. La legge fu aspramente criticata perché non pone nessuna norma per prevenire i conflitti di interesse, ma si limita a regolarli.
E tutto ciò in barba agli standard europei che vietano ai politici il controllo e la proprietà di televisioni proprio al fine di prevenire possibili conflitti di interesse, prevenzione che invece non è nemmeno presa in considerazione dalle leggi italiane.

Il Governo dei tecnici, che si dice molto attento a liberalizzazioni e apertura dei mercati, nel settore televisivo si è limitato a vuote dichiarazioni di intenti. Alle promesse di una gara per l'assegnazione delle frequenze televisive , in sostituzione del beauty contest gratuito, non è seguito alcun atto concreto, e siamo ancora in attesa che l'AgCom emani il regolamento relativo. E adesso che La7 è sul mercato, di sicuro il valore delle frequenze scenderà ulteriormente.
Nessuna reale politica, tesa a incrementare la concorrenza o favorire l'ingresso di nuovi partecipanti nel settore, si è avuta con questo governo. Quindi niente agevolazioni fiscali, realizzate negli altri paesi, ed un immobilismo che fotografa una situazione immutata sostanzialmente da un decennio, nonostante la tecnologia abbia compiuto nel frattempo passi da gigante. All'orizzonte incombono le web tv, che in Italia però hanno le ali tarpate per l'assenza decennale di un piano per la banda larga, a tutto vantaggio dell'esistente. Basti ricordare l'IpTv di Fastweb che ha chiuso i battenti.

Adesso tutti si affannano a cercare di sapere se Mediaset effettivamente presenterà un'offerta, e la voce che il Biscione forse non parteciperà viene recepita come una buona notizia per il pluralismo dell'informazione. Forse l'offerta era solo tattica, forse c'è qualche altro motivo, ma il problema di fondo rimane irrisolto, cioè le leggi italiane attuali consentono al monopolista della Tv commerciale di espandersi nel settore inglobando il cosiddetto “terzo polo”, come chiarisce molto bene Nicola D'Angelo, ex membro dell'AgCom.
La legge Gasparri, che regola il settore, prevede il solo tetto del 20% dell'intero Sistema Integrato delle Comunicazioni (Sic), un enorme calderone che comprende stampa quotidiana e periodica, editoria, televisioni, radio, cinema, pubblicità e online. Secondo la legge nessun operatore può avere ricavi superiori al 20% del Sic, laddove attualmente Mediaset dovrebbe attestarsi intorno al 13%, mentre La7 incide per poco.
Quindi secondo le leggi italiane il monopolista del settore può comprare La7 con le ipotizzabili ricadute sul settore televisivo e della pubblicità. Come fece notare il direttore Enrico Mentana, Mediaset ha le posizioni numero 4, 5 e 6 sul telecomando, acquistando La7 avrebbe anche la 8 e la 9!

Ovviamente c'è la possibilità che intervenga l'antitrust per impedire la formazione di una posizione dominante nel mercato della televisione. L'AgCom, però, fino ad oggi non ha mai rilevato un problema di concentrazione nel settore (!), e di recente ha permesso, imponendo delle limitazioni, a Elettronica Industriale, l'azienda di Mediaset che detiene i piloni radiotelevisivi, di acquisire DMT, l'operatore terzo, così realizzando una concentrazione tra l'80% e il 100% dell'intero settore delle infrastrutture televisive, avallando la la regola non scritta che i conflitti non si prevengono ma si regolano soltanto.

È possibile che vi sia un intervento, successivo, degli organi di vigilanza dell'Unione Europea, oppure semplicemente che Mediaset non partecipi all'offerta, ma c'è indubitabilmente qualcosa che non va nella nostra democrazia se le leggi consentono ad un monopolista di aumentare la sua quota di quel mercato a scapito dei “concorrenti”.

L'anomalia italiana

Il Commissario per i diritti umani presso il Consiglio d'Europa, in una pubblicazione di qualche tempo fa evidenziava che nell'ambito di un settore dei media già poco pluralistico in Europa, l'Italia svetta come case study per l'anomalia di un duopolio nel settore televisivo (Rai e Mediaset) mai scalfito da nessun terzo operatore negli ultimi vent'anni. Al duopolio si affianca, a peggiorare la situazione, un monopolio di Mediaset nel settore della televisione commerciale e nel mercato della pubblicità. La legge Gasparri, sostiene la pubblicazione, ha consentito al duopolio di espandersi ed occupare il mercato digitale, impedendo l'ingresso di nuovi operatori in grado di competere ad armi pari.

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Il Commissario dei diritti umani presso il Consiglio d'Europa, nella pubblicazione menzionata conclude per la necessità di un serio dibattito pubblico sull'evoluzione dei media e le concentrazioni che minano i diritti umani. Evidentemente al Governo delle liberalizzazioni interessano altri argomenti!

Le offerte per La7 scadono il 24 settembre.

 

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