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Per capire come vanno al potere i fascisti basta seguire la copertura mediatica del caso Le Pen

4 Aprile 2025 8 min lettura

Per capire come vanno al potere i fascisti basta seguire la copertura mediatica del caso Le Pen

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8 min lettura

Marine Le Pen, storica leader del partito di estrema-destra Rassemblement National, è stata condannata per appropriazione indebita. Stando alla sentenza, operando una vera e propria truffa sistematica a base di contratti fittizi il partito ha usato oltre 4 milioni di euro di fondi europei destinati agli europarlamentari per pagare i propri dipendenti in Francia. Il tutto è andato avanti per oltre 10 anni, dal 2004 al 2016.

Rassemblement National fingeva di assumere assistenti a Bruxelles e Strasburgo, per poi pagare l’attività del partito in Francia e i collaboratori dei leader. Uno “schema” che ha visto la condanna di altri otto ex europarlamentari del partito, e in cui lei era una vera e propria mente “istigatrice”, al corrente di tutto, direttamente coinvolta per otto di questi contratti. Come riportato dal Guardian, tra le prove esibite dai giudici c’è un’e-mail del 2014 in cui il tesoriere del partito cita problemi finanziari di Rassemblement National: “Ce la faremo solo attraverso grandi risparmi grazie al Parlamento europeo...”.

Insomma: l’ennesimo capitolo di “politici di estrema destra che rubano di notte nel pollaio contro cui tuonano di giorno”. Il partito raggirava l’Unione Europea per alimentare in Francia la propria propaganda, condotta anche contro l’Unione Europea. Senza quelle ruberie la baracca non sarebbe potuta restare in piedi. 

Le Pen, è stata fino al 2021 presidente di Rassemblement National, partito fondato negli anni ‘70 dal padre Jean-Marie Le Pen con il nome di Fronte Nazionale. Il partito attuale è dunque una diretta emanazione del primo nucleo comprendente ex nazisti di Vichy, e solo negli ultimi anni ha cercato di darsi una “ripulita”, attraverso una vera e propria “dediabolizzazione” diretta da Marine Le Pen. La condanna prevede 4 anni di carcere, una multa e l’ineleggibilità per i prossimi 5 anni. Le Pen non potrà quindi presentarsi alle prossime elezioni presidenziali, previste per il 2027.

Le accuse inoltre non sono certo una novità dei tempi recenti, e si riferiscono al periodo 2004-16, in cui Le Pen è stata europarlamentare. Il fatto che nel 2022 le sia succeduto come presidente del partito Jordan Bardella va anche inteso come un “Piano B”  nell’eventualità di possibili condanne o scandali. Il rinvio a giudizio è del 2023, ma già nel 2016 Le Pen era finita nel mirino dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode, proprio per possibili assunzioni fittizie. Dopo 9 anni, quindi, la Spada di Damocle ha smesso di oscillare sopra la testa, ed è caduta. 

Come ricordava il giornalista britannico Ian Dunt, non è la prima volta che un leader francese viene condannato o passa attraverso i tribunali. L’ex presidente Nicolas Sarkozy è attualmente sotto processo con l’accusa di aver chiesto al dittatore Mu'ammar Gheddafi soldi con cui finanziare la campagna elettorale, in cambio di migliori relazioni tra Francia e Libia. C’è anche da sottolineare come in questa condanna Le Pen sia molto simile ad altri Europarlamentari accusati o condannati per usi impropri di fondi. La differenza tra tutti questi casi e quello di Le Pen, sottolinea Dunt, è nella copertura mediatica e in come stanno venendo inquadrate le risposte politiche. 

Naturalmente l’estrema destra ha messo in atto a livello internazionale, da Musk a Putin, passando per Salvini, il più classico dei vittimismi. Complotto dei giudici comunisti, assalto alla democrazia, eccetera. Una vera e propria “internazionale reazionaria”, secondo l’espressione coniata dal Presidente francese Emmanuel Macron lo scorso gennaio, sebbene “reazionario” può persino risultare riduttivo ormai. 

Il copione è un classico: non ci si difende nei processi ma si fa la guerra ai magistrati e al potere giudiziario, con l’obiettivo di dare qualche spallata alle colonne portanti del sistema democratico. Per dare l'idea di quanto sia fasullo e meschino questo atteggiamento, il Salvini che commenta con l’hashtag "jesoutiensMarine" (“io sostengo Marine) è lo stesso che dopo la morte di Alexey Navalny disse che spettava ai giudici e ai medici “fare chiarezza" in risposta alla moglie dell’attivista che puntava il dito contro il regime di Putin. Meschino ma anche pericoloso: Donald Trump ne ha approfittato per stigmatizzare l’ennesima “caccia alle streghe” della “sinistra europea contro la libertà di espressione”. Un intervento a gamba tesa che piega il caso alla propria propaganda anti-europeista.

Intanto, a causa delle minacce ricevute è finita sotto protezione della polizia Bénédicte de Perthuis, la giudice che ha emesso la sentenza. “La democrazia è morta”, delira l’attuale presidente di Rassemblement National, mentre nel frattempo la Corte D’Appello ha fatto sapere che potrebbe pronunciarsi entro il prossimo anno, e quindi decidere diversamente sulla incandidabilità. Perciò non è escluso che Le Pen possa candidarsi nel 2027. Insomma, la democrazia francese è già risorta, e ci ha messo meno dei tre proverbiali giorni impiegati da Cristo. 

Attorno a questo copione che mette insieme vittimismo, intimidazione e disprezzo per lo Stato di diritto, è stato ampio e bipartisan il ventaglio di coloro che, se proprio non vogliono contribuire all’assassinio dello Stato di diritto, come minimo provano a istigarne il suicidio. Per il Telegraph Le Pen è stata resa una martire, altri insistono sull’ira di Le Pen e persino i propositi di “vendetta”, come se la condanna non fosse l’espressione di un potere dello Stato, ma un affronto. C’è addirittura chi preme perché Macron conceda la grazia.

Anche a sinistra, passiamo dalle analisi su come “sia una cattiva idea impedire a LePen di candidarsi alle presidenziali” (David Broder su Jacobin) al comunicato di La France Insoumise, dove si puntualizza che il partito non “è mai dovuto ricorrere ai tribunali per sbarazzarsi di  Rassemblement National". Per meglio ribadire il concetto, Jean-Luc Mélenchon ha dichiarato su X che la decisione di rimuovere un politico eletto “spetterebbe al popolo”. Tralasciando così le due sconfitte di Le Pen alle presidenziali, nel 2017 e nel 2022.

Merita una menzione anche Yanis Varoufakis, ex ministro delle finanze greco e attuale leader di DiEM25. Evidentemente convinto che ci sia una gara al commento più stupido, Varoufakis punta alla medaglia d’oro mettendo la condanna di Le Pen sullo stesso piano dell’arresto del sindaco di Istabul Ekrem İmamoğlu. Ricordiamoci di questo genio, qualora dovessero sfilare per le strade fascisti gridando il nome di Le Pen: per la stessa logica andranno considerati alla stregua della folle di Istabul che protestano per la libertà e contro l’autocrate Erdoğan. 

Questo è un errore madornale che vediamo ripetersi puntualmente, quindi non illudiamoci che la questione sia la pena inflitta a Le Pen, o il tipo di crimine per cui è stato condannato. Abbiamo assistito anche per il romeno Călin Georgescu, candidato presidenziale filorusso. Lì si parla di organizzazione fasciste e possibile eversione. Lo abbiamo visto all’opera anche per Donald Trump, che dopo aver perso le presidenziali del 2020 ha istigato e sostenuto un’insurrezione golpista. 

Se vedeste un militante fascista picchiare una persona per strada, e questa reagisse, dubito andreste a fermare la seconda dicendo “fermo! Bisogna batterli nelle urne!”. Perché questa logica viene meno, quando i sondaggi viaggiano col vento in poppa, o si indossa il doppio petto? 

Non c’è nessuna vera logica in certi discorsi, se non l’aver accettato implicitamente un tipo di potere basato sui privilegi e le eccezioni. Perché o si crede nello Stato di diritto, e quindi lo si vive come un contratto sociale con cui fare i conti, o si decide che è un’illusione e tanto vale usare quel contratto come carta igienica. Nel primo caso, il potere giudiziario non deve tenere conto del voto popolare, figurarsi dei sondaggi, né trae da essi la propria legittimazione. 

Se c’è un giudice a Parigi, mai e poi dovrà dire di fronte a Le Pen e a tonnellate di prove: l’imputata è assolta perché il fatto costituisce un reato, ma la condanna le farebbe un favore. Né dovrà dire: benché il fatto costituisca reato, l’imputata è assolta perché va sconfitta alle urne. Oppure, proprio per evitare di mettere a verbale motivazioni palesemente illegali, mai e poi dovrà cercare il cavillo per far saltare il processo, o permettere una candidatura che, con un altro imputato, sarebbe stata interdetta senza troppi problemi.

Non si può ragionare in termini "politici" di fronte a prove schiaccianti e alle leggi che regolano l’uso di quelle prove. Altrimenti si fa un discorso di classe, se non addirittura para-mafioso. Ovvero si promuove indirettamente una logica per cui le prove e gli elementi che devono portare a una condanna vanno usati solo se la funzione del potere giudiziario non crea magagne. Né si può separare il piano politico dalle leggi e dalle regole che quella stessa politica si è data. Quindi certe analisi concorrono a delegittimare il potere giudiziario.

Si certifica che le leggi vanno bene per condannare i poveracci; il picchiatore fascista sì, il fascista facoltoso no. Oppure vanno bene i politici minori, alla guida di partiti di poco conto. O i nostri avversari, quelli per i quali siamo disposti a relativizzare i principi. Altrimenti, al di fuori di questi casi, conviene ragionare in termini di eccezioni. Ma le eccezioni sono come i dettagli: spesso quando vai a guardare ci trovi il diavolo.

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Se invece non si vuole difendere lo Stato di diritto, perché lo si crede un’illusione borghese, una sovrastruttura, o un sistema efficace per contrastare i nuovi fascisti, lo si dica apertamente. E, nel farlo, si ammetta però di essere o fascisti, o pronti ad accettare che i fascisti conducono esattamente questo gioco, e sanno farlo meglio di tutti poiché meno frenati dagli scrupoli. E quindi, in caso di sconfitta, si accetti che si è perso per aver prima di tutto accettato le regole del nemico che si voleva combattere. 

Quest’ultimo è il vero “favore” che viene fatto a politici come Le Pen, e a qualunque leader di estrema destra (o apertamente fascista). Si affiancano quelle regole distruttive che cercano di imporre, magari accettando persino l’etichetta di “populismo” che si appiccicano grazie anche alla superficialità dei media. Si applica la logica come una forma di negoziazione con la nuova normalità che provano a imporre, invece di intervenire con fermezza con gli strumenti che già esistono e le spine dorsali di cui si è dotati per natura.

Le Pen non ha frodato solo fondi europei. La vera frode di leader di questo tipo, e dei relativi partiti, è tutta politica. Si pongono come forze anti-sistema quando invece promuovono una riorganizzazione repressiva dei rapporti di forze esistenti, messi al servizio di élite pronte a stracciare quel contratto sociale verso cui è stata fatta crollare nel frattempo ogni fiducia, o per intervento diretto e doloso, o per inerzia, o per incapacità. 

(Immagine anteprima via Heute)

3 Commenti
  1. Fabio

    Ineccepibile. Ora però dobbiamo tradurlo in cinque o sei righe comprensibili al popolo digitale che vota Lepen altrimenti stiamo qui a contarcela tra noi, belli, nobili e in posa eroica e sofferta.

    • EmmE

      “politici di estrema destra che rubano di notte nel pollaio contro cui tuonano di giorno” È già pronta nell'articolo

      • Romke

        va bene anche per Salvini e i suoi quarantanove millioni

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