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Ucraina, chi sono i politici messi a capo nei territori occupati dai russi

4 Luglio 2022 11 min lettura

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Ucraina, chi sono i politici messi a capo nei territori occupati dai russi

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di Andrea Braschayko

«Non è nei nostri piani l’occupazione dei territori ucraini, non intendiamo imporre nulla con la forza, a nessuno» aveva annunciato Putin il 24 febbraio. Concetti smentiti pochi mesi dopo dal portavoce Peskov. «La Russia prenderà il controllo delle città ucraine per garantire la massima sicurezza della popolazione».

Nei primi giorni dell’invasione, la scelta per le amministrazioni locali è stata se collaborare o meno con le truppe russe. Nella prima città a cadere, la piccola Henychensk’ a pochi passi dalla Crimea, il sindaco Oleksandr Tulupov si è dimesso per evitare di ricevere comandi dall’esercito invasore, ed è rimasto in città per occuparsi degli aiuti umanitari ai cittadini. Tre giorni dopo Gennadiy Matsegora – sindaco di Kupiansk’, nell’Oblast’ di Kharkiv – ha scelto invece di collaborare con l’esercito russo e dichiarato la resa della cittadina. Matsegora era stato eletto con la Piattaforma di Opposizione, il principale partito filorusso d’Ucraina, che dal 2014 era diventato il contenitore dei resti del defunto Partito delle Regioni, deflagrato dopo la fuga del presidente Yanukovich dopo Euromaidan.

Qualche mese dopo, è un dato di fatto che la Russia abbia instaurato le cosiddette “amministrazioni militari” sui territori occupati delle province di Kherson e Zaporižžja. Nel Donbas, invece, la volontà sembra quella di voler allargare la giurisdizione delle Repubbliche di Donetsk’ e Luhansk’ alle città che erano tornate sotto il controllo ucraino prima del 24 febbraio. Nel secondo caso la volontà di occupazione (e non di sola “demilitarizzazione e denazificazione” come qualcuno potrebbe inizialmente aver creduto) è stata innegabile anche dalla propaganda russa fin dall’inizio: Putin aveva riconosciuto, il 23 febbraio, i due pseudo-Stati nei loro confini amministrativi ucraini e non quelli di Minsk II.

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A Kherson e, in parte, nell’oblast di Zaporižžja (il capoluogo è tuttora libero) è diventato invece più chiaro col passare delle settimane che i russi fossero arrivati per rimanere a lungo. Kirill Stremousov, il vicegovernatore imposto dai russi a Kherson, aveva dichiarato l’11 maggio che l’annessione sarebbe stata ufficialmente richiesta al presidente Putin. Sia tra i media che tra le fonti governative ucraine sono diverse le voci su possibili referendum farseschi per proclamare una nuova “Repubblica Popolare” (sic) a Kherson. Qui, la presenza degli occupanti è pervasiva: dai furti di grano e altri prodotti agricoli fino alla manomissione delle antenne per bloccare il funzionamento degli operatori telefonici ucraini e di quelle televisive per trasmettere canali di propaganda russa, oscurando quelli ucraini.

Secondo Investigator, i nuovi canali (tra cui Kherson24) con cui gli occupanti cercano di convincere i cittadini rimasti che sono «i nazionalisti ucraini ad averli abbandonati, mentre i russi sono qui per proteggerli» sono collegati al network propagandistico Crimea24, di proprietà di imprenditori vicini al governo della penisola occupata dai russi nel marzo del 2014.

Sia i cittadini ucraini che i media spesso definiscono i politici collaborazionisti delle amministrazioni militari gauleiter, richiamando il nome dei capi delle sezioni locali del Partito Nazista tedesco; un termine usato (anche) in modo ironico per indicare governi totalmente asserviti al Terzo Reich. Nel 1939, Mussolini si irritò per essere stato definito “Gauleiter per l’Italia” dai nobili tedeschi.

Chi sono le personalità messe a capo dai russi sui territori occupati? Una premessa non scontata: sono ufficialmente quasi tutti cittadini ucraini. Come il sindaco di Kupiansk, provengono dalle fila dei partiti filorussi presenti in Ucraina. Tra questi il principale è Piattaforma di Opposizione, con 44 deputati alla Verkhovna Rada (il Parlamento monocamera ucraino) e il 13% di voti alle ultime parlamentari del 2019, dove è risultato la seconda forza in un parlamento dominato da Servitore del Popolo - il partito di Zelenskyy.

Questo e altri 10 partiti tacciati di collaborazionismo sono stati sospesi su indicazione del Consiglio per la sicurezza nazionale il 20 marzo, per poi essere banditi – con votazione a maggioranza assoluta in Parlamento – il 14 maggio. Una decisione per cui l’Ucraina è stata accusata per l’ennesima volta, nei circoli filorussi europei e non solo, di «usare metodi anti-democratici» per escludere forze politiche scomode al governo. È tutto ben più complesso della disinformazione filoputiniana, ovviamente.

Oltre a Piattaforma di Opposizione, l’altro partito tra gli 11 banditi presente in Parlamento era il gemello Blocco di Opposizione, con 6 deputati, e che l’ex leader di Piattaforma, Viktor Medvedchuk aveva dichiarato di non considerare come rivali politici.

Medvedchuk è un oligarca filorusso e amico stretto di Putin, che è inoltre padrino della figlia di Medvedchuk. Nel 2019, insieme agli altri leader del partito, Yuriy Boyko e Vadim Rabinovich, aveva incontrato a Mosca prima Dmitry Medvedev e il CEO di Gazprom, e poi presenziato la conferenza di Russia Unita, in vista di una possibile collaborazione transnazionale tra i due partiti. Negli stessi anni usciva un documentario propagandistico girato da Oliver Stone, in cui Putin e Medvedchuk dialogano delle comuni idee per il futuro dell’Ucraina. Il titolo è Revealing Ukraine, il seguito di Ukraine on Fire – un’altra surreale descrizione del nazionalismo ucraino e di Euromaidan del regista americano. Qui Putin dialogava con l’ex presidente Yanukovich, che non lascia il territorio russo dal 2014. Peraltro ora Stone si dichiara pentito delle sue “collaborazioni” con Putin.

Il 22 febbraio la maggioranza dei deputati di Piattaforma di Opposizione era assente in Parlamento per votare la risoluzione di risposta alla decisione del presidente russe di riconoscere l’indipendenza delle repubbliche separatiste del Donbas. Secondo l’intelligence americana e britannica, Medvedchuk era il papabile fantoccio che i russi avrebbero insediato al governo in caso di presa di Kiev. Da circa un anno era agli arresti domiciliari per l’accusa di terrorismo per via dei i suoi legami politici ed economici con Denis Pushilin e il resto dell’amministrazione militare delle repubbliche separatiste. Pochi giorni dopo l’inizio dell’invasione, era fuggito dalla sua casa di Kiev. Il 12 aprile viene catturato durante un’operazione dei servizi segreti ucraini, e Zelensky pubblica la sua foto in manette con indosso la divisa militare ucraina. Secondo fonti dei servizi segreti, stava cercando di mimetizzarsi per attraversare una dogana non meglio specificata.

Oltre alle due “Opposizioni”, gli altri partiti accusati dal Consiglio di sicurezza di «propagandare la guerra di invasione, l’odio verso l’Ucraina e di aver tentato illegalmente di commettere un colpo di Stato, attraverso l’aiuto e la collaborazione con gli occupanti» sono presenti per lo più a livello locale, soprattutto nel Sud ed Est del paese, dopo le elezioni amministrative del 2020. In ogni caso nessuno di essi rappresenta più del 0,2% dei deputati locali nel totale a livello nazionale.

Tra questi partiti ci sono varie diramazioni dei Socialisti, di cui uno nel 2019 aveva come leader l’istrionico Ilya Kyva, passato in pochi anni dai nazionalisti di Pravij Sektor all’opposizione filorussa per poi rifugiarsi a Mosca. Anche il fondatore di “Nostri”, Evgen Muraev è fuggito a Mosca il giorno dell’invasione, augurando la “capitolazione dell’Ucraina”. Il “Partito di Sharij” è diretto dalla moglie dell’omonimo giornalista, il cui canale YouTube era molto popolare tra i filorussi silenti (era addirittura tra quelli con più interazioni in Ucraina). Quasi sempre si trattava di dirette di Antaloij Sharij dal suo ufficio in cui inveiva populisticamente contro qualsiasi decisione e istanza pro-governativa e filo-europea, al contempo mettendosi al riparo da critiche nel nominare mai direttamente le sue simpatie per la Russia e Vladimir Putin.

Il 24 febbraio Sharij non si è espresso a favore dell’invasione, ma ha continuato le sue dirette senza mai ammettere direttamente che l’Ucraina era sotto attacco della Russia e parlando in modo astratto più della situazione umanitaria che di quella politica. Sharij è stato arrestato pochi mesi fa in Spagna. “Opposizione di sinistra” raccoglie i resti dell’ex Partito Comunista, bandito dalla lustratio anti-comunista del 2015. Il “Blocco di Volodymyr Sal’do” è una delle tante correnti regionali di Blocco di Opposizione, fondate sulla personalità di imprenditori politici attivi sui loro territori sin dall’indipendenza dall’URSS. Sal’do è stato tre volte sindaco di Kherson dal 2002 al 2012 ed era salito alla ribalta, tra le altre cose, per essere stato arrestato nel 2016 per un tentativo di omicidio nella Repubblica Dominicana.

Il 13 marzo Sal’do scriveva su Facebook che Kherson appartenesse all’Ucraina, ma già un mese e mezzo dopo era “nominato” dai russi come governatore dell’amministrazione militare della regione. L’11 giugno insieme ad altre 23 persone è stato tra i primi a ricevere il passaporto russo, che nei piani della giunta occupante sarà assegnato a tutti i nuovi nati dopo il 24 febbraio. Il suo segretario è il già citato Stremousov, leader della sezione locale del partito socialista. Nel suo curriculum: un’aggressione alla polizia, colpi di pistola a salve nella redazione di un giornale locale e la rivendicazione nel non aver mai vaccinato i suoi cinque figli, poiché «sono sani e non hanno bisogno di sperimentazioni». Anche nelle cittadine in provincia, i sindaci posizionati dai russi erano affiliati a Piattoforma di Opposizione, come Pavel Filipchuk a Kakhovka e Vladimir Leontiev nella contigua Nova Kakhovka. Entrambi sono accusati nel rapimento e tortura del giornalista locale Oleg Baturin, secondo le dichiarazioni della vittima stessa dopo essere stato liberato.

In ogni caso, come ha dichiarato al Guardian l’analista politica Maria Zolkina, la Russia “non si sente sicura nelle aree occupate”, e di conseguenza “non può permettersi nemmeno un finto referendum come quello avvenuto nel 2014 in Crimea: non hanno nessun appoggio dalla popolazione locale”. Le manifestazioni filo-ucraine sono durate per mesi durante l’occupazione, e come racconta un residente ventisettenne a Monica Perosino e Julia Kalashnik, in un articolo comparso il 13 giugno su La Stampa, “i soldati russi ci chiedono se siamo contenti di essere liberati dai nazisti, se li troviamo buoni, in generale sembra che abbiano sempre bisogno di essere rassicurati perché hanno paura”. In effetti, le notizie di attentati ai collaborazionisti di Kherson da parte dei presunti partigiani ucraini si sprecano.

A Zaporižžja, l’attore principale dei collaborazionisti è il deputato regionale del Blocco di Opposizione Evegenij Balitskij. Noto per avere molti ristoranti in Crimea rimasti di sua proprietà anche dopo l’occupazione, nel marzo ha concesso ai russi di trasmettere il canale Russia 24 nella regione, tramite l’uso delle antenne di sua proprietà. Il 9 maggio è stato scelto dai russi come governatore dell’amministrazione militare di Zaporižžja.

A Melitopol’ comanda Halyna Danylchenko, l’ex segretaria di Balitskij, anch’essa iscritta al Blocco di Opposizione. È stata scelta dai russi il 13 marzo, dopo che il sindaco legittimamente eletto Ivan Fedoriv era stato rapito dalle truppe russe. Ai microfoni di Russia Today Danylchenko aveva dichiarato che “Fedoriv si era rifiutato di continuare a lavorare e l’aveva nominata come successore”. Nel 2016, durante una riunione comunale lo aveva velatamente minacciato di morte.

A Energodar, dove circa dodici dei cinquantamila abitanti lavorano nella centrale nucleare più grande d’Europa, il sindaco imposto dai russi è un ingegnere della centrale, Andriy Shevchuk. Prima dell’invasione era un deputato comunale con Piattaforma di Opposizione. Probabilmente perché più sicura di non essere attaccata dagli ucraini a pochi passi dai reattori, su Telegram la nuova giunta pubblica video di concerti in piazza di artisti russi invitati in città e spari di fuochi d’artificio (che nel resto dell’Ucraina sono ovviamente proibiti date le attività militari).

Nel Donbas non occupato dalle repubbliche separatiste, le amministrazioni locali erano comunque spesso guidate da personalità affiliate ai partiti filorussi, e i sindaci di alcune città hanno subito dichiarato la resa e collaborato con l’esercito invasore. È successo a Volnovakha e a Kreminna, dove il sindaco di Piattaforma Volodymyr Struk è prima sparito e poi è stato trovato morto per ferite di arma da fuoco. A Rubizhne il sindaco Sergey Hortiv era già noto per avere sostenuto i separatisti nel 2014, e “ha svenduto ai soldati ceceni di Kadyrov le posizioni dove si nascondevano gli attivisti filo ucraini e le famiglie dei soldati”, come ha dichiarato il governatore del Luhansk’ ucraino Serhij Gaidaj.

Non sono molte le fonti attendibili provenienti dalla martoriata Mariupol’. Quel che si sa del sindaco imposto dalle truppe russe Konstantin Ivaschenko è che era il direttore dell’Azovmash ed era un deputato del consiglio comunale, affiliato negli anni a due dei partiti vietati: Nostri e Piattaforma di Opposizione. Nei fatti, a detenere il potere sono le ronde, soprattutto di ceceni, sparse nei quartieri della città, secondo il consigliere del sindaco legittimo di Mariupol, Petro Andruschenko.

Come scrive Simon Pirani su Jacobin, già le repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk’ avevano dimostrato come queste fossero tutt’altro che un laboratorio di socialismo popolare, quanto rette da un’amministrazione militare autoritaria e legata alla criminalità del Donbas. Secondo i dati del think tank Freedom House, il punteggio combinato di libertà politiche e civili nelle repubbliche del Donbas è di 4/100 nel 2022. Nel mondo solo Corea del Nord ed Eritrea sono al di sotto, e persino altri territori occupati dalla Russia formalmente o informalmente come Crimea, Ossezia del Sud e Transnistria hanno punteggi di almeno il doppio.

A questo punto bisognerebbe contare fino a dieci prima di accusare l’Ucraina di regredire come democrazia nella scelta di vietare i partiti filorussi, visto il dilagante collaborazionismo e tradimento e la loro stessa idea di società. Ciò non significa negare i problemi che ha l’Ucraina. Negli stessi dati di Freedom House, fanno peggio in Europa solamente Turchia, Kosovo e Bosnia e il livello di democrazia nel paese è simile a quello di Serbia, Ungheria e Moldavia.

E non vuol dire nemmeno sostenere che i processi ai partiti tacciati di collaborazionismo siano cristallini. Secondo Radio Free Europe solo quattro delle tredici udienze al tribunale di Leopoli sono state a porte aperte. Scelta giustificata dalle norme anti-Covid ancora vigenti nel paese. Secondo Taras Rud’, portavoce dell’organizzazione della società civile Opora, «probabilmente vi erano timori che sarebbero diventati di dominio pubblico vicende scomode non solo per i partiti filorussi, oppure un motivo potrebbe essere la scarsità di prove reali, sebbene potessero essere raccolte in questi anni. Soprattutto quelle sui legami finanziari con il Cremlino». Il politologo Evgen Magda avvisa che si tratta di una scelta necessaria quanto rischiosa, perché la Russia potrà scegliere di usare i suoi mezzi finanziari e legali per favorire una condanna delle modalità processuali alla Corte di Giustizia dell’UE.

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Nonostante ciò, si trascura sempre più, a volte nel paese stesso, che in Ucraina una guerra è in corso e le decisioni che devono salvaguardare la sovranità del paese, che definire già a rischio è un eufemismo, sono inevitabilmente rapide ed approssimative, spesso condite di una buona dose di populismo. Per otto anni la propaganda del Cremlino ha diffuso e provato a sostenere in tutti i modi che quello di Euromaidan fosse un colpo di Stato illegale. A otto anni di distanza sono le schegge impazzite del Partito delle Regioni e prendere illegalmente il potere a livello locale, dopo che i piani di una presa di Kyiv si sono in fretta dematerializzati costringendo Medvedchuk alla fuga.

Il sindaco esiliato di Energodar, Dmytro Orlov, ha dichiarato di «non poter dire con certezza che tutti i membri di Piattaforma di Opposizione e degli altri partiti filorussi abbiano ideologie separatiste e anti-ucraine». Anche per questioni di trasformismo e convenienza, alcuni – come nel 2014 – saltano dalla nave che affonda, come il co-leader di Piattaforma, l’imprenditore Vadim Rabinovich, che ha dichiarato sciolto il partito ben prima della decisione dei tribunali. Già il 28 marzo dichiarava in un documento che «la guerra cambia tutto» e «che il mondo prima e dopo il 24 febbraio sono due universi completamente diversi». Per la maggioranza dei suoi compagni di partito, però, è già troppo tardi per tornare indietro.

Immagine in anteprima: Una strada di Kharkiv, nell'Ucraina orientale, distrutta dai bombardamenti russi – Foto di: Mvs.gov.ua, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons

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