Le vittime di oggi non sono vittime del maltempo ma di abusivismo, condoni edilizi, dissesto idrogeologico
5 min letturaTrentatré morti e un disperso in una settimana. È questo il tragico bilancio delle vittime in seguito al maltempo che ha colpito tutta Italia dal 29 ottobre a oggi. Nel solo Veneto ci sono danni per 1 miliardo di euro, in Friuli sono andati distrutti 14 milioni di alberi.
L’Italia si è trovata a dover affrontare «una delle più complesse situazioni meteorologiche degli ultimi 50-60 anni», ha commentato il capo della Protezione civile Angelo Borrelli. Oggi, scrive il geologo Mario Tozzi su La Stampa, dovremmo aggiungere il cambiamento climatico, che può avere un effetto sulla maggiore intensità delle perturbazioni, ma quello che è veramente cambiato è il territorio: "una marea di asfalto e cemento ha seppellito il Belpaese al ritmo folle di almeno 2 metri quadrati al secondo. In Italia si è costruito dove non si doveva e si è costruito troppo e male, inoltre si è tollerato un abusivismo edilizio che è la vera vergogna nazionale. Così si è creato il rischio di frane e alluvioni dove prima non esisteva". Negli ultimi 20 anni, da Sarno nel 1998 alle vittime degli ultimi giorni, centinaia e centinaia di persone sono morte a causa di alluvioni e frane.
Da Sarno a Palermo, 20 anni di alluvioni e frane. Centinaia di morti, complici abusivismo e dissesto idrogeologico https://t.co/C4kfdVQSIB pic.twitter.com/c7RP36UFQS
— Agenzia ANSA (@Agenzia_Ansa) November 5, 2018
L’ultima tragedia, tra sabato e domenica, in Sicilia: due morti ad Agrigento, uno a Vicari, uno a Corleone, nove a Casteldaccia, nel palermitano. Due nuclei familiari praticamente sterminati dall'acqua e dal fango del fiume Milicia, che ha sommerso l’abitazione dove le due famiglie erano riunite per cena. Solo una persona è riuscita a salvarsi aggrappandosi a un albero.
La casa che la famiglia Giordano aveva preso in affitto si trovava a meno di 300 metri dal corso del fiume – che divide con il suo passaggio i comuni di Casteldaccia e Altavilla Milicia – quasi sotto ai piloni dell'autostrada. Vicino ci sono baracche di legno e lamiera e qualche prefabbricato. L’abitazione era edificata in una zona R4, cioè ad altissimo rischio idrogeologico. Dieci anni fa, nel 2008 il Comune di Casteldaccia aveva firmato un ordine di demolizione dell’abitazione ma, stando a quanto dice il sindaco Giovanni Di Giacinto, «non si è mai potuto eseguire perché i proprietari avevano fatto ricorso al Tar. E per quanto ci risulta, i giudici non hanno deciso». In realtà le cose non stanno così. Nel 2011, il Tar aveva dichiarato estinto il processo per mancanza di attività delle parti ma al Comune non era mai arrivata questa comunicazione perché all’epoca non si era costituito in giudizio. L’ordinanza di demolizione poteva, dunque, essere eseguita. Nel frattempo, i due proprietari continuavano ad affittare la casa.
Casteldaccia non è l’unico caso in Sicilia. Secondo un monitoraggio del procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, 75 comuni su 82 della provincia sono risultati inadempienti nelle demolizioni. E così anche per la gestione dei fondi europei per dragare il fiume Milicia. Nel "Por 2000-2006" erano stati stanziati 5 milioni di euro, ma poi una catena di intoppi burocratici ha fatto saltare il finanziamento. Anche altri interventi dell'assessorato regionale al Territorio previsti per il 2015 non sono stati eseguiti per mancanza di copertura finanziaria. Un situazione che non riguarda la sola Sicilia, ma è generalizzata a tutta l'Italia.
Le costruzioni abusive, i rischi e le relazioni: perché era già tutto previsto (via @Corriere) pic.twitter.com/ZbKs0ycKO6
— Luciano Fontana (@lucfontana) November 5, 2018
Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, dopo un sopralluogo aereo sulle zone colpite in Sicilia, ha annunciato di aver messo a disposizione del ministro dell’Ambiente 1 miliardo di euro per il dissesto idrogeologico e ulteriori 50 milioni per per le autorità di bacino per regolare i flussi d'acqua. «Spesso abbiamo registrato qualche intralcio burocratico per la ripulitura dei corsi d'acqua, ci sono per esempio vincoli paesaggistici per la rimozione di un albero», ha commentato Conte. Concetto molto simile è stato espresso dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che durante la visita in Veneto per constatare i danni delle raffiche di vento e pioggia dei giorni scorsi, ha detto che quello che sta accadendo è il frutto «di troppi anni di incuria e malinteso ambientalismo da salotto che non ti fanno toccare l'albero nell'alveo» e non della scarsa cura dell'ambiente, di condoni e abusi.
Stona, e non poco – osserva Sergio Rizzo in un editoriale su Repubblica – che in una situazione del genere Giuseppe Conte se ne sia uscito con una frase del genere, "arrivando alla conclusione che la tutela della vita umana viene prima dei 'vincoli ambientali'. E lo dice proprio mentre il suo governo, con il sostegno di Salvini, ha appena varato un nuovo indecente condono edilizio di sapore elettorale per l'isola di Ischia". Se l'Italia è stata letteralmente allagata dall'abusivismo, prosegue il giornalista, "se il frammento di territorio più bello e delicato d'Europa è stato consegnato agli orrori edilizi, un contribuito determinante l'ha dato proprio il partito di chi oggi punta il dito contro gli 'ambientalisti da salotto', che porterebbero sulle spalle loro la colpa di tragedie come quella di Casteldaccia. E anche per questo sarebbe doveroso che chi oggi ha in mano il timone del Paese di fronte a determinati fatti misurasse bene le parole".
Le affermazioni di Conte e Salvini hanno suscitato la reazione di Legambiente che ha fatto notare come «tra il 1944 ed il 2012 sono 61,5 i miliardi di euro spesi solo per i danni provocati dagli eventi estremi nel territorio italiano, e l’Italia è tra i primi Paesi al mondo per risarcimenti e riparazioni di danni da eventi di dissesto con circa 3,5 miliardi all’anno». Per prevenire tragedie come quelle vissute nell’ultima settimana «serve una nuova legge quadro, una sorta di "Piano Marshall" per il dissesto idrogeologico», ha spiegato il presidente del Consiglio nazionale dei geologi Francesco Peduto.
Secondo l’ultimo rapporto Ispra sul dissesto idrogeologico, il 91% dei comuni italiani (7.275) è a rischio per frane e/o alluvioni, il 16,6% del territorio nazionale è classificato a maggiore pericolosità, 1,28 milioni di abitanti sono a rischio frane e oltre 6 milioni di abitanti a rischio alluvioni. Le regioni con i valori più elevati di popolazione a rischio frane e alluvioni sono Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Lombardia, Veneto e Liguria.
E per quanto riguarda il consumo di suolo non va meglio. Secondo il rapporto del 2018 sempre di Ispra, se fino agli anni scorsi la velocità del consumo di suolo stava rallentando, nel 2017 si è assistito in alcune Regioni a un’inversione di tendenza. In Lombardia, Veneto, Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Puglia (in particolare nel Salento) e Liguria, la velocità con cui si consuma il suolo accelera, continuando “a coprire irreversibilmente aree naturali e agricole con asfalto e cemento, edifici e fabbricati, strade e altre infrastrutture”. Abbiamo consumato in media circa 15 ettari al giorno in più, abbiamo perso poco meno di 2 metri quadrati di suolo al secondo.
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Negli anni abbiamo dedicato diversi approfondimenti ai temi del consumo di suolo, del dissesto idrogeologico, dei condoni e dell’abusivismo edilizio:
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