A Macerata è stato terrorismo e dobbiamo dirlo
5 min letturaLa sparatoria di Macerata è stata terrorismo politico di matrice fascista: va riconosciuto e detto, e poi affrontato. Lo è dal background dell'esecutore, Luca Traini - il tatuaggio neonazista sopra l'occhio destro, la rivendicazione col braccio destro teso e la bandiera tricolore, la militanza politica e le testimonianze sulla sua progressiva estremizzazione - e dalla dinamica dell'azione - il proiettile contro la sede del partito democratico, i sei stranieri feriti.
Invito gli organi di informazione a definire i fatti di Macerata per quello che sono: un atto terroristico di matrice fascista. Ogni tentativo di edulcorare o rendere neutra la notizia è connivenza.
— Roberto Saviano (@robertosaviano) 3 febbraio 2018
Lo è contestualmente al clima di propaganda diffuso dall'estrema destra che trova cassa di risonanza nei mezzi di informazione - dalle prime pagine di Libero e Il Giornale a trasmissioni giornalisticamente fasulle come Quinta Colonna, fino alla debolezze strutturali del giornalismo, che diffonde nei titoli i virgolettati più beceri, e così ne aumenta la portata - i commenti e le analisi arrivano dopo il boato degli slogan, intanto che questi si moltiplicano nelle condivisioni in rete e assediano il nostro sguardo. Questo clima consiste in quotidiane ondate di immondizia ideologica, in bufale conclamate che cementano di rabbia e paura parte dell'opinione pubblica. Invocazioni di ruspe, gli "Stop Invasione", i "Prima gli italiani", gli "Aiutiamoli a casa loro", gli appelli alla pulizia etnica, l'indicare gli oppositori come a libro paga di Soros o di qualche altro cosiddetto "potere forte", l'equiparazione tra stranieri e potenziali terroristi, la fuffa xenofoba del piano Kalergi, la criminalizzazione delle Ong, l'accusa di "buonismo" per chi parla di diritti umani, gli strumentali attacchi alla Presidente della Camera Laura Boldrini a ogni fatto di cronaca che coinvolge immigrati o persino dopo attentati di matrice islamica. E quelle stesse bocche da odio ora apostrofano come "sciacalli" chi punta il dito contro Salvini & co, nella patetica inversione della realtà che vorrebbe farli passare persino per vittime.
Un pazzo delinquente prova ad uccidere innocenti a Macerata, e la compagnia di giro attacca Matteo Salvini. In... https://t.co/vuT7DLQjqb
— nicola porro (@NicolaPorro) 3 febbraio 2018
Una retorica denigratoria e violenta che non ammette chi è riconosciuto come diverso o chi dissente e alimenta lo scontro sociale per polarizzare le posizioni, intanto che sono normalizzati messaggi e contenuti politici al limite dell'eversione. Le parole non sono azioni, ma nel discorso pubblico contribuiscono a spostare l'asticella di ciò che è socialmente sanzionabile, forniscono modelli ed esempi, creano frame, rendono plausibile prima il pensare e poi il gridare ciò che, fino a un attimo prima, era una pulsione tra le tante che si agitano nell'animo, fuoco sotto la cenere. Per questo, quando esplode la violenza eversiva, come a Macerata, occorre in primo luogo empatia per le vittime: i sei feriti, chi ha assistito e ha temuto per la propria incolumità, chi, in quella stessa città, ha perso una figlia o un'amica morta in modo atroce, e ha dovuto subire la politicizzazione della sua morte. E occorre respingere con fermezza quei tentativi di disinformazione che passano per dettagli allusivi e privati, non riscontrati ma fatti circolare lo stesso. È il caso dell'intervista audio alla segretaria provinciale della Lega Nord, Maria Letizia Marino, che ha diffuso l'informazione - senza alcun riscontro - secondo cui Traini aveva una storia con una tossicodipendente romana, alludendo alla "povera Pamela" Mastropietro. Derubricando così l'attentato di Macerata all'eroico gesto di un innamorato distrutto dal dolore. La segretaria provinciale è stata rapidamente smentita, una volta che l'Ansa ha sentito la famiglia della ragazza, ma intanto la tossina di parole depistanti è circolata, incontrastata, per qualche ora nell'ecosistema dell'informazione, facendo tutto il male che doveva fare.
Come per Gianluca Cassieri, il militante di estrema destra che nel 2011, a Firenze, uccise due senegalesi e poi si sparò, già si parla del "gesto di un folle". Evidentemente le competenze psichiatriche dei commentatori aumentano allo sbiadire del colore della pelle dell'attentatore.
Macerata. Italia in piena emergenza sicurezza. Oggi una sparatoria, un gesto folle da criminali squilibrati, senza...
Pubblicato da Giorgia Meloni su Sabato 3 febbraio 2018
Questa retorica sortisce un effetto nefasto, perché deresponsabilizza il colpevole e alza una cortina di fumo sul contesto in cui sono avvenuti i fatti. Analogamente ai casi di violenza di genere, dove chi li attua è deresponsabilizzato agli occhi del pubblico attraverso il ricorso al "raptus", alla "gelosia" e alla "passione, negli attentati il beneficio della patologia è concesso ogni qual volta il responsabile non può essere identificato con un gruppo etnico o religioso estraneo alla propria comunità di riferimento. Se è bianco è folle, se è di colore o islamico è un terrorista - anche per Breivik si parlò di "follia". Un problema che non è solo italiano: basti pensare alla copertura da parte dei media americani della strage di Charleston, e alle critiche per la ritrosia nel parlare di terrorismo. O quando, dopo la strage di Orlando, il giornalista e attivista inglese Owen Jones abbandonò lo studio di Sky News perché il presentatore Mark Longhurst si rifiutò di riconoscere la matrice omofoba dell'attentato.
Tornando ai fatti di Macerata, nelle reazioni politiche trova spazio la ritrosia a parlare di fascismo. È il caso Renzi, che su Facebook ha parlato di una persona "squallida e folle", invitando a non strumentalizzare. Parole che fanno il paio con quelle di Maio, che ha invitato a non fare campagna elettorale sull'uccisione di Pamela Mastropietro e i feriti di oggi, dando una lettura politica a somma zero dei due episodi. E del redivivo Berlusconi, che sposa la tesi del "folle gesto" privo di "una lucida connotazione politica". E c'è Salvini che ancora ieri attribuiva all'immigrazione fuori controllo lo scontro sociale - una menzogna, come da copione.
L'immigrazione fuori controllo non porta al tentativo di omicidio di 7 innocenti, a meno che non sei un assassino delinquente razzista. L'istigazione all'odio e alla violenza e il razzismo sì. È ora di dare nome alle cose. Altro che "non strumentalizziamo" https://t.co/bx3XH0hij5
— arianna ciccone (@_arianna) February 3, 2018
Viene da chiedersi, per chi invita a "non strumentalizzare", cosa debba fare una persona, nel 2018, per essere definita fascista. Forse che il fascismo è un fenomeno politico finché non arrivano gli spari, dopodiché diventa immediatamente un fatto privato o materia per psichiatri? Non è invece la violenza e la sua successiva negazione la strategia per eccellenza con cui i fascismi muovono la corsa vero il potere, finché non si sentono abbastanza protetti da poterla esibire apertamente? Sulla matrice fascista non ha certo dubbi Forza Nuova, che ha in pratica rivendicato ideologicamente l'azione e ha annunciato di voler sostenere le spese legali di Luca Traini. Stranamente l'estrema destra sembra immune agli appelli alla moderazione.
Se c'è strumentalizzazione, questa proviene da chi parla di follia intanto che invoca maggiore sicurezza (Salvini, Meloni), perché da una parte isola il fatto rispetto al tessuto politico e sociale, dall'altra chiede consenso per rafforzare quel tessuto. Se si credesse fino in fondo alla follia come movente, per coerenza si dovrebbe parlare di rafforzare le strutture e l'assistenza psichiatrica, o di rendere più efficaci i controlli per ottenere il porto d'armi. Invece, ancora una volta e senza vergogna, da destra vorrebbero far passare il messaggio che gli extracomunitari, oltre a rubare il lavoro, minano l'equilibrio psichico degli italiani, andando poi impunemente a sbattere contro i proiettili.