Ma c’erano «black bloc» ad Atene?
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Allo scoppio degli scontri in piazza Syntagma ad Atene, i siti delle principali testate d'informazione italiane hanno reagito dando grande risalto alla «furia» dei «black bloc», ritenuti responsabili delle violenze che si stavano verificando in protesta con le misure di austerity discusse in contemporanea all'interno del Parlamento greco:
Più cauta l'apertura di Repubblica.it:
Tuttavia, controllando le fonti disponibili su Google News in inglese, spagnolo e francese, si scopre che il termine 'Black Bloc' è stato usato solo in Italia. E infatti nelle edizioni cartacee i toni cambiano. Dalla prima pagina del Corriere della Sera, così come dai resoconti (qui e qui) dell'inviato Danilo Taino, l'espressione scompare.
I «black bloc scatenati» diventano «gruppi violenti», «anarchici» (ma tra virgolette), «manifestanti organizzati». Anche alla Stampa l'espressione quasi scompare, restando solamente in un virgolettato di un manifestante interpellato da Tonia Mastrobuoni: «ecco, ci sono anche i black bloc, faranno disastri e alla fine si parlerà solo di loro.» Non proprio, visto che nemmeno la prima del quotidiano torinese li menziona:
Repubblica, invece, mantiene una impostazione coerente con la sua apertura web: ci sono i «black bloc scatenati», ci sono «gli applausi ai black bloc» e l'espressione ritorna più volte nel reportage dell'inviato Daniele Mastrogiacomo. Che spiega anche al lettore le «tecniche di guerriglia» utilizzate da quelli che definisce «anarchici e autonomi».
In definitiva, i «black bloc» c'erano o no? La questione non è meramente semantica, perché comporta una diversa attribuzione delle responsabilità delle violenze. Repubblica e il Giornale hanno una risposta univoca: sì, c'erano. Per La Stampa forse pure (ma con accenti ben diversi tra online e cartaceo). Mentre il Corriere dovrebbe spiegare per quale motivo i lettori del suo sito hanno letto per tutto il pomeriggio di domenica di «black bloc scatenati» di cui non c'è nemmeno l'ombra nella sua edizione cartacea del giorno seguente.
Ancora, resta la domanda: come mai tra tutti i giornalisti accorsi ad Atene solamente gli italiani hanno parlato di «black bloc»? A cui ne segue un'altra: siamo sicuri che le agenzie che per prime hanno diffuso l'allarme sulla presenza di «black bloc» non abbiano semplicemente identificato l'espressione con la definizione: «chiunque sia vestito di nero e crei disordini a una manifestazione»? Se così fosse - e il sospetto, a distanza di ore e vista anche la penuria di immagini e dettagli sui numeri, resta - si starebbe facendo un uso improprio del termine. Dato che, spiega l'ormai tristemente celebre FAQ di InfoShop.org, non serve essere vestiti di nero per essere 'black bloc', e che 'black bloc' più che persone indica una tattica, o un insieme di tattiche, di guerriglia urbana. E poco si è capito se si siano verificate o meno in piazza Syntagma. Più in generale, la sensazione è che i quotidiani online si siano fidati delle agenzie per coprire l'evento, e abbiano corretto il tiro - chi l'ha fatto, ovviamente - solo una volta interpellati i rispettivi inviati. Ciò non toglie, in ogni caso, che per quanto ho potuto verificare ciò non sia successo all'estero.
C'è poi un'ultima domanda: come mai gli stessi quotidiani cartacei che oggi danno tutti grande risalto agli scontri in Grecia (come è giusto che sia) non hanno trovato nemmeno una riga di spazio per le centinaia di migliaia di persone che hanno protestato pacificamente - e in tutta Europa - contro ACTA soltanto il giorno prima? Solo perché in Italia (tra le pochissime eccezioni) l'unica manifestazione - quella romana - è stata rimandata per neve?
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