Lombardia: si può criticare il sistema sanitario?
4 min lettura«Attacco M5S alla Lombardia»: così titola l’edizione cartacea del Corriere di ieri. L'attacco in questione sarebbe l’intervento alla Camera di Riccardo Ricciardi (M5S), nella seduta di giovedì 21 maggio. Durante il dibattito sulla fase 2 dell'emergenza coronavirus, il deputato ha attaccato il «modello Lombardia», suscitando reazioni accese, in particolare dai banchi della Lega - tanto che il presidente della Camera, Roberto Fico, ha dovuto sospendere la seduta.
Tra le principali polemiche che ne sono seguite, si segnala quella lanciata dal direttore del TgLa7, Enrico Mentana. Sulla propria pagina Facebook Mentana prima ricorre a una preterizione per insultare il deputato, accusato di aver strumentalizzato per fini politici una regione «martire», poi ci ripensa, modifica il post e decide di incontrare il deputato, invitandolo in studio - dove interloquisce con altri toni. Una condotta da leone da tastiera che si infervora sul momento e col trascorrere delle ore è ricondotto a più miti consigli.
Ora, un dibattito sulla legittimità dell’intervento di Ricciardi è qualcosa di cui francamente sfugge la logica (uno scontro in Parlamento tra maggioranza e opposizione, quale macchia per le istituzioni!). Vale il tempo di una polemica che presto sarà soppiantata lungo l’infinita catena di montaggio delle polemiche giornaliere. Tuttavia è utile notare che l’intervento di Ricciardi è stato respinto in toto, non nelle sue ragioni particolari. Non per gli argomenti, ma per il bersaglio: la sanità lombarda e i suoi principali responsabili politici - il presidente della Regione, Attilio Fontana, e l’assessore alla sanità, Giulio Gallera. L’impressione, insomma, è che il muro alzatosi contro Ricciardi sia stato edificato ben prima di ieri. Come ricordato dal deputato, analoghe reazioni hanno visto protagonista il collega di partito Giovanni Currò, quando una settimana fa ha attaccato a sua volta la sanità lombarda.
Questo muro che di colpo si alza è composto da un particolare mattone: il sentimento anti-lombardo. A partire da aprile si è fatta strada da più parti l’ipotesi che la Lombardia fosse vittima di invidia, di un senso di rivalsa verso la prima della classe in difficoltà, fino agli estremi dell’odio. Per esempio, Beppe Severgnini, intervenendo alla puntata di Otto e mezzo del 15 aprile, dice a proposito della situazione lombarda: «Sento un astio e una crudeltà veramente eccessiva. Non so se è l’odio per i primi della classe». Mentre Marco Imarisio, sul Corriere della Sera, il 16 aprile segue e amplia la scia di questo sentore:
S’avanza da più parti una sottile forma di revanscismo nei confronti della supposta grandeur lombardo-milanese. Le colpe dell’attuale classe dirigente regionale, presente e passata, diventano quasi un pretesto ideologico per presentare il conto, mescolandole a una sorta di implicito «ve la siete cercata» che accusa gli abitanti di questa terra di aver seguito esclusivamente la religione del profitto, tutti accecati da una visione priva di ogni cultura che non fosse quella dei danè. E così il Coronavirus diventa quasi una nemesi, dell’intraprendenza lombarda e del suo mito di produttività. Non sono vere analisi, queste. Sono luoghi comuni che rendono macchietta un popolo intero. Nella loro ingenerosità non considerano neppure che da sempre Milano è la capitale italiana dell’inclusione, in controtendenza con molte parti d’Italia.
C’è un moralismo inopportuno e irrispettoso dell’angoscia e dei lutti, nelle critiche che molti avanzano non solo al disastro della politica e della sanità lombarda, ma anche alle persone che ci vivono e al loro modo di intendere la vita.
Parla di risentimento anche Raffaele Cantone, imbeccato dal Giornale il 20 maggio: «Penso che ci sia un sentimento anti-lombardo e che la sciagura che ha colpito la Lombardia sia stata vissuta, da alcuni, quasi come una rivincita.» E naturalmente Attilio Fontana ricorre a questo frame quando parla di «clima anti-lombardo» a commento di una scritta comparsa su un muro di Milano - «Fontana assassino». In pratica i giornalisti hanno allestito la cornice narrativa per la propaganda politica.
È interessante notare come, da Mentana a Fontana, dall’intervento di un deputato che fa il proprio lavoro alla scritta anonima sul muro, non si scinda in alcun modo la Lombardia come totalità, e quindi insieme complesso di parti magari in conflitto, dalla sua guida politica. Malati, morti, medici, infermieri, dirigenti sanitari, industriali, lavoratori salariati, assessori, politici di maggioranza od opposizione, sanità pubblica o privata, comuni cittadini che magari nemmeno han votato: sono tutti parte dello stesso blocco a trazione leghista, e puntare il dito verso una parte specifica è tradotto in un attacco a tutto il blocco. «Martire», per usare le parole di Mentana, si applica alla regione, mica all'elevato numero di morti. Così chiamare in causa la sanità lombarda è connotato a priori come emozione negativa - invidia, odio, risentimento. Viene negata ogni contestualizzazione politica, secondo una logica che delegittima il vaglio critico delle responsabilità. È come se, dopo aver criticato il chirurgo che vi ha operato male, veniste additati come degli squallidi sciacalli che strumentalizzano i pazienti morti sotto i suoi ferri, o vi si accusasse di invidia verso l'ospedale.
Questo duplice dispositivo - la retorica del sentimento anti-lombardo e l’indebita generalizzazione che fa coincidere la Lombardia con la giunta di Fontana - ha come principale conseguenza quella di favorire la Lega. In un’agenda politica e mediatica per forza di cose dominata dalla pandemia, il Carroccio deve infatti districarsi tra due ruoli, di opposizione in Parlamento e di governo in Lombardia. Perciò ogni volta che la Lega parla a Roma, deve prima di tutto smarcarsi dal pensiero "sì, ma la Lombardia?”. Sono infatti lontani i tempi in cui Salvini poteva fare la sparata contro presidenti di regioni guidate dal Pd, come quando annunciò un esposto contro Enrico Rossi.
Ma il problema della Lega è diretta conseguenza di come la giunta guidata da Fontana ha gestito la pandemia, non di un complotto ordito da campani, pugliesi e abruzzesi, tutti uniti dall'odio verso la Lombardia. È una difficoltà comunicativa e politica figlia di decisioni comunicative e politiche. Stigmatizzare chi chiama in causa le responsabilità della sanità lombarda offre perciò più di una pezza d'appoggio alla Lega. Inoltre questa stigmatizzazione non accade a livello nazionale con l'operato del governo Conte. Non c’è infatti nei media mainstream un’uguale tendenza a parlare di sentimenti anti-italiani o di ridurre le critiche al governo a una strumentalizzazione dei morti. Perché dunque l’operato del governo può - com’è giusto che sia - essere scrutinato, mentre quello della Regione Lombardia soggiace a una specie di galateo implicito, che i Ricciardi di turno sono evidentemente tenuti a conoscere e applicare? Non è forse questo protezionismo campanilista il principale sentimento anti-lombardo, se solo guardiamo la questione dal punto di vista della salute dei cittadini che vivono nella regione?
Foto anteprima via Ansa