Lo Hobbit, l’epic fantasy di Tolkien, torna al cinema in versione 3D
1 min letturadi Davide Gangale
Metti una sera a cena 13 nani e uno stregone che ti invadono casa senza essere invitati, e dopo averti saccheggiato la dispensa e allietato con una nanica gara di rutti ti convincono a partire alla riconquista di Erebor, il loro antico regno perduto. Eppure tu non sei uno che ama le avventure, perché poi finisce che ti fanno arrivare tardi e sconvolgono le abitudini a cui sei tanto affezionato. Inizia così Lo Hobbit, primo di tre episodi che compongono il prequel del Signore degli Anelli, diretto, prodotto e sceneggiato da Peter Jackson.
Per chi non lo sapesse, lo Hobbit è un mezzo uomo con grandi orecchie a punta e grandi piedi pelosi. Nota bene: il suo odore è sconosciuto ai draghi. Tutto sommato, un tipo casalingo, un po’ imbranato, che ama starsene rintanato nel suo buco nella terra a leggere libri e a contemplare le sue mappe. Il mondo, però, “è là fuori”, come gli ricorda lo stregone Gandalf, e i nani una casa propria dove starsene comodi non ce l’hanno più. Sono un popolo senza terra, ed è per questo che Bilbo Baggins decide di aiutarli: perché conosce e apprezza il valore delle radici.
Ad attendere lo Hobbit e l’agguerrita truppa di nani guidati da Thorin Scudodiquercia ci sono le Terre Solitarie, piene di orchi sgozzatori e di troll che si pietrificano con la luce dell’alba. Un viaggio tra rune lunari che bisogna decifrare, negromanti, combattimenti all’arma bianca, farfalle, aquile salvifiche e draghi sputafuoco che si risvegliano dopo un lungo sonno, sotto montagne d’oro. Ad attendere lo spettatore, invece, effetti speciali tridimensionali e 48 fotogrammi al secondo, a tratti un po’ faticosi.
Gli appassionati del genere epic fantasy sentiranno forse la mancanza di Sauron, il male assoluto che tutto pervade nel Signore degli Anelli. Ma non quella di Gollum, del suo “Tessoro” e dei suoi inediti (divertenti) indovinelli bipolari.