Sull’aggressione squadrista di Firenze Fratelli d’Italia finge di non avere responsabilità
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Aggiornamento del 23 febbraio 2023: "Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti".
Così scrive Annalisa Savino, dirigente scolastica del liceo scientifico “Leonardo Da Vinci” di Firenze. La comunicazione, pubblicata anche sulla pagina Facebook dell’Istituto, arriva a commento dell’aggressione squadrista subita sabato scorso da alcuni studenti del liceo Michelangiolo. Anche altri istituti cittadini, riporta il Corriere Fiorentino, “sono scesi in campo” a fianco del Michelangiolo. Tra questi, gli insegnati del liceo Pascoli, anch’esso teatro di un’aggressione analoga qualche settimana prima.
Il sito del Tirreno, intanto, ha pubblicato il video integrale dell’aggressione, che sconfessa alcuni tentativi portati avanti dalla maggioranza e da testate come Il Giornale di derubricare il fatto a “rissa”. Scrive Il Tirreno:
Senza taglia e cuci [...] il video è molto evidente: i due studenti del liceo finiti sotto accusa si difendono provando sì a reagire tirando qualche pugno, ma i loro colpi vanno a vuoto e vengono subito circondati, subissati di botte e gettati a terra. Il Tirreno inoltre può mostrare anche un’altra angolazione della stessa scena per meglio comprendere la dinamica.
In mattinata, il ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha duramente criticato la preside Savino. Durante la trasmissione Mattino 5, rispondendo a una domanda diretta ("le sembra possibile che una preside di una scuola pubblica si esprime così?"), Valditara ha dichiarato che "in Italia non c'è alcuna deriva violenta o autoritaria", aggiungendo a proposito della lettera:
Sono iniziative assolutamente strumentali, certamente esprimono una politicizzazione che auspico non abbia più un suo ruolo all'interno delle scuole. Se questo atteggiamento dovesse persistere, se ci dovesse essere un comportamento che va al di là dei confini istituzionali allora vedremo se sarà necessario prendere delle misure. Attualmente non ritengo necessario intervenire. [...] Francamente di queste lettere non so che farmene, sono lettere ridicole.
Sabato scorso, a Firenze, è avvenuta un’aggressione ai danni di alcuni studenti del liceo Michelangiolo. Grazie alle testimonianze e alle immagini dell’episodio, sono stati identificati come autori dell’aggressione membri del collettivo di Azione Studentesca. Si tratta di sei persone, tre maggiorenni e tre minorenni, esterne alla scuola. Nel video che documenta il pestaggio si vedono altri studenti e una professoressa che cercano di intervenire.
In attesa che si concludano le indagini sulla vicenda, la versione più probabile è che gli aggrediti abbiano protestato per un volantinaggio non autorizzato fuori dalla scuola, e che per tutta risposta sia scattata l’aggressione. I sei sono stati denunciati per manifestazione non autorizzata e violenza privata: per la Digos si sarebbe trattato infatti di “un’aggressione unilaterale”, non di una rissa. Secondo quanto riportato dal Corriere Fiorentino, il più grande tra gli identificati avrebbe 20 anni, mentre il più giovane 17. Tra gli studenti del liceo, riferisce il TG3, c’è chi ha parlato di “aggressione premeditata”.
Data anche l’efferatezza delle immagini diffuse e l’appartenenza politica degli accusati, si è subito parlato di squadrismo e matrice fascista. Il deputato di sinistra italiana, Nicola Fratoianni, ha annunciato un’interrogazione parlamentare ai ministri Piantedosi e Valditara. Il sindaco di Firenze, Dario Nardella (Pd), ha parlato di “aggressione squadrista”. Il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, ha parlato espressamente di “aggressione fascista”. Il Tirreno ha ricordato che, sempre nei giorni scorsi, si era verificata un’analoga aggressione. Sempre da parte di militanti di Azione Studentesca, sempre fuori da un liceo fiorentino, senza che fosse però possibile identificare i responsabili.
Il movimento di Azione Studentesca, benché sul sito non sia esplicitato, fa parte della galassia dell’estrema destra che ruota attorno al partito di Giorgia Meloni. Azione Studentesca Firenze, riporta tra gli altri il Tg La7, condivide la sede con il centro sociale Casaggì e con Fratelli d’Italia.
Potremmo addentrarci in una disquisizione terminologica e politica sulla differenza tra “neofascismo” e “fascismo”, o calcolare millimetri di distanza ideologica tra Azione Studentesca Firenze, eventuali “mele marce” e i co-residenti di Fratelli d’Italia Firenze, estendendo poi il dibattito a livello nazionale. Probabilmente c’è chi non mancherà di deviare in quella direzione.
Qui preferiamo concentrarci sulle reazioni di Fratelli d’Italia, in particolare su un certo grado di silenzio a livello nazionale. Lo facciamo perché una regola fin troppo spesso ignorata della comunicazione politica vuole che anche i silenzi e le attese siano messaggi. E i messaggi, si sa, si possono interpretare. Se poi provengono dal primo partito del paese, interpretare è una necessità.
Prima dei silenzi a livello nazionale, parliamo però della dichiarazione di Fratelli d’Italia-Firenze. Una vera e propria presa in giro dove a nessun livello si condanna l’accaduto come ci si aspetterebbe in un sistema politico funzionante da parte di una forza democratica:
Il coordinamento di Fratelli d’Italia esprime profondo rammarico per gli scontri avvenuti stamani nei pressi del liceo Michelangelo e condanna ogni forma di violenza da chiunque esercitata. La politica deve essere strumento di confronto anche aspro e duro ma non può e non deve travalicare mai in scontro fisico e limitazione della libertà di espressione altrui. E nessuno ha nostalgia della stagione della violenza politica che ha segnato troppo a lungo la storia d’Italia. Al contempo auspichiamo che venga fatta chiarezza sull’episodio con la corretta ricostruzione dei fatti e auspichiamo che tutti, soprattutto coloro che rivestono incarichi istituzionali come il Sindaco di Firenze, abbiano accortezza nel commentare l’accaduto senza additare responsabilità prima che le stesse siano acclarate, cosa che rischia soltanto di alimentare ulteriormente un clima già troppo pesante.
“Auspicare chiarezza", a conti fatti, significa che, nella sede condivisa, Fratelli d’Italia e Azione studentesca non comunicano tra loro, non si frequentano. Né, prima di pubblicare un comunicato, si fanno telefonate o si mandano messaggi; nemmeno si bussa alla porta in fondo al corridoio per chiedere un attimo cosa è successo.
Sono separati, pur in compresenza, al punto che non c’è nemmeno bisogno di menzionare il fatto nel comunicato, non c’è bisogno di prese di distanza di nessun tipo. Abbiamo però l’Abc del politichese in questi casi, la “condanna contro tutte le forme di violenza” che serve a salvare la forma e le apparenze, o a collocare la violenza in meccanismi di azione e risposta per cui a volte si può esagerare, ma mai nella sostanza.
Il resto, dal “profondo rammarico” (la versione politicizzata di “mi spiace se ti sei offeso”) al vittimismo di rito con cui si stigmatizzano le dichiarazioni del sindaco, non sono altro che fumo negli occhi. Un po’ come per la fantascienza, questa dichiarazione vuole la sospensione d’incredulità o, più propriamente, la complicità del lettore. Oppure la si può considerare né più o meno l’esito di un possibile Generatore automatico di comunicati per condannare episodi di squadrismo. Una simile dichiarazione è offensiva nei confronti delle persone aggredite, dei loro familiari, degli studenti e del personale del liceo. Per mettere in campo una simile cecità democratica, che non trova nemmeno la scorciatoia dell’opportunismo, bisogna davvero sentirsi impuniti a qualunque livello.
A fianco di questa strategia particolare, troviamo il pressoché totale silenzio della destra di governo. La quale è solitamente in prima linea quando c’è da denunciare la violenza interpretando il ruolo della vittima, pur essendo al potere. Ricordiamo che il governo, fin dai suoi esordi, non solo è stato in prima linea quando c’era da condannare “gli altri”, in linea con una visione politica dove l’appartenenza e l’identità coincidono con i diritti, ma ha agito in coerenza con questa visione. In certi casi, insomma, non c’è da accertare i fatti: basta gridare gli slogan. Se quindi si può attaccare in quanto vittime, va condannata la violenza e attaccato l’avversario di turno; se il ruolo non è interpretabile ecco gli inviti a “non strumentalizzare” o, nei casi più indifendibili come quello di Firenze, l’arroganza di un silenzio esercitato da posizione di potere.
Questo silenzio serve anche a prendere tempo, mentre si prova a depistare. Ieri infatti è arrivata l’interrogazione parlamentare di un deputato di Fratelli d’Italia, Mollicone, che parla di “rissa”. Lo fa appoggiandosi a un video diffuso dal Giornale “che smonta la balla del raid fascista”. Giornale che, in un articolo sulla vicenda, ci informa del vero pericolo: “la sinistra esige la supremazia ideologica” al grido di “fuori i fasci dalle scuole”. Insomma, la stampa di estrema destra soccorre la maggioranza di estrema destra nel momento in cui questa si aggira urlando “un pugno, il mio regno per un pugno”: se qualcuno infatti ha reagito a qualunque livello, diventa possibile ignorare qualunque elemento non funzionale alla versione che si vuol far passare per questioni di comodo. Il messaggio, neanche tanto tra le righe, è chiaro: "la violenza è sempre sbagliata, ma se intanto gli altri provocano, che volete da noi?"
Quello che stiamo vedendo in moto da sabato è un meccanismo rodato. A muovere le reazioni e le azioni concrete della maggioranza non è tanto la portata di una minaccia di qualunque ordine o grado, ma la sua spendibilità in termini di consenso mentre si divide l’opinione pubblica - “o con noi o contro di noi”, in sintesi. Questo non soltanto punta a far venire meno qualunque patto sociale sulle regole condivise, ma rende impossibile comprendere, ad altezza di cittadinanza, l’effettivo grado di allarme sociale. Si può non credere a Pierino che continua a gridare “al lupo al lupo!”: la faccenda si complica quando a farlo è il governo del tuo paese, e buona parte della stampa gli va appresso, anche solo per verificare se effettivamente ci sia un pericolo lupo.
Già a ottobre sono state elevate minacce delle scritte su muri di Roma contro il neo-presidente del Senato, Ignazio La Russa. “La Russa boia speriamo che tu muoia” firmata con una “A” cerchiata. A questa si è accompagnata la scritta “La Russa, Garbatella ti schifa”, firmata con una stella a cinque punte, sulla saracinesca della sede di Azione giovani. La procura apre un fascicolo per “minacce e oltraggio”, mentre Meloni dice “basta clima d’odio”, intanto che butta dentro il calderone chi legittimamente ha criticato La Russa.
Diversi esponenti politici hanno deciso di rendere La Russa un bersaglio come persona e per le sue idee rinfocolando un clima d’odio, già ben alimentato durante una campagna elettorale costruita sulla demonizzazione dell’avversario politico.
A novembre abbiamo il cosiddetto “decreto anti-rave”, che nella sua forma originale offriva un potere discrezionale ampio e soprattutto privo di qualunque ragione al di fuori di una volontà repressiva. Decreto che, pur depurato del suo articolo più problematico, nel passaggio a conversione in ddl ha mantenuto il suo impianto, con buona pace di chi, tanto per cambiare, in nome del cerchiobottismo è convinto che in Italia il problema dell’estrema destra sia che la sinistra continua a “farsi trollare”, e non la cultura politica che esprime, così come le eventuali carenze della stampa tradizionale nel denunciarla. Intanto, l’opinione pubblica è stata ostaggio per una settimana buona di un dibattito surreale su orde di giovani da tutte Europa che verrebbero in Italia a frotte per drogarsi e ballare.
Da fine novembre a dicembre torna un grande classico delle minacce al paese: le Ong, con sullo sfondo “l’invasione” di migranti. L’occasione la forniscono i salvataggi in mare compiuti da 4 navi e il nuovo codice di condotta, di cui a febbraio il Consiglio d’Europa ha chiesto la cancellazione. Nel frattempo abbiamo però assistito al classico armamentario di argomenti disumani. Il ministro della Difesa Guido Crosetto, per esempio, unisce i puntini tra i nemici della destra identitaria arrivando a parlare di “centri sociali galleggianti”. A nulla valgono i dati sull’immigrazione, a nulla vale il fatto che solo una minima parte dei salvataggi in mare sia effettuato dalle Ong. Del resto, se di fronte all’imperativo morale di salvare vite bisogna eventualmente giustificarsi dicendo “guardate che ne salviamo poche!”, la partita è già persa.
Ancora a dicembre arrivano le minacce contro Meloni e la figlia da parte di un disoccupato che non vuole vedere abolito il reddito di cittadinanza, minacce che vengono impugnate contro Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle. Anche lui, nel difendere una norma voluta dal suo governo, “fomenta l’odio”. A gennaio, invece, la protesta nonviolenta di attivisti di Ultima generazione, che lanciano vernice lavabile contro il Senato, facendo eco ad analoghe proteste in altre parti d’Europa, è bollata da Meloni come “gesto oltraggioso, incompatibile con qualunque civile protesta”.
A fine gennaio, poi, a furia di alzare il tiro Fratelli d’Italia tira la corda al punto di alludere a possibili collusioni dell’opposizione con mafia e terrorismo. Parliamo ovviamente del caso Donzelli-Delmastro, col primo che utilizza informazioni non divulgabili fornite dal secondo. In seguito il caso si allarga e diventa caso Donzelli-Delmastro-Nordio, data l’ambigua e pasticciata difesa tentata dal ministro della Giustizia per coprire i due. Un caso da manuale in cui la strategia dell’estrema destra di militarizzare ogni spazio della vita politica arriva a una gestione personalistica di informazioni che, proprio per essere state così divulgate, risultano compromesse.
Proprio sabato, il giorno dell’aggressione squadrista, è arrivata poi la notizia di una scritta comparsa a Lecce, nei pressi dell’Università, contro il ministro Nordio: “Nordio boia, speriamo che tu muoia”. La scritta segue di pochi giorni quella che, fuori dalla sede della Rappresentanza permanente d'Italia a Bruxelles, recitava “free Cospito”, mentre sempre a Lecce era stato imbrattato un autobus con la scritta “No al 41 bis!”. Meloni, collegando l’episodio di Bruxelles con la scritta contro Nordio, ha parlato di “minacce di morte” di fronte alle quali “lo Stato non arretra”.
Questi episodi tra loro eterogenei, non sono facilmente ordinabili in una eventuale classifica di gravità. Certo, a naso se doveste scegliere tra qualcuno che si augura la vostra morte a mezzo vernice su un muro o l’essere pestati in gruppo, probabilmente scegliereste la prima opzione. Ma non è questo punto, o meglio: ragionare in questi termini è parte del problema. Se dalla vita politica del paese si riversano paura, indignazione, allarmi, attacchi continui proprio mentre si invita ad “abbassare i toni”, criminalizzazione di oppositori; se in questo clima diventa impossibile capire cosa, di quanto avviene, rappresenti davvero una possibile minaccia per la sicurezza personale, o per quella del paese, si arriva a un punto in cui per quieto vivere non si può che rinunciare a qualunque accordo logico o razionale con i dati di realtà. Si arriva cioè a uno scetticismo o a un nichilismo dove diventa lecito dubitare di tutto e non credere a nulla. Un orizzonte piatto dove il gesto di attivisti climatici viene dibattuto come "vandalismo" e perseguito come "danneggiamento", così come avviene per un cantante che durante un festival musicale in diretta nazionale calcia dei fiori su un palco.
Fa strano dover puntualizzare l’ovvio, ma se un partito attraverso la rete di associazioni con cui porta avanti la propria attività è chiamato in causa dal comportamento violento di alcuni membri, in un sistema funzionante ci si aspetta che risponda in modo credibile e non ci si sposta di un millimetro da questa pretesa. A maggior ragione se questo partito è al governo e in posizione di maggioranza. Proprio in casi del genere si vede come tutto il dibattito cui abbiamo assistito in questi mesi sulle “radici” di Fratelli d’Italia, con la corsa a dichiarare il fascismo superato, rappresenta un colossale caso di excusatio non petita, accusatio manifesta. Che tradotto vuol dire "scusa non richiesta, accusa manifesta": o, più volgarmente, coda di paglia.
Se sul piano nazionale la possibilità di intervento è molto ridotta, e un senso di soffocante sconforto si diffonde a constatare la normalizzazione dello squadrismo, non resta che la dimensione locale. Lo scrivo scusandomi in anticipo per qualunque grado di paternalismo potrebbe anche involontariamente trapelare dalle mie parole, ma dovrebbe essere Firenze in quanto comunità a protestare e manifestare, non solo quelle persone che per storia personale sono più propense alla militanza politica.
Studenti, famiglie e insegnanti dovrebbero per primi reclamare la scuola come luogo estraneo alla violenza come pedagogia del potere. E dovrebbero farlo proprio di fronte alla sede da cui ipocritamente si unisce il “rammarico” alla volontà di far “chiarezza”. Un sit-in immobile e silenzioso, senza slogan o striscioni, che facesse parlare la muta matematica dell’antifascismo radunato. Se Roma tace le sue responsabilità, insomma, Firenze dovrebbe trasformare il silenzio in un assedio di democrazia.